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‘Spera ed agisci con il Creato’: la Giornata del Creato. Intervista al professor Morandini
“Spera e agisci con il creato: è il tema della Giornata di preghiera per la cura del creato, il prossimo 1° settembre. E’ riferito alla Lettera di san Paolo ai Romani 8,19-25: l’Apostolo sta chiarendo cosa significhi vivere secondo lo Spirito e si concentra sulla speranza certa della salvezza per mezzo della fede, che è vita nuova in Cristo…
Perciò lo Spirito è ora, realmente, ‘la caparra della nostra eredità’ ( Ef 1,14), come pro-vocazione a vivere sempre protesi verso i beni eterni, secondo la pienezza dell’umanità bella e buona di Gesù. Lo Spirito rende i credenti creativi, pro-attivi nella carità. Li immette in un grande cammino di libertà spirituale, non esente tuttavia dalla lotta tra la logica del mondo e la logica dello Spirito, che hanno frutti tra loro contrapposti ( Gal 5,16-17)”.
Partiamo dall’incipit del messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, intitolato ‘Spera ed agisci con il Creato’, di papa Francesco per chiedere al prof. Simone Morandini, membro del comitato esecutivo del Segretariato Attività Ecumeniche, rappresentante dell’ATISM (Associazione Teologica Italiana per lo Studio della Morale) nel CATI (Coordinamento Associazioni Teologiche Italiane) e direttore di ‘Credere Oggi’, di raccontare in quale modo è possibile agire e sperare con il creato:
“Molti sono i modi in cui possiamo agire per il creato, avviando stili di vita sostenibili, decarbonizzando l’economia, custodendo la biodiversità. La sottolineatura del Tempo del Creato di quest’anno invita a vivere tali pratiche come speranza con il creato; il riferimento è al grande testo paolino ai Romani 8, 19-23, in cui si parla di un gemito della creazione: sottoposta attualmente alla vanità, essa anela ad una liberazione, come nelle doglie del parto. Papa Francesco nel messaggio per la Quaresima del 2019 ha però anche sottolineato come tale passaggio sarà possibile solo quando i figli di Dio si mostreranno all’altezza della loro vocazione, in un agire responsabile di cura della vita”.
Perché la salvaguardia del creato è una questione teologica?
“La salvaguardia del creato è un impegno concretissimo, che coinvolge politica, tecnica, economia… ma anche le chiese e la teologia. Si tratta di ritrovare fino in fondo lo spessore di una teologia della creazione, quale contributo ricco di senso ad un’etica ambientale. é quanto ho cercato io stesso di fare (assieme agli amici Fulvio Ferrario, evangelico, e Panagiotis Yfantis, ortodosso) nel volume Il mondo buono di Dio (2024), quale contributo per una riflessione interconfessionale in tal senso”.
In quale modo la creazione è coinvolta nel processo di una nuova nascita?
“Siamo troppo abituati a collegare la salvezza donataci da Dio esclusivamente alla realtà umana (o magari anche soltanto alla nostra anima). In realtà la Scrittura evidenzia come Dio operi per il rinnovamento dell’intero creato: c’è una dimensione cosmica della nuova nascita che papa Francesco riprende con forza negli ultimi numeri di Laudato Sì”.
L’obbedienza allo Spirito come può cambiare l’atteggiamento dell’essere umano?
“Lo Spirito di Gesù Cristo è anche il soffio creatore che opera in Genesi; respirare in sintonia con esso significa scoprirsi in relazione con l’intero creato, accogliendolo nella nostra preghiera, ma anche orientandoci ad una conversione ecologica che ci renda davvero responsabili per il futuro della nostra terra”.
Tale giornata di preghiera per il Creato come incide nel dialogo ecumenico?
“In realtà la giornata per il Creato (ed il più ampio Tempo del Creato) ha una matrice ecumenica fin dalla sua origine. L’iniziativa nasce, infatti, dalla proposta del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli di orientare in tal senso la celebrazione del 1^ settembre (inizio dell’anno liturgico ortodosso). Ripresa negli anni successivi da numerosi organismi ecumenici e da parecchie chiese europee, la proposta ha poi visto nel 2015 l’adesione della Chiesa Cattolica.
Negli anni successivi il messaggio che papa Francesco invia ogni anno per l’occasione è stato più volte scritto a più mani (con il patriarca Bartolomeo e/o con il primate anglicano). Attualmente poi il tema dell’anno viene scelto da un comitato ecumenico di cui la Chiesa Cattolica è parte, assieme a molti altri soggetti dell’ecumene cristiana.
Si tratta quindi di un tempo particolarmente propizio per una collaborazione ecumenica anche sul piano locale e numerose sono ogni anno le iniziative in tal senso. Non è casuale che i materiali proposti dalla Cei per vivere al meglio questa giornata e questo mese siano sulla pagina dell’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo ed il Dialogo, che li ha curati insieme all’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro (https://unedi.chiesacattolica.it/2024/07/11/un-sussidio-per-il-tempo-del-creato/)”.
(Tratto da Aci Stampa)
Due percorsi universitari: Teologia e Scienze religiose per la formazione personale
Due percorsi universitari, proposti in diverse sedi del Triveneto, per una formazione teologico-umanistica tramite lo studio della filosofia, Bibbia, storia, teologia, pedagogia, psicologia e sociologia, con l’obiettivo di preparare le nuove generazioni a pensare con la mente aperta sui diversi orizzonti del mondo attuale, dalla religione all’etica e alla scienza. È questa, in sintesi, la proposta formativa della Facoltà teologica del Triveneto, che ogni anno è frequentata da circa 1700 studenti (tre su quattro sono laici) e dove insegnano 300 docenti.
