XV Domenica: chi è il prossimo d’amare?

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Gesù annuncia la grande notizia: l’uomo è creato per la vita eterna. Un dottore della legge chiede a Gesù: ‘Cosa bisogna fare per ereditare la vita eterna?’ Qual è il vero senso della vita? Il fine ultimo e la strada per realizzarlo?  Gesù non ha delle pillole pre-confezionate ed invita il dottore della legge a riflettere: tu, uomo, hai la ragione, hai la coscienza, conosci inoltre la sacra Scrittura, che è parola di Dio. 

Nella vita si deve riflettere da uomo o, meglio ancora, da cristiano; il cristianesimo non si oppone alla coscienza ma la perfezione e la completa perché la verità è una ed è sempre la stessa sia che tu la scopri con la tua l’intelligenza, sia che la cogli attraverso la  rivelazione, che è Parola di Dio. Al dottore della legge Gesù risponde con la Bibbia: ‘Ascolta, Israele, amerai il signore Dio tuo con tutto il cuore; amerai il prossimo tuo come te stesso’.

Amare Dio è chiaro e semplice, ma chi è il prossimo che bisogna amare? Per l’ebreo il prossimo era l’altro ebreo, certamente non era né un samaritano,  né un pagano. Gesù evidenzia che ‘prossimo’ è l’uomo che ha bisogno; prossimo non è tanto il parente o il connazionale, ma l’uomo  che è nel bisogno. Con la parabola del ‘buon samaritano’ Gesù scardina la vecchia mentalità ed evidenzia la vera logica della carità, che non è un concetto astratto ma un impegno concreto.

Prossimo è colui che è nel bisogno; Gesù risponde allora con un breve racconto dove protagonista è un ‘Samaritano’. I Giudei disprezzavano i samaritani considerandoli estranei al popolo di Dio anche se abitavano nella Palestina.

Nella parabola un uomo va da Gerusalemme a Gerico, s’imbatte in ladri che lo derubano, lo feriscono e lo lasciamo sanguinante a terra. Sulla stessa strada passano un sacerdote e un levita che, forse temendo che a contatto con il sangue potevano contaminarsi, non si fermano; solo un samaritano si fa avanti, si fa carico dello sconosciuto, lo porta all’ospedale e si fa carico delle spese.

Gesù propone come modello il samaritano, colui che ufficialmente per gli ebrei non aveva fede. Gesù chiede: ‘Chi è stato prossimo a quel povero uomo?’ Certamente chi ha avuto compassione! Gesù passa così dalla legge antica al Vangelo: la categoria del prossimo è universale ed indica l’uomo che è nel bisogno, qualsiasi uomo. Il programma del cristiano è ‘un cuore che vede’ dove c’è bisogno di amare ed agisce in modo conseguente.

La parabola mira a trasformare così la vecchia mentalità secondo la logica di Cristo, che è la logica dell’amore. Rendere un vero culto a Dio significa servire i fratelli con amore sincero e profondo. Amare significa essere disposti anche a spendere del proprio e a ‘spendersi’ per gli altri in nome di Dio. Il buon samaritano è immagine di Dio che nella persona del suo Figlio Gesù si piega sulla nostra umanità stanca e ferita dal peccato ed insegna a noi: ‘Se amate quelli che vi amano, che merito ne avete, non fanno così anche i pagani?’

Se siete veri figli di Dio, imitate Dio che fa piovere sui giusti e sui cattivi; imitate Gesù che muore in croce per tutti. Bisogna farsi vicini al prossimo ‘a fatti’ e non ‘a parole’. La carità è vera quando è concreta, quando si concretizza in rapporti cordiali di solidarietà ed amore. L’amore voluto da Dio è quello che supera l’io, il soggetto, e questo si apre nell’interesse e alle necessità dell’altro. 

Il vero amore si ha quando crollano le barriere dell’egocentrismo e si prova la gioia di un impegno nuovo rivolto a fine superiore. Si ha allora il ‘sacramento del fratello’, come diceva san Giovanni Crisostomo; sacramento inteso come concreta esperienza di incontro con Dio e la sua grazia; un incontro dove il povero è l’altro, è Cristo Gesù.

Andare verso il prossimo significa promuovere una carità di condivisione e di equa spartizione del beni. La Madonna, madre misericordiosa, ci aiuti a riscoprirci veri fratelli e veri amici di Cristo Gesù con una carità viva, incisiva e concreta.

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