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Mons. Trevisi: san Giusto un innamorato della sua città

Ieri Trieste ha festeggiato il patrono san Giusto, martirizzato il 2 novembre 303 durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano per le sue opere ed elemosine, fu denunciato di empietà (sacrilegium) da alcuni suoi concittadini. Secondo la legge romana il giudice doveva verificare di persona l’accusa. Perciò Giusto fu convocato nello studio privato (consistorium) del magistrato ed invitato a sacrificare agli dèi romani, a cui oppose un fermo rifiuto. Nella scrupolosa osservanza delle procedure, il magistrato Manazio mandò Giusto in carcere per una pausa di riflessione. Il giorno seguente Giusto, nuovamente esortato a sacrificare, rifiutò; venne quindi fustigato e, poiché persisteva nel suo rifiuto, condannato alla morte per annegamento.

Nell’omelia per il pontificale della festa patronale mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, ha rappresentato il patrono come cittadino: “Mi piace pensare a san Giusto come a un cittadino che non ha fatto mancare il suo apporto per costruire la città. La tradizione ce lo presenta come un uomo conosciuto per le sue opere e le sue elemosine. La fede non si riduce a un sentimento ma è vita che si esprime in tutte le dimensioni, e dunque anche nelle opere e pure nella carità verso i poveri. Nella settimana sociale siamo stati sollecitati a prenderci cura della città, a partecipare attivamente e nelle forme più svariate e in tutte le direzioni. Il papa ha parlato della crisi della democrazia come di un cuore ferito, infartuato”.

Ed ha sottolineato l’importanza data da san Giusto per le opere di carità: “Mi piace pensare a San Giusto come a un cittadino che si è dato da fare con le opere e con la carità. Non viene ricordato come uno che si distingueva per le polemiche ma come uno che viveva facendo del bene, prendendosi cura dei poveri”.

Quindi ha invitato la comunità ad imparare dal patrono: “Talvolta, è così in tutto il mondo e anche a Trieste, si rischia di scivolare in riletture dove tutto è polemica e scontro. Dove fatichiamo a convertirci ad uno stile di confronto sereno e aperto, a un dialogo delle buone pratiche che non devono essere interpretate contro qualcuno, ma a favore del Bene comune, a favore di chi rischia di essere scartato… A me piace una comunità cristiana che sull’esempio di San Giusto è parte viva della città e si spende coraggiosamente per le persone vulnerabili. Non con lo spirito partitico, di una parte contro l’altra, ma nella ricerca delle tracce del Dio incarnato nella storia di tanti crocifissi che ci abitano a fianco, che ci camminano a fianco”.

San Giusto ha compiuto le opere di carità in quanto la fede rende liberi: “La fede in Gesù mi rende libero dalla preoccupazione del mio successo individuale, e dunque libero di prendermi cura dei fratelli. Libero di rischiare la vita nell’amore, come Gesù. Liberi anche di andare oltre i pregiudizi del tempo, per osare con Gesù lo scandalo dell’amore evangelico. Fino a dare totalmente noi stessi: nell’essere appassionati per la vita, per il bene comune, per la pace e la giustizia, per dare compagnia ai malati, nel rilanciare attenzione alle famiglie, nell’affrontare l’inverno demografico, nello sfidare l’emergenza freddo”.

Per questo mons. Trevisi ha chiesto ai fedeli di imparare a credere in Gesù, che rende liberi, dall’esempio di san Giusto: “Da san Giusto (il chicco di grano, caduto in terra e che dà molto frutto) impariamo a credere in Gesù smisuratamente: Gesù ci rivela il volto del Padre e dunque il volto del vero Dio: il Dio che ci ama e vuole la nostra vita, la nostra pienezza di vita; ed è Lui che ci rivela come guardare ai fratelli e uscire dallo stereotipo dello scontro, dell’essere gli uni contro gli altri. Credere in Gesù ci fa liberi dalle ideologie, liberi dal consenso a tutti i costi (anche a prezzo delle menzogne), liberi di spenderci nell’amore, fino a dare la vita”.

