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Papa Francesco: speranza è Dio fattosi uomo

Questa mattina papa Francesco ha ricevuto in udienza i vescovi, formatori e seminaristi della Provincia Ecclesiastica di Valencia, regione colpita nello scorso ottobre dalle alluvioni, mettendolo subito in evidenza: “Non mi è facile esprimervi i miei sentimenti, pensando ai Natali sicuramente atipici con quell’esperienza che ‘Dio si è fatto argilla’ in voi”.
Però, ha sottolineato che il dolore apre alla speranza: “Un dolore e un lutto che, pur nella sua durezza, ci apre alla speranza perché, costringendoci a toccare il fondo e a lasciare alle spalle tutto ciò che sembrava sostenerci, ci permette di andare oltre. Non è qualcosa che possiamo fare da soli, è un’immensa oscurità che avete sperimentato e state vivendo. E penso all’aiuto disinteressato di tante persone, gli occhi pieni di dedizione della gente, hanno saputo illuminarci con la tenerezza di Dio”.
E’ stato un invito ad essere in ogni situazione, in quanto tali fenomeni meteorologici (DANA) si possono ripetere, ed il compito dei cristiani si concretizza nella presenza e nella vicinanza: “Sei chiamato a lavorare in questo campo. DANA non è un fenomeno atipico che semplicemente speriamo non si ripeta, è l’estrapolazione di ciò che sperimenta ogni essere umano che affronta una perdita e si sente solo, fuori posto e bisognoso di sostegno per poter continuare.
Gesù lo dice molto chiaramente: ‘Per questo sono stato unto (per questo siete unti voi) per fasciare i cuori spezzati e proclamare l’anno di grazia del Signore’. Siamo già in quest’Anno di Grazia, che ho voluto dedicare alla speranza e che vivrete in tutta la sua forza meditando queste parole”.
Quindi ha concluso l’incontro ribandendo che la speranza non è ottimismo: “Una volta ho detto che ‘speranza’ non è ‘ottimismo’. ‘Ottimismo’ è un’espressione leggera, la speranza è un’altra cosa. Non possiamo prendere alla leggera la sofferenza delle persone e cercare di consolarle con frasi di circostanza e di bontà”.
La speranza è Gesù, con l’invito a donarsi: “La nostra speranza ha un nome, Gesù, quel Dio che non si è sentito disgustato dal nostro fango e che, invece di salvarci dal fango, si è fatto fango per noi. Ed essere prete è essere un altro Cristo, è diventare fango nelle lacrime della gente, e quando vedi la gente distrutta, perché a Valencia c’è gente distrutta, che ha perso la vita a pezzi, dai pezzi di voi stessi, come fa Cristo nell’Eucaristia. Per favore donatevi gratuitamente, perché tutto ciò che avete è stato ricevuto gratuitamente, non dimenticatevi della gratuità”.
Inoltre ha inviato un messaggio a p. Geoffroy Kemlin, abate di Saint-Pierre di Solesmes e presidente della Congregazione di Solesmes in occasione del 150° anniversario della morte di dom Prosper Guéranger: “Desidero esprimere il mio incoraggiamento e la mia affettuosa vicinanza a quanti hanno impegnato la loro vita sulla scia di questo servitore della Chiesa, o si adoperano per far conoscere la sua vita e la sua opera. Benedico anima mea Domino. Questo versetto del Salmo 102 fu una delle ultime parole che pronunciò prima di rimettere la sua anima nelle mani del Padre il 30 gennaio 1875”.
Nel messaggio il papa ha sottolineato alcune caratteristiche di questo fondatore: “Evocando dom Guéranger, i miei predecessori hanno sottolineato le diverse espressioni del suo carisma ricevute per l’edificazione di tutta la Chiesa: il suo ruolo di restauratore della vita monastica benedettina in Francia, la sua scienza liturgica posta al servizio del popolo di Dio, la sua ardente pietà verso il Sacro Cuore di Gesù e della Vergine Maria, la sua opera a favore della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione e di quello dell’infallibilità pontificio, i suoi scritti in difesa della libertà della Chiesa”.
