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Papa Francesco: promuovere la giustizia sociale

Questa mattina papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri del Movimento internazionale di studenti cattolici ‘Pax Romana’ a Roma per un convegno, apprezzando l’impegno “a promuovere la giustizia sociale e lo sviluppo umano integrale, ispirato dalla fede cattolica e dalla sua visione di un mondo sempre più conforme al disegno d’amore di Dio per la famiglia umana”.

Interloquendo con i giovani il papa ha esortato i giovani studenti ad essere ‘protagonisti della rivoluzione della carità e del servizio’, con la citazione dell’esortazione apostolica ‘Christus vivit’: “La vostra presenza, la vostra attività (in contesti accademici, negli ambienti di lavoro o per le strade delle città) persegue questo fine operando per costruire un mondo più compassionevole, armonioso e fraterno.

Penso, ad esempio, all’opera di educazione e di formazione condotta dai vostri centri in Francia, Thailandia e Kenya, basata sulla testimonianza del Vangelo e sulla dottrina sociale della Chiesa. Promuovendo un senso di cittadinanza globale e incoraggiando l’azione a livello locale, il vostro Movimento prepara i giovani ad approfondire la comprensione delle più urgenti questioni sociali del nostro tempo, e li abilita a promuovere cambiamenti efficaci nelle proprie comunità, servendo così da lievito evangelico”.

Quindi li ha incoraggiati a partecipare alla vita della Chiesa: “In questi giorni, mentre procediamo nell’attuale Sinodo sulla sinodalità, vorrei incoraggiarvi, come singoli e tutti insieme, a coinvolgervi nel percorso sinodale della Chiesa, fatto di cammino condiviso, di ascolto, di partecipazione e di impegno in un dialogo aperto al discernimento, e così pure ad essere attenti alla dolce voce dello Spirito Santo”.

E’ stato anche un invito affinché l’Anno Santo diventi un personale rinnovamento di vita: “Vi incoraggio inoltre ad accogliere la prossima celebrazione dell’Anno Santo 2025 come speciale occasione di rinnovamento personale e di arricchimento spirituale in unione con tutta la Chiesa. L’eloquente simbolo della Porta Santa attraversata dai fedeli a Roma, ci ricorda che noi siamo tutti pellegrini, tutti in cammino, chiamati insieme a un’unione più profonda col Signore Gesù e alla disponibilità alla forza della sua grazia, che trasforma la nostra vita e il mondo in cui viviamo”.

Eppoi ai Movimenti Popolari, in occasione del Simposio organizzato per il X Anniversario del primo incontro mondiale dei Movimenti Popolari, che si tenne in Vaticano nel 2014, i papa ha affermato: “La terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri. Che nessuno vi tolga questa convinzione, che nessuno vi privi di questa speranza, che nessuno spenga i vostri sogni”.

Nel discorso papa Francesco ha evidenziato che “Il grido degli esclusi può anche risvegliare le coscienze assopite di tanti leader politici che sono, alla fine, quelli che devono far rispettare i diritti economici, sociali e culturali… Vi chiedo di confrontarvi tra di voi e continuate a combattere l’economia criminale con l’economia popolare… Capisco che è difficile, ma è necessario. I bambini non possono essere un bene di scambio in mano dei trafficanti di persone. Se non ci prendiamo cura dei bambini, il popolo non ha futuro”.

Ed infine ha proposto una riflessione sulla necessità di ‘fermare’ il crimine organizzato: “Voi avete l’obbligo di evitare la propagazione dell’odio. Anche l’obbligo che le reti vengano disseminate per la ludopatia o per promuovere crimine organizzato. Dobbiamo per favore qualche cosa. Ed iniziate a pagare le tasse, è importante. Nessuno resti tagliato fuori ed a nessuno vengano negati i beni basici della sussistenza”.

Inoltre con una lettera ai cardinali del Collegio cardinalizio il papa ha chiesto ‘uno sforzo ulteriore’ per impiantare la riforma economica della Santa Sede: “Per queste ragioni, è doveroso ora uno sforzo ulteriore da parte di tutti affinché un ‘deficit zero’ non sia solo un obiettivo teorico, ma una meta effettivamente realizzabile.

La riforma ha posto le basi per l’attuazione di politiche etiche che consentano di migliorare il rendimento economico del patrimonio esistente. A ciò si accompagna l’esigenza che ciascuna Istituzione si adoperi per reperire risorse esterne per la propria missione, facendosi esempio di una gestione trasparente e responsabile al servizio della Chiesa”.

L’obiettivo può essere raggiunto con le riforme già richieste e messe in atto: “Gli anni trascorsi hanno dimostrato che le richieste di riforma sollecitate nel passato da tanti esponenti nel Collegio Cardinalizio sono state lungimiranti e hanno permesso di acquisire una maggiore coscienza del fatto che le risorse economiche al servizio della missione sono limitate e vanno gestite con rigore e serietà perché gli sforzi di quanti hanno contribuito al patrimonio della Santa Sede non siano dispersi”.