E per questa fede liberante è stato martirizzato: “Di fronte alle prepotenze del suo tempo san Giusto non è indietreggiato. Ha continuato a professare la sua fede in Gesù Cristo e a vivere spargendo buone opere e carità. Non possiamo continuare a ripetere che i nostri sono tempi difficili, quasi a giustificarci di una fede vissuta con mediocrità, anteponendo ad essa lo spirito del mondo. San Giusto vive la sua appartenenza a Gesù fino a morire martire, cioè a morire amando Dio ed il prossimo. Oggi assistiamo a tante persone che muoiono uccidendo sia nelle guerre come nella criminalità organizzata ma anche in relazioni malate che ci sono talvolta tra uomini e donne. E altre persone che muoiono mentre il mondo resta indifferente e distratto!”

San Giusto invita ad una fede coraggiosa:  “Niente di meno di questo: dare la vita con Gesù, nel nome di Gesù. San Giusto questo insegna anche oggi a tutta Trieste. Non una fede mediocre, non una fede tiepida e accomodante. Invece una fede viva, appassionata, radicale, coraggiosa, entusiasta, contagiosa… Come ci insegnano anche tanti cristiani del nostro tempo, martiri in tante parti del mondo anche in questo nostro tempo”.

Mentre nella veglia di preghiera mons. Trevisi aveva invitato i cittadini alla carità: “Troverete così il vostro modo personale di vivere la carità, senza ipocrisia, detestando il male, con affetto fraterno, gareggiando nella stima reciproca. Abbiamo bisogno di giovani che non sono pigri nel fare il bene. Che non sono lieti nella speranza… premurosi nell’ospitalità. A questo riguardo invito a divenire volontari nel dormitorio di via Sant’Anastasio. Trovate l’emozione del fare un puzzle con dei bambini che hanno bisogno di recuperare la loro infanzia perduta. Oppure sogno di poter rilanciare volontariato giovanile con i bambini al Burlo. E vi educheranno a quello che dice san Paolo: a rallegrarvi con chi è nella gioia e a piangere con quelli che sono nel pianto!”

Giro dell’Italia che Dona 2024: ad Aosta il 4 ottobre per conoscere tutti i vincitori

L’Italia del Dono si dà appuntamento quest’anno per la prima volta in Valle d’Aosta per la più grande festa del dono d’Italia realizzata dall’Istituto Italiano della Donazione (IID) in collaborazione con il CSV VDA ODV – Coordinamento Solidarietà Valle d’Aosta, che proprio quest’anno festeggia i suoi primi 25 anni.

Sarà Aosta, il prossimo 4 ottobre, il teatro delle premiazioni dei diversi contest per festeggiare il mese del dono, ottobre 2024: studenti pronti a raccontare la propria idea di dono, Enti del Terzo Settore del territorio, Comuni, Imprese virtuose e Cittadini. Il Giorno del Dono, arrivato alla sua 10^edizione e forte di una partecipazione corale nazionale in continua crescita, invita tutti a partecipare all’edizione 2024 che colorerà tutto lo stivale con elaborati artistici e iniziative dal 1° settembre al 31 ottobre.

Numerose le iscrizioni già arrivate per il prossimo Giorno del Dono promosso da IID, festa del dono e della donazione prevista per legge il 4 ottobre di ogni anno. Torna infatti l’appuntamento più amato da chi vuole costruire una cultura del dono concreta e condivisa: apre ufficialmente il cantiere #DonoDay2024, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, il Ministero della Giustizia – Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità e ANCI, per disegnare la mappa del Giro dell’Italia che Dona 10^ edizione.