Per questo ha sottolineato due aspetti particolari, soffermandosi sulla liturgia: “Vorrei, a mia volta, evidenziare due aspetti di questo carisma che corrispondono a due esigenze attuali della Chiesa: la fedeltà alla Santa Sede e al Successore di Pietro, particolarmente nell’ambito della liturgia, e la paternità spirituale.
Dom Guéranger è stato senza dubbio uno dei primi artefici del Movimento Liturgico, il cui bel frutto è stata la Costituzione ‘Sacrosanctum Concilium’ del Concilio Vaticano II. La riscoperta storica, teologica ed ecclesiologica della liturgia, come linguaggio della Chiesa ed espressione della sua fede, fu al centro della sua opera, prima come sacerdote diocesano poi come monaco benedettino.
Questa riscoperta ispirò in particolare le sue pubblicazioni a favore del ritorno delle diocesi di Francia all’unità della liturgia romana, e fu ciò che lo spinse a scrivere i volumi de ‘L’Anno liturgico’ per mettere alla portata dei sacerdoti e dei laici la bellezza e la ricchezza della liturgia”.
L’altro aspetto del suo carisma consiste nella paternità spirituale: “Attento allo Spirito Santo operante nelle anime, dom Guéranger desiderava una sola cosa: aiutarle nella ricerca di Dio. Plasmato dalla Regola benedettina e dalla lode divina, la sua dolce e gioiosa fiducia in Dio toccava il cuore dei monaci che si stringevano attorno a lui, delle monache che beneficiavano dei suoi insegnamenti, ma anche degli uomini e delle donne con responsabilità Chiesa e società, e soprattutto padri e madri, figli, piccoli e umili che ricorrevano ai suoi consigli spirituali. Nei tempi di pace come nei giorni di avversità, tutti trovavano in Lui il rafforzamento o il rinnovamento della fede, il gusto della preghiera e l’amore della Chiesa”.
Ecco il motivo per cui il papa prega perché la sua opera porti ‘frutto’: “Prego affinché l’opera del servo di Dio, dom Guéranger, continui a produrre frutti di santità in tutto il popolo fedele, e rimanga anche una testimonianza viva della fecondità della vita monastica, nel cuore della Chiesa”.
Infine ha inviato un messaggio al metropolita di Korça Locum Tenens della Chiesa Ortodossa, sua eminenza Giovanni, per la scomparsa di sua beatitudine Anastas, arcivescovo di Tirana, Durrës e di tutta l’Albania, deceduto a 95 anni il 25 gennaio: “La fede della comunità ortodossa albanese è stata certamente incarnata nella vita del nostro caro fratello, il cui zelante servizio pastorale ha aiutato la gente a riscoprirne la ricchezza e la bellezza dopo gli anni di ateismo e persecuzione imposti dallo Stato. A questo proposito, ho cari ricordi del mio incontro con Sua Beatitudine durante il mio primo viaggio apostolico fuori dall’Italia, e custodisco gelosamente l’abbraccio fraterno e le parole scambiate in quell’occasione”.
Ed ha ricordato il suo ‘fervente’ ministero: “Nel corso della sua lunga vita e del suo ministero come sacerdote e come vescovo, ha sempre manifestato una profonda dedizione al Vangelo, servendo e annunciando il Signore in vari contesti geografici e culturali, in Grecia, Africa e Albania…
Quando ha assunto la responsabilità di guidare la Chiesa ortodossa in Albania, ha desiderato entrare profondamente nei cuori di coloro che gli erano stati affidati, in particolare nelle loro tradizioni e identità, senza mai perdere la comunione con le altre Chiese ortodosse. Allo stesso tempo, si è anche impegnato volentieri nel dialogo e ha promosso la pacifica convivenza con altre Chiese e religioni”.