È possibile scegliere fra il percorso di Teologia – caratterizzato da un approfondimento più ampio della filosofia e delle fonti bibliche e teologiche, mediante anche lo studio delle lingue greca ed ebraica (articolato in tre cicli: baccalaureato, licenza, dottorato disponibili nella sede di Padova; il solo baccalaureato anche negli Istituti teologici affiliati con sedi a Pordenone, Udine, Treviso, Verona) – e il percorso di Scienze religiose – dove hanno un peso maggiore le scienze umane, in particolare la pedagogia, in rapporto stretto con la teologia (baccalaureato e licenza – negli Istituti superiori di Scienze religiose a Treviso-Belluno, Verona, Vicenza, Padova, Udine-Trieste, Trento e Bolzano).
In particolare, la Facoltà e gli Istituti teologici e di Scienze religiose in rete nel Triveneto preparano insegnanti di religione cattolica per le scuole di ogni grado, statali e paritarie, con corsi di pedagogia, didattica, teoria della scuola e legislazione scolastica e con tirocinio biennale nelle scuole pubbliche con tutor qualificati.
Nei prossimi cinque anni in Veneto, grazie ai pensionamenti, ci sarà un turn over del 33 per cento degli insegnanti di religione, con reali prospettive quindi di trovare un impiego per i giovani laureati.
Oltre a formare competenze professionali in ambito pedagogico-didattico, lo studio della teologia e delle scienze religiose, come le altre lauree umanistiche, sviluppa l’apertura mentale e il pensiero critico, le capacità di relazione e di comunicazione, che permettono alla persona di spendersi con libertà e intraprendenza in diversi settori: pastorale, sociale, interculturale e interreligioso, comunicazione, editoria, giornalismo, etica e bioetica, arte e turismo.
La preparazione acquisita è utile anche come formazione personale e permanente (per operatori pastorali e insegnanti di religione, presbiteri, religiosi e religiose), per approfondire tematiche fondamentali e di attualità che spaziano dalla Bibbia all’etica, dal pluralismo religioso al dialogo fra teologia e scienze, dalla pastorale alla spiritualità, dalle questioni sociali all’arte.
I diversi cicli di studio possono essere seguiti per intero, per conseguire i titoli accademici (che sono riconosciuti agli effetti civili dallo Stato italiano), oppure si possono scegliere soltanto alcuni corsi, per interesse e formazione personale.
Don Maurizio Girolamo è il nuovo preside della Facoltà teologica del Triveneto
Don Maurizio Girolami è il nuovo Preside della Facoltà teologica del Triveneto. Il Dicastero per la Cultura e l’Educazione lo ha nominato per il quadriennio 2024-2028. Il primo settembre don Girolami succede a don Andrea Toniolo, giunto al termine del suo mandato. A don Andrea Toniolo la Facoltà esprime un grazie sincero per il servizio svolto con grande dedizione e competenza in questi anni. A don Maurizio Girolami esprime vivissime congratulazioni e porge l’augurio di un proficuo lavoro a favore della comunità accademica.
Don Maurizio Girolami, 52 anni, presbitero della Diocesi di Concordia-Pordenone, ha conseguito la licenza in Scienze bibliche al Pontificio Istituto Biblico di Roma; il diploma di magistero in Scienze per la formazione all’Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana di Roma; il diploma di archivista presso la Scuola vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica; il dottorato in Teologia e Scienze patristiche all’Istituto Patristico Augustinianum di Roma.
Dal 2013 insegna Patristica al ciclo istituzionale della Facoltà teologica del Triveneto, dove dal 2021 è titolare di cattedra come docente stabile straordinario nella sede di Padova e dal 2024 è docente congiunto con lo Studio teologico “Card. Celso Costantini” di Concordia-Pordenone. Insegna inoltre all’Istituto di Studi ecumenici di Venezia; è docente invitato di Ermeneutica e Teologia del Nuovo Testamento allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme.
È vicepreside (dal 2023) e direttore della Biblioteca (dal 2021) della Facoltà teologica del Triveneto.
Dal 2023 è vicepresidente dell’Associazione Biblica Italiana. E’ membro dei comitati scientifici di Rivista Biblica ed Ephemerides Liturgicae; del comitato di redazione di Augustinianum. Numerose le pubblicazioni di articoli e contributi in riviste e miscellanee. Fra le pubblicazioni: Il giorno degli inizi. Un percorso biblico e storico per riscoprire la domenica, San Paolo 2022; Le prime vie per seguire Gesù. Introduzione alla Patrologia (I-III secolo), Emp-Fttr 2021. Ha curato ‘Il cristianesimo in Anatolia tra Marco Aurelio e Diocleziano. Tradizione asiatica e tradizione alessandrina a confronto. Atti del XVI Convegno Internazionale di Studi’, promosso dalla Facoltà Teologica del Triveneto e dal Gruppo Italiano di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandrina (Portogruaro, 27 – 28 aprile 2018). Studi in onore di mons. Luigi Padovese (1947-2010), Morcelliana 2019; L’Oriente in Occidente. L’opera di Rufino di Concordia. Atti del convegno internazionale promosso dalla Facoltà teologica del Triveneto e dal Gruppo italiano di ricerca su Origene e la tradizione alessandrina (Portogruaro, 6-7 dicembre 2013), con Omaggio a Maria Ignazia Danieli per il suo 75 genetliaco, Morcelliana 2014.