Per la prima volta BPER Banca sostiene la decima edizione del Giorno del Dono contribuendo alla realizzazione dell’Osservatorio sul dono, fonte di riferimento per la cultura e la pratica del dono in Italia. “La nostra Banca sostiene con convinzione questo studio perché è un’importante occasione di promozione del valore della solidarietà – commenta Daniele Pedrazzi, Responsabile di BPER Bene Comune -. Oltre al sostegno a questa iniziativa, BPER partecipa a eventi e progetti che favoriscono l’inclusione e il benessere della comunità. Mette a disposizione, inoltre, competenze, servizi e soluzioni finanziarie per il Terzo Settore e la Pubblica Amministrazione, attraverso la divisione BPER Bene Comune, costituita di recente per costruire valore economico e sociale per la comunità”.

Ricchissimo il parterre di patrocini e partner dell’iniziativa già confermati: oltre al sostegno di BPER Banca e Fondazione CRC ricordiamo i partner tecnici che quest’anno regaleranno i premi ai vincitori dei contest: Esse Due S.a.s. che, come da tradizione, donerà supporti tecnologici per la didattica e F.I.L.A. – Fabbrica Italiana Lapis ed Affini – l’azienda icona della creatività italiana nel mondo con i suoi prodotti per colorare, disegnare, dipingere, scrivere e modellare (con brand come GIOTTO, GIOTTO be-bè, Didò, Tratto e le carte Canson) – che donerà kit di materiali creativi alle scuole vincitrici del contest.

Quest’anno Rai rafforza il suo sostegno al Giorno del Dono: alla riconfermata concessione del Patrocinio di Rai Per la Sostenibilità ESG si affianca l’autorizzazione della Media partnership Rai.

Inoltre, dal 22 settembre al 15 ottobre, non solo Rai ma anche Mediaset, La7 e, per la prima volta Discovery+ trasmetteranno gratuitamente lo spot “Donare rende felici” dedicato al Giorno del Dono.

Commenta Ivan Nissoli, neo presidente IID: “Il Giorno del Dono nasce per dare meritata visibilità alle iniziative sul territorio che restituiscono l’immagine di un’Italia viva, sensibile, intelligente: Scuole, Comuni, Associazioni, Imprese, Cittadini, Mezzi d’informazione e Servizi Minorili della Giustizia insieme per formare la mappa dell’Italia che dona, un Paese capace di reagire alle difficoltà facendo della gratuità la propria bandiera. Ad oggi circa 100 Scuole e più di 30 Servizi minorili hanno già aderito, ora lo stesso invito viene rivolto a tutti: grazie infatti alla piattaforma www.giornodeldono.org tutti possono candidare le proprie iniziative per festeggiare insieme il mese del dono, ottobre 2024”.   

Anche quest’anno il Giro prevede una partecipazione corale: tutti possono organizzare una o più iniziative dal 1° settembre al 31 ottobre, partecipando così ai contest #DonareMiDona disponibili sul sito www.giornodeldono.org. In settembre tutti potranno cercare l’iniziativa più vicina nella mappa del Giro dell’Italia che Dona e votarla sempre sulla piattaforma www.giornodeldono.org; i vincitori dei diversi contest verranno premiati nel corso delle celebrazioni del Giorno del Dono che si terranno ad Aosta il prossimo 4 ottobre nella più grande festa del dono d’Italia realizzata in collaborazione con il CSV VDA ODV – Coordinamento Solidarietà Valle d’Aosta.

Non si esauriscono qui le possibilità di prendere parte a #DonoDay2024: per tutte le categorie si può optare per l’adesione morale, dichiarando così di sottoscrivere i valori del Giorno del Dono e divenendo testimonial dell’iniziativa.

Il calendario degli appuntamenti si intensificherà in settembre/ottobre con gli eventi targati IID e non solo, ecco quelli già programmati: il 26 settembre a Milano l’evento in collaborazione con BPER Banca, il 29 settembre a Courmayeur presso Skyway Monte Bianco l’evento Montagna e Solidarietà, il 2 ottobre la Presentazione del 7° rapporto sul dono ‘Noi Doniamo’ con focus Piemonte e Valle d’Aosta al Forte di Bard, il 4 ottobre l’evento Giorno del Dono: Valle d’Aosta Capitale del Dono 2024 presso il Teatro Giacosa e in Piazza Chanoux ad Aosta e venerdì 18 ottobre a Cuneo l’evento ll dono, forza creativa e narrativa in collaborazione con la Fondazione CRC che sostiene il Giorno del Dono.