(Foto: Santa Sede)
YouTopic Fest incontra la fiducia’ di 5.500 persone: a Rondine l’ImmaginAZIONE

Tra dibattiti e workshop tanti i temi trattati nel corso della tre-giorni con al centro il ruolo della fiducia. Dalla Cittadella arriva la proposta di una grande manifestazione di pace per il Medio Oriente dove raccogliere il dolore di tutte le parti in conflitto. Nel corso dei ‘tre giorni disarmanti’ incontri con Alberto Belli Paci, figlio di Liliana Segre, Claudio Bisio, PIF, Pera Toons, Gherardo Colombo, Steve Della Casa, Michele Serra e molti altri. YouTopic Fest torna con la nona edizione dal 6 al 8 giugno 2025.
4.000 partecipanti tra giovani e famiglie alla Marcia per la Pace, 1.500 presenze nel corso di tre giorni, 400 persone partecipanti ai panel, 120 persone ai workshop e 200 bambini e ragazzi presenti alla Cittadella della Pace. Sono solo alcuni numeri dell’ottava edizione di YouTopic, il Festival internazionale sul Conflitto promosso da Rondine, svoltosi nel borgo alle porte di Arezzo da giovedì 30 maggio a sabato 1° giugno riflettendo sul tema ‘Scommettere sulla fiducia, averla, riceverla, perderla, ritrovarla’.
“Siamo molto soddisfatti, non solo i giovani, ma tutte le persone che hanno partecipato, che ci hanno ricoperto di gratitudine e felicità – dice Franco Vaccari, presidente e fondatore di Rondine -. Sono stati giorni in cui abbiamo accumulato veramente un patrimonio di fiducia e la fiducia non è una cosa astratta, ma concretissima, che nasce nelle relazioni. Abbiamo approfondito relazioni antiche e sono nate tantissime relazioni nuove, lo dicono anche i numeri del Festival di quest’anno. Siamo molto contenti della presenza dei bambini, come dire, bisogna imparare a litigare bene fin da piccoli, altrimenti da grandi è un guaio”.
Cala il sipario del festival di Rondine ma già si guarda al futuro: “La nona edizione di YouTopic Fest avrà per tema ‘ImmaginAZIONE. Il futuro come incubo o come sogno?’ Ma come si fa a pensare al futuro? Come si fa ad entrare nel futuro? Ci vuole una risorsa umana fondamentale che va educata e potenziata. E va potenziata proprio attraverso i conflitti, non senza i conflitti, altrimenti si spegne. Qual è questa qualità? È l’immaginazione”.
Ed è proprio il tema del sogno e della capacità di immaginare un futuro diverso che anima l’ultimo dibattito di YouTopic Fest: “Il nostro compito è di essere ponte per nuove narrazioni. Penso ad un momento che conti tutte le vittime da entrambi le parti, un monumento del lutto collettivo, che possa portare la costruzione di una memoria positiva e far conoscere le esperienze positive di dialogo. Infine dobbiamo sognare. Immaginare cosa potrebbe essere un Medio Oriente con due Stati amici che collaborano. Senza questo sogno che coltivi la speranza di un futuro diverso palestinesi e israeliani saranno sempre succubi di narrazioni negative”.
Afferma Gabriele Nissim, presidente della Fondazione Gariwo nel panel ‘Ricostruire la fiducia durante la guerra’ che ha affrontato la ripresa del conflitto armato in Medio Oriente che dal 7 ottobre che sta colpendo israeliani e palestinesi. E proprio da Nissim arriva la proposta: “In questa stretta abbiamo scoperto la totale mancanza di un grande movimento pacifista che scendesse in piazza per l’uno e per l’altro. Chiediamo a Rondine di farlo con noi con una grande manifestazione nazionale”.