Insomma il papa ha chiesto essenzialità e concretezza come è in uso nelle famiglie: “Sul versante della riduzione dei costi, occorre dare un esempio concreto affinché il nostro servizio sia realizzato con spirito di essenzialità, evitando il superfluo e selezionando bene le nostre priorità, favorendo la collaborazione reciproca e le sinergie. Dobbiamo essere consapevoli che oggi siamo di fronte a decisioni strategiche da assumere con grande responsabilità, perché siamo chiamati a garantire il futuro della missione”.

Per questo è necessario ‘solidarietà’ tra uffici: “Le Istituzioni della Santa Sede hanno molto da imparare dalla solidarietà delle buone famiglie. Così come in queste famiglie coloro che godono di una buona situazione economica vengono in aiuto dei membri più bisognosi, gli Enti che registrano un avanzo dovrebbero contribuire a coprire il deficit generale. Questo significa avere cura del bene della nostra comunità, agendo con generosità, nel senso evangelico del termine, come presupposto indispensabile per chiedere generosità anche all’esterno”.

(Foto: Santa Sede)

Il Principe Alberto II di Monaco ai giovani di Rondine Cittadella della Pace: Voi siete i leader di domani

E’ stato il primo Sovrano a percorrere la salita delle bandiere della Cittadella della Pace ed a stringere la mano ai futuri leader di pace che qui si formano, studiano e convivono per superare l’odio che divide i loro popoli. Il Principe Alberto II di Monaco rimarrà nella storia di Rondine per questo primato ma sarà la sua gentilezza e curiosità a rimanere impressa nella memoria collettiva:

“Sono profondamente colpito dall’unicità di Rondine e dal suo approccio creativo come strumento per sostenere la trasformazione dei conflitti su scala globale… Voglio lodare Rondine per le sue eccezionali iniziative e il suo impegno, qui in Italia e a favore della pace nel mondo. Attraverso il suo programma principale, la ‘World House’, Rondine contribuisce a abbattere barriere, pregiudizi e incomprensioni. Accogliamo con favore tutte le iniziative che promuovono una cultura di tolleranza, dialogo, fiducia, riconciliazione e pace duratura. Monaco è fermamente impegnato a favore della pace, dello sviluppo sostenibile per tutti e del rispetto dei diritti umani in tutti i paesi”.

Il presidente di ‘Rondine’, Franco Vaccari, ha ringraziato il principe di Monaco per la visita: “Rondine ringrazia per il grande onore ricevuto dal Principe Alberto II di Monaco perché, nonostante abbia già ricevuto le visite dei Capi di Governo, è la prima volta che riceve la visita di un Capo di Stato è il frutto anche di una collaborazione generosa con la comunità monegasca e il Principato.

La ‘Coopération monégasque au développement’ sostiene i giovani di Rondine da alcuni anni. Speriamo che questa visita possa rafforzare i legami di collaborazione di amicizia col Principato e speriamo che Sua Altezza abbia aperto una strada per tanti giovani, anche del Principato, che possano venire qui a studiare: sia ai giovani dei licei sia ai giovani dell’università per fare la formazione con il Metodo Rondine che oggi con la sua presenza riceve il conforto e un grande nuovo riconoscimento”.

All’arrivo nel borgo toscano, Sua Altezza, accompagnato da Anne Eastwood, Ambasciatrice di Monaco a Roma assieme al Console Onorario del Principato di Monaco a Firenze, Alessandro Antonio Giusti, è stato accolto dal Presidente Franco Vaccari e da una delegazione di Rondine per i saluti Istituzionali. Poi la passeggiata attraverso i luoghi simbolo che raccontano la storia e valori della Cittadella.

 Dal Monumento delle rondini che ne racconta le radici spirituali e culturali, fondate sui massi di La Verna, Camaldoli e dell’Arno, fino all’Arena di Janine, luogo dell’ultima testimonianza pubblica di Liliana Segre, passando per il Castello medievale che tiene traccia di un passato ‘fortificato’ e oggi rovesciato da quei giovani ‘nemici’ che arrivano da luoghi di guerra di tutto il mondo per cambiare la storia, partendo da sé stessi.

Proprio a loro, i giovani della World House, era rivolto il discorso del Principe Aberto II, insieme ai fratelli minori del Quarto Anno Rondine, studenti di tutta Italia che hanno scelto di frequentante un anno di scuola internazionale e interculturale alla Cittadella della Pace per imparare a trasformare i conflitti in modo creativo attraverso il Metodo Rondine, perché come ha raccontato Adeline, studentessa Kosovara che ha dato il benvenuto a nome di tutti i giovani della Cittadella:

“Rondine non è solo un posto dove si parla di pace,  ma è dove la viviamo ogni giorno. E non è facile ma attraverso il semplice atto di vivere insieme condividendo pasti, risate, abbracci, silenzi e persino scuse iniziamo a guarire”.