Tutte le informazioni su #DonoDay2024 e sui contest promossi da IID in occasione del Giorno del Dono sono disponibili su www.giornodeldono.org e www.istitutoitalianodonazione.it.

Gianfranco Cattai (Reteinopera): i cattolici per costruire l’Europa

Pace, diritti umani, solidarietà e accoglienza, cultura e istruzione, lavoro, democrazia e inclusione, sostegno alla natalità, sviluppo sostenibile, promozione del Terzo settore e dell’associazionismo, costruzione del bene comune: sono i tratti essenziali dell’Europa descritta nel documento diffuso da ‘Retinopera’ per le imminenti elezioni europee di giugno, che nasce dalle 25 realtà associative cattoliche aderenti a livello nazionale con 8.000.000 di associati, intitolato ‘La nostra Europa’.

Il coordinatore nazionale di Retinopera, Gianfranco Cattai, racconta come è sorto questo manifesto sull’Europa: “Ci siamo interrogati su ciò che ognuna delle associazioni aderenti a Retinopera stesse facendo per costruire l’Europa unita. I rispettivi impegni in ambito formativo, culturale, aggregativo… Quindi, proprio a partire da queste iniziative già in atto, dalle nostre esperienze concrete, abbiamo desunto quali fossero gli elementi più importanti, direi decisivi e condivisi, per identificare l’Europa di oggi e quella che speriamo prenda forma in futuro. Il testo, che volutamente è breve e leggibile, facile da diffondere, è stato votato all’unanimità”.

Per quale motivo un manifesto sull’Europa?

“Si tratta di punti su cui gli associati si dedicano quotidianamente a costruire l’Europa dei Popoli, delle Nazioni e della solidarietà: non semplici desideri ma sfide concrete. Quindi non solo l’Europa che vogliamo ma l’Europa che quotidianamente ci impegniamo a costruire”.

Quale Europa propone Retinopera?

“Per sconfiggere la profonda crisi spirituale, prima che economica e dunque anche antropologica e sociale, che investe l’Europa come Comunità di Nazioni, occorre dare concretezza ai principi e ai contenuti della Dottrina Sociale della Chiesa”.

L’Europa proposta da ‘Retinopera’ è realizzabile?

“Assolutamente sì. I padri fondatori avevano le idee chiare e noi a loro ci richiamiamo. Sono interessanti gli obiettivi e le richieste lanciate da più parti. ‘Senza pace non c’è Europa’ è l’appello della Compagnia delle Opere. ‘I popoli chiedono pace, l’Europa sia protagonista’, dice il candidato Marco Tarquinio. ‘Cara Europa, ritrova l’anima e la pace. Ti vogliamo sempre più vicina e amica’, hanno affermato il card. Matteo Maria Zuppi e mons. Mariano Crociata nei ruoli di presidente di Cei e di Comece. Riccardo Moro, presidente del ‘Civil 7’, dichiara ‘Le armi non sono l’unica soluzione’. Ecco, noi siamo convinti che se vogliamo costruire l’Europa dei popoli dobbiamo invertire certe tendenze in atto. Per il bene comune è ora di rinunciare a certi sovranismi e particolarismi”.

Quindi al primo punto c’è un’Europa ‘costruttrice della pace, che operi contro la guerra e non si abitui mai ai conflitti, che persegua con decisione il processo di integrazione europea’. In quale modo l’Europa può ritrovare la pace?