Nelle orecchie la testimonianza di due padri di famiglia, uno israeliano e uno palestinese, entrambi del Parents Circle, forum delle famiglie: “Ognuna delle famiglie aderenti – ha detto Yuval Rahamim, co-direttore generale – ha perso membri della propria famiglia nel lungo conflitto tra Israele e Palestina, in diverse circostanze militari, civili, proteste, attacchi terroristici. Veniamo dal dolore e dalla tristezza più profondi e crediamo che questo debba essere un motore di pace e non di vendetta, per questo abbiamo deciso di dedicare impegno, risorse e tempo per costruire fiducia e dialogo tra i due popoli. Lavorando insieme su progetti comuni, la fiducia è costruita e mantenuta e i legami diventano sempre più stretti. Nei periodi di guerra, questi legami, questa fiducia sono messi alla prova, ma insistiamo per continuare il lavoro comune, la collaborazione e il dialogo”.
“Siamo più di 800 famiglie israeliane e palestinesi che hanno perso i propri cari – aggiunge Bassam Aramin, membro del Parents Circle – sappiamo di non poter continuare a vivere così, non vogliamo il sacrificio di nostri altri figli da entrambe le parti. Entrambe le parti infatti sono vittime. Per questo combattiamo insieme, israeliani e palestinesi, con modi non violenti per porre fine all’occupazione, così da poter vivere in pace, in sicurezza e stabilità”.
Il racconto di come il dolore non abbia confini, di come la madre di tutti i soldati di una guerra, per dirla con papa Francesco, soffra allo stesso modo. Davanti a lui Anita De Stasio, racconta il mondo di Neve Shalom, l’utopia e insieme la concretezza di come israeliani e palestinesi possano convivere, perfino parlando l’uno la lingua dell’altro.
Ed in chiusura il presidente di Rondine Franco Vaccari risponde alla proposta e rilancia: “Rondine dice sì ad una manifestazione che veda entrambe le parti del conflitto armato chiedere la pace, ma solo se a sceglierlo saranno i nostri giovani. Israeliani e palestinesi, russi e ucraini ma anche i figli di altre guerre dimenticate ma che qui hanno la stessa dignità. Noi siamo tutti i giorni non per il cessate il fuoco ma perché il fuoco neanche si accenda. Ma Rondine non sceglie per i giovani, sceglie con i giovani. Pronti ad andargli dietro con tutta la sua forza”.
Giornata intensa che si è aperta con il Giardino dei Giusti-Artigiani di Pace, inaugurato lo scorso anno in collaborazione con Gariwo la foresta dei Giusti, dove sono stati piantati tre nuovi alberi, uno dei quali dedicato a Otello Lorentini, che con la sua determinazione portò in tribunale i responsabili della strage dell’Heysel (Bruxelles) dove il 29 maggio del 1985, perse il figlio Roberto nel prepartita della finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Da allora e fino alla sua scomparsa, avvenuta l’11 maggio del 2014, ha sempre cercato giustizia e mai vendetta: “Per la famiglia Lorentini è motivo di grande orgoglio il fatto che mio nonno Otello sia stato inserito nel Giardino dei Giusti a Rondine.
E’ stato un uomo che ha mostrato grande coraggio e determinazione nel momento in cui ha scelto di fondare l’Associazione tra i familiari delle vittime di l’Heysel dopo la strage nella quale persero la vita 39 persone tra le quali il figlio Roberto. Ha guidato le famiglie delle vittime italiane nel processo che ne è seguito riuscendo a far condannare la Uefa in una sentenza che ha fatto giurisprudenza e che ha portato a migliorare i criteri di sicurezza negli stadi. Otello per anni si è impegnato contro la violenza nello sport cercando di spiegarne i veri valori, a partire dal rispetto e dal fairplay per far sì che la memoria di quella strage fosse un seme e non un feticcio. Ha avuto la capacità di trasformare il dolore per la perdita di un figlio in uno strumento di pace”.
Le rondini partono ma altre sono già in arrivo e anche l’appuntamento alla prossima edizione di YouTopic Fest è fissato: da venerdì 6 a domenica 8 giugno 2025 ancora insieme per coltivare ‘l’ImmaginAZIONE per uscire dall’incubo e costruire insieme un futuro di pace?’. Questo è stato YouTopic Fest 2024. Un festival realizzato con il patrocinio di: Regione Toscana, Consiglio Regionale della Toscana, Provincia di Arezzo, Comune di Arezzo, Comune di Castiglion Fibocchi e Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, Unione dei Comuni del Pratomagno.
