Papa Francesco invita ad avere passione per l’evangelizzazione

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Nell’udienza generale odierna papa Francesco ha continuato il ciclo di catechesi ‘La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente’, incentrando la sua meditazione sul Concilio Vaticano II ‘Il Concilio Vaticano II. 2. Essere apostoli in una Chiesa apostolica’, sul significato dell’apostolato:

“Proseguiamo le catechesi sulla passione di evangelizzare: non solo su ‘evangelizzare’ ma la passione di evangelizzare e, alla scuola del Concilio Vaticano II, cerchiamo di capire meglio che cosa significa essere ‘apostoli’ oggi. La parola ‘apostolo’ ci riporta alla mente il gruppo dei Dodici discepoli scelti da Gesù.

A volte chiamiamo ‘apostolo’ qualche santo, o più generalmente i vescovi: sono apostoli, perché vanno in nome di Gesù. Ma siamo consapevoli che l’essere apostoli riguarda ogni cristiano? Siamo consapevoli che riguarda ognuno di noi? In effetti, siamo chiamati ad essere apostoli, cioè inviati, in una Chiesa che nel Credo professiamo come apostolica”.

L’apostolo è, quindi, un inviato per una missione: “Significa essere inviato per una missione. Esemplare e fondativo è l’avvenimento in cui Cristo Risorto manda i suoi apostoli nel mondo, trasmettendo loro il potere che Egli stesso ha ricevuto dal Padre e donando loro il suo Spirito”.

L’apostolato richiede anche una vocazione: “Un altro aspetto fondamentale dell’essere apostolo è la vocazione, cioè la chiamata. E’ stato così fin dall’inizio, quando il Signore Gesù ‘chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui’. Li costituì come gruppo, attribuendo loro il titolo di ‘apostoli’, perché stessero con Lui e per inviarli in missione.

San Paolo nelle sue lettere si presenta così: ‘Paolo, chiamato a essere apostolo’, cioè inviato, ed ancora: ‘Paolo, servo di Gesù Cristo, apostolo inviato per chiamata, scelto per annunciare il vangelo di Dio’.

Ed insiste sul fatto di essere ‘apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre che lo ha risuscitato dai morti’; Dio lo ha chiamato fin dal seno di sua madre per annunciare il vangelo in mezzo alle genti”.

Perciò l’esperienza degli apostoli e la testimonianza di Paolo interpellano l’uomo contemporaneo: “Ci invitano a verificare i nostri atteggiamenti, a verificare le nostre scelte, le nostre decisioni, sulla base di questi punti fermi: tutto dipende da una chiamata gratuita di Dio; Dio ci sceglie anche per servizi che a volte sembrano sovrastare le nostre capacità o non corrispondere alle nostre aspettative; alla chiamata ricevuta come dono gratuito bisogna rispondere gratuitamente”.

In questo senso i documenti del Concilio Vaticano II è chiaro sulla vocazione all’apostolato: “E’ una chiamata che riguarda sia coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine, sia le persone consacrate, sia ciascun fedele laico, uomo o donna, è una chiamata a tutti.

Tu, il tesoro che hai ricevuto con la tua vocazione cristiana, sei costretto a darlo: è la dinamicità della vocazione, è la dinamicità della vita. E’ una chiamata che abilita a svolgere in modo attivo e creativo il proprio compito apostolico, in seno a una Chiesa in cui ‘c’è diversità di ministero ma unità di missione’…

In questo quadro, come il Concilio intende la collaborazione del laicato con la gerarchia? Come lo intende? Si tratta di un mero adattamento strategico alle nuove situazioni che vengono? Niente affatto, niente: c’è qualcosa di più, che supera le contingenze del momento e che mantiene un suo proprio valore anche per noi. La Chiesa è così, è apostolica”.

E la diversità dei carismi si manifesta nell’unità: “Nel quadro dell’unità della missione, la diversità di carismi e di ministeri non deve dar luogo, all’interno del corpo ecclesiale, a categorie privilegiate: qui non c’è una promozione, e quando tu concepisci la vita cristiana come una promozione, che quello che è di sopra comanda gli altri perché è riuscito ad arrampicarsi, questo non è cristianesimo.

Questo è paganesimo puro… Chi ha più dignità, nella Chiesa: il vescovo, il sacerdote? No … tutti siamo cristiani al servizio degli altri. Chi è più importante, nella Chiesa: la suora o la persona comune, battezzata, il bambino, il vescovo …?

Tutti sono uguali, siamo uguali e quando una delle parti si crede più importante degli altri e un po’ alza il naso, sbaglia. Quella non è la vocazione di Gesù. La vocazione che Gesù dà, a tutti (ma anche a coloro che sembrano essere in posti più alti) è il servizio, servire gli altri, umiliarti…

La vocazione di Dio è adorazione al Padre, amore alla comunità e servizio. Questo è essere apostoli, questa è la testimonianza degli apostoli”.

In conclusione papa Francesco ha invitato a fuggire dalla vanità: “La questione dell’uguaglianza in dignità ci chiede di ripensare tanti aspetti delle nostre relazioni, che sono decisive per l’evangelizzazione… Ascoltare, umiliarsi, essere al servizio degli altri: questo è servire, questo è essere cristiano, questo è essere apostolo.

Cari fratelli e sorelle, non temiamo di porci queste domande. Fuggiamo dalla vanità, dalla vanità dei posti. Queste parole ci possono aiutare a verificare il modo in cui viviamo la nostra vocazione battesimale, come viviamo il nostro modo di essere apostoli in una Chiesa apostolica, che è al servizio degli altri”.

(Foto: Santa Sede)

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