“Noi proponiamo per l’Italia la istituzione di un ‘Ministero per la Pace’ e per l’Europa la istituzione di un ‘Commissario per la Pace’. L’idea risale agli anni ’90 quando la Comunità ‘Papa Giovanni XXIII’ avviò il progetto: per la realizzazione di tale obiettivo fin dal 2017 la Comunità ha costruito una rete di oltre 20 associazioni ed enti, instaurando molte relazioni a livello nazionale ed internazionale. Un progetto importante e strutturale perché il nostro paese e l’Europa si confrontino in modo strutturale e sistematico sul tema della pace. Un progetto che è stato accolto e sostenuto dalla Fondazione Fratelli tutti recentemente”.

A questo punto una domanda è obbligatoria: l’Europa ha ancora radici cristiane?

“Le radici cristiane rimangono il fondamento d’Europa ed il chiaro riferimento al fine di superare le criticità che vanno storicizzandosi come il contrasto tra benefici ottenuti (materiali, sociali, ecologici e politici) e le forme di esclusione presenti (povertà, disuguaglianza, perdita di fiducia)”.

Quindi i cattolici possono essere considerati europeisti?

“Sì, il mondo cattolico è maggioritariamente pro-Europa, e lo dimostra in tanti modi. Ci sono peraltro voci dissonanti e frange contrarie agli stati uniti d’Europa. Posso dire con convinzione che nelle realtà afferenti a Retinopera c’è un atteggiamento favorevole alla ‘casa comune’ europea”.

‘Ogni uomo è mio fratello, ogni donna è mia sorella, sempre. Vogliamo vivere insieme, da fratelli e sorelle, nel Giardino che è la Terra. E’ il Giardino della fraternità la condizione della vita per tutti’: così inizia il documento sulla fraternità umana. Per quale motivo ‘Retinopera’ lo sostiene?

“Perché ci crediamo. Perché siamo convinti di quanto papa Francesco ci ha ripetuto in occasione dell’udienza del 11 maggio scorso: Per garantire una pace duratura occorre tornare a riconoscersi nella comune umanità e a porre al centro della vita dei popoli la fraternità. Solo così riusciremo a sviluppare un modello di convivenza in grado di dare un futuro alla famiglia umana. La pace politica ha bisogno della pace dei cuori, affinché le persone si incontrino nella fiducia che la vita vince sempre su ogni forma di morte”.

In breve perché è sorta Retinopera?

“Retinopera nasce nel 2002 dall’iniziativa di un gruppo di laici che si incontrano attorno ad un documento dal titolo: ‘Prendiamo il largo’. L’art. 2 dello Statuto, confermato recentemente dai 25 associati (associazioni, movimenti e organizzazioni a livello nazionale a cui aderiscono più di otto milioni di cattolici militanti) riporta: l’Associazione promuove la collaborazione tra le associazioni che vi aderiscono, per dare concretezza ai principi ed ai contenuti della Dottrina Sociale della Chiesa. Essa si propone come diffusa ‘Opera delle reti’ fondata sui principi della Dottrina Sociale della Chiesa ed intende essere espressione dell’autonomia e del ruolo costitutivo della società civile”.

Card. Zuppi: la Chiesa invita a costruire il bene comune

Nella conferenza conclusiva della 79^ assemblea generale della CEI l’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Zuppi, rispondendo alle domande, ha sottolineato che nelle riforme costituzionali occorre prudenza nel rispetto della Carta Costituzionale: “Gli equilibri istituzionali vanno toccati sempre con molta attenzione. Qualche vescovo si è soffermato su questo, esprimendo preoccupazione A titolo personale posso dire che è necessario tenere presente lo spirito della Costituzione, scritta da forze politiche non omogenee che però avevano di mira il bene comune”.

Risposta che ha ripreso il Documento conclusivo sul bene comune: “Alcuni progetti legislativi rischiano di accrescere il gap tra territori oltre che contraddire i principi costituzionali. E’ in gioco il bene comune che può e deve essere promosso sostenendo la partecipazione e la democrazia, valori al centro della 50^ Settimana Sociale dei Cattolici, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio”.