Con il contributo di Tutela Legale, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, Istituto per il Credito Sportivo. Con il sostegno di Estra S.p.A., Chimet, Camera di Commercio Arezzo Siena, BDC School, COINGAS S.p.A. In collaborazione con Festival dei Cammini di Francesco, Sustainability Award, Solea, BARTLEBYFILM, Medusa Film, Fondazione il Cuore si scioglie, Unicoop Firenze, Coldiretti Arezzo, Anna Lindh Foundation, Sugar, Castiglione del Cinema, Fattoria La Vialla, Fondazione Arezzo InTour, D.O.G. Operatori di strada. Con la media partnership di QN-La Nazione, Famiglia Cristiana, Vatican News, Radio Vaticana.
Il Quarto Anno Rondine è sostenuto da Fondazione di Sardegna, Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, Fondazione Deloitte, Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, Fondazione Andrea Biondo Istituto di Cultura, Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, Gecofin, Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano, Fondazione ONLUS Niccolò Galli, Banca del Valdarno Credito Cooperativo – “borsa di studio in memoria di Bani Giovanni”, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione Mike Bongiorno, Fondazione Vincenzo Casillo, Associazione Patrizia Funes, 2MV.
La Pasqua, una scuola per vivere il lutto nella speranza

“La morte ci fa paura. La morte è un orrore. Sembra divorare tutto, sembra togliere senso ad ogni cosa. Lo so, non è l’incipit più bello del mondo, ma bisognava mettere subito in chiaro che questo testo non vuol essere sdolcinato. Non edulcora la realtà. Non offre consolazioni più simili all’ovatta che ottura che ad una vera medicina che cura. Per guarire da un brutto male, bisogna guardarlo in faccia e riuscire a vederlo come tale, così da intervenire in modo efficace. E la morte è un male. Forse proprio l’emblema del male presente nella vita umana. Uno dei problemi della nostra società è che considera la morte un tabù: se non se ne parla, allora non ci tocca… ma non è così”.
Questo è l’inizio dell’introduzione del libro di Cecilia Galatolo, ‘Vivere il lutto insieme a Dio per ritrovare la pace. Dieci storie vere’, pensato per coloro che si trovano nell’angoscia per la perdita di una persona cara. La morte si presenta alle donne e agli uomini di ogni tempo come un orrore, perché sembra divorare tutto, sembra togliere senso ad ogni cosa:
“E’ normale piangere. Anzi, non solo è normale, ma anche necessario per elaborare quanto successo. Pensiamo che perfino Gesù ha voluto vivere il dolore del lutto, quando è andato a trovare Marta e Maria, che avevano appena sepolto il loro caro fratello Lazzaro, amico di Gesù. Gesù stesso piange, in quella occasione.
Proprio così: si commuove, prova angoscia, tristezza. Non vuole restare immune agli effetti della morte sulla sua parte umana. Poi, però, essendo Uomo e Dio al tempo stesso, redime quel dolore: ‘Tuo fratello risorgerà’, dice all’amica Marta”.
Il libro è una raccolta di testimonianze di persone che hanno confidato in Gesù mentre affrontavano lutti gravi e laceranti. C’è la storia di una donna che perde la figlia diciottenne in un incidente stradale; quella di una mamma che partorisce una bambina destinata a morire poche ore dopo; c’è la storia di un’orfana, cresciuta senza una mamma e di un ragazzo capace di consolare i suoi genitori al punto da prepararli alla sua partenza per il cielo:
“Questo testo non è un manuale sull’elaborazione del lutto, non è un trattato di psicologia né di teologia. Intende solo raccontare storie vere, che possano portare un messaggio di speranza, mostrando che per tanti la morte non ha avuto l’ultima parola.
La morte è illogica: siamo fatti per vivere! La morte toglie il respiro. A chi se ne va, ma anche a chi resta. Ci separa dagli affetti e sembra porre una distanza invalicabile tra noi e i nostri cari. Il lutto, allora, si presenta come un passaggio intenso e doloroso, come un macigno che ha bisogno di essere maneggiato, ma forse non sappiamo da che parte iniziare. E allora sprofondiamo in un abisso. Smettiamo di vedere la luce”.