Un’intervista al nuovo preside è pubblicata nel sito della Facoltà teologica www.fttr.it, di cui si riporta una parte. Partiamo dalla comunione, dunque: “Nata dalla volontà dei quindici vescovi del Friuli Venezia Giulia, Veneto e Trentino Alto Adige, ritengo che oggi la Facoltà sia non solo una realtà accademica che offre il suo specifico contributo alla ricerca universitaria, ma anche un laboratorio di vita ecclesiale, capace non solo di incidere nella vita delle nostre chiese, ma anche di diventare promotrice di rinnovamento sociale. L’impegno formativo di docenti e studenti è opera di comunione, perché lo studio della teologia è un gettare ponti nel tempo e nello spazio per conoscere meglio i cammini di fede di donne e uomini che prima di noi, accanto o lontano da noi, hanno imparato a seguire Cristo”.
Lo studio della teologia è anche uno spazio di partecipazione?
“È partecipazione innanzitutto come voglia di esserci e di stare nella storia e nella vita delle persone in questo nostro tempo; in modo particolare, lo studio della teologia è uno spazio perché i giovani, che si affacciano alla vita con i loro desideri, mettano a frutto il dono dell’intelligenza ricevuta per dare un senso pieno alla storia personale in un contesto di legami ecclesiali che valorizzano il dono di ciascuno. Studiare teologia non significa solo accostare la Bibbia e i documenti della fede cattolica, ma volgersi alla vita delle persone nella loro concretezza”.
Ed in ambito ecclesiale?
“La Facoltà vuole partecipare in modo sempre più intenso alla vita delle nostre chiese locali, perché è per esse che esiste: i progetti di ricerca che in questi anni si sono avviati, e quelli che verranno aperti nel prossimo futuro, vogliono essere un luogo di riflessione sulla vita delle comunità cristiane, perché si possa pensare la fede con ogni intelligenza possibile, in un continuo dialogo con il tesoro della tradizione e in una inesausta ricerca di sapienza nei molti ambiti in cui si spiega la storia umana.
Lo studio della teologia non è un tempo dedicato a una qualche teoria da applicare alla prassi, ma – ben radicati alla fonte della rivelazione e guidati da acuto spirito critico – un imparare modelli e criteri per capire, per discernere e per agire, affinché ogni generazione possa vivere la gioia del vangelo dando il proprio specifico apporto a creare un mondo più giusto e fraterno”.
Abitare e custodire la terra, la riflessione delle religioni a Camaldoli
‘Una terra da abitare e custodire’: questo il titolo della 60ª Sessione di formazione promossa dal Segretariato attività ecumeniche (Sae Aps), a Camaldoli fino a sabato 3 agosto, che trae spunto dal versetto biblico di Genesi, ‘Il Signore Dio prese l’essere umano e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse’, esprimendo il senso di una riflessione sulla cura di quella casa comune che è il mondo creato, in un tempo di crisi socio-ambientale, come ha sottolineato la presidente del Sae, dott.ssa Erica Sfredda.
“Un tema fondamentale in questo momento storico. Lo affronteremo da due punti di vista: il primo, naturalmente, è quello biblico, cioè noi riteniamo che la fede nell’atto creativo di Dio segna e radica le grandi religioni monoteiste in un terreno che non può prescindere dal rispetto della terra, che ci è stata data perché fosse custodita e coltivata e non sfruttata e depredata. Il secondo punto di partenza è che tutto è connesso, perché ogni azione produce anche effetti sull’ambiente”.
Si tratterà di leggere i segni di questo tempo così problematico, di interpretarli alla luce dell’elaborazione delle diverse Chiese e tradizioni religiose, di indicare buone pratiche per farvi fronte. L’evento si articola in momenti di riflessione, incontro, preghiera e convivialità, secondo lo stile che da sessant’anni caratterizza le sessioni Sae e che anche quest’anno metterà a confronto cristiani delle diverse confessioni, ma anche esponenti di diverse religioni.
Tra coloro che animeranno la sessione, voci ortodosse come Simona Paula Dobrescu, Athenagoras Fasiolo, Vladimir Laiba, Sergio Mainoldi, Gheorge Verzea e Vladimir Zelinsky; evangeliche come Alessandro Andreotti, Cristina Arcidiacono, Claudio Garrone, Hanz Gutierrez, Manuela Lops, Maria Paola Rimoldi, Dorothee Mack, Davide Romano, Erica Sfredda, Debora Spini, Letizia Tomassone, Fabio Traversari, Gesine Traversari; cattoliche come Andrea Bigalli, Bruno Bignami, Marco Campedelli, Claudio Ubaldo Cortoni, Matteo Ferrari, Enrico Giovannini, Augusto Loni, Gloria Mari, Marco Marchetti, Elena Massimi, Simone Morandini, Domenico Pompili, Brunetto Salvarani, Giuliano Savina, Piero Stefani. La dimensione interreligiosa prenderà corpo negli interventi della buddhista Elena Seishin Viviani, dell’induista Jaya Murthy, di ebrei come Sandro Ventura e Sarah Kaminski, e del musulmano Adnane Mokrani.
Alla presidente, dott.ssa Erica Sfredda, ed al prof. Simone Morandini, membro del comitato esecutivo del Segretariato Attività Ecumeniche e rappresentante dell’ATISM (Associazione Teologica Italiana per lo Studio della Morale) nel CATI (Coordinamento Associazioni Teologiche Italiane), abbiamo chiesto di spiegarci la scelta di questo tema: “Da 60 anni il SAE organizza ogni anno una sessione di formazione ecumenica, focalizzando la propria attenzione sia su temi di dialogo interconfessionale, sia su quelle questioni nelle quali è in gioco la vita della famiglia umana. In un tempo di crisi socio-ambientale devastante, guardare ad “una terra da coltivare e custodire” è stata una scelta naturale, a maggior ragione per i lunghi decenni di azione convergente in quest’ambito da parte delle diverse chiese cristiane. è, infatti, dagli anni ‘70 che il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha iniziato ad occuparsi della crisi ambientale, offrendo un contributo determinante all’elaborazione dell’idea di sostenibilità; è dal 1991 che il Patriarca Bartolomeo invia ogni anno una lettera enciclica alle chiese in occasione della giornata del creato del 1 settembre; è già in testi di papa Paolo VI che la chiesa cattolica ha iniziato a segnalare la devastante prospettiva della crisi ecologica”.
