Da Taranto un invito a non perdere la speranza

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“Questo appuntamento ha un sapore speciale. Si avverte il bisogno di incontrarsi e di vedersi in volto, di sorridere e di progettare, di pregare e sognare insieme. Ciò è tanto più necessario nel contesto della crisi generata dal Covid, crisi insieme sanitaria e sociale. Per uscirne è richiesto un di più di coraggio anche ai cattolici italiani. Non possiamo rassegnarci e stare alla finestra a guardare, non possiamo restare indifferenti o apatici senza assumerci la responsabilità verso gli altri e verso la società. Siamo chiamati a essere lievito che fa fermentare la pasta”.

Nel messaggio inviato alla 49^ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si è aperto ieri a Taranto sul tema ‘Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso’, papa Francesco ha delineato tre strade per la speranza, chiedendo attenzione ai segnali stradali poste lungo esse:

“Troppe persone incrociano le nostre esistenze mentre si trovano nella disperazione: giovani costretti a lasciare i loro Paesi di origine per emigrare altrove, disoccupati o sfruttati in un infinito precariato; donne che hanno perso il lavoro in periodo di pandemia o sono costrette a scegliere tra maternità e professione; lavoratori lasciati a casa senza opportunità; poveri e migranti non accolti e non integrati; anziani abbandonati alla loro solitudine; famiglie vittime dell’usura, del gioco d’azzardo e della corruzione; imprenditori in difficoltà e soggetti ai soprusi delle mafie; comunità distrutte dai roghi”.

A riguardo del cartello stradale riguardante il ‘divieto di sosta’ il papa ha invitato a non sostare nelle ‘sagrestie’: “Non sostiamo dunque nelle sacrestie, non formiamo gruppi elitari che si isolano e si chiudono. La speranza è sempre in cammino e passa anche attraverso comunità cristiane figlie della risurrezione che escono, annunciano, condividono, sopportano e lottano per costruire il Regno di Dio.

Quanto sarebbe bello che nei territori maggiormente segnati dall’inquinamento e dal degrado i cristiani non si limitino a denunciare, ma assumano la responsabilità di creare reti di riscatto… Non abbiamo paura di denunciare e contrastare l’illegalità, ma non abbiamo timore soprattutto di seminare il bene!”

Richiamando mons. Tonino Bello il papa ha richiamato all’obbligo di svolta: “Ci attende una profonda conversione che tocchi, prima ancora dell’ecologia ambientale, quella umana, l’ecologia del cuore. La svolta verrà solo se sapremo formare le coscienze a non cercare soluzioni facili a tutela di chi è già garantito, ma a proporre processi di cambiamento duraturi, a beneficio delle giovani generazioni…

Il cambiamento d’epoca che stiamo attraversando esige un obbligo di svolta. Guardiamo, in questo senso, a tanti segni di speranza, a molte persone che desidero ringraziare perché, spesso nel nascondimento operoso, si stanno impegnando a promuovere un modello economico diverso, più equo e attento alle persone”.

Anche il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, nel messaggio ha invitato a valorizzare la solidarietà: “Non è più accettabile immaginare una crescita legata alla distribuzione di beni, al consumo delle risorse naturali, allo sfruttamento di componenti della società umana.

Lo sviluppo deve comprendere un contrasto effettivo a ogni forma di povertà, una riconciliazione con l’ambiente, una innovazione orientata al benessere umano e al rafforzamento del capitale sociale.

Occorre investire sulle persone. La prospettiva di un umanesimo rinnovato che riguarda il pianeta intero, al centro del magistero di papa Francesco, è parte essenziale di quei diritti di cittadinanza indispensabili per la vita stessa della democrazia”.

Mentre nel saluto agli invitati il presidente della CEI, card. Gualtiero Bassetti, che l’appuntamento in questa città è espressione di una Chiesa dialogante, ricordando la visita di san Paolo VI all’Italsider nel 1968:

“Queste parole, a più di 50 anni di distanza, conservano ancora oggi, in questa Settimana Sociale il cui titolo è ‘il mondo che speriamo’, la loro straordinaria attualità. Il mondo contemporaneo è molto diverso da quello vissuto da Montini.

Eppure, oggi come ieri, la Chiesa è madre, e non matrigna, ha a cuore tutti i suoi figli, a partire da quelli più fragili e indifesi, e in virtù di questo grande amore verso l’umano (e non certo in nome di un’ideologia) promuove, come disse Paolo VI, ‘la giustizia civile e sociale’”.