Come si vive il lutto insieme a Dio?
“Non ho ricette, non ho risposte preconfezionate. Ogni vissuto, ogni storia, ha le sue dinamiche e non credo ci sia una formula che vale per tutti. Inoltre, Dio ci ama ciascuno in modo unico e singolare; quindi, comunica con ognuno nella maniera in cui possiamo accoglierlo. Mi sento di dire, però, che Gesù ha redento il lutto: lo ha vissuto anche lui (ricordate quando ha perso l’amico Lazzaro? Gesù pianse. Ha voluto provare quello che proviamo noi, davanti alla morte, per non lasciarci soli nemmeno in quel dolore. Poi, però, ci ha aperto gli occhi su qualcosa di inedito: la resurrezione. Infatti, ha riportato in vita il suo amico).
Nel mio libro riporto delle storie di persone che, come ho potuto vedere io stessa, hanno lasciato che Gesù abitasse il loro dolore per la perdita di una persona cara. E sono accaduti miracoli. Il miracolo che accumuna tutti è che con Gesù si ha una consolazione impensabile, grande, profonda. E’ una consolazione che non esiste, se la cerchiamo solo in questo mondo”.
Perché la morte fa paura?
“Si ha sempre paura di ciò che è ignoto. Da sempre ce lo insegnano i filosofi: ciò che non si conosce fa paura. E nessuno di noi, se è in vita, sa cosa ‘significa’ morire. A poco serve che Epicuro ci dica di ‘stare tranquilli’, perché ‘quando c’è lei (la morte) non ci siamo noi e quando ci siamo noi non c’è lei’. La morte fa paura anche perché è associata al dolore.
Ci fa paura lasciare delle persone che ci amano nel pianto. E poi, spesso, temiamo la morte delle persone care, soprattutto se sono dei pilastri nella nostra vita. La morte crea un distacco e può essere molto, molto doloroso. Le testimonianze che riporto nel libro non negano questa parte: la morte fa paura, la morte fa male. Però, con Gesù si apre una strada nuova”.
Come si può ritrovare la ‘pace’?
“Un punto in comune in tutte le testimonianze che ho raccolto è questo: il dolore va attraversato. Tutto e fino in fondo. Piangere, ad esempio, ci fa bene. E’ importante, poi, parlare con persone fidate di quello che proviamo. Un altro spunto: scrivere (lettere, pensieri, stati d’animo). E, soprattutto, dialogare con Dio che è il Dio del Cielo e della Terra e ora tiene noi su una mano, la persona cara che ci manca sull’altra. Lui è il punto di contatto.
Nei lutti che ho vissuto io stessa (ho perso mia madre quasi sei anni fa e ho subito degli aborti spontanei, dei quali l’ultimo mi ha causato davvero un dolore assordante), la forza più grande l’ho ricevuta dall’Eucaristia. Lì si apre un piccolo squarcio di Paradiso. Se la prendi con fede, davvero già metti un po’ il naso nell’eternità, inizi a gustare la pace vera di quel luogo che è la ‘casa di Dio’.
Ad ogni Eucaristia sperimenti che le tue lacrime sono accolte e asciugate, che Dio è davvero in te per ‘servirti’, per sanare le tue ferite, per addolcire le tue angosce”.
Allora come ‘vincere’ la disperazione per la perdita di un caro?
“Prima di tutto credo si debba pensare che la persona cara merita il nostro ricordo, le nostre attenzioni e premure, ma non ha bisogno della nostra disperazione in eterno. A volte, se ci si concentra su delle cose belle, se si torna a sorridere, ci si può sentire quasi in colpa, come se smettere di provare un dolore atroce significhi smettere di volere bene alla persona che ci ha lasciati. Il lutto ha e deve necessariamente avere un suo tempo di elaborazione, ma tornare a stare bene deve essere una priorità, nel lungo termine.