E, citando la lettera scritta congiuntamente dalla Cei e dalla Comece, ha espresso preoccupazione per la situazione in Europa: “Siamo preoccupati, perché l’Europa rischia di dimenticare l’eredità straordinaria di chi ha combattuto per la libertà dal nazifascismo. L’auspicio è che la scelta sia per un futuro maggiore, e non minore, dell’Europa. L’augurio è che l’Europa si ricordi delle sue radici: perché non ci sia più guerra. Non una tregua, ma la pace, la capacità di risolvere i conflitti non con le armi… I conflitti finiscono quando impariamo a stare insieme”.

Pace, come è espresso nel documento finale, è una preoccupazione con l’invito a lavorare per costruire la pace, “senza reticenze e con passi concreti quali, ad esempio, la scelta di non investire su realtà che finanziano la produzione e il commercio di armi, come peraltro suggerito e indicato nel documento ‘La Chiesa cattolica e la gestione delle risorse finanziarie con criteri etici di responsabilità sociale, ambientale e di governance’ elaborato nel 2020 dalle Commissioni Episcopali per il servizio della carità e la salute e per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace”.

Quindi un ruolo importante è rivestito dalla cultura, che è uno spazio “in cui far dialogare in modo critico e costruttivo la rivelazione cristiana con le domande e le acquisizioni di oggi in una dinamica di mutuo apprendimento. In questo ambito si sente come cruciale una attenzione ai linguaggi, non per un semplice lavoro di adattamento e condiscendenza, ma per assumere il vissuto umano come luogo teologico”.

Perciò occorre una nuova visione formativa: “Sulla questione formativa, è stato evidenziato che, a partire dall’iniziazione cristiana, essa non può più limitarsi ai bambini e ai ragazzi, ma è chiamata a diventare un processo continuo di crescita nella vita cristiana di tutti i battezzati, soprattutto dei ministri ordinati, con un focus particolare sulla formazione liturgica. Infine, la corresponsabilità: coinvolge la riflessione, ad esempio, sugli organismi di partecipazione, sui ministeri, sul ruolo delle donne nella Chiesa, sulla gestione delle strutture, sulla trasparenza e le sue forme concrete di attuazione”.

Per questa realizzazione occorre la profezia: “In un tempo di forti contrapposizioni e di depotenziamento della verità, occorre avere il coraggio della profezia, non per imporre un punto di vista, ma per dare un contributo culturale di speranza”. I vescovi hanno rinnovato l’appello del presidente della Cei ad ‘aiutare la discussione critica delle ideologie, dei miti, degli stili di vita, dell’etica e dell’estetica dominanti’, in quanto fede e cultura sono due dimensioni che necessitano l’una dell’altra.

Inoltre i vescovi hanno rinnovato “l’impegno a compiere ogni passo perché la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili porti alla promozione di ambienti sicuri. In questa prospettiva, i Vescovi, sensibili e vicini al dolore delle vittime di ogni forma d’abuso, hanno ribadito la loro disponibilità all’ascolto, al dialogo e alla ricerca della verità e della giustizia” con la nomina di Chiara Griffini presidente del Servizio Nazionale  per la tutela dei minori.

Concetti enucleati nell’omelia della celebrazione eucaristica: “Il nostro mondo è così deformato dall’onnipotenza dell’io, dal perseguire stoltamente i propri affari, attività che enfatizza e deprime, senza cercare la risposta alla vera domanda di chi sarà quello che accumuliamo. Questi poi facilmente provocano e animano le discussioni infinite su chi è il più grande, spingono ad affermare e verificare (a volte ossessivamente) la propria considerazione, ad occupare i primi posti nelle sinagoghe o moltiplicare i saluti nelle piazze, antesignani dei digitali link.

Le passioni dell’io senza l’amore per Dio e per il prossimo finiscono per farci dimenticare il nostro limite e rendono sconsiderati perché siamo sempre vapore che appare per un istante e poi scompare, come tante esaltazioni che lasciano l’amaro del fallimento, della disillusione”.