Quale è il ‘compito’ delle Chiese per la custodia del creato?
“La cura della casa comune è fatta di scelte tecniche, economiche e politiche, ma a monte di esse ci sono opzioni etiche e culturali ed è a questo livello che operano le chiese. Tra gli ambiti in cui si esprimerà tale agire il richiamo al valore prezioso della Terra donataci, l’appello all’urgenza di un agire mirante a salvaguardarne la vivibilità per le generazioni future, la confessione del mondo come dono del Creatore – e come tale prezioso, meritevole di custodia”.
Quindi perchè tutto è connesso?
Ce lo insegna la riflessione scientifica contemporanea – non solo quella ecologica: l’universo è una matrice di collegamenti vitali, tra realtà anche distanti. Anche l’umanità ne è parte e ne dipende per la sua stessa esistenza, ma al contempo la influenza profondamente, con le proprie scelte e con la forma di vita che si da. La Bibbia poi ci presenta il creato stesso come comunità di viventi, che reciprocamente si servono, donandosi vita: è l’intuizione sottesa anche al Cantico di Frate Sole di Francesco d’Assisi, di cui nel 2025 celebreremo gli 800 anni dalla composizione ed al quale è ispirata anche l’Enciclica Laudato Si”.
‘Spera ed agisci con il creato’ è il messaggio del papa per la giornata di preghiera per la cura del creato. In quale modo le Chiese possono camminare insieme?
“Da alcuni anni il tema della giornata del creato è indicato da una commissione ecumenica, di cui ovviamente anche la chiesa cattolica è parte, ed il titolo del Messaggio di papa Francesco ne rispecchia la scelta per il 2024. Vi si fa riferimento al grande testo paolino di Romani 8, 19-23, al gemito della creazione in attesa della liberazione, allo Spirito che muove a novità. La coltivazione della speranza (una speranza attiva, sintonica col creato e non orientata al dominio ed allo sfruttamento) è una componente qualificante dell’agire comune delle Chiese”.
Perchè la salvaguardia del creato è una questione teologica?
“In realtà la salvaguardia del creato è oggi questione urgente ed eminentemente pratica: dinanzi ad un riscaldamento globale che procede a passi accelerati, dinanzi ad una biodiversità al collasso, dinanzi alla progressiva devastazione di interi ecosistemi urgono scelte di cambiamento profondo, sia negli stili di vita personali che nelle forme dell’economia e della vita sociale. Dinanzi alla lentezza con cui stati ed istituzioni fanno fronte a tale sfida si pone, d’altra parte, l’esigenza di rafforzare le motivazioni etiche e politiche per tali passaggi.
Per le chiese questo significa anche ripensare la propria teologia della creazione (in forme lontane da ogni fondamentalismo), sottolineando la bontà fondamentale del creato, la sua destinazione alla vita, il compito degli umani di coltivarlo e custodirlo. Significa anche prendere le distanze da un’ideologia del ‘dominio della terra’, caratteristica della modernità, che ha talvolta trovato appoggio in una lettura inadeguata dei testi biblici.
Non è casuale che in questi decenni molti teologi e molte teologhe abbiano elaborato forme di ecoteologia: da J. Moltmann a L. Boff, da J. Zizioulas a D. Edwards. Neppure è casuale che le stesse chiese abbiano assunto posizioni sempre più incisive in quest’ambito, quasi a disegnare un ‘magistero verde’ ampiamente condiviso”.
(Tratto da Aci Stampa)
Con passi di donna. La presenza femminile nella chiesa del postconcilio
E’ in uscita il nuovo numero (1/2024) della rivista della Facoltà teologica del Triveneto, Studia patavina, che compie settant’anni di vita. In questo primo fascicolo dell’annata il direttore, Stefano Didonè, ripercorre nell’editoriale alcuni passaggi fondamentali della vita della rivista e guarda al futuro (in allegato il testo completo).
Nata nel 1954 nell’ambito del Seminario di Padova dall’intuizione lungimirante dell’allora vescovo mons. Girolamo Bortignon, Studia patavina ha attraversato diverse stagioni, esprimendo nelle sue pagine lo spirito del tempo e dei mutamenti in atto. Sotto la guida del giovane teologo Luigi Sartori, in seguito perito al concilio Vaticano II, la rivista si costruì la necessaria solidità teologica e autorevolezza scientifica, per poi aprirsi, dall’originario fondamento sulla filosofia e la teologia, al nuovo orizzonte delle scienze religiose e stimolare il dialogo fra i saperi.
Dal 2005, con la nascita della Facoltà teologica (di orientamento pastorale o ‘pratico’), di cui Studia patavina è divenuta la rivista scientifica, il cambio di linea editoriale l’ha spostata verso un nuovo intento programmatico, più marcatamente ecclesiale, ovvero “contribuire più esplicitamente alla formazione teologica e alla vita pastorale delle chiese del Triveneto, senza perdere l’attenzione nei confronti del più ampio contesto socio-culturale, spiega Didonè. Le sfide rappresentate dallo sviluppo delle neuroscienze, dall’intelligenza artificiale e dall’orientamento postumanista, da un lato, e quelle concernenti le dinamiche complesse della realtà sociale e geopolitica, dall’altro, richiedono un supplemento di ascolto delle Scritture e della tradizione, messo ‘in risonanza’ con i racconti di vita dei soggetti e dei popoli, sempre meno lineari. Occorre oggi valorizzare le diverse linee del pensiero filosofico, teologico e pastorale, ospitandole in un respiro sinodale”.