Le sue parole hanno condotto i partecipanti nel dramma della guerra ma anche nella fatica quotidiana che a Rondine trasforma quel dolore in futuro: “Quando ero piccola, lasciavo la stanza ogni volta che si parlava di guerre. Non volevo ascoltare, il dolore, la paura e i ricordi erano troppo pesanti. Ma qui a Rondine, ho imparato che non possiamo capire veramente noi stessi o gli altri senza affrontare quelle storie. Questo posto mi ha insegnato ad ascoltare, non solo la mia storia, ma anche quelle degli altri, anche di quelli che ci insegnano a vedere come nemici”.

Al suo fianco Georges Théodore Dougnon, ex studente maliano di Rondine, vicepresidente di ‘Rondine International Peace Lab’, il network internazionale degli alunni di Rondine. “Come tutti voi, mi chiedo: cosa posso fare? E chiedo a Vostra Altezza: Come può aiutarci a trasmettere ai leader globali che non vogliamo la guerra, che noi, giovani leader, cerchiamo di essere ascoltati? Guardiamo a voi, ai nostri leader e fonti di ispirazione, affinché serviate con noi la causa della pace. Mi permetto di ripetere una frase del mio sogno di pace: ‘Sostituiamo le armi con la zappa e coltiviamo la pace”.

Proprio dal suo impegno e da quello di altri ex studenti è nato il progetto Educ4Peace, per dare una seconda possibilità a decine di giovani e bambini che avevano abbandonato la scuola a causa della crisi, dare loro accesso all’istruzione, e l’opportunità di un futuro diverso:

“Oggi sono orgoglioso di amplificare le voci di questi bambini, giovani e donne. Vivono con poche risorse in aree devastate dalla guerra, e continuerò a difendere le loro voci ogni volta che sarà necessario” ha affermato Georges auspicando infine che Sua Altezza possa continuare “a sostenere quei giovani che, dopo questa meravigliosa esperienza, quella che io chiamo la scuola della vita, tornano nei loro paesi. Hanno bisogno del suo continuo sostegno affinché Rondine possa aiutarli a fare la differenza nelle loro comunità”.

Grande l’apprezzamento del Principe Alberto II per i giovani di Rondine che ha affermato: “Voi siete i leader di domani. Nella vostra diversità, con i vostri background, attraverso tutte le iniziative già implementate o che saranno intraprese, rappresentate il futuro. Siamo ispirati dalla vostra energia e dalle soluzioni innovative che portate avanti. È vitale che il mondo di domani dia potere alle sue giovani e future generazioni”.

Il Sovrano ha inoltre ricordato la lunga collaborazione tra Rondine e il Principato: “Dal momento in cui è iniziata la sua collaborazione con Rondine nel 2015, Monaco ha contribuito a varie iniziative e ha sostenuto tre studenti della ‘World House’ inoltre è diventato anche il terzo paese l’anno scorso ad aderire all’appello ‘Leaders for Peace’ lanciato dagli studenti di Rondine presso le Nazioni Unite, co-sponsorizzando l’importante evento che ha avuto luogo lo scorso dicembre a New York per promuovere ulteriormente il Metodo Rondine.

Vorrei congratularmi con il Presidente Vaccari per l’approccio originale che è riuscito a realizzare, così come per il crescente riconoscimento che sta ricevendo e l’ispirazione che genera. Lodo tutti voi qui presenti, per il vostro impegno ad essere messaggeri di pace, amicizia e unità globale”. Non è mancato un dono per il Principe consegnato dagli studenti, realizzato grazie al prezioso lavoro di artigiani aretini, coordinati da Francesco Conti, maestro scultore e custode dell’antica arte.

Infine il pranzo con le autorità del territorio e gli amici della comunità monegasca a partire dagli Ambassador e un ristretto gruppo dei sostenitori storici della Cittadella. Dalla Famiglia Spinetta (Giuseppe, Ritalba ed Emanuela Spinetta) alla famiglia Negrini. Tra le autorità presenti, il vescovo Migliavacca, il governatore della Toscana Eugenio Giani, il sindaco di Arezzo Ghinelli, il prefetto De Luca, una rappresentanza della Provincia, il questore Di Lorenzo e il comandante dei Carabinieri Rubertà. Accompagnati dai loro docenti, inoltre, gli studenti dell’Istituto Alberghiero Santa Marta di Pesaro, rappresentanti delle Sezioni Rondine hanno curato il pranzo per il Principe e offerto il loro servizio.

(Foto: Rondine Cittadella della Pace)

Il Principe Alberto II di Monaco in visita a La Verna ed a Rondine Cittadella della Pace

). Si avvicina l’attesa visita di S.A.S. il Principe Alberto II di Monaco alla Cittadella della Pace di Rondine e al Santuario de La Verna. Nel pomeriggio di sabato 14 settembre, alla vigilia della festa delle Stimmate di san Francesco nell’anno centenario, il Sovrano sarà accolto al suo arrivo dal Padre Guardiano Fra Guido Fineschi. La visita consisterà in un tour del Santuario e dell’Archivio storico che custodisce la documentazione del passaggio in questi luoghi della Principessa Grace nel 1968 insieme alla figlia Caroline, allora undicenne, al termine del campeggio estivo nel Casentino.

