Giulia Merelli presenta ANIMA per svelare la vita

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“Io credo che per ogni persona sia importante curare l’anima, quella parte autentica di sé, non abbandonarla ai meccanismi del consumo, alla tiepida tristezza dell’abitudine, ma risvegliarla come si risveglia un bambino al mattino fra un canto e la luce del sole, aprendolo al giorno. L’arte può contribuire alla scoperta di questa bellezza. L’arte può svelare la vita”.

Così scrive Giulia Merelli, fondatrice del progetto ‘ANIMA’, che propone l’arte come mezzo pedagogico per la conoscenza di sé e dei propri talenti, con lo scopo di ‘fare un’arte attenta alla bellezza autentica di ciascuno’ avviando laboratori esperienziali nelle scuole con la collaborazione della rivista ‘ERMES Education’, che consente di acquisire crediti formativi certificati con un attestato dell’UCIIM riconosciuto dal MIUR.

A lei, che insegna religione cattolica nelle scuole, inserendo il teatro e le arti come mediatori didattici, chiediamo di spiegarci cosa è ‘ANIMA’: “ANIMA è un metodo teatrale, da me strutturato, con cui accompagno la persona nella scoperta di se stessa, per mezzo della scrittura drammaturgica e dell’improvvisazione scenica.

Mentre nell’arte terapia ciò che conta è il processo curativo, in questo caso le dinamiche interiori non restano irrisolte ma comunque non sono l’oggetto principale da rappresentare. C’è infatti un incontro fra l’interiorità degli attori coinvolti e un testo esterno (letterario o teatrale) che salva sempre dal rischio di una narrazione autobiografica.

Lo scopo è creare un copione nuovo, che mantenga la trama del testo di riferimento, ma con i contributi creativi degli attori. Pertanto ‘ANIMA’ è una scuola del cuore: un ‘luogo creativo’, dove ciascun attore individua domande di senso, stati interiori e li racconta all’interno di una drammaturgia corale, che unisce narrazioni personali a frammenti di opere letterarie che rimandano a questi stati.

Il testo di riferimento è sempre proposto da persone che vi sono legate per qualche ragione affettiva e vorrebbero vederlo rappresentato in scena”.

Come nasce questo progetto?

“Giacomo Rosselli amico e attore, in una tournée fatta insieme con la regia di Alessandro Gassman nel 2016, mi fece leggere ‘Anima’, dramma scritto dalla sua prozia Amelia Pincherle Rosselli, dicendomi che me lo vedeva bene addosso, e che avrei potuto farci un laboratorio con degli attori. Iniziai questo percorso creativo intorno al testo, con un workshop estivo da me diretto insieme con ‘Accademia56’, Centro per le Arti Sceniche di Ancona.

Fu un evento particolare, perché gli attori mi dissero, alla fine del laboratorio, che non si erano sentiti costretti dentro a una regia imposta, ma accompagnati nella loro espressione creativa e mi dissero che questo li aveva fatti stare meglio, per il resto delle vacanze estive. Poi ho commesso degli errori, nei laboratori posteriori; infatti capita che quando accade qualcosa di bello subito vogliamo farlo nostro, dirigerlo secondo i nostri progetti.

Ma credo, ed è in questo il mio impegno, che la forza di questo metodo sia proporzionale a quanto ascolto viene dato gli attori: la regia cerca di tirare fuori il già saputo o il non ancora scoperto degli attori, per generare uno spettacolo scritto a più voci, dove l’esito diventa una sorpresa anche per il regista stesso”.

In quale modo l’arte può essere un mezzo pedagogico?

“Essere creativi è un modo per prendersi sul serio e non trattare in modo scontato il proprio sentire. Questo sentire è talmente importante, che viene messo in luce: prende una forma simbolica. Se partiamo dal presupposto che la creatività è una forma di intelligenza e di conoscenza, non meno nobile della logica, capiremo che non ha senso relegare la formazione di una persona ad un solo ambito.   

In particolare, il teatro insegna che ciascuno di noi forma se stesso nella relazione con l’altro, in quanto ogni scelta emerge come esito di un dramma. Come è possibile definire il proprio essere, senza una memoria, una serie di relazioni vissute e presenti? Il punto è che può educare chiunque usi la lingua della sua esperienza nel suo ambito di pertinenza. L’artista potenzia le doti intuitive di rilettura del reale, attraverso mezzi creativi.

