Da Ancona la proposta di mettersi all’ascolto della Croce

Per la festa di San Ciriaco, patrono dell’arcidiocesi di Ancona-Osimo e della città di Ancona, nel capoluogo marchigiano si è svolta la manifestazione ‘InCanto sulle vie di Francesco’: un’edizione speciale di una serie di eventi che da 11 anni si svolgono in Umbria e nel Centro Italia, percorrendo a piedi antichi percorsi francescani mentre i cori attendono i camminatori con esecuzioni canore.
Dal porto di Ancona è partito san Francesco per il Medio Oriente e al porto di Ancona è arrivato il patrono, san Ciriaco, come ha ricordato mons. Angelo Spina, arcivescovo di Ancona-Osimo: “Il suo corpo giunto da Gerusalemme ad Ancona 1606 anni fa, dono di Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, è segno di una presenza viva e di una protezione costante della Città e dell’intera Arcidiocesi di Ancona-Osimo. Il dono del corpo del santo venuto da Gerusalemme unisce due mondi: oriente ed occidente. Ancona è la porta d’oriente e la via della pace. Oggi più che mai abbiamo bisogno di guardare a San Ciriaco perché i santi sono i campioni della fede e dell’amore e creano unione e non divisione”.
Brevemente ha raccontato la storia del santo: “La storia del santo, come sappiamo, ci rimanda alle vicende vissute a Gerusalemme, all’anno 326 dopo Cristo, quando Elena, madre dell’imperatore Costantino era alla ricerca della vera Croce di Cristo. Un certo Giuda, ebreo, sapeva dove era. Su invito pressante di Elena, Giuda svelò dove era nascosta la Croce, ci fu l’inventio crucis. Giuda si convertì, si fece battezzare e prese il nome di Kuryakos, Ciriaco, che tradotto significa ‘del Signore’. Fu vescovo di Gerusalemme e non esitò ad affrontare il martirio per rendere testimonianza della sua fede, sotto Giuliano l’Apostata, con la convinzione ferma che gli ‘uomini possono uccidere il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima’. Il martirio di san Ciriaco rimanda alla Croce”.
Riprendendo le parole di san Paolo l’arcivescovo di Ancona ha sottolineato che ‘la parola della croce è potenza di Dio’, secondo la definizione di san Paolo: “San Paolo considera la Croce come Parola! E’ un’espressione fortissima. La Croce parla. Oggi c’è un linguaggio sempre più aggressivo; un linguaggio superficiale, frettoloso, che non tiene conto della fase di ascolto. Il cammino sinodale che la Chiesa ha intrapreso invita tutti ad ascoltare e poi a parlare, per costruire la comunità e percorrere strade di unità e di comunione”.
E’ un invito all’ascolto della Croce: “A noi viene chiesto di metterci in ascolto della Croce. Perché la Croce parla! Purtroppo non tutti l’ascoltano! E’ lo stesso san Paolo a spiegarlo con un binomio irriducibile: ‘La parola della Croce è stoltezza per quelli che non credono, ma per noi è potenza di Dio’. Da una parte, questa parola è ‘stoltezza’; potremmo dire senza significato, senza logica. E se questa parola non ha sapore, non ha significato, non ha logica, tanto vale non sentirla. In altri passi, egli dirà che la croce per alcuni è «scandalo» che significa ostacolo, pietra d’inciampo”.
Il pensiero corre verso coloro che sono stati addossati dalle croci: “La parola di queste innumerevoli e tremende croci, se non ascoltata, semina conflitti e morte, e rende ‘cimitero’ la nostra terra e il ‘mare nostro’, come più volte ci ha ricordato papa Francesco. Gesù, con la sua morte sulla croce, ha portato nel mondo una speranza nuova e lo ha fatto alla maniera del ‘seme’. Si è fatto piccolo, come un chicco di grano: ha lasciato la sua gloria celeste per venire tra noi, è ‘caduto in terra’. Ma non bastava ancora. Per portare frutto Gesù ha vissuto l’amore fino in fondo, lasciandosi spezzare dalla morte come un seme si lascia spezzare sotto terra”.
Però dalla Croce è nata la speranza: “Guarda la Croce, guarda il Cristo Crocifisso e da lì ti arriverà la speranza che non sparisce più, quella che dura fino alla vita eterna. E questa speranza è germogliata proprio per la forza dell’amore: perché l’amore tutto spera, tutto sopporta, l’amore, che è la vita di Dio, ha rinnovato tutto ciò che ha raggiunto. Sulla croce Gesù ha trasformato il nostro peccato in perdono, il nostro odio in amore, la nostra paura in fiducia, la nostra morte in resurrezione”.
Ugualmente dalla croce scaturisce la pace: “Se dalla croce fiorisce la speranza è dalla croce che viene donata la vera pace, perché il Signore Gesù, nel suo gesto di amore infinito, sacrificando se stesso, ci riconcilia con Dio e tra di noi. Dà il via a una nuova umanità che guardando a lui mette fuori dalla porta del cuore e della propria casa l’individualismo, la superbia, l’invidia, la gelosia, l’aggressività; per coltivare la giustizia e, insieme, la solidarietà, la condivisione di gioie e fatiche, di sofferenze e speranze; per tendere al dono di sé e non al possesso egoistico”.
E’ un invito alla città portuale ad essere accogliente: “Ancona, con il porto, è per sua natura una città che accoglie. Nel tempo ha saputo costruire inclusione, reciprocità, pur nella fatica e nelle contraddizioni. Nel corso della storia le tante ferite, alcune dovute a calamità naturali di lontana memoria e recenti, non hanno mai fermato lo spirito di solidarietà e di inclusione sociale, con l’attenzione ai più bisognosi”.
E’ un invito ad accorgersi dei ‘poveri’: “In questo momento storico non possiamo distogliere lo sguardo da ciò che sta avvenendo nel mondo intero, con la più grande emergenza umanitaria. Così come non possiamo assistere inerti al rischio continuo che tante persone in questa città scivolino nuovamente e silenziosamente in povertà che speravamo superate per sempre: infatti, quando qualcuno bussa per la prima volta ai Centri di Ascolto delle nostre Caritas, si sono già consumate gran parte delle risposte di dignità e di intraprendenza personali”.
Ed ha proposto tre tappe per una nuova visione della città: “Come sarebbe auspicabile se, abbandonate le forme continue di lamentela, ci fosse una prima tappa per fare memoria della storia di carità e giustizia della nostra città. Una seconda tappa che guardi al presente, evidenziando le capacità e i talenti a servizio delle diverse condizioni di povertà. Una terza tappa rivolta al futuro, orientata allo sviluppo di pratiche di lotta alla povertà da realizzare con i poveri stessi”.
E’ una proposta di costruire relazioni sotto la guida di san Ciriaco: “Nella città c’è un desiderio latente, quasi una necessità, di ricostruire relazioni forti tra singoli, corpi sociali e istituzioni. Abbiamo una grande opportunità: prendersi a cuore gli ultimi, dando loro spazio e voce, è infatti quanto di più nobile e nobilitante ci sia per rimettersi insieme tra tanti soggetti diversi, senza polemiche e senza secondi fini. E’ possibile? La risposta è: ‘sì’, se ci lasciamo guidare dal nostro patrono, san Ciriaco, ad abbracciare la croce gloriosa di Cisto salvatore, la croce che parla ai nostri cuori, unica nostra speranza e nostra pace”.
(Foto: arcidiocesi di Ancona-Osimo)