Domenica 15 settembre dalle ore 10.00 giungerà poi a Rondine per l’incontro con i giovani della World House, promotori della campagna Leaders for Peace, che ha visto il Principato di Monaco tra i sostenitori.

Il Sovrano sarà accompagnato da Anne Eastwood, Ambasciatrice di Monaco a Roma assieme al Console Onorario del Principato di Monaco a Firenze, Alessandro Antonio Giusti e accolto dal Presidente di Rondine, Franco Vaccari e da una delegazione dell’associazione visiterà il borgo attraverso alcune tappe simboliche: dal Monumento delle rondini che racconta le radici spirituali e culturali della Cittadella fondate sui massi di La Verna, Camaldoli e dell’Arno, fino all’Arena di Janine, al Centro di Formazione e la parte alta con la Chiesa e le residenze dello Studentato internazionale.


Dalle ore 11.20 l’incontro di con i giovani futuri leader e gli studenti delle scuole. A dare il benvenuto a Sua Altezza Serenissima a nome dello Studentato Internazionale Adeline, studentessa kosovara di Rondine e Georges Théodore Dougnon, ex studente maliano di Rondine che nel suo paese ha sviluppato un progetto per educazione alla pace e per evitare la dispersione scolastica.

Sarà quindi il Principe Alberto a tenere un intervento sul tema della costruzione della pace di fronte ai giovani che arrivano a Rondine da tutto il mondo per formarsi come leader e impegnarsi su scala globale nella riduzione dei conflitti armati e nella promozione della pace.

Con la sottoscrizione della campagna Leaders for Peace, lanciata alle Nazioni Unite di New York nel 2018, anche il Principato si è impegnato nel sostegno alla formazione di nuovi leader globali in grado di intervenire nei principali contesti di guerra del mondo, per promuovere lo sviluppo di relazioni sociali e politiche pacificate.

Un aspetto da sempre fortemente attenzionato dalle istituzioni monegasche, anche tramite la Coopération monégasque au développement, e che ha portato al riconoscimento del valore del Metodo Rondine per la trasformazione creativa dei conflitti in particolare nei sistemi d’istruzione nazionali e laddove il conflitto costituisce un ostacolo allo sviluppo umano integrale e ai diritti umani universali.

Save the Children: in Italia scuole ‘diseguali’

In Italia solo 2 bambini su 5 della scuola primaria hanno accesso al tempo pieno, mentre meno della metà degli alunni della primaria e secondaria può utilizzare una palestra o una mensa. Sembra che il nuovo anno scolastico non riparta con il piede giusto, al contrario, è segnato dalla mancanza di servizi educativi.

In occasione della riapertura delle scuole, l’ong ‘Save the Children’ pubblica il rapporto ‘Scuole disuguali. Gli interventi del PNRR su mense, tempo pieno e palestre’, che mostra le disuguaglianze territoriali nell’offerta di spazi e servizi educativi nella scuola italiana: mensa, tempo pieno, palestre sono i temi affrontati nel report, insieme ad un’analisi degli investimenti PNRR, da cui emerge il rischio che molte province, con famiglie in condizioni socioeconomiche di svantaggio, continuino a rimanere indietro:

“Quindi la scuola rappresenta uno spazio essenziale in cui dare a bambini, bambine e adolescenti uguali opportunità di crescita, contrastando la povertà educativa. I servizi e le strutture scolastiche, come il tempo pieno, la mensa e le palestre, sono importanti per ridurre la dispersione scolastica. Offrono a bambini e ragazzi la possibilità di partecipare a attività educative, ricreative, culturali e sportive, migliorando così il loro apprendimento”.

Il Rapporto approfondisce le diseguaglianze territoriali nell’offerta di spazi e servizi educativi a scuola (dalla mensa al tempo pieno e alle palestre) e analizza, attraverso un confronto puntuale della distribuzione delle risorse a livello provinciale, se e in quale misura gli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) già avviati possano contribuire a ridurre i divari esistenti.

Dall’analisi di Save the Children su alcuni degli interventi relativi alla ‘Missione Istruzione’ finanziati dal PNRR e già avviati, emerge una distribuzione disomogenea delle risorse tra le province più svantaggiate e la necessità di integrare le risorse del PNRR con altri investimenti per garantire livelli essenziali delle prestazioni per l’accesso alle mense scolastiche, e così al tempo pieno, nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, nonché la presenza di palestre scolastiche su tutto il territorio nazionale, a partire dalle aree dell’Italia dove la scuola rappresenta spesso l’unica opportunità per bambini, bambine e adolescenti di praticare attività sportiva.

Dall’analisi svolta da Save the Children sui 975 interventi del PNRR (presenti sulla piattaforma ReGIS a giugno 2024) avviati per ampliare l’offerta di mense scolastiche, emerge che alle regioni del Sud e Isole è stato destinato il 38,1% delle risorse, sebbene queste risorse finanzino circa il 50% del totale dei progetti. Dall’analisi provinciale dei fondi del PNRR investiti sino ad oggi, si rileva che queste risorse, senz’altro utili per ampliare l’offerta complessiva, stanno producendo un impatto disomogeneo nella riduzione delle disuguaglianze territoriali:

“Le 6 province dove gli studenti che usufruiscono della mensa sono meno del 10% (Agrigento, Foggia, Catania, Palermo, Siracusa e Ragusa) hanno ricevuto finanziamenti per 49 interventi di costruzione, ristrutturazione o riqualificazione di spazi mensa per un valore di circa € 21.500.000, pari a 2,1 progetti ogni 10.000 studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado.

