Papa Francesco: la teologia dia sapore alla vita
La rivista ‘La Scuola cattolica’ è l’espressione della scuola teologica del Seminario di Milano e promuove un’intelligenza della fede cristiana attenta alla cultura contemporanea, specialmente a quella teologica, perché la teologia non serve solo alla formazione sacerdotale, ma è piuttosto alla base della fede viva della Chiesa, e deve farsi prossima e missionaria.
Quindi nel 150^ anniversario della fondazione della rivista ‘La Scuola Cattolica’ del Seminario Arcivescovile di Milano, papa Francesco ha riflettuto sul ruolo della teologia nel mondo contemporaneo:
“Questo anniversario invita a interrogarsi sul compito a cui è chiamata oggi una scuola di teologia e, in particolare, sul ruolo di una rivista come la vostra. Mi piace immaginare che questa rivista sia un po’ come la vetrina di una bottega, dove un artigiano espone i suoi lavori e si può ammirare la sua creatività. Quanto maturato nei laboratori delle aule accademiche, nell’esercizio paziente della ricerca e della riflessione, del confronto e del dialogo, merita di essere condiviso e reso accessibile agli altri”.
La teologia è al servizio della fede: “Molti pensano che l’unica utilità delle scienze teologiche riguardi la formazione dei futuri sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e, semmai, degli operatori pastorali e degli insegnanti di religione.
Forse anche nella comunità ecclesiale non ci si aspetta più di tanto dalla teologia e dalle scienze ecclesiastiche; a volte sembra che pure i responsabili, i ministri e gli operatori pastorali non ritengano necessario quell’esercizio vivace dell’intelligenza credente che è invece servizio prezioso alla fede viva della Chiesa”.
Però il linguaggio teologico deve essere sempre vivo: “Ed è per questo che il linguaggio teologico deve essere sempre vivo, dinamico, non può fare a meno di evolversi e deve preoccuparsi di farsi comprendere. A volte le prediche o le catechesi che ascoltiamo sono fatte in buona parte di moralismi, non abbastanza ‘teologiche’, cioè poco capaci di parlarci di Dio e di rispondere alle domande di senso che accompagnano la vita della gente, e che spesso non si ha il coraggio di formulare apertamente”.
La teologia è chiamata a dare un senso al cammino dell’umanità: “Domandiamoci sempre in che modo sia possibile comunicare le verità di fede oggi, tenendo conto dei mutamenti linguistici, sociali, culturali, utilizzando con competenza i mezzi di comunicazione, senza mai annacquare, indebolire o ‘virtualizzare’ il contenuto da trasmettere.
Quando parliamo o scriviamo, teniamo sempre presente il legame tra fede e vita, stiamo attenti a non scivolare nell’autoreferenzialità. In particolare voi, formatori e docenti, nel vostro servizio alla verità, siete chiamati a custodire e comunicare la gioia della fede nel Signore Gesù, e anche una sana inquietudine, quel fremito del cuore di fronte al mistero di Dio.
E sapremo accompagnare altri nella ricerca quanto più viviamo noi questa gioia e questa inquietudine”.
La teologia deve essere capace di formare esperti in umanità: “Il rinnovamento e il futuro delle vocazioni è possibile solo se ci sono sacerdoti, diaconi, consacrati e laici ben formati. Ciascuna vocazione particolare nasce, cresce e si sviluppa nel cuore della Chiesa, e i ‘chiamati’ non sono dei funghi che spuntano all’improvviso”.
La teologia deve insegnare il discernimento: “Quando si discerne se una persona possa intraprendere o meno un iter vocazionale, è necessario scrutarla e valutarla in modo integrale: considerare il suo modo di vivere gli affetti, le relazioni, gli spazi, i ruoli, le responsabilità, come pure le sue fragilità, le paure e gli squilibri. L’intero percorso deve attivare processi finalizzati a formare sacerdoti e consacrati maturi, esperti in umanità e prossimità, e non funzionari del sacro”.
In effetti la teologia è al servizio dell’evangelizzazione: “Tutto il Popolo di Dio, pellegrino ed evangelizzatore, annuncia il Vangelo perché, anzitutto, è un popolo in cammino verso Dio. E in questo cammino non può sottrarsi al dialogo con il mondo, con le culture e le religioni.
Il dialogo è una forma di accoglienza e la teologia che evangelizza è una teologia che si nutre di dialogo e di accoglienza. Il dialogo e la memoria viva della testimonianza d’amore e di pace di Gesù Cristo sono le vie da percorrere per costruire insieme un futuro di giustizia, di fraternità, di pace per l’intera famiglia umana”.
Però la teologia deve basarsi sulla misericordia: “Senza umiltà lo Spirito Santo scappa via, senza umiltà non c’è compassione, e una teologia priva di compassione e di misericordia si riduce a un discorso sterile su Dio, magari bello, ma vuoto, senz’anima, incapace di servire la sua volontà di incarnarsi, di farsi presente, di parlare al cuore. Perché la pienezza della verità, alla quale lo Spirito conduce, non è tale se non è incarnata”.
Per questo è necessaria una teologia viva: “Ecco perché abbiamo bisogno di una teologia viva, che dà ‘sapore’ oltre che ‘sapere’, che sia alla base di un dialogo ecclesiale serio, di un discernimento sinodale, da organizzare e praticare nelle comunità locali, per un rilancio della fede nelle trasformazioni culturali di oggi…
Una teologia capace di dialogo con il mondo, con la cultura, attenta ai problemi del tempo e fedele alla missione evangelizzatrice della Chiesa e fedele anche al suo radicamento nel Seminario di Milano, chiamato a essere luogo di vita, discernimento e formazione”.
(Foto: Santa Sede)