Occorre pensare che il mondo è interdipendente, come dimostrato dalla pandemia: “L’interdipendenza non è tanto una categoria sociologica, quanto un valore aggiunto per la società contemporanea. E lo abbiamo visto durante questa pandemia.

Perché se è vero che il virus si è diffuso velocemente in un mondo ormai globalizzato, è anche vero che, altrettanto velocemente, è stata costruita una difesa sanitaria e sociale contro l’epidemia. Una difesa che, però, come sappiamo benissimo non ha la stessa forza nel Sud del mondo. Ancora oggi, dunque, i popoli della fame vivono drammaticamente la distanza sociale con i popoli dell’opulenza”.

Inoltre ha invitato i delegati ad essere profeti sulle orme di Giorgio La Pira: “Per questi motivi, ho detto che serve una visione profetica e nuovi protagonisti. Quando parlo di profezia mi riferisco, per esempio, alla ‘profezia di pace’ fatta più di 50 anni fa da Giorgio La Pira e che vedeva la costruzione di un nuovo mondo di pace, solidarietà e carità nel Mediterraneo.

Una profezia che per l’Italia svela anche una grande missione per il futuro: essere alla testa di quei promotori che vogliono realizzare concretamente questo mondo di pace”.

Un invito soprattutto ai giovani a non credere più ai ‘pifferai magici’: “Quando parlo di nuovi protagonisti mi riferisco soprattutto ai giovani. A tutti quei giovani, però, che sono veramente persone libere: ovvero, che non si lasciano sedurre dalle vecchie ideologie del Novecento e che non rimangano abbagliati dai nuovi demagoghi. L’epoca dei pifferai magici è passata e non deve tornare più”.

Introducendo i lavori l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, presidente del Comitato scientifico e organizzatore, ha dato il benvenuto: “Come vorrei che da qui noi dessimo un segnale di apertura che racconti un futuro possibile: qui la speranza è precaria come il lavoro, qui l’inquinamento ha intossicato le coscienze prima ancora che l’aria, la terra e il mare.

La Chiesa italiana ha la responsabilità di tracciare una parabola che non fronteggi l’emergenza della salute, dell’ambiente, del lavoro, con rattoppi dell’ultima ora come siamo abituati a subire da decenni, ma che sia lungimirante, che ponga le basi di una crescita per le nuove generazioni, che esprima la cura dell’educare e della gratuità”.

E’ un invito al coraggio in un mondo disilluso: “Dobbiamo avere il coraggio, anche di vincere il nostro impacciato imbarazzo nel ripartire dai volti delle persone morte e ferite per causa dell’inquinamento ambientale, dal volto ferito di tutta la Casa comune, e dalle vittime del lavoro.

Dobbiamo ricominciare dai giovani che sono stati determinanti nella preparazione di questa settimana e che lo saranno nella sua realizzazione come elemento essenziale quando parliamo di presente, di futuro e di sostenibilità.

In questa città vi invito anche a riconoscere il disincanto e lo scetticismo, probabilmente anche verso questo nostro raduno, perché i tarantini sono stanchi e delusi, al pari di tanti poveri e sfruttati del Pianeta; non per questo dobbiamo rinunciare a tendere la mano e con umiltà essere portatori di fiducia, cominciando dal proprio impegno personale”.

Infine ha invitato a non dimenticare i due papi santi che del magistero sociale della Chiesa sono i maggiori interpreti, san Paolo VI e san Giovanni Paolo II: “Sulle sponde dei nostri Mari due grandi santi, profeti del nostro tempo, hanno annunciato la speranza e hanno rivolto il loro sguardo come la loro preoccupazione: san Paolo VI e San Giovanni Paolo II sono stati qui pellegrini e hanno tracciato un solco nel quale ora si innesta questa Settimana Sociale che stiamo vivendo in questa diocesi millenaria, grande per storia e per bellezza naturale.

Raccontiamo qui le ferite certe come certe sono le meraviglie e le risorse, offuscate dai fumi e da un racconto che come noterete sicuramente non ci rende giustizia, e che invece cela potenzialità enormi segno della benedizione di Dio che oggi si manifesta nell’attenzione della chiesa italiana e nella vostra presenza”.

(Foto: Cei facebook)

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