Di contro, le sei province con le più alte percentuali di alunni che usufruiscono del servizio mensa a livello nazionale (oltre il 65%), ovvero Trento, Biella, Monza e della Brianza, Verbano-Cusio-Ossola, Udine e Milano, hanno ricevuto 30 milioni di euro per 34 progetti, pari a 1,8 progetti ogni 10.000 studenti”.

Nelle province più svantaggiate per l’offerta del servizio mensa e del tempo pieno si concentra anche la percentuale più alta di studenti provenienti da famiglie con un livello socioeconomico basso: sono il 26,4% nelle province dove meno del 10% degli studenti usufruisce della mensa (contro il 17,2% di quelle dove oltre il 65% degli alunni accede alla mensa).

Dall’analisi di Save the Children emerge, anche, che anche tra le stesse province più svantaggiate la distribuzione delle risorse per l’accesso al servizio mensa è disomogenea: “Ad esempio, Palermo ha ricevuto circa € 2.000.000 per la realizzazione di 6 interventi; mentre Foggia, dove gli studenti che usufruiscono del servizio mensa è simile (8,7% contro il 6,7% di Palermo), ha ricevuto quasi € 6.500.000 per 18 interventi.

Ed ancora: le province di Lecce e Napoli, che registrano percentuali di accesso al servizio di refezione praticamente uguali (12,4% e 12,5%), hanno ricevuto la stessa quantità di fondi (circa € 13.000.000), ma a Lecce sono stati avviati più di 5 interventi ogni 10.000 studenti, mentre a Napoli soltanto uno ogni 10.000 studenti.

Proprio per raggiungere le aree meno coperte dai servizi, recentemente il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha disposto un avviso pubblico rivolto agli enti locali per la costruzione e ristrutturazione di spazi adibiti a mense scolastiche, con uno stanziamento di ulteriori € 515.400.000:

“La mensa scolastica è fondamentale per garantire a studentesse e studenti, soprattutto quelli in condizioni di maggior bisogno, il consumo di almeno un pasto sano ed equilibrato al giorno. E’, inoltre, un servizio essenziale nell’ottica di incentivare l’estensione del tempo pieno e quindi di potenziare l’offerta formativa, con benefici sia per i ragazzi, sia per le famiglie con effetti positivi in particolare per l’occupazione femminile”.

Eppure solo due alunni della scuola primaria su cinque beneficiano del tempo pieno con le percentuali più basse in Molise (9,4%), Sicilia (11,1%) e Puglia (18,4%), le più alte nel Lazio (58,4%), in Toscana (55,5%) e in Lombardia (55,1%) e solo poco più di un quarto delle scuole (il 28,1% delle classi della primaria e secondaria di primo grado) offrono il tempo prolungato:

“Sono ancora troppo pochi i bambini, le bambine e gli adolescenti che ne usufruiscono e con forti discontinuità territoriali che rischiano di penalizzare intere aree del Paese, in particolare nel Mezzogiorno.

La maggior parte delle province dove la percentuale di classi a tempo pieno o prolungato è inferiore al 10% si trova nelle regioni del Sud e nelle Isole: Ragusa, Catania, Palermo, Siracusa, Campobasso, Isernia. In molti casi si tratta delle stesse province dove minore è anche l’offerta del servizio di refezione e, come per le mense, dove la percentuale di alunni che provengono da famiglie con livelli socioeconomici bassi è particolarmente elevata. Invece, le province del Centro e del Nord mostrano percentuali di offerta superiori alla media nazionale e, in alcuni casi, come la Provincia Autonoma di Trento, Milano e Monza e della Brianza, superiori al 65%”.

Anche la possibilità di praticare attività sportiva a scuola in una palestra rappresenta una grande opportunità per la crescita di bambine, bambini e adolescenti. Ma, ad oggi, meno della metà (il 46,4%) delle scuole statali primarie e secondarie hanno una palestra. Dall’analisi di Save the Children sui 433 interventi del PNRR registrati sul ReGIS per costruire o riqualificare le palestre a scuola emerge che il 62,8% è stato avviato nelle regioni del Sud e Isole, a cui sono stati destinati il 52,7% dei fondi complessivi, come ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice della ricerca di ‘Save the Children Italia’:

“Il problema che abbiamo davanti come Paese non è solo riuscire a garantire la tabella di marcia della spesa, ma fare in modo che le risorse del PNRR raggiungano effettivamente i territori dove i bambini e le bambine scontano le maggiori difficoltà nel percorso educativo. Il PNRR rappresenta un’occasione unica per superare le disuguaglianze di offerta educativa tra nord e sud, tra centri urbani e aree interne. Ma dall’analisi della distribuzione delle risorse e degli interventi ad oggi avviati, l’obiettivo di riequilibrio sembra raggiunto solo parzialmente.

