Mons. Napolioni: la vita di sant’Omobono è un inno alla carità

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‘Oggi, voglio cantare con voi e per voi, perché le pene e le paure non vi strozzino la voce in gola’: è un grande messaggio di speranza e conforto quello che, secondo mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, sant’Omobono ha rivolto alla comunità in occasione della solennità patronale, presiedendo domenica 13 novembre la Santa Messa dedicata al protettore della città.

Mons. Napolioni ha focalizzato l’omelia sull’inno che la Chiesa cremonese ha dedicato al patrono, capace di comporre discordie e dissidi: “Eppure, da qualche tempo la voglia di cantare è duramente messa alla prova. Dagli eventi che accadono, dai mali che ci affliggono, dal futuro che intimorisce. Chi avrebbe il coraggio di dire alla gente: ‘canta che ti passa’? Semmai Agostino direbbe con ben altra sapienza: ‘Canta e cammina’.

E tu, padre nostro Omobono, non lasciarci nel silenzio. Tu che al canto del gallo eri già in chiesa per unirti alle lodi del mattino, tu che sei morto mentre l’assemblea cantava il Gloria a Dio, tu che hai sciolto la lingua ai muti guariti dalla tua potente intercessione, tu la cui vita generosa fa ancora salire a Dio l’inno di ringraziamento per mezzo nostro. Tu, parlaci e aiutaci a cantare… e la tua risposta non si è fatta attendere”.

Ed attraverso le parole del vescovo il patrono della città canta la lode a Dio: “Non faccio altro, da secoli, se il tempo ha ancora senso in cielo, cari fratelli, figli ed amici. Se in terra lavoro e penitenza, preghiera e carità erano l’umile gioia del mio cuore, ora gli angeli ci invogliano a cantare sempre, adorando il Mistero santo di Dio e riversando grazia sul vostro cammino”.

Ed il suo canto è un canto di salvezza: “Perciò, oggi, voglio cantare con voi e per voi, perché le pene e le paure non vi strozzino la voce in gola. Perché la vostra vita si unisca alla mia, in Cristo Gesù, in un ritornello che diventi realmente storia, salvezza e pace. So che mi chiederete ancora: ‘discordie componi, disperdi gli errori, infondi nei cuori la pace e l’amor’. Perciò proverò a dirvi come vivere e gustare ciò che cantate, pensando a me”.

Ed a quel tempo il patrono provava ad essere paciere tra le fazioni cittadine: “Tra la città vecchia e la città nuova. Una sfida che oggi si ripropone a voi: tenere insieme chi vorrebbe chiudersi in moderne mura difensive e chi spalancherebbe le porte a tante diversità.

Condividendo quella sana inquietudine che diventa ascolto, dialogo, ricerca del bene vero, che fa bene a tutti e che deve essere sempre possibile. Con il rispetto per le attese del popolo, tutto intero, da servire e non da strumentalizzare. Da ascoltare anche quando sembra rinunciare ad esprimersi, o viene relegato in un cantuccio oscuro e magari invisibile della realtà”.

Il consiglio del Santo agli abitanti di oggi è quello di praticare la ‘santa pazienza’: “Non permettete a nessuno di seminare discordia nei popoli, nelle famiglie, nei cuori, tra le generazioni. Ascoltate e seguite i pastori che guidano sulla difficile via della pace.

Lo Spirito ha suggerito al Papa di richiamare tutti alla radicale vocazione alla fraternità umana, unico rimedio alle spinte distruttive che tentano di prevalere.

A 60 anni dal Concilio Vaticano II, attuatelo alla luce dell’enciclica ‘Fratelli tutti’, generando un mondo aperto e non chiuso, una politica ispirata alla carità e all’amicizia sociale, che faccia di ciascuno un operoso artigiano della pace”.

Ed ha raccontato che anche la sua vita non è stata semplice e facile: “Ciò non è stato scontato o automatico, non bastò l’educazione ricevuta, finché non avvenne la mia conversione adulta a Cristo, la grazia e la scelta di nutrirmi di Lui nell’eucaristia, di lasciarmi abbracciare e rigenerare da Lui nella confessione, di unirmi a Lui nella penitenza e nella carità, di lodare e adorare Lui nella preghiera. Sono le fonti sicure e perenni della vita in Cristo e nella Chiesa, a cui ho attinto con umiltà e fiducia di figlio.

Anche io ero provocato da errori striscianti, come l’eresia dei Catari, i cristiani duri e puri, pochi eletti irraggiungibili, laici impadronitisi frettolosamente del Vangelo rinunciando alla pace che viene dalla cura per la carità fraterna e l’obbedienza filiale. Scelsi di restare nel mondo ma senza vivere mondanamente, mettendo la ricerca del Regno di Dio in cima ai miei desideri”.

Ma la sua conversione è avvenuta grazie al dono dello stupore: “Il decisivo cantiere della pace è il cuore di tutti noi, nella misura in cui esplicita il suo vero tesoro, il suo obiettivo, orizzonte e motivo di vita.

Il Signore mi ha dato di avere sempre un cuore da fanciullo, con lo stupore di chi riceve tutto in dono, grato e affascinato soprattutto dal suo perdono, occasione inimmaginabile di toccare in qualche modo il cuore stesso di Gesù, la misericordia infinita del Padre”.

Tale ‘stupore’ ha permesso a sant’Omobono di moltiplicare i gesti di carità: “Non ho più potuto fare a meno di riversare tutto questo nei gesti della vita quotidiana, in ogni incontro, specie coi fratelli più fragili e bisognosi, in cui riconoscevo la stessa umana presenza del Signore…

Dio davvero infonde in noi ciò di cui abbiamo più profonda sete. Non il successo o il potere, non l’apparire o l’avere, ma l’essere amati, sapersi amabili e scoprirsi capaci di amare.

Non l’autorealizzazione del narcisista, ma il trascendersi e donarsi del figlio di Dio, liberato da ogni schiavitù, nell’incontro con Dio che è Caritas, agape. In cielo non ci sarà altro, nel cammino non attardatevi a scoprirlo”.

Mons. Napolioni ha ringraziato il patrono per i ‘preziosi’ consigli ed ha concluso l’omelia con una preghiera di mons. Cazzani, composta nel 1922, che è stato un altro momento critico per la città:

“Grazie, amatissimo modello e maestro di vita, Omobono di Cremona. Oggi canteremo con più consapevolezza e gioia l’inno al tuo nome, benedetto da Dio, santificato per noi. Perché ci hai ricordato il segreto dei fruttuosi 50 anni di Caritas cremonese e di ciò che ancora oseremo in futuro.

Ti rivolgo infine una preghiera, quella che il grande Arcivescovo Cazzani ti rivolse proprio un secolo fa, in quel difficile 1922: O nostro pietoso Protettore, con la luce dei vostri esempi e con la potenza della vostra intercessione ravvivate in questo popolo vostro la fede e rinfocate la carità,

perché vinto ogni egoismo, frenata ogni insana cupidigia e spento ogni odio fraterno, torni a regnare in mezzo a noi la pace, restauratrice feconda della vita cristiana e civile. Così sia”.

Le festività in onore di sant’Omobono si sono concluse venerdì scorso nella cattedrale con le note di ‘Pater pauperum’, imponente Cantata sacra composta dal maestro cremonese Federico Mantovani, che è un grande affresco musicale contemporaneo dedicato alla figura di sant’Omobono, il ‘padre dei poveri’.

(Foto: diocesi di Cremona)

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