Mons. Lorefice ha affidato fratel Biagio Conte a Dio

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Ieri si sono svolti nella cattedrale di Palermo i funerali di fratel Biagio Conte, fondatore di ‘Missione Speranza e Carità’, morto giovedì 12 gennaio, presieduti da mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, a cui hanno partecipato molte migliaia di persone, a cui l’amministrazione comunale della città con le parole del sindaco Roberto Lagalla ha deciso di voler intitolargli un’area nelle vicinanze della sua missione:

“Anche oggi, giorno dell’ultimo saluto a fratel Biagio Conte, la città è accorsa in Cattedrale per dare un abbraccio a uno dei simboli più luminosi di Palermo. L’impegno di tutti dovrà essere rivolto a non disperdere il messaggio di fratel Biagio e ad accompagnare l’azione della ‘Missione Speranza e Carità’ che proseguirà nella sua opera anche dopo la scomparsa della sua guida.

A testimonianza di quanto sia forte la volontà di questa Amministrazione, la Giunta comunale, all’unanimità, ha deciso di promuovere l’iter di intitolazione a Biagio Conte di un’area vicino alla Missione. Ho informato il prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta, che ha mostrato apertura verso questa iniziativa del Comune e alla quale spetta emettere un provvedimento che anticipi l’intitolazione di una strada rispetto ai tempi ordinari. E’ un primo gesto affinché resti sempre vivo il ricordo di Biagio Conte”.

Nell’omelia mons. Lorefice ha ripreso la preghiera di ringraziamento di Gesù a Dio per aver donato alla città fratel Conte: “Ti ringraziamo, o Padre, perché hai rivelato ai piccoli il mistero della tua presenza e del tuo amore. Ti ringraziamo per il dono che hai fatto alla città di Palermo, alla Chiesa e al mondo: il dono di un cristiano.

Il dono di un fratello che ha creduto alla tua Parola fino alla fine e fino in fondo. Noi stamattina ti ringraziamo o Padre perché lo abbiamo incontrato, perché ce lo hai fatto incontrare”.

Un ringraziamento a Dio per fratel Conte che ha saputo effondere il ‘profumo di Cristo’: “Noi siamo, in fondo, sin dall’inizio, sin dal grembo della nostra mamma, gli incontri che facciamo.

E quanto è stato importante per me, quanto è stato importante per tutti noi, per ciascuno e ciascuna di noi, per tutta la Chiesa di Palermo, aver incontrato fratel Biagio, così come (ce ne siamo accorti più che mai in questi giorni) per tutti coloro che ha raggiunto col suo cammino e col suo sguardo, testimoni semplici e potenti del suo limpido innamoramento del Vangelo da saper turbare, interrogare, invitare altri all’innamoramento, quasi come fossero letteralmente capaci di spandere un profumo, il profumo di Cristo”.

Ed ha ripreso le parole di san Francesco per descrivere lo stile di fratel Biagio: “A Lui hai donato il tuo Spirito. Camminava lungo le nostre strade, e continuerà ancora a farlo, per donarci la certezza del tuo sorriso, della tua accoglienza, della tua giustizia, della tua preferenza per i poveri.

Il suo sorriso, il sorriso di Biagio: sommesso e splendente, chiaro e profondo, intimo e aperto. Quel sorriso, o Padre, portava il segno della tua presenza, era una luce in cui riposare, uno spazio che ci era (e ci è) donato per vedere, con gli occhi del cuore, un’immagine del tuo sorriso accogliente sul mondo”.

Fratel Biagio comprendeva la sofferenza dell’altro: “Non il sorriso di circostanza di chi come noi tante volte preferisce l’ipocrisia alla verità. Non il sorriso superficiale e bonario di chi non discerne, di chi fa passare tutto, giustifica ogni cosa. Non il sorriso di chi si schermisce per non compromettersi.

Bensì il sorriso di chi comprende il faticoso travaglio del mondo, di chi è pronto a dedicare la sua cura benevola ad ogni creatura e però su tutte predilige quelle che gli altri dimenticano, quelle che la storia calpesta: i più poveri, i più fragili, quelli che si sono smarriti e (come a Biagio stesso era accaduto) sono alla ricerca di una ‘via altra’.

Per dire loro: io sono con voi, io non vi abbandono, io sorrido sulla vostra vita e la abbraccio, la assumo, la porto in grembo. E l’ingiustizia non sarà l’ultima parola”.

Fratel Biagio viveva Dio in pienezza: “Novello cantore di una povertà che è fiducia totale in te e condivisione con le vittime della ‘cultura dello scarto’. A fratel Biagio hai dato il triplice dono di vivere da povero, di vivere con i poveri e di vivere per i poveri.

