La Pasqua, una scuola per vivere il lutto nella speranza

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“La morte ci fa paura. La morte è un orrore. Sembra divorare tutto, sembra togliere senso ad ogni cosa. Lo so, non è l’incipit più bello del mondo, ma bisognava mettere subito in chiaro che questo testo non vuol essere sdolcinato. Non edulcora la realtà. Non offre consolazioni più simili all’ovatta che ottura che ad una vera medicina che cura. Per guarire da un brutto male, bisogna guardarlo in faccia e riuscire a vederlo come tale, così da intervenire in modo efficace. E la morte è un male. Forse proprio l’emblema del male presente nella vita umana. Uno dei problemi della nostra società è che considera la morte un tabù: se non se ne parla, allora non ci tocca… ma non è così”.

Questo è l’inizio dell’introduzione del libro di Cecilia Galatolo, ‘Vivere il lutto insieme a Dio per ritrovare la pace. Dieci storie vere’, pensato per coloro che si trovano nell’angoscia per la perdita di una persona cara. La morte si presenta alle donne e agli uomini di ogni tempo come un orrore, perché sembra divorare tutto, sembra togliere senso ad ogni cosa:

“E’ normale piangere. Anzi, non solo è normale, ma anche necessario per elaborare quanto successo. Pensiamo che perfino Gesù ha voluto vivere il dolore del lutto, quando è andato a trovare Marta e Maria, che avevano appena sepolto il loro caro fratello Lazzaro, amico di Gesù. Gesù stesso piange, in quella occasione.

Proprio così: si commuove, prova angoscia, tristezza. Non vuole restare immune agli effetti della morte sulla sua parte umana. Poi, però, essendo Uomo e Dio al tempo stesso, redime quel dolore: ‘Tuo fratello risorgerà’, dice all’amica Marta”.

Il libro è una raccolta di testimonianze di persone che hanno confidato in Gesù mentre affrontavano lutti gravi e laceranti.  C’è la storia di una donna che perde la figlia diciottenne in un incidente stradale; quella di una mamma che partorisce una bambina destinata a morire poche ore dopo; c’è la storia di un’orfana, cresciuta senza una mamma e di un ragazzo capace di consolare i suoi genitori al punto da prepararli alla sua partenza per il cielo:

“Questo testo non è un manuale sull’elaborazione del lutto, non è un trattato di psicologia né di teologia. Intende solo raccontare storie vere, che possano portare un messaggio di speranza, mostrando che per tanti la morte non ha avuto l’ultima parola.

La morte è illogica: siamo fatti per vivere! La morte toglie il respiro. A chi se ne va, ma anche a chi resta. Ci separa dagli affetti e sembra porre una distanza invalicabile tra noi e i nostri cari. Il lutto, allora, si presenta come un passaggio intenso e doloroso, come un macigno che ha bisogno di essere maneggiato, ma forse non sappiamo da che parte iniziare. E allora sprofondiamo in un abisso. Smettiamo di vedere la luce”.

Come si vive il lutto insieme a Dio?

“Non ho ricette, non ho risposte preconfezionate. Ogni vissuto, ogni storia, ha le sue dinamiche e non credo ci sia una formula che vale per tutti. Inoltre, Dio ci ama ciascuno in modo unico e singolare; quindi, comunica con ognuno nella maniera in cui possiamo accoglierlo. Mi sento di dire, però, che Gesù ha redento il lutto: lo ha vissuto anche lui (ricordate quando ha perso l’amico Lazzaro? Gesù pianse. Ha voluto provare quello che proviamo noi, davanti alla morte, per non lasciarci soli nemmeno in quel dolore. Poi, però, ci ha aperto gli occhi su qualcosa di inedito: la resurrezione. Infatti, ha riportato in vita il suo amico).

Nel mio libro riporto delle storie di persone che, come ho potuto vedere io stessa, hanno lasciato che Gesù abitasse il loro dolore per la perdita di una persona cara. E sono accaduti miracoli. Il miracolo che accumuna tutti è che con Gesù si ha una consolazione impensabile, grande, profonda. E’ una consolazione che non esiste, se la cerchiamo solo in questo mondo”.

Perché la morte fa paura?

“Si ha sempre paura di ciò che è ignoto. Da sempre ce lo insegnano i filosofi: ciò che non si conosce fa paura. E nessuno di noi, se è in vita, sa cosa ‘significa’ morire. A poco serve che Epicuro ci dica di ‘stare tranquilli’, perché ‘quando c’è lei (la morte) non ci siamo noi e quando ci siamo noi non c’è lei’. La morte fa paura anche perché è associata al dolore.

Ci fa paura lasciare delle persone che ci amano nel pianto. E poi, spesso, temiamo la morte delle persone care, soprattutto se sono dei pilastri nella nostra vita. La morte crea un distacco e può essere molto, molto doloroso. Le testimonianze che riporto nel libro non negano questa parte: la morte fa paura, la morte fa male. Però, con Gesù si apre una strada nuova”.

