Papa Francesco alle associazioni francesi: guardare il mondo con bellezza

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Sabato scorso papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri dell’associazione ‘Voir Ensemble’ durante il pellegrinaggio a Roma. Il nome significa vedere insieme ed è proprio questo lo scopo dell’associazione francese, gestendo stabilimenti e servizi basati su un approccio umanistico che mira a promuovere l’avanzamento sociale e lo sviluppo delle persone con disabilità sensoriali, dalla prima infanzia all’anziano.

Il papa ha incentrato la riflessione sull’episodio evangelico del cieco nato, che Gesù  gli dona la vista: “La prima cosa da notare è che lo sguardo di Gesù ci precede, è uno sguardo che chiama all’incontro, che chiama all’azione, alla tenerezza, alla fraternità. Gesù arriva alla piscina di Siloe: vede un uomo cieco dalla nascita. Anche i discepoli vedono quell’uomo, il quale non chiede nulla”.

Il papa ha invitato a coltivare la cultura dell’incontro: “E Gesù vede in lui un fratello che ha bisogno di essere liberato, di essere salvato. Il Signore ci chiama a coltivare la tenerezza e lo stile dell’incontro. I discepoli, da parte loro, sono fermi allo sguardo che in quel tempo si aveva sulle persone nate cieche, considerate come nate nel peccato, punite da Dio e prigioniere di uno sguardo di esclusione”.

L’azione di Gesù è liberante, perché rifiuta il pregiudizio: “E’ una parola di liberazione, di accoglienza, di salvezza. Oggi, purtroppo, siamo abituati a percepire solo l’esterno delle cose, l’aspetto più superficiale. La nostra cultura afferma che le persone sono degne d’interesse in funzione del loro aspetto fisico, dei loro vestiti, delle loro belle case, delle loro vetture di lusso, della loro posizione sociale, delle loro ricchezze.

Come il Vangelo ci insegna, ancora oggi la persona malata o con disabilità, a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può essere al cuore dell’incontro: l’incontro con Gesù, che apre alla vita e alla fede, e che può costruire relazioni fraterne e solidali, nella Chiesa e nella società”.

Il paradosso di Gesù è quello di non far vedere a chi può vedere: “Il paradosso è questo: quell’uomo cieco, incontrando Colui che è la Luce del mondo, diventa capace di vedere, mentre quelli che ci vedono, pur incontrando Gesù, restano ciechi. Questo paradosso attraversa molto spesso la nostra stessa vita e i nostri modi di credere”.

Richiamando Saint-Exupéry il papa ha invitato a vedere il mondo con il ‘cuore’: “Vedere con il cuore è vedere il mondo e i nostri fratelli attraverso lo sguardo di Dio. Gesù ci invita a rinnovare il nostro modo di vedere le persone e le cose.

Ci propone una visione sempre nuova delle nostre relazioni con gli altri, in particolare in famiglia, della nostra fragilità umana, della malattia e della morte. Ci invita a vedere tutto questo con lo sguardo di Dio!

La fede non si riduce a una serie di credenze teoriche, di tradizioni e di usanze. Essa è un legame e un cammino alla sequela di Gesù, che sempre rinnova il nostro modo di vedere il mondo  e i fratelli”.

Per questo i cristiani devono essere ‘testimoni della luce’: “Mentre i capi dei farisei, chiusi nelle loro tradizioni e nella loro rigidità, condannano il cieco nato come un ‘peccatore’, costui, con una semplicità disarmante, professa la sua fede: ‘Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo’, e diventa testimone di Gesù, testimone dell’opera di Dio, opera di misericordia, di amore che dona la vita. Anche noi siamo chiamati a testimoniare Gesù nella nostra vita con lo stile dell’accoglienza e dell’amore fraterno”.

Nei giorni precedenti il papa aveva incontrato un’altra associazione francese, che ha come scopo la bellezza, ‘Diaconie de la Beauté’: “Le Sacre Scritture ci parlano molto della bellezza dell’universo e di tutto ciò che racchiude, e che rimanda per analogia a quella del Creatore.

Esse ci ricordano anche che ciascuno di noi è chiamato per natura a essere artigiano e custode di tale bellezza. Il lavoro artistico completa, in un certo senso, la bellezza della creazione e, quando è ispirato dalla fede, rivela più chiaramente agli uomini l’amore divino che ne è all’origine”.

E’ un’esortazione a rendere comprensibile a tutti la bellezza: “Vi esorto, dunque, nel coltivare la vostra arte, a parlare agli uomini e alle donne del nostro tempo, preoccupandovi sempre che vi sia una certa comprensione da parte loro, perché un’arte incomprensibile e ermetica fallisce il suo scopo. Cercate di toccare ciò che in essi c’è di migliore.

La Chiesa conta su di voi oggi per aiutare i fratelli e le sorelle ad avere un cuore sensibile e compassionevole, uno sguardo d’amore rinnovato sul mondo e sugli altri”.

Raccontare la bellezza è una missione: “Nel difficile contesto attuale che il mondo conosce, in cui lo smarrimento e la tristezza sembrano a volte avere il sopravvento, la vostra missione si rivela più che mai necessaria, perché la bellezza è sempre una sorgente di gioia, mettendoci in contatto con la bontà divina. Se c’è della bellezza è perché Dio è buono e ce la dona”.

(Foto: Santa Sede)

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