(Foto: Santa Sede)

Le diocesi chiedono la protezione della Madonna per le città

E’ stato il card. Paolo Romeo, arcivescovo emerito di Palermo, a presiedere il Pontificale, domenica scorsa, per la festa del Patrocinio di Santa Lucia, patrona di Siracusa nel ricordo del miracolo del 1646 quando a Siracusa imperversava una carestia ed i siracusani chiesero aiuto alla patrona: dal mare arrivarono navi cariche di grano ed una colomba avvertì i fedeli riuniti in preghiera in Cattedrale.

La Festa è inserita nell’Anno Luciano, indetto dall’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, il 13 dicembre scorso e che si concluderà il 20 dicembre prossimo quando sarà a Siracusa il corpo della martire siracusana che si trova custodito a Venezia, sul tema ‘In luce ambulamus’, che trae origine dal titolo della lettera pastorale dell’arcivescovo Lomanto: “A Santa Lucia chiediamo di continuare a proteggere la nostra Città e la nostra Chiesa siracusana che si gloria di averle dato i natali”.

In tale discorso il vescovo ha chiesto alla santa patrona di sostenere i fedeli nella fede: “Santa Lucia, nella sua vita e nel suo martirio, ha testimoniato il suo amore a Gesù, la sua carità ai fratelli e la sua speranza nella vita eterna, scegliendo la via della semplicità, dell’umiltà e dell’aiuto agli altri, soprattutto verso i più bisognosi”.

Il discorso del vescovo siracusano è un invito all’impegno affinché la speranza non si spenga: “Noi che guardiamo con ammirazione e devozione a santa Lucia, vogliamo impegnarci come lei a piantare il seme della speranza nella nostra società, che rischia di smarrirsi nei freddi calcoli degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale. Una società, che vuole essere umana, deve mettere al centro la persona e non le statistiche, la carità e non i like, l’incontro con gli altri e non le visualizzazioni sterili, che il più delle volte sono segno di solitudini infinite”.

E’ un invito a costruire in comunione il bene comune: “La politica sia sempre al servizio del bene comune, mirando ad un’economia solidale e attenta verso chi è nel bisogno, perché se il più debole è tutelato nelle giuste attenzioni, ne guadagna tutta la società. La sanità ponga al centro la dignità della persona umana e garantisca il diritto alla salute uguale per tutti con strutture idonee, come l’auspicata costruzione del nuovo ospedale civico di Siracusa. E’ urgente pensare insieme, progettare insieme, disegnare sentieri di pace, operare per il bene di tutti, impegnandoci per la promozione sociale con l’intelligenza del cuore e non delegando a nessuna intelligenza artificiale”.

E’ un invito a porre attenzione ai poveri, come santa Lucia: “Insieme a santa Lucia adoperiamoci per la costruzione di un mondo migliore, seminando il seme della risurrezione di Gesù negli ambienti in cui viviamo, amiamo e speriamo, per portare amore dove non c’è amore, affinché tutto si trasformi in amore. Guardiamo a Santa Lucia, nostra sorella e Patrona, e guardiamo con santa Lucia in avanti, in alto e in profondità nel mistero di Dio per scorgere l’infinita dignità dell’uomo. Insieme a santa Lucia testimoniamo Gesù unico fondamento della nostra speranza, salvezza della nostra vita, fiducia delle nostre famiglie, benedizione della nostra società”.

Mentre il vescovo di Imola, mons. Giovanni Mosciatti, nel messaggio per l’inizio delle Rogazioni della Beata Vergine del Piratello, per chiedere aiuto alla Madonna: “Carissimi, anche questo anno le solenni rogazioni in onore della Beata Vergine del Piratello accadono in un momento importante della nostra vita. Nel latino rogare vuol dire pregare, chiedere aiuto, protezione, liberazione dal male. Ne abbiamo proprio bisogno in questo tempo così drammatico”.