Nel primo fascicolo dell’annata del settantesimo, la rivista propone un focus dal titolo Con passi di donna. La presenza femminile nella chiesa del postconcilio, curato da Marzia Ceschia e Assunta Steccanella. Sei articoli affrontano il rapporto fra realtà femminile e chiesa, «un tema assai ampio, – sottolinea Steccanella – basti ricordare che le donne non sono una categoria di cristiani (come i giovani o i migranti o i malati…) ma sono semplicemente la metà del popolo di Dio, e quindi hanno agito e agiscono da battezzate in tutti i contesti, geografici, storici e cultuali, ecclesiali e non. La questione ha quindi una valenza ecclesiologica e teologica di carattere strutturale e formativo».
Questo dinamismo si coglie innanzitutto nel fatto che in tutto il mondo, prima attraverso i ministeri di fatto e oggi anche come ministre istituite, le donne sono coinvolte attivamente nelle comunità cristiane e danno vita a esperienze molto diverse, ma sempre significative. Su uno sfondo articolato di domande, esperienze e acquisizioni si dipana il focus della rivista: attraverso il confronto con alcune figure e pratiche paradigmatiche, e considerando le possibilità offerte dal diritto canonico, mette in luce la presenza delle donne nella chiesa e dà voce ad alcuni fronti ancora aperti.
La riflessione si apre con il contributo di Marzia Ceschia (Facoltà teologica del Triveneto), che considera il complesso insieme di ricerche e di pensieri in cui, nell’Italia del Novecento, si è andato strutturando il movimento femminile cristiano, con particolare attenzione alla figura di Ivana Ceresa (La pratica della “Sororità”: l’ispirazione di Ivana Ceresa). La biblista Marinella Perroni guarda alla riflessione teologica sviluppata dalle donne evidenziando lo stretto legame fra pensiero cristiano ed emancipazione femminile, che ha reso le donne da semplici oggetti a soggetti del pensiero teologico (Le molte teologie delle donne).
Ma, in definitiva, le donne oggi sono protagoniste nella chiesa? Intorno a questa domanda si sviluppa il contributo di Alphonse Borras (consultore della Segreteria del Sinodo), che struttura la riflessione nella prospettiva del diritto canonico (Donne protagoniste nella chiesa? Alcuni risvolti ecclesiologici e canonici). Simona Segoloni (Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del matrimonio e della famiglia) porta un approfondimento sulla ministerialità battesimale, sul superamento della sua lettura esclusivamente maschile, sulla questione del clericalismo (Una ministerialità in fermento).
Due interviste completano la panoramica sul tema: Angelo Biscardi racconta la presenza femminile nei contesti parrocchiali odierni e Anna Morena Baldacci riporta un caso concreto di donne alla guida di una comunità. Oltre al Focus, la rivista pubblica la prolusione che mons. Giovanni Cesare Pagazzi, segretario del Dicastero per la cultura e l’educazione, ha tenuto all’inaugurazione dell’anno accademico 2023/2024 della Facoltà teologica del Triveneto (Le esperienze comuni e l’unico necessario. Teologia ed evangelizzazione)
Sono infine proposti due articoli di docenti della stessa Facoltà: Alessio Dal Pozzolo (I ministeri ecclesiali alla prova della cura pastorale) e Rolando Covi (Passi di vangelo. Rileggere un’esperienza di chiesa). Completa il fascicolo una ricca sezione di recensioni e segnalazioni bibliografiche. Il fascicolo 1/2024 può essere richiesto (al costo di € 17,00) a studiapatavina.abbonamenti@fttr.it ed è in vendita su www.libreriadelsanto.it.
Papa Francesco invita a formare i giovani
Dopo l’incontro con i partecipanti agli Stati generali della Natalità papa Francesco in Vaticano ha incontrato i teologi della ‘Rete Internazionale della Società di Teologia Cattolica’, il cui intervento è stato solo consegnato, definendo la teologia un ministero ecclesiale ‘prezioso’ per alcuni motivi: “Anzitutto, perché appartiene alla fede cattolica il rendere ragione della speranza a chiunque lo chieda. E sappiamo che la speranza non è un’emozione o un sentimento, ma la persona stessa di Gesù, via verità e vita.
Poi, la teologia è preziosa nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, in società multietniche in continua mobilità, con interconnessione di popoli, lingue e culture diverse da orientare, con consapevolezza critica, verso la costruzione di una convivenza nella pace, nella solidarietà e nella fratellanza universale e nella cura della nostra casa comune”.
Ha inoltre sottolineato l’importanza di mantenere una tradizione ‘vivente’: “Allora deve crescere, incarnando il Vangelo in ogni angolo della terra e in tutte le culture. Perché il Vangelo annuncia l’evento di Gesù morto e risorto ed è sapienza di vita per tutti: è il sapere per l’esistenza umana, la cui luce entra nelle fibre di tutta la realtà indagata dalle scienze. La transdisciplinarietà dei saperi non è, pertanto, una moda del momento, ma è un’esigenza della scienza teologica: essa infatti ‘ascolta’ le scoperte degli altri saperi per approfondire le dottrine delle fede, mentre offre la sapienza cristiana per lo sviluppo umano delle scienze”.
Ecco l’invito a scoprire il ‘carattere sapienziale’ della teologia, come ha sempre ribadito papa Benedetto XVI: “Questo allargamento deve avvenire anche nella teologia, perché sia sapere critico per la vita di ogni essere umano e del Popolo di Dio, unendo scienza e virtù, ragione critica e amore. Perché la fede cattolica è fede che opera attraverso la carità, altrimenti è fede morta”.