E’ un campanello di allarme che deve spingere a realizzare al più presto un’analisi di impatto sulla povertà educativa di tutti gli investimenti della missione 4 del PNRR, dedicati all’istruzione, in corso ed in programma. Nei territori più svantaggiati, è necessario integrare le risorse del PNRR con altri fondi disponibili, per garantire un’offerta di servizi educativi a tutti i minori.

Allo stesso tempo, giunti a questa fase del percorso, le istituzioni tutte, per i diversi livelli di responsabilità, devono attrezzarsi per garantire la copertura dei costi di funzionamento dei nuovi servizi in via di attivazione grazie al PNRR (le mense così come gli asili nido) senza che l’aggravio di spesa corrente vada a ricadere solo sui comuni più virtuosi o sulle famiglie, e senza correre il rischio che i nuovi spazi, una volta pronti, restino chiusi per mancanza di risorse umane ed economiche, come purtroppo già tante volte è accaduto in passato”.

#BullismoOut: un nuovo romanzo sull’amicizia per i giovanissimi

Cercate un libro da proporre ai giovanissimi su amicizia, rispetto di sé, accettazione del proprio corpo e integrazione all’interno di un gruppo? Forse ne abbiamo uno che fa al caso vostro, che siate genitori, insegnanti, educatori. E’ settembre. Lucia si ritrova improvvisamente in una nuova scuola, dove dovrà frequentare la seconda media. Il mondo sembra crollare sulle sue spalle. Perché deve lasciare le sue amiche, le sue abitudini, la sua classe di sempre? La madre ha deciso per lei questo cambiamento e, perciò, è molto arrabbiata. Perché non può scegliere da sola della sua vita?

Inizia così il romanzo, pensato per un pubblico di preadolescenti (dai 9 ai 13 anni), dal titolo ‘CambiaMenti. Bullismo out’ (Cecilia Galatolo, Mimep Docete), dove viene raccontata una storia che farà sorridere e commuovere al tempo stesso i nostri giovanissimi lettori. La protagonista, che non sa apprezzarsi, soprattutto perché non le piace il suo aspetto fisico, finirà per chiudersi in sé stessa, per mostrarsi fragile e insicura, e diverrà vittima di Micheal, il bullo della classe. Lui non perderà occasione per denigrarla e farla sentire ancora più sbagliata.

Anche Micheal porta dentro una grande sofferenza (si scoprirà solo poi), è incattivito, non cattivo, ma le sue parole sono come lame taglienti e Lucia sente di non farcela più. A chi chiedere aiuto? Se solo smettesse di vergognarsi, di credere che sia colpa sua e imparasse a confidarsi con un adulto…

Una notte, stanca di vivere così, di sentirsi sola, senza amicizie, presa di mira e spaesata, si ritrova a pregare davanti al presepe, realizzato in casa dal padre. Si rivolge a Gesù bambino, come ad un amico.

Piano piano, passate le vacanze di Natale, le cose prenderanno una piega diversa. Nicola e Viola saranno due personaggi chiave, terapeutici per lei. Con loro la vita diventa di nuovo meravigliosa e ricca di sorprese. Il libro tratta uno dei problemi che affliggono il mondo giovanile oggi: l’eccessiva aggressività di alcuni ragazzi che può sfociare anche nel bullismo. Attraverso le esperienze di una ragazzina, quasi in forma di diario, descrive il percorso proposto ai ragazzi per contrastare ogni forma di violenza e accrescere la coscienza del valore di sé e dei buoni rapporti di amicizia.

Si crea così una ‘rete’ di relazioni che tende a limitare i caratteri violenti e le espressioni aggressive.
si cerca di offrire, con realismo, una descrizione puntuale della situazione giovanile attraversata da tensioni nei rapporti tra i ragazzi ma anche da solide amicizie che offrono una via di uscita. Le buone relazioni prevarranno su tutti gli sbandamenti. Il punto di forza del libro è che parla nel linguaggio dei giovani ai giovani stessi.

Il messaggio principale è che ognuno di noi è unico e prezioso e che nessuno è condannato in eterno alla solitudine: esistono per tutti altri cuori che battono all’unisono con il proprio, basta solo desiderarli e cercarli. Gli amici sono un dono: per trovarli, però, bisogna aprirsi. Il libro vuol insegnare questo: che puoi trovare un amico se impari tu stesso, per primo, a farti amico.

Al Meeting di Rimini l’Intelligenza Artificiale è ricerca dell’essenziale?

Al Meeting dell’Amicizia tra i popoli, in svolgimento alla fiera di Rimini è andata in scena l’Intelligenza Artificiale con p. Paolo Benanti, docente all’Università Gregoriana di Roma, consigliere di papa Francesco sui temi dell’intelligenza artificiale e dell’etica della tecnologia e membro del Board Onu sull’ Intelligenza Artificiale e presidente della Commissione per l’Intelligenza Artificiale; dott. Luca Tagliaretti, direttore esecutivo del Centro europeo di competenza sulla cyber-sicurezza ed il prof. Mario Rasetti, presidente del Board scientifico di Centai, che hanno dibattuto sul tema ‘L’essenza dell’intelligenza artificiale. Strumento o limite per la libertà?’