Mentre il giovane ricco, sulla strada di Gesù di Nazareth, pensava che la vita che il Signore gli prospettava fosse inaudita, insostenibile, impossibile fino alla soglia dell’assoluta tristezza, fratel Biagio si è fidato della risposta che il tuo Figlio diede a Pietro, sbigottito perché i ricchi non sarebbero entrati nel Regno: ‘Impossibile presso gli uomini. Ma a Dio tutto è possibile’. Nella vita di Biagio questa parola di Gesù si è adempiuta pienamente”.

L’amore di fratel Biagio per la sua città è stato immenso: “Padre buono, il nostro Fratel Biagio ha amato la sua Palermo, si è coinvolto nelle sue sofferenze e contraddizioni come il nostro don Pino Puglisi. Ha amato ogni città meta del suo lungo pellegrinaggio, ha amato ogni città del mondo.

Nella Gerusalemme terrena, tu lo sai, Biagio ha dato voce al bisogno che abbiamo di te. Come fa una città a essere senza Dio? Sappiamo bene che questa parola, che questa domanda nulla ha a che vedere con una sterile nostalgia del passato”.

Vivere la città è stato per fratel Biagio immedesimarsi nel povero: “Non vuol dire, questa domanda, fare di te un vessillo, un possesso, un codice morale, una presenza invadente e legiferante, che sottrae al creato la sua libertà, il suo arbitrio. Quella libertà e quell’arbitrio che tu gli hai donato, che tu ci hai donato. Non possiamo parlare di te così, stamattina, davanti a fratel Biagio.

Il Dio che non può mancare nella città è per lui, profondamente, quel povero con cui il tuo Figlio si è identificato, quel povero che sei tu. Che sei scandalosamente, impensabilmente tu. La città degli uomini non può essere senza Dio perché non può essere senza i poveri, perché non può pensarsi e vivere senza fare dei poveri il riferimento ultimo, il punto più alto, la vedetta delle proprie mura e la base della propria strada”.

Fratel Biagio ha vissuto intensamente la preghiera: “Biagio, o Padre, ha amato la pietà. A noi appariva sempre in preghiera. A lui hai ispirato di ritirarsi nell’eremo per lunghi periodi, sull’esempio di sant’Antonio il Grande.

Avevamo l’impressione, quando ci parlava, che nello stesso tempo fosse in contatto con te. Con lui ci sembrava di essere in una situazione speciale: parlavamo con lui e sentivamo che c’eri tu. E sentivamo che c’erano tutti i fratelli e le sorelle che egli incontrava sul cammino.

Davvero Biagio ha vissuto la sua vita camminando umilmente (e cioè con mitezza, dandoci la mano, stando con noi all’ultimo posto) con te, con il suo, con il nostro Dio, come ci ha ricordato oggi Michea”.

Fratel Biagio amava tanto i poveri fino al pianto: “Biagio capiva, o Padre, che il tuo Messia, Gesù Cristo, è assetato di amore. E noi possiamo e dobbiamo aiutarlo ad estinguere questa sete che continua a gridarci dalla croce, attraverso l’amore e il servizio ai più poveri tra i poveri, che ‘hanno sete di Chiesa’. Di una Chiesa povera, dei poveri e per i poveri”.

Ha concluso l’omelia affidando a Dio fratel Biagio: “Accogli tra le tue braccia, o Padre, fratel Biagio. Accoglilo come egli ci ha accolto. Sii misericordioso con lui: come egli lo è stato con noi. Capace di compassione, di amore viscerale, come te.

Donaci di camminare sempre con te, di camminare assieme tra di noi, e di camminare assieme a tutti coloro che non sono con noi, che sono lontani da noi, ma sono forse più vicini a te”.

 E’ questa la Chiesa dei ‘santi folli’: “Sarà questo o Padre il vero sinodo, il sinodo di una Chiesa nuova, di una Palermo nuova che non finiamo di sperare, ma per la quale dobbiamo continuare a lottare, con l’intemerata spudoratezza dei tuoi ‘santi folli’, dei tuoi giullari, la stessa temerarietà, la stessa follia di Biagio che da oggi è nelle tue mani e che pure tu ci lasci accanto come seme del Regno a Palermo e nel mondo”.

Al termine della celebrazione funebre la Missione ‘Speranza e Carità’ ha ringraziato riprendendo il ‘motto’ di fratel Conte (‘Costruiamo tutti insieme un mondo migliore’): “La Missione di Speranza e Carità vuole ringraziare dal profondo del cuore tutte le istituzioni: la Regione Siciliana, la Prefettura di Palermo, il Comune di Palermo, la Questura di Palermo, la chiesa di Palermo, le forze di polizia, la protezione civile, i vigili del fuoco e i tanti volontari.

In particolare il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, l’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, il prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta, il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, il questore di Palermo, Leopoldo Laricchia ed ogni uomo e donna che ha condiviso con noi questi giorni molto duri, e i giornalisti che hanno dato voce alle tante belle storie della Missione”.

(Foto: arcidiocesi di Palermo)

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