Ugualmente con la delegazione del ‘Merrimack College’ ha incentrato la riflessione sulla missione di educare i giovani ad affrontare le sfide per crescere nella solidarietà: “Si tratta, allora, di formare le nuove generazioni a vivere le difficoltà come opportunità, non tanto per lanciarsi verso un futuro ricco di denaro e di successo, quanto d’amore: per edificare insieme un umanesimo solidale…
Ad esempio, è vero che la globalizzazione in atto presenta aspetti negativi, quali l’isolamento, l’emarginazione e la cultura dello scarto; al tempo stesso, però, ne ha anche di positivi, come la possibilità di amplificare e ingrandire la solidarietà e di promuovere l’equità, attraverso mezzi e potenzialità sconosciuti a chi ci ha preceduto, come abbiamo visto in tempi recenti, in occasione di disastri climatici e guerre”.
Mentre alla delegazione spagnolo dell’Istituto Superiore di Liturgia di Barcellona ha indicato come modello di discernimento san Benedetto: “Forse per questo, San Benedetto, agli albori del discernimento vocazionale dei suoi monaci (che possiamo accogliere come lezione per ogni cristiano e per ogni liturgo) ci pone come criterio per vedere se si cerca veramente Dio il fatto che il candidato sia pronto per l’opera di Dio, per la partecipazione alla Liturgia divina, nel suo significato d’incontro personale e comunitario con Dio”.
Ed anche nella liturgia è necessaria l’obbedienza per rendere la vita una ‘liturgia’ quotidiana: “Ma senza dimenticare quella stessa urgenza per l’obbedienza, ossia per il servizio, per vivere il mandato supremo dell’amore fraterno, in ciò che Dio ci vorrà chiedere; e per le umiliazioni, abbracciando la croce, lasciandoci modellare da Dio e toccando la piaga aperta del Signore nelle membra del suo Corpo mistico”.
Infine ha inviato un messaggio al card. Czerny, presidente della Fondazione ‘Giovanni Paolo II per il Sahel’, in occasione del 40^ anniversario della creazione, ricordando l’appello del papa san Giovanni Paolo II, che invitava a ‘lavorare’ per la pace, la giustizia e la sicurezza, in modo da non svilire la dignità umana:
“Paesi di questa regione dell’Africa occidentale stanno ancora attraversando una crisi che minaccia sempre più la pace, la stabilità, la sicurezza e lo sviluppo. Questi fenomeni sono collegati al terrorismo, alla precarietà economica, al cambiamento climatico ed aggravano la vulnerabilità degli Stati e la povertà dei cittadini, con la conseguenza della migrazione dei giovani”.
Nel messaggio il papa ha ricordato le parole care al papa santo: “In questo giorno di commemorazione, facendo eco alle grida del cuore del Santo Papa Giovanni Paolo II, ribadisco oggi il suo appello a tutte le persone di buona volontà del mondo: lavorare per la sicurezza, la giustizia, la pace nella Sahel! La pace consente uno sviluppo umano integrale, che si costruisce giorno dopo giorno nella ricerca dell’ordine voluto da Dio, e può fiorire solo quando tutti riconoscono la propria responsabilità nella sua promozione”.
Infine ha evidenziato la responsabilità delle ‘parti interessate’: “Non c’è più tempo per aspettare, dobbiamo agire! Nessuno può negare il diritto fondamentale di ogni essere umano a vivere con dignità e a realizzare il proprio pieno potenziale”.
(Foto: Santa Sede)
Dichiarazione ‘Fiducia supplicans’: meditazioni giuridico-teologiche sullo stupore suscitato in tutto il mondo
Dopo aver illustrato la sintesi dei principali testi oggetto della mia disamina, espongo per rispetto in forma anonima, le opinioni in merito ricevute da molti amici italiani esperti con variegati status nel mondo (a me ed mia moglie noto avendo visitato dal 2014 al 2018 per 300 giorni anche le variegate strutture delle altre Religioni esistenti in tutti i Continenti, dialogando anche con i loro esponenti in italiano, inglese, spagnolo e francese):
Una donna nella Chiesa alla cui ombra stavano re e teologi
La pigrizia mentale per cui si procede con alcuni slogan e stereotipi appresi stancamente a scuola o sentiti dire è abbastanza diffusa. Per non dire poi che anche i manuali scolatici a volte tendono a ripetere narrazioni ormai prive di fondamento o al minimo da rettificare.
E purtroppo questo avviene anche a livello ecclesiale con esiti non sempre felici. Per questo il cappuccino padre Servus Gieben – vero e proprio esperto dell’iconografia francescana e non solo – esortava a verificare le notizie andando alle fonti primarie.
Tra questi luoghi comuni ripetuti pappagallescamente – a questo proposito papa Giovanni XXIII ironicamente diceva “papa sì, pappagallo, no!” – è l’irrilevanza della donna nella storia della Chiesa soprattutto medievale.
Innanzitutto c’è da tener sempre presente che potere istituzionale e potere di fatto non coincidono: a volte sono detenuti dalla stessa persona ma spesso non è così. Basti pensare che in molte culture chi guadagna i soldi sono gli uomini ma chi li spende sono le donne.
E poi vi sono figure tutte da scoprire come Isabella di Francia alla cui ombra – contrariamente a quanto verrebbe da pensare – visse per vario tempo lo stesso fratello, il famoso santo re Luigi IX.
Questo ed altro si evince dal libro ‘Isabella di Francia sorella di san Luigi. Fonti e documenti sulla fondatrice delle Sorelle minori’, a cura di J. Dalarun, Sean L. Field, M. Bartoli, Editrici Francescane, Padova 2023.
