Oggi il funerale di fratel Biagio Conte

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Questa mattina si celebrano a Palermo i funerali di fratel Biagio Conte, fondatore della Missione ‘Speranza e Carità, presieduti dall’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, definito nel telegramma di papa Francesco un ‘generoso missionario di carità e amico dei poveri’.

Nel testo papa Francesco ha sottolineato come il missionario laico scorgesse proprio nei poveri ‘il volto stesso di Gesù’, e come per loro si sia ‘instancabilmente prodigato offrendo loro consolazione, protezione e speranza’; infine ha sottolineato la “coraggiosa testimonianza evangelica di questo discepolo di Cristo che ha accesso una fiamma d’amore nella città di Palermo e nel cuore di quanti lo hanno incontrato”.

E sono stati moltissimi i telegrammi arrivati alla missione e tra i più significativi quello arrivato dal Sermig di Torino, dove si trova un ex arsenale di armi trasformato in arsenale di pace proprio come la Missione ‘Speranza e Carità’ di fratel Biagio Conte, a firma del fondatore Ernesto Olivero, che aveva fratel Biagio nel 2017 quando camminava con la croce in spalla per tutta Italia (successivamente Europa e Marocco) per dare un messaggio di speranza e unità:

“Caro Biagio, caro amico, abbiamo percorso strade diverse segnate però dallo stesso desiderio: la giornata da 24 ore su 24 da vivere per gli altri, per Dio. Sei sempre stato attento ai bisogni delle persone attratto dagli ultimi del mondo senza distinzione di razza, cultura, religione, senza curarti del passato di ognuno perché nella vita tutti hanno un appuntamento con l’amore che non chiede niente in cambio.

Avevi i tuoi progetti ma Dio ne aveva altri e tu gli hai lasciato carta bianca perché realizzasse con te la Missione di Speranza e Carità. Non ti spaventava nulla, non temevi fatiche e prove, non ti fermavi davanti a niente e a nessuno. E’ quello che ho visto in te: una pagina di Vangelo”.

Mentre il prof. Giuseppe Savagnone ha parlato della sua scelta di povertà: “In questo senso davvero la storia di ‘fratel Biagio’ ha delle analogie con quella di Francesco d’Assisi. Come Francesco, anche lui proveniva da una ricca famiglia (non di mercanti, ma di costruttori edili), che lo aveva spedito a studiare in Svizzera, presso un collegio privato. Poi era tornato a Palermo, per continuare gli studi sempre in una scuola privata, ma aveva lasciato gli studi a 16 anni, iniziando precocemente a lavorare nell’impresa della sua famiglia”. 

Insoddisfatto della propria vita a 20 anni, decise di andare a vivere a Firenze inseguendo il sogno di diventare pittore o scultore; ma non era quella la strada segnata ed andò ad Assisi:

“Nell’estate del 1991 ritornò a Palermo con l’idea di partire in missione in Africa ma, camminando per le vie della città, rimase colpito del profondo disagio sociale e dello stato di povertà di migliaia di suoi concittadini. Così decise di rimanere in Sicilia, per fare della sua scelta di povertà un dono a chi era povero senza averlo scelto. 

Ma il senso ultimo non è mai stato, come nelle analoghe istituzioni di ‘servizio sociale’, quello della pura e semplice integrazione dei bisognosi e degli emarginati nella società del benessere, bensì innanzitutto la testimonianza della condivisione e della fraternità.

Non un rifiuto dello spirito della povertà, ma la consapevolezza che solo quando essa non è un destino che ci schiaccia essa può essere valorizzata nel suo autentico significato di libertà interiore dalle cose”.

Ed è stato un ‘faro’ illuminante per la Chiesa e per la società palermitana: “La rivoluzione di Biagio Conte comincia dall’anima e dai rapporti tra le persone. E’ una testimonianza su cui anche la Chiesa farebbe bene a interrogarsi.

In un tempo in cui le chiese restano mezze vuote e si percepisce sempre di più l’irrilevanza della pastorale ordinaria nella formazione delle coscienze, Biagio Conte ha cercato di restituire attualità al messaggio cristiano con un forte richiamo al Vangelo, uscendo dai logori quadri di un ritualismo sempre più abitudinario e mostrando che cosa può significare realmente, per un credente, la scelta di Dio di venire a condividere la vicenda degli uomini. 

Di fronte a una struttura ecclesiastica che scricchiola sempre più vistosamente, i cristiani sono chiamati a reinterpretare in modo creativo le modalità della loro presenza nella società. L’esperienza di Biagio Conte può essere per questo una risorsa significativa”. 

Mentre l’amico Cosimo Scordato ha ricordato la sua diaconia ai poveri: “Se vogliamo focalizzare la novità dell’esperienza vissuta da Biagio è proprio il fatto che la ‘Cittadella missione speranza e carità’ nelle sue diverse articolazioni non è soltanto e in primo luogo per i poveri, ma dei poveri; Biagio e gli altri ‘fratelli’, che hanno condiviso questo percorso, hanno scelto di vivere insieme con i poveri oltre che tra di loro, condividendo la stessa speranza a fronte delle tante difficoltà”.

Ha realizzato la ‘Chiesa dei poveri’: “Lo slogan, tante volte ripetuto soprattutto in epoca postconciliare, della Chiesa povera e Chiesa dei poveri nell’esperienza di Biagio ha trovato una sua modalità di realizzazione nel fatto che Biagio con la sua comunità si è fatto poveri con i poveri, scegliendo di vivere con loro oltre che per loro.

Il senso di fraternità che si respira nelle diverse cellule di convivenza è segno tangibile di questo ritrovarsi insieme per scelta a partire da un disagio ma lavorando insieme per superarlo. Se vogliamo meglio formulare questa esperienza possiamo individuare la seguente dinamica del carisma”. 

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