Macerata: il vescovo ‘educa’ al bene comune

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‘In politica il Vescovo non sceglie, ma educa’: questo è l’esordio di mons. Nazareno Marconi, vescovo della diocesi di Macerata-Tolentino-Treia-Recanati-Cingoli, nell’omelia durante la celebrazione del patrono di Macerata, san Giuliano l’ospitaliere, alla presenza delle autorità civili, con una particolare attenzione al bene pubblico.

Nell’omelia il vescovo ha sottolineato, rivolgendosi alle autorità ed ai candidati sindaci, che il popolo “non è una massa da dirigere, ma un insieme di persone dotate di giudizio e maturità tali da potere e dover scegliere da soli ciò che è buono”.

Il vescovo ha il compito di “di ricordare ciò su cui si fonda la fede e la vita credente e magari mettere sull’avviso quando percepisce che, dietro le pieghe di un passaggio storico, ci sia forse più di quello che appare a prima vista”.

Ed ha sottolineato che comunque sarà un vescovo ‘scomodo’: “Scegliere bene da questo punto di vista è più difficile perché la visione cristiana è presente nei vari schieramenti, ma in maniera parziale, accentuando un aspetto o l’altro, ma quasi ovunque lasciando indietro elementi tutt’altro che secondari.

Perciò potrei dire che chiunque vincerà sarò un po’ scontento, o meglio che dal mattino dopo mi batterò perché non vengano dimenticati quei temi e quei valori che per noi cristiani non possono essere lasciati da parte. Chiunque sarà eletto sappia perciò che in città ci sarà un Vescovo scomodo”.

Ed ha messo in guardia da una visione antropologica parziale: “Quello che soprattutto mi preoccupa è che mi sembra non si tenga conto dell’uomo nella globalità della sua natura, complessa e ricca, come milioni di anni di evoluzione naturale e molti millenni di cultura ci hanno insegnato a pensare. L’uomo non è solo una macchina dotata di pompe e circuiti, per quanto evoluti, che funziona finché viene alimentata ed i suoi organi non si usurano irrimediabilmente”.

A fronte di questa visione ‘positivista’ mons. Marconi ha proposto la visione dell’uomo  dei Padri Costituenti: “I Padri Costituenti avevano una visione dell’uomo ampia e saggia. Prima di tutto stimavano la persona che lavora, non l’individuo che rincorre e le sue voglie. Ed indicavano perciò ad ogni persona il ‘«dovere di svolgere… un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società’ (Art 4)….

Per contribuire a questo progresso dello spirito, i Padri Costituenti chiamarono a collaborare con lo Stato anche le tutte le Religioni e la Chiesa cattolica, con i loro credenti ed il loro pensiero. Perché il nostro fosse uno Stato laico, ma non laicista…

Volevano creare un mondo libero dopo le dittature del passato, ma sapendo bene che la vera libertà ha un limite: quell’utilità sociale, quel bene comune, ‘quell’amarsi gli uni gli altri’, quell’essere tutti sulla stessa barca della vita, che non autorizza nessuno a fare buchi nello scafo perché lui ha voglia di andare a fondo”.

Quindi l’uomo non può essere considerato solo sotto l’aspetto meramente tecnicistico: “L’uomo non è solo una macchina che mangia e consuma, ma è un uomo che lavora, che si ammala, che deve tutelare la salute, il proprio reddito, il benessere della propria famiglia e che ha dei bisogni spirituali, nel senso più ampio del termine. L’uomo ha bisogno di bellezza, di sperare, di credere, di alimentare la propria anima”.

E quindi è necessario capire quale visione dell’uomo è proposta: “La questione dell’uomo non è perciò secondaria, non è una fissazione dei preti e dei filosofi. Perciò è importante chiedersi: che visione dell’uomo abbiamo e che tipo di mondo vogliamo costruire? Ed anche chiederlo a chi ci domanda la fiducia ed il voto”.

E’ necessario un ‘nuovo umanesimo’, riprendendo lo slogan dell’Università di Macerata: “E’  quello che dice anche il bello slogan della nostra Università: ‘L’umanesimo che innova’. Ma se si trattasse di realizzare un progetto di uomo del tutto nuovo e molto diverso da quello delle generazioni che ci hanno preceduto, sarebbe il caso di preoccuparsi.

Se l’uomo nuovo che si vuol costruire e moltiplicare fosse un individuo solitario, pieno di diritti e senza doveri, senza natura e senza storia e radici, che afferma sé stesso senza legami con gli altri. Allora questo supposto ‘umanesimo’ non sarebbe né cristiano, né compatibile col cristianesimo. Lo dico chiaro, sarebbe un progetto davvero pericoloso”.

Occorre un ‘nuovo umanesimo’ che non distanzi ‘socialmente’: “Abbiamo scoperto che l’uomo è più del proprio corpo, che c’è un intimo spirituale, una luce che brilla dentro ognuno, dove è lui e dove lo incontro davvero.

Tramite tablet e smartphone ci siamo visti tanto in altissima definizione, ci siamo sentiti in stereo ed anche in quadrifonia, ma ognuno ha scoperto quanto è diverso quando due esseri umani sono vicino davvero, anche se non si toccano, anche se stanno ad un metro di distanza e dietro una mascherina.

Nella solitudine di questo tempo abbiamo imparato ad essere sensibili alle anime, e la tecnica trasmette la vicinanza dei corpi, ma non può trasmettere la vicinanza delle anime”.

Inoltre ha invitato a difendere una giusta visione dell’uomo e di Dio: “Di questo l’Italia e la nostra terra hanno soprattutto necessità: di questa visione dell’uomo che è molto più di una macchina che ragiona, hanno necessità di un progetto di futuro che dia dignità, responsabilità e mostri solidarietà verso chi ha più bisogno, perché ogni essere umano è prezioso e sacro”.

Ha concluso l’omelia chiedendo aiuta a san  Giuliano per traghettare l’umanità verso un ‘buon futuro’: “L’immagine di san Giuliano traghettatore sul fiume Potenza mi ha ispirato una preghiera al nostro Patrono: che ci aiuti a traghettare la città verso un buon futuro, aprendola alla collaborazione ed all’amicizia con tutto il territorio e le sue genti. Per Sua intercessione ci mettiamo perciò nelle mani di Dio”.

(Foto: Emmetv)

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