Ed ha richiamato ai valori di papa Pio VII, sottolineati recentemente da papa Francesco: “Il santo padre ci ha indicato i tre valori cardine di cui papa Chiaramonti è stato testimone, essenziali anche per i nostri cammini personali e comunitari: la comunione, la testimonianza e la misericordia. Mi ha molto colpito il suo richiamo perché ha descritto tre doni importanti da chiedere per tutti noi, tre punti importanti per il nostro cammino comune”.

Tre sono le pratiche che papa Pio VII ha ritenuto fondamentali: “La comunione. Papa Pio VII ne è stato un convinto sostenitore e difensore in tempi di lotte e divisioni feroci, con ferite sanguinanti sia morali che fisiche. La sua pacata e tenace perseveranza nel difendere l’unità ci aiuta a guardare al nostro tempo, ad essere costruttori di unità nella Chiesa universale, in quella locale, nelle parrocchie e nelle famiglie: a fare comunione, a favorire la riconciliazione, a promuovere la pace, fedeli alla verità nella carità!

La testimonianza. Papa Chiaramonti è stato un annunciatore coraggioso del Vangelo, con la parola e con la vita. Abbiamo bisogno oggi di questa testimonianza reciproca: l’amore per la verità, l’unità, il dialogo, l’attenzione agli ultimi, il perdono, la ricerca tenace della pace. Testimoni tra noi e nelle nostre comunità di mansuetudine e disponibilità al sacrificio.

La misericordia. Pio VII fu un grande uomo di carità, fino a concedere ospitalità proprio ai familiari di quel Napoleone che pochi anni prima lo aveva fatto incarcerare e chiedendo per lui, ormai sconfitto, un trattamento mite nella prigionia”.

E’ un invito a partecipare alla ‘sinfonia’ di preghiera: “Vogliamo chiedere alla Vergine Maria, nostra patrona, di poter essere testimoni di questa comunione e di questo amore e così accompagnare la nostra Chiesa anche nel cammino di preparazione all’evento di grazia del Giubileo 2025”.

(Foto: Diocesi di Siracusa)

La Giornata del Ringraziamento nello stile cooperativo

“La Festa del Ringraziamento ha radici molto antiche e vuole valorizzare l’importanza del mondo agricolo attraverso un momento di riflessione e preghiera comune. La Giornata nazionale è itinerante e quest’anno è toccato a Vercelli l’onore di ospitarla. La celebrazione in cattedrale di domenica saraà preceduta da un convegno che si terrà nel salone dell’Istituto Sacro Cuore di corso Italia”:

A Milano mons. Delpini invita gli amministratori ad essere sentinelle del bene

Mentre lunedì pomeriggio a Roma si apriva la sessione autunnale del consiglio episcopale permanente della Cei a Milano mons. Mario Delpini condivideva una riflessione sul bene comune nel consiglio comunale della città a conclusione della visita pastorale, mettendo in evidenza il ruolo e la missione degli amministratori pubblici e dei banchieri, ‘sentinelle’ del bene comune:

Papa Francesco: operare per il bene comune

Prima di intraprendere il viaggio apostolico in Mongolia papa Francesco ha inviato un messaggio agli imprenditori francesi, riuniti fino ad ieri presso l’ippodromo di Longchamp (Parigi), il cui testo è stato letto da mons. Matthieu Rougé, vescovo di Nanterre, in cui ha affermato che anche gli imprenditori operano per il bene comune:

Papa Francesco: in economia prevalga il bene comune

Il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano ha aperto in Vaticano due giorni di incontro della Fondazione ‘Centesimus Annus Pro Pontifice’, che celebra il trentennale: l’amicizia sociale e la cultura dell’incontro sono valori inclusivi, che sanno promuovere realmente uno sviluppo delle società e dei singoli nel segno della coesione, evitando la tentazione di rifugiarsi ‘nella sfera del privato’. Esistono due fattori che possono indirizzare verso una coesione e una integrazione maggiori, sui quali il papa insiste molto: l’ ‘amicizia sociale’ e la ‘cultura dell’incontro’.

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