Il ‘succo’ dell’incontro è stato il fatto che l’invenzione del transistor ha trasformato l’informatica da strumento di potere in mano a pochi ad innovazione diffusa, come ha sintetizzato il prof. Paolo Benanti, in quanto ‘sono stati inseriti elementi computazionali in qualsiasi aspetto della nostra vita’: “Se la realtà è definita dal software e noi possediamo il bene ma del software abbiamo solo una licenza a chi va usus, abusus e fructus del prodotto?”.

L’ultima innovazione in campo automotive, per esempio, “ha trasformato l’automobile in un oggetto definito dal software. Non si tratta più di acquistare l’oggetto macchina ma di pagare un canone che sblocca via software le funzioni volute. Rendersi conto di questo salto nella realtà definita dal software più che dalla materia ci serve per capire le sfide che viviamo. Di fatto oggi acquistiamo un bene ma abbiamo solo in licenza il software che lo rende fungibile. Nel diritto romano, la proprietà era definita come il pieno godimento assoluto di un oggetto o di un’entità corporea. A questi erano associati diversi elementi.

L’usus era il diritto che il possessore aveva di fare uso dell’oggetto secondo la sua destinazione o natura, il fructus era il diritto di ricevere i frutti, cioè lo sfruttamento economico e si riferisce ai frutti che possono essere raccolti periodicamente senza alterare la sostanza del bene stesso, l’abusus era, invece, il diritto di disposizione basato sul potere di modificare, vendere o distruggere l’oggetto o l’entità data”.

Con la ‘softwarizzazione pervasiva’, si rischia di ‘perderci il fructus’. “La realtà inizia ad essere definita sempre di più dal software e cambiano le catene del potere. Per questo, dobbiamo capire come fare a democratizzare il potere computazionale”.

Quindi la rivoluzione si chiama Intelligenza Artificiale, iniziata 15 anni fa ma solo adesso è da tutti riconoscibile grazie a Chapt Gpt; quindi l’Intelligenza Artificiale può cambiare il mondo ed in questa delicata fase l’uomo contemporaneo giocherà solo sulla difensiva o cercherà i fattori di crescita e sviluppo che l’IA porta con sé?, ha domandato p. Benanti: “E’ necessario costruire guard rail che impediscano alle macchine di finire fuori strada. Noi siamo la generazione che deve assumersi questa responsabilità…. Il 75% dell’umanità utilizza le ‘macchine’ programmate ma solo 27.000.000 sono in grado di parlare il loro linguaggio. Ciò significa che il 99% della popolazione è analfabeta”.

Quindi il problema è educativo: “Siamo di fronte a una questione educativa, di libertà e democrazia. E’ giusto inchinarsi allo 0,35% di ‘nuovi sacerdoti della nuova religione’, quella per la quale la realtà è definita dal software? Occorre democratizzare il potere computazionale. In gioco non c’è solo la tecnologia ma dunque la vita delle persone”.

D’accordo con p. Benanti è stato anche il prof. Mario Rasetti, che ha sottolineato che l’Intelligenza Artificiale è inevitabile: “L’Intelligenza Artificiale non è una bolla ma un processo da controllare, se vogliamo conservare i tratti caratteristici dell’umano, sapendo che il cervello umano è la macchina più strabiliante dell’universo”.

Però sull’uso dei dispositivi digitali da parte degli adolescenti occorre essere vigilanti, ha sottolineato lo psicoterapeuta Alberto Pellai, durante l’incontro ‘Social ed Intelligenza Artificiale: non serve lo schermo per crescere smart’, intervenuto con il prof. Luca Botturi, docente della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI):

“Uno smartphone in mano ad un bambino è come un go kart in autostrada… La vita online dei ragazzi è un contesto che spesso riserva sorprese ai genitori. Dentro all’alleanza educativa, che coinvolge scuola e famiglia, vanno analizzate funzioni e caratteristiche specifiche di strumenti e piattaforme. Per esempio, il mondo online è basato sull’attivazione dopaminergica: genera dipendenza e frammentazione dell’attenzione, viene meno il sonno e, tra l’altro,  i nostri figli dormono, grazie al digitale, due ore in meno a settimana rispetto a prima”.

Quindi per il prof. Luca Botturi è necessaria fornire ai ragazzi un’educazione al’uso digitale: “Non è l’iperconnessione dei ragazzi che sviluppa competenze digitali, ma una giusta formazione all’uso della tecnologia, perché lo sviluppo dei ragazzi ha bisogno di processi di elaborazione lenta”.