Le persone del mio libro hanno attraversato il dolore, un dolore che, in parte, nel cuore, resta. A volte la malinconia e la nostalgia tornano, però hanno saputo trovare delle motivazioni per vivere ancora e per vivere bene. Non aspettano con ansia solo il momento di raggiungere la persona cara. Hanno trovato stimoli e obiettivi per il loro tempo qui, anche se hanno perso un figlio o è mancato molto prematuramente un coniuge.
La disperazione può esserci. Il lutto può essere una prova grandissima. Se però ci si accorge che non si sta riuscendo ad elaborarlo è molto utile riconoscerlo e chiedere aiuto. Lasciarsi aiutare, anche da uno terapeuta, può essere una forma di coraggio. Ricordiamo che Dio, a volte, si serve proprio dei fratelli e delle sorelle per aiutarci”.
In quale modo la Pasqua aiuta a vivere il passaggio dalla morte alla vita?
“E’ Gesù che ci mostra per la prima volta nella storia qualcosa che nessuno aveva mai visto. Dicono: ‘Se qualcuno tornasse indietro a dirmi che esiste la vita dopo la morte, allora ci crederei’. Ecco, noi cristiani, quel qualcuno, lo abbiamo. C’è chi è tornato indietro. C’è, per noi, chi ci dice ‘Guardate: dopo essere stato martoriato, offeso, ucciso, eccomi qui… sono vivo!’ Gesù ha vinto.
A volte non ci rendiamo conto, noi cristiani, che siamo testimoni della potenza della Resurrezione. Non ci rendiamo conto che abbiamo un messaggio incredibile. Siamo più che giustificati a passare dal terrore per il male del mondo alla speranza nella vita eterna. Perché è una speranza concreta. Gesù è tornato proprio per dirci: ‘Guardate, dopo tutto quello che mi hanno fatto, quanta vita c’è ancora’.
Gli apostoli hanno smesso di avere paura, in quel momento. Erano fuori di sé dalla gioia. Hanno capito che la morte, davanti a Dio, è davvero un nulla. Un momento, un passaggio, appunto. La vita non finisce mai, se ci stringiamo a Colui che ne è eterno dispensatore. Non è lo stesso vivere già con questa certezza nel cuore oppure no. Io ho ricevuto questa grazia (anche se spesso vacillo, come tutti!) e a tutti coloro che ci leggono vorrei augurare di trovare questa fede, di custodirla, di ritrovarla se assopita, di chiederla e ottenerla dal Risorto”.
Per concludere: cosa significa risorgere?
“Gesù ci dice che non dobbiamo temere la morte del corpo. Non è facile, ce lo siamo detti, ma c’è una morte peggiore, quella dello spirito, del cuore. Risorgere è lasciare che tutta la nostra vita, già da ora, sia presa e trasformata dalla luce di Cristo. Perché non meditare su questo e non lasciare che la luce passi, proprio in questa Pasqua?”
(Tratto da Aci Stampa)
Pasqua: Aiutami a superare il lutto. Con uno sguardo alla Resurrezione

Perché Dio permette la morte? Come superare la perdita di un figlio o la vedovanza? E se l’aldilà ci fa paura? In un mondo, quello occidentale, che spesso tende a rimuovere la condizione della morte dall’esperienza umana, in una sorta di invincibilità che la allontana, oppure spingendoci a nasconderci e vergognarci del dolore legato al lutto, le monache agostiniane del Monastero Santa Rita da Cascia – con il coraggio di chi è sempre attento e vicino ai bisogni umani- vogliono invece accompagnare coloro che vivono il vuoto della perdita.
Hanno, infatti, appena pubblicato il loro ultimo libriccino ‘Aiutami a superare il lutto’, il secondo volume della collana tascabile ‘Rita quotidiana’, curata da Tau editrice, in cui, in questo tempo di Pasqua, invitano a elaborare la mancanza, guardando alla Resurrezione, che porta tutti – credenti o meno – a fare i conti con la morte e con la possibilità di andare oltre e rinascere, come fatto da Rita stessa dopo aver perso il marito e i due figli.
