4^ domenica di Pasqua: Gesù è il buon Pastore
Gesù ci propone il Regno con l’immagine dl buon pastore. Nel suo messaggio tre verbi evidenziano il rapporto tra il pastore e le sue pecore: io le conosco, mi ascoltano, mi seguono. Dio conosce le sue pecorelle nei misteri dolorosi e gaudiosi, nelle debolezze e fragilità e nelle virtù e valori insiti nel cuore di ciascuno.
Dio conosce tutti perché sono espressione del suo amore misericordioso per i quali ‘il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi’; per queste pecorelle Cristo Gesù non solo si è incarnato ma è morto in croce versando per esse sino all’ultima goccia del suo sangue. Le pecorelle sono sue e per esse ha dato Maria, sua madre, come madre della Chiesa che oggi invochiamo ‘rivolgi a noi, madre, gli occhi tuoi misericordiosi’.
Gesù conosce le sue pecore per le quali è accusato dagli avversari (scribi e farisei ipocriti) di mangiare con esse e di accoglierle; ma Gesù dirà: qualunque cosa fai ad un povero a nome mio, l’hai fatto a me. Gesù conosce le sue pecore e a Pietro che chiede: ‘quante volte dovrò perdonare; sino a sette volte?
Gesù dirà: Petro, non sette volte ma settanta volte sette. Gesù, buon pastore, è sempre attento a ciascuno di noi, ci cerca, ci ama con tutti i nostri pregi e difetti; Egli ci dà la vita eterna e ci offre la possibilità di perseguirla; ci custodisce e ci guida con amore. Gesù, buon pastore, si relaziona con noi, ma noi abbiamo il compito di ascoltare la sua voce e di seguirlo. Ascoltare e riconoscere la sua voce è la risposta dell’uomo all’amore di Dio: amore con amore si paga.
L’amore è dono, non è costrizione: c’è pertanto chi lo respinge, c’è chi lo accoglie; Gesù chiama ‘amico’ Giuda che lo tradisce con un bacio e poi, disperato, va ad impiccarsi; Gesù perdona a Pietro, che lo rinnega tre volte davanti alla portinaia, ma subito piange amaramente il suo peccato. Gesù gli dirà: pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle! Gesù rispetta sempre la libertà di ciascuno, ma il suo cuore e sempre colmo di misericordia.
Tutti siamo chiamati alla salvezza e risuonano consolanti le sue parole. ‘Venite a me, voi tutti che siete affaticati ed oppressi, io vi ristorerò. Imparate da me che sono mite ed umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime’ (Mt. 11,28).
All’invito amorevole di Gesù deve fare riscontro il nostro ‘sì’, ma un sì generoso e carico di amore, amore concreto: ‘ascoltare la sua voce e seguirlo’, lavare le proprie vesti rendendole candide nel sangue dell’agnello, come si legge nell’apocalisse; purificarci per liberare il cuore da tutte quelle passioni che non si conciliano con l’amore di Dio.
Le mie pecore, dice Gesù, ascoltano la mia voce, mi seguono e nessuna andrà perduta. Solo l’ascolto, inteso come coinvolgimento e capacità di mettersi in giuoco, evidenzia se siamo dei suoi o meno. Non c’è alternativa.
Ciò che ci costituisce cristiani veri non è il registro dei battezzati, dei cresimati o del matrimoni religioso; Gesù diceva: non è la circoncisione o la non circoncisione ciò che conta ma ascoltare Cristo Gesù e seguirlo; è una vita che diffonde il profumo di Cristo.
Ci sono persone che si riconoscono solo dalla voce, da ciò che dicono o di come si comportano: ricorda l’episodio dei due discepoli di Emmaus: se ne andavano tristi, Gesù si avvicina, come sconosciuto, spiega le Scritture; quelli lo riconobbero solo quando Gesù spezzò il pane, ma subito scomparve; e i due dicevano: ‘non ci sentivamo bruciare il cuore mentre parlava’?
Le parole di Gesù non sono mai vuote: ricorda la risurrezione di Lazzaro, sepolto da quattro giorno, il cieco di Gerico , i dieci lebbrosi guariti. Questo è il vero e grande gregge di Gesù di cui parla l’Apocalisse: ‘una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua’. Questo è il regno di Dio dove le pecore sono nutrite con il suo corpo e il suo sangue.
‘Prendete e mangiate, questo è il mio corpo!’. Questo è il regno di Dio dove Gesù dice: chi vuole essere mio discepolo, prenda la croce e mi segua; ma la croce per il cristiano è una cattedra e ogni discepolo di Gesù deve essere un maestro. Cosa che capirono bene gli Apostoli che diedero la vita per testimoniare la parola di Dio in mezzo al popolo ebreo e i pagani.
Questa è la Chiesa di Gesù: Chiesa missionaria; l’ansia missionaria è la costante della Chiesa lungo i secoli della storia. Cosa fare allora? Sei cristiano se ascolti Cristo e la tua vita diventa testimonianza viva. Non puoi chiuderti in te stesso, fai parte di una Chiesa sempre in uscita.
E’ necessario predicare ed essere predicatore credibile. Maria, madre di Cristo buon pastore, ci aiuti ad accogliere con gioia viva il messaggio di Gesù e ci aiuti ad essere testimoni credibili del Vangelo con le parole e le opere.