Nei primi anni di scuola, avevo una maestra d’italiano che proponeva esercizi di scrittura creativa. Ricordo un esercizio che consisteva nel tagliare con le mani dei pezzi di carta e nel prendere, successivamente, quel frammento che ricordava un oggetto reale o una persona.

Ricordo che scelsi un pezzo di carta che somigliava a un volto con naso lungo, visto di profilo, e che da lì avviai un racconto riguardante un barbone di strada, che attendeva le rondini sulle sue mani.

Questa modalità creativa ha permesso negli anni che non fossi mai colta alla sprovvista e, ogni qualvolta mi veniva chiesto di pianificare la mia vita daccapo, mi sono sempre e piacevolmente reinventata.

E’ una modalità che infrange ogni forma di sapere precostituita, accompagnando l’allievo nella resa feconda del suo vuoto. Ho capito che la creatività equivale a ‘visionarietà’, diventa essa un modo per prefigurarsi soluzioni possibili nella realtà e che questo processo non può mai partire da una presunzione.

Dunque, l’arte quando è vera arte sorpassa la categoria del ‘piacevole’ e diventa ‘necessità’, funzione vitale, processo utile ad offrire una soluzione concreta per risolvere problemi. Se non fossi partita dalla visione di quel profilo non ancora attuato in un disegno, io oggi non saprei trascendere significati profondi negli eventi che mi trovo a vivere.

Tale approccio creativo è altresì maieutico perché incentiva la creatività altrui, la personale condizione dell’essere: conduce l’altro a venire fuori per come è, stimolando processi di pensiero che già sono presenti nell’allievo. E’ un risveglio di coscienza”.

Per quale motivo questo progetto è dedicato a Caterina Murri?

Caterina era una ragazza di Ancona, piena di sensibilità e capace di rielaborare la realtà e i suoi vissuti con l’illustrazione. La conobbi nel primo laboratorio di ‘ANIMA’, al quale partecipò portando una lente di ingrandimento e un paio di pantaloncini; il suo personaggio era un esploratore: cercava il senso a tante domande. Questa lente è raffigurata nell’illustrazione, da lei realizzata, che ho scelto per il logo (progettato da Filomena Galvani): una ragazza va con la sua lente di ingrandimento alla ricerca del cuore di una ragazza che dorme. Caterina credeva nel progetto di ‘ANIMA’ e nei possibili sviluppi, mi motivava. La ricordo come un’intima amica”.

Prossimamente sarà rappresentato lo spettacolo ‘Vittoria’ (https://www.itacaedizioni.it/catalogo/vittoria/): cosa racconta?

“Giorgia Coppari, amica e scrittrice, ha scritto un monologo ispirato alla vicenda di sua nipote Alice, una bambina venuta alla luce alla 24esima settimana: la protagonista è Vittoria, una bambina di 10 anni che si narra in prima persona, guardando al suo passato (dal momento della sua nascita fino ad oggi), per indagare sul perché si senta ‘così diversa’ dagli altri bambini. La sua ricerca approderà a una risposta che è strettamente legata alla sua nascita.

Ho adattato il testo in un monologo cinematografico di 45 minuti, che ho recitato nei luoghi della natura marchigiana. Si tratta di un discorso filmato, fatto di sequenze video che alternano paesaggi differenti, corrispondenti alle diverse fasi anagrafiche della bambina.

Il film esprime lo stupore verso il mistero della vita, per quell’amore che spesso accompagna e sostiene il bambino che nasce prematuro. In Vittoria questo amore aumenta gradualmente e la rende sempre più capace di aiutare gli altri, perché lei è stata a sua volta amata. Il linguaggio immediato del monologo, proprio del bambino, parla al cuore del ‘bambino interiore’ di   ogni adulto, che è sempre in qualche modo un bambino ferito.

La descrizione che viene fatta concretamente dell’amore degli altri che può andare a ricolmare continuamente questo vuoto, a tal punto da infondere energia vitale, è un messaggio che può portare speranza a ciascuno spettatore. Dovremmo tutti sentirci più preziosi ogni tanto, agli occhi di Qualcuno”.

(Foto: Giulia Merelli)

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