Come si può ritrovare la ‘pace’?

“Un punto in comune in tutte le testimonianze che ho raccolto è questo: il dolore va attraversato. Tutto e fino in fondo. Piangere, ad esempio, ci fa bene. E’ importante, poi, parlare con persone fidate di quello che proviamo. Un altro spunto: scrivere (lettere, pensieri, stati d’animo). E, soprattutto, dialogare con Dio che è il Dio del Cielo e della Terra e ora tiene noi su una mano, la persona cara che ci manca sull’altra. Lui è il punto di contatto.

Nei lutti che ho vissuto io stessa (ho perso mia madre quasi sei anni fa e ho subito degli aborti spontanei, dei quali l’ultimo mi ha causato davvero un dolore assordante), la forza più grande l’ho ricevuta dall’Eucaristia. Lì si apre un piccolo squarcio di Paradiso. Se la prendi con fede, davvero già metti un po’ il naso nell’eternità, inizi a gustare la pace vera di quel luogo che è la ‘casa di Dio’.

Ad ogni Eucaristia sperimenti che le tue lacrime sono accolte e asciugate, che Dio è davvero in te per ‘servirti’, per sanare le tue ferite, per addolcire le tue angosce”.

Allora come ‘vincere’ la disperazione per la perdita di un caro?

“Prima di tutto credo si debba pensare che la persona cara merita il nostro ricordo, le nostre attenzioni e premure, ma non ha bisogno della nostra disperazione in eterno. A volte, se ci si concentra su delle cose belle, se si torna a sorridere, ci si può sentire quasi in colpa, come se smettere di provare un dolore atroce significhi smettere di volere bene alla persona che ci ha lasciati. Il lutto ha e deve necessariamente avere un suo tempo di elaborazione, ma tornare a stare bene deve essere una priorità, nel lungo termine.

Le persone del mio libro hanno attraversato il dolore, un dolore che, in parte, nel cuore, resta. A volte la malinconia e la nostalgia tornano, però hanno saputo trovare delle motivazioni per vivere ancora e per vivere bene. Non aspettano con ansia solo il momento di raggiungere la persona cara. Hanno trovato stimoli e obiettivi per il loro tempo qui, anche se hanno perso un figlio o è mancato molto prematuramente un coniuge.

La disperazione può esserci. Il lutto può essere una prova grandissima. Se però ci si accorge che non si sta riuscendo ad elaborarlo è molto utile riconoscerlo e chiedere aiuto. Lasciarsi aiutare, anche da uno terapeuta, può essere una forma di coraggio. Ricordiamo che Dio, a volte, si serve proprio dei fratelli e delle sorelle per aiutarci”.

In quale modo la Pasqua aiuta a vivere il passaggio dalla morte alla vita?

“E’ Gesù che ci mostra per la prima volta nella storia qualcosa che nessuno aveva mai visto. Dicono: ‘Se qualcuno tornasse indietro a dirmi che esiste la vita dopo la morte, allora ci crederei’. Ecco, noi cristiani, quel qualcuno, lo abbiamo. C’è chi è tornato indietro. C’è, per noi, chi ci dice ‘Guardate: dopo essere stato martoriato, offeso, ucciso, eccomi qui… sono vivo!’ Gesù ha vinto.

A volte non ci rendiamo conto, noi cristiani, che siamo testimoni della potenza della Resurrezione. Non ci rendiamo conto che abbiamo un messaggio incredibile. Siamo più che giustificati a passare dal terrore per il male del mondo alla speranza nella vita eterna. Perché è una speranza concreta. Gesù è tornato proprio per dirci: ‘Guardate, dopo tutto quello che mi hanno fatto, quanta vita c’è ancora’.

Gli apostoli hanno smesso di avere paura, in quel momento. Erano fuori di sé dalla gioia. Hanno capito che la morte, davanti a Dio, è davvero un nulla. Un momento, un passaggio, appunto. La vita non finisce mai, se ci stringiamo a Colui che ne è eterno dispensatore. Non è lo stesso vivere già con questa certezza nel cuore oppure no. Io ho ricevuto questa grazia (anche se spesso vacillo, come tutti!) e a tutti coloro che ci leggono vorrei augurare di trovare questa fede, di custodirla, di ritrovarla se assopita, di chiederla e ottenerla dal Risorto”. 

Per concludere: cosa significa risorgere?

“Gesù ci dice che non dobbiamo temere la morte del corpo. Non è facile, ce lo siamo detti, ma c’è una morte peggiore, quella dello spirito, del cuore. Risorgere è lasciare che tutta la nostra vita, già da ora, sia presa e trasformata dalla luce di Cristo. Perché non meditare su questo e non lasciare che la luce passi, proprio in questa Pasqua?”

(Tratto da Aci Stampa)

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