Card. Czerny: siano rispettati i diritti dei lavoratori marittimi

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Nella seconda domenica di luglio, in cui le comunità cristiane celebrano la Domenica del Mare, il prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano integrale, il card. Michael Czerny, ricorda in un messaggio rivolto a cappellani, volontari e sostenitori di Stella Maris,  il lavoro essenziale di oltre 1.000.000 di marittimi che, tutti i giorni dell’anno, lavorano sulle navi che trasportano merci nel mondo intero. E lancia un appello perché le loro condizioni siano migliorate e che si evitino forme di discriminazione.

Nel messaggio il prefetto del dicastero paragona i marittimi a persone invisibili: “Così come invisibili sono i marittimi che vi lavorano, e che non solo muovono l’economia mondiale, ma incidono direttamente anche sulla vita quotidiana di ciascuno di noi. Giorno dopo giorno, essi ci forniscono i beni che utilizziamo e consumiamo, e senza di loro la qualità della nostra vita sarebbe notevolmente inferiore. Per capire quanto siano essenziali, basta ricordare ciò che abbiamo nelle nostre case e nei nostri luoghi di lavoro, così come il cibo sulle nostre tavole.

Chiediamoci: ‘Da dove viene?’ Sono i marittimi che ci permettono di beneficiare di ciò che abbiamo. Dobbiamo ricordare che essi lavorano tutti i giorni della settimana, ogni settimana di contratto, per fornire tutto ciò di cui disponiamo. E’ tempo di dire: Grazie!”

Quello del cardinale è un invito ad immaginare la loro vita: “In questa giornata proviamo a immaginare la vita dei marittimi e le sfide quotidiane che affrontano per noi. Negli ultimi anni il mondo marittimo è stato colpito da una serie di crisi. L’aumento della richiesta di merci fa sì che un numero maggiore di navi resti all’ormeggio per periodi di tempo più lunghi. Con la guerra in Ucraina le navi ora devono affrontare l’arduo compito di navigare attraverso le mine nel Mar Nero e nel Mar d’Azov”.

Oltre alla guerra non bisogna dimenticare le pandemie: “Molte navi sono affondate e molte vite umane sono andate perdute durante questa guerra ingiusta e immorale. A causa della pandemia globale oltre 400.000 marittimi sono rimasti bloccati a bordo, impossibilitati a lasciare la nave alla fine del contratto e ritornare a casa dalla famiglia.

Invece, hanno continuato a lavorare giorno dopo giorno aggiungendo fatica su fatica. Gli equipaggi che dovevano sostituirli non hanno potuto raggiungere le navi, cosa che per alcuni ha significato un disastro economico perché non sono stati in grado di prendersi cura dei bisogni quotidiani dei loro cari. In ogni caso, i marittimi non hanno scelta”.

Il cardinale ha affondato la riflessione su uno squilibrio che riguarda il fatto che alcune compagnie di navigazione sono state le uniche ad aver tratto un profitto economico dalle crisi che hanno sconvolto la catena di approvvigionamento globale: “Sembra che alcune compagnie di navigazione siano state le uniche ad aver tratto un profitto economico dalle crisi che hanno sconvolto la catena di approvvigionamento globale.

E’ deplorevole, per non dire altro, che le aziende abbiano condiviso con i marittimi solo una minuscola parte degli esorbitanti guadagni di cui hanno goduto, o li abbiano spesi per migliorare le strutture di welfare nei porti di cui possono godere nei brevi tempi a terra.

Le compagnie ricevono i guadagni, mentre i marittimi e le loro famiglie ne pagano il prezzo. Non sorprende che i contratti la cui durata è stata estesa forzatamente provochino un esaurimento fisico e psicologico che può portare a un errore umano con conseguenze pericolose.

Periodi più lunghi a bordo, separazione forzata dai propri cari e il divieto di sbarco hanno fatto sì che i marittimi si sentano ancora più isolati e depressi del normale. Dobbiamo ricordare che anche loro sono esseri umani. Hanno le stesse esigenze di tutti gli altri, con la differenza che, essendo ‘invisibili’, vengono facilmente ignorati”.

Ed a conclusione del messaggio ha invitato tutti a non abbandonare i marittimi: “Prendiamo la questione del congedo a terra. La possibilità di lasciare la nave e scendere a terra, anche se solo per un breve periodo, è fondamentale per il benessere dei marittimi.

La maggior parte di noi dà per scontata la libertà di uscire, di godere di spazi aperti, di camminare su terra ferma o su erba soffice e vedere persone diverse. I marittimi non hanno questa libertà. Non possono lasciare la nave e ogni giorno camminano su pavimenti di metallo e vedono le stesse persone.

L’unico modo per cui possono condividere la libertà di cui godiamo è avere accesso al congedo a terra anche per solo poche ore, perchè questo può fare la differenza. Al culmine della pandemia, e prima dell’inizio della campagna di vaccinazione per i marittimi, i governi e le compagnie di navigazione hanno comprensibilmente annullato il congedo a terra. I marittimi dovevano rimanere a bordo per evitare infezioni e diffondere il virus”.

E’ un invito a ricordare che anche i marittimi hanno diritto alla dignità: “Dobbiamo tutti ricordare che l’innata dignità dei marittimi come esseri umani deve essere rispettata. Ovunque si trovino nel mondo, devono essere trattati allo stesso modo, senza alcuna discriminazione, e devono avere la stessa possibilità di lasciare i ristretti spazi della nave e scendere a terra, anche se solo per un breve periodo, per distendersi e rilassarsi.

La pandemia non deve più essere usata come scusa per vietare all’equipaggio di scendere a terra. Purché adottino le dovute precauzioni, i marittimi hanno il diritto di scendere a terra e incontrare persone diverse dai colleghi che hanno a bordo.

I cappellani e i volontari di Stella Maris lanciano un appello urgente ai governi e alle compagnie di navigazione del mondo per garantire che gli equipaggi abbiano il diritto di sbarcare!”

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