Tale volume è stato oggetto di un incontro di studio svoltosi presso la Pontificia Università Antonianum martedì 19 marzo 2024 in cui tra l’altro si è evidenziato che l’affermazione secondo cui Chiara d’Assisi è stata la prima donna a scrivere una regola per donne va rivista e rettificata. Infatti l’approvazione della Forma vitae di Chiara da parte di Innocenzo IV nel 1253 va letta e compresa considerando anche quanto avvenne precedentemente a Longchamp dove la sorella minore di Luigi IX scrisse una regola consultando i più grandi intellettuali parigini tra cui san Bonaventura.
In vista del 2025 in cui si celebrerà l’ottavo centenario della nascita della beata Isabella di Francia i video dell’incontro a proposito delle suddette nuove fonti inerente a Isabella di Francia si possono vedere nel link https://www.youtube.com/@PontificiaUniversitaAntonianum/videos
(Tratto da Il Cattolico)
Papa Benedetto XVI e Papa Francesco nel racconto di una biblista
Molto diversi tra loro per stili e modi di comunicazione eppure con numerosi punti di contatto; così li descrive la biblista Rosanna Virgili, docente di Esegesi all’Istituto Teologico Marchigiano e di Spiritualità dei Salmi al Monastero di Santa Cecilia a Roma, nel libro ‘Benedetto e Francesco. Due papi diversi, ma mai divisi’, tratteggiando le linee fondamentali dei papi Benedetto e Francesco, cercando di cogliere le peculiarità e le differenze che li caratterizzano, ma anche di riconoscere i diversi elementi di continuità e comunione da cui sono legati, come ha scritto nell’introduzione;
“La ragione di questo piccolo libro sta in un ringraziamento per gli ultimi due Papi, l’uno ora in cielo e l’altro qui. Sono rimasti insieme per dieci anni ed è stata un’esperienza inedita su cui la Chiesa deve ancora riflettere… Qualcuno ha detto che, a differenza di Giovanni Paolo II, sia Benedetto che Francesco sono stati dei Papi divisivi. Credo che la prima ragione sia da individuare nel fatto che essi vengono dopo ventisette anni di un Pontificato dai colori affatto sfumati…
Di questi due volti, in apparenza antitetici, di Giovanni Paolo II, si può dire, istintivamente, che Ratzinger assume il primo, Bergoglio il secondo. Per questo i due risultano ancora per molti, cattolici e non cattolici, divisivi. Ed in effetti lo sono stati: divisivi, non però divisi, estranei l’uno all’altro, contrapposti, se non allo sguardo dei superficiali o di chi sia tentato dalla malafede”.
A lei chiediamo di spiegarci quali sono le diversità tra papa Francesco e papa Benedetto XVI: “Con un titolo, direi che l’uno è teologo e l’altro pastore. La prima caratteristica di papa Ratzinger non poteva non essere che quella di un papa teologo e nessuno potrebbe davvero mettere in dubbio l’immensità della sua cultura, in questo campo, unita alla sistematicità del suo pensiero e alle rare doti di chiarezza ed efficacia nell’esercizio della docenza.
Grande ricercatore della Verità e dottore della dottrina della Chiesa, i temi del suo pontificato sono, innanzitutto, teologici. Papa Francesco usa, invece, sin dal primo momento della sua elezione (il famoso: ‘buonasera’) un linguaggio popolare, sapienziale di rara efficacia comunicativa. Non rinuncia a questo modo di esprimersi neppure quando stila i suoi scritti dogmatici come le esortazioni apostoliche e le encicliche mostrando un primario interesse pastorale nel suo magistero”.
Per quale motivo sono stati messi in contrapposizione?
“Credo proprio per questa diversità di linguaggio. In secondo luogo credo che il fatto che in maniera del tutto inusuale nella storia della Chiesa Cattolica un papa si fosse dimesso e continuasse, pertanto, a vivere accanto al nuovo, ha creato un certo disorientamento tra gente abituata a pensare al papa come vicario di Cristo e, quindi, come una persona unica che poteva avere solo un successore ma non un ‘doppio’.
Non è stato facile capire la differenza tra papa regnante e papa emerito e l’enorme distanza culturale tra i due, l’uno europeo e tedesco, l’altro latinoamericano, l’uno ‘dottore’ della Chiesa, occupato in questioni dottrinali (era stato prefetto della Congregazione per la dottrina della fede per decenni), l’altro gesuita, pastore e vescovo di una megalopoli sudamericana dove le differenze e le ingiustizie sociali ed economiche sono foriere di una povertà estremamente diffusa e scandalosa”.
Quali sono stati i punti ‘teologici’ di contatto tra i due papi?
“Tutti quelli posti dal Concilio Vaticano II. Chi avesse visto in papa Benedetto XVI un papa pre-conciliare od, addirittura, tridentino, dovrebbe convincersi di aver davvero travisato la sua storia e il suo pensiero. Capita, infatti, che spesso si memorizzino cose mai sentite o che si esprimano giudizi in modo distratto. Quanto a papa Francesco già con l’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’ mostra di porsi nell’orizzonte di un’evangelizzazione aperta al mondo e missionaria tipica del Concilio. La fedeltà alla Chiesa, il ‘sensus ecclesiae’, l’attenzione e la cura per l’unità della stessa appartengono in maniera speciale ad ambedue i papi”.
Come hanno affrontato la piaga degli abusi nella Chiesa?
“Il papa Ratzinger ha iniziato ancora prima della sua elezione a pontefice ad affrontare la piaga della pedofilia; famosa è la sua frase sul Vaticano: ‘c’è molta sporcizia’, forse alludendo anche all’omosessualità. Una volta papa ha condannato la pedofilia anche in grandi occasioni pubbliche come nella GMG di Sydney o nella visita di tributo al ‘Ground Zero’ di New York.