Con questo volume, disponibile [U1] nelle librerie d’Italia, presso il Santuario e online anche su shop.santaritadacascia.org, dopo il primo dedicato alla maternità, continua così il primo innovativo progetto editoriale del monastero, con cui le claustrali, a partire da storie vere, vogliono essere presenti nella vita dei devoti e non solo – per non lasciarli soli – attraverso i dolori e le gioie che sono parte della vita di tutti i giorni. Lo fanno in qualità di amiche, prendendo esempio da Santa Rita, considerata una “guida del cuore”, facendosi così depositarie del suo messaggio.
Il volume, appena pubblicato, contiene la prefazione di p. Giuseppe Caruso, preside dell’Istituto Patristico ‘Augustinianum’, e l’introduzione di suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero. Nel testo si prova a rispondere agli interrogativi dolorosi riguardanti la morte, avendo come riferimento costante il Vangelo e l’insegnamento che, sebbene il cristiano non conosca alcuna strada che aggiri il dolore, conosce però una strada per attraversarlo, insieme al Signore.
“Nel titolo abbiamo voluto usare il termine ‘superare’, che significa passare oltre – ha dichiarato la Priora – un termine che quindi ha in sé il valore del passaggio a qualcosa di altro e non del fermarsi a qualcosa che è la fine. Ed è proprio sul superare che noi proviamo ad agire, sul guidare oltre il dolore chi affronta il lutto, per arrivare insieme a una rinnovata serenità. Con il suo beatissimo Transito, che è un vero e proprio passaggio dalla vita terrena a quella celeste, Santa Rita stessa ci stimola a guardare a Gesù Crocifisso e ci chiede, in questo tempo di Pasqua, di non fermarci al Venerdì Santo e alla Passione, perché l’esistenza dell’uomo non finisce con la sua morte terrena ma è la strada per la Vita Nuova”.
“Rita ha conosciuto fino in fondo il senso di solitudine e di vuoto che il lutto scatena nell’animo umano – scrive Padre Caruso nell’introduzione – però, anche in quel momento, si è rivolta a Cristo: nel suo Signore, che per amore dell’umanità ha sperimentato la croce e l’abbandono, ha trovato l’amico al quale confidare la sua pena e la certezza di non essere mai sola”.
La collana vuole essere un percorso al fianco di ogni persona[U2] , rimanendo al passo con la società e le sue trasformazioni. Il prossimo volume, che sarà pubblicato entro il 2024, sarà dedicato alla preghiera, a conclusione stessa dell’Anno della Preghiera, voluto da Papa Francesco, che la considera “il respiro della fede”, in preparazione al Giubileo del 2025. Saranno quindi affrontati, a seguire, temi quali famiglia, carità, malattia, solitudine.[U3]
E’ invece dedicato alla maternità il primo volume della collana, dal titolo ‘Aiutami ad essere madre’. Il suo intento è quello di accompagnare le madri e coloro che vogliono diventarlo, ricordando che “le mamme non sono eroine di una storia, sono fragili, insicure, umane e va bene così. Il mestiere della mamma non è cosa facile, ma neppure cosa impossibile”.
Chiunque desideri condividere la propria testimonianza per le future pubblicazioni è invitato a scrivere a redazione@santaritadacascia.org
Di fianco il qr code per ordinare [U4] il libro su shop.santaritadacascia.org

‘Vivere il lutto insieme a Dio: un libro per trovare pace davanti alla morte

‘Vivere il lutto insieme a Dio per ritrovare la pace. Dieci storie vere’ (Mimep Docete, 2023) è un libro pensato per coloro che si trovano nell’angoscia per la perdita di una persona cara. La morte si presenta alle donne e agli uomini di ogni tempo come un orrore, perché sembra divorare tutto, sembra togliere senso ad ogni cosa. E’ normale, quando viene a mancare qualcuno che amiamo, sentirci smarriti, vuoti e apatici.