Papa Francesco, in alcuni documenti e discorsi, ha visto e denunciato una connessione tra pedofilia e clericalismo, invitando tutta la chiesa a combattere contro questa duplice piaga. Papa Francesco ha fatto gesti concreti contro l’insabbiamento degli abusi e gesti simbolici come quello di riunire a Roma abusatori e vittime, ha riunito una intera Conferenza episcopale (quella cilena) particolarmente toccata dagli abusi per discutere di questa terribile piaga”.
Quale ruolo della donna nella Chiesa nella visione dei due papi?
“Chi ha posto molta attenzione alla donna nella Chiesa è stato Francesco che, già nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Gaudium’, ha parlato della necessità di aprire spazi alle donne nei luoghi dove si prendono le decisioni, vale a dire nei ruoli di governo. Ruoli che, poi, egli stesso ha dato a diverse donne che nelle istituzioni del Vaticano rivestono oggi anche dei ruoli apicali. Su invito del mondo religioso femminile papa Francesco ha poi dato vita a una Commissione che studia la possibilità di conferire il diaconato alle donne.
Di grande rilievo è ancora l’istituzione di ministeri laicali come quello del catechista aperto anche alle donne e dell’accolitato e il lettorato. Un vero grande passo a favore delle donne è stato fatto, infine, con la loro partecipazione al Sinodo dove le donne hanno potuto prendere tutte la parola. Riuniti attorno ai tavoli rotondi, nel numero dei dodici, in nessuno di essi mancava la presenza femminile. Quanto al Papa Ratzinger è importante ricordare la sua prossimità a papa Giovanni Paolo II, quando scriveva la lettera apostolica ‘Mulieris Dignitatem’”.
(Tratto da Aci Stampa)
Sinodo 2023-2024: primo (parziale) bilancio.
A fine ottobre si è conclusa la prima tappa del Sinodo sulla sinodalità voluto da Papa Francesco. Per ragioni legate all’attualità, ormai non se ne parla più, ma, a ben vedere, mancano pochi mesi all’altra decisiva tappa prevista per il prossimo ottobre. Nei mesi scorsi alcuni autorevoli partecipanti hanno preso la parola e detto la loro. Pensiamo a quanto hanno scritto Piero Coda e Severino Dianich su SettimanaNews, seppure con accenti diversi: il primo entusiasta, il secondo tiepido. Ma oggi, che siamo quasi a metà strada tra le due tappe, cosa resta?
In primo luogo ci sono le persone che vi hanno preso parte che, giustamente, nel silenzio stanno custodendo l’ascolto che in quella sede hanno sperimentato. Lo stesso cardinal Grech ha ammesso, a conclusione del Sinodo, che moli partecipanti sono entrati in assemblea scettici e ne sono usciti spiazzati. Non solo perché prima il processo sinodale non era, di fatto, avviato e, quindi, hanno sperimentato cosa significa “fare” un Sinodo, ma perché le notizie che arrivavano dalla Terra Santa li ha sconvolti.
Inoltre perché i partecipanti vengono da ogni parte del mondo e ascoltare ciò che lo Spirito suscita in altre parti del mondo può e deve lasciare sorpresi; vuol dire a tutti gli effetti uscire dal proprio orticello, mettersi in uscita, come ci invita Papa Francesco.
In secondo luogo rimane un documento che ha cercato di fare sintesi. Come è naturale che sia, ogni sintesi è sempre un po’ imperfetta: qualcosa manca, qualcosa viene lasciato o meglio tralasciato anche involontariamente. Certamente in quel documento la teologia veniva chiamata a svegliarsi, ad attivarsi perché rimodulare la Chiesa in senso sinodale non è operazione semplice. Sotto questo aspetto sembra di vedere la teologia ancora ripiegata su stessa,soprattutto dopo la pubblicazione di “Fiducia supplicans”.
Inoltre in quel documento si auspicava un riforma del Codice di diritto canonico che non mi pare aver preso avvio: ufficialmente non è stata istituita nessuna commissione. C’è da augurarsi che questa riforma prenda seriamente avvio perché il Codice ha di fatto bloccato la visione della Chiesa voluta dal Concilio Vaticano II in strutture tridentine che stentano ad essere superate.
Basti pensare al contrato tra uguale dignità di tutti i fedeli in forza del sacramento del battesimo, di cui tanto si parla nei documenti del Concilio, e il laico suddito, così come viene definito nel Codice. L’imperfezione, pertanto, di quel documento si fa sentire, ma ci sono ancora dei mesi e, soprattutto, la sessione del prossimo ottobre.
Un timido frutto di questa prima tappa sinodale con tutta onestà va detto che c’è stato. Il Dicastero della dottrina della fede ha pubblicato la dichiarazione “Fiducia supplicans” che offre a tutti la possibilità di ricevere una benedizione fuori dal rito, non liturgica. A tutti e, quindi, anche a chi vive una situazione irregolare dal punto di vista morale, se così si può dire.
Lo scalpore per il testo è stato davvero sproporzionato, frutto di una non attenta delicata lettura del testo, ma di una lettura dei titoloni sui giornali. Se questo frutto ha destato scalpore, figuriamoci se nei prossimi mesi dovessero venir pubblicati testi pieni di vere novità! D’altronde chi può dirsi oggettivamente puro, “regolare” di fronte a Dio?
E poi chi non ha chiesto mai una benedizione ad un sacerdote fuori da ogni contesto rituale–liturgico? Tra una prima tappa, già celebrata, e una seconda, da celebrare, il cammino prosegue e il vero attore del Sinodo, lo Spirito Santo, come ha più volte detto Papa Francesco, è all’opera.
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