E sul tema educativo la Compagnia delle Opere ha sviluppato il  tema dell’uso dell’Intelligenza Artificiale nella scuola, ‘L’intelligenza artificiale va a scuola?’, organizzato in collaborazione con DiSAL (Dirigenti scuole autonome e libere), Diesse (Didattica e innovazione scolastica) e l’associazione ‘Il rischio educativo’ con gli interventi del prof. Emanuele Frontoni, docente di informatica nell’Università di Macerata e co-director ‘Vrai’ (Vision Robotics & Artificial Intelligence Lab) e del prof. Pier Cesare Rivoltella, docente di didattica e tecnologie dell’educazione all’Università di Bologna, fondatore e presidente della Sirem (Società italiana di ricerca sull’educazione mediale):

“L’intelligenza artificiale è uno dei nuovi (relativamente nuovi, a dire il vero, visto che il termine è stato coniato da McCarthy nel 1954 ormai 70 anni fa!) modi con cui entriamo nel mondo digitale e dobbiamo ricordarci che è un prodotto del lavoro dell’uomo nel campo dell’informatica, per poter acquisire dati e produrre elaborazioni sfruttando potenze di calcolo inimmaginabili fino a 15/20 anni fa. Ma un prodotto che resta senza una sua reale (e spesso temuta) autonomia”.

I relatori hanno evidenziato che al centro della scuola c’è la relazione discente-docente, ponendo alcune domande fondamentali: “L’Intelligenza Artificiale può aiutare tale relazione? Può anzi contribuire a creare un clima collaborativo di comprensione e costruzione del senso degli oggetti di studio e della realtà che ci circonda?”

A tali domande occorre fornire il giusto spazio allo sviluppo delle competenze disciplinari ed interdisciplinari: “L’avvento dell’intelligenza artificiale rompe (forse) definitivamente l’immagine di una scuola che si realizza in un metodo trasmissivo e unidirezionale. Che senso ha chiedere informazioni e informazioni fini a sé stesse in un rigido nozionismo di fronte alla possibilità di ottenere quelle stesse informazioni con un mirato prompt a ChatGpt o a Gemini? La strada per arrivare a quelle informazioni, i passi per costruire qualcosa di nuovo ed originale devono diventare l’assetto nuovo dell’impegno di studenti e docenti a scuola”.

(Tratto da Aci Stampa)

Giro dell’Italia che Dona 2024: ad Aosta il 4 ottobre per conoscere tutti i vincitori

L’Italia del Dono si dà appuntamento quest’anno per la prima volta in Valle d’Aosta per la più grande festa del dono d’Italia realizzata dall’Istituto Italiano della Donazione (IID) in collaborazione con il CSV VDA ODV – Coordinamento Solidarietà Valle d’Aosta, che proprio quest’anno festeggia i suoi primi 25 anni.

Sarà Aosta, il prossimo 4 ottobre, il teatro delle premiazioni dei diversi contest per festeggiare il mese del dono, ottobre 2024: studenti pronti a raccontare la propria idea di dono, Enti del Terzo Settore del territorio, Comuni, Imprese virtuose e Cittadini. Il Giorno del Dono, arrivato alla sua 10^edizione e forte di una partecipazione corale nazionale in continua crescita, invita tutti a partecipare all’edizione 2024 che colorerà tutto lo stivale con elaborati artistici e iniziative dal 1° settembre al 31 ottobre.

Numerose le iscrizioni già arrivate per il prossimo Giorno del Dono promosso da IID, festa del dono e della donazione prevista per legge il 4 ottobre di ogni anno. Torna infatti l’appuntamento più amato da chi vuole costruire una cultura del dono concreta e condivisa: apre ufficialmente il cantiere #DonoDay2024, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, il Ministero della Giustizia – Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità e ANCI, per disegnare la mappa del Giro dell’Italia che Dona 10^ edizione.

Per la prima volta BPER Banca sostiene la decima edizione del Giorno del Dono contribuendo alla realizzazione dell’Osservatorio sul dono, fonte di riferimento per la cultura e la pratica del dono in Italia. “La nostra Banca sostiene con convinzione questo studio perché è un’importante occasione di promozione del valore della solidarietà – commenta Daniele Pedrazzi, Responsabile di BPER Bene Comune -. Oltre al sostegno a questa iniziativa, BPER partecipa a eventi e progetti che favoriscono l’inclusione e il benessere della comunità. Mette a disposizione, inoltre, competenze, servizi e soluzioni finanziarie per il Terzo Settore e la Pubblica Amministrazione, attraverso la divisione BPER Bene Comune, costituita di recente per costruire valore economico e sociale per la comunità”.

Ricchissimo il parterre di patrocini e partner dell’iniziativa già confermati: oltre al sostegno di BPER Banca e Fondazione CRC ricordiamo i partner tecnici che quest’anno regaleranno i premi ai vincitori dei contest: Esse Due S.a.s. che, come da tradizione, donerà supporti tecnologici per la didattica e F.I.L.A. – Fabbrica Italiana Lapis ed Affini – l’azienda icona della creatività italiana nel mondo con i suoi prodotti per colorare, disegnare, dipingere, scrivere e modellare (con brand come GIOTTO, GIOTTO be-bè, Didò, Tratto e le carte Canson) – che donerà kit di materiali creativi alle scuole vincitrici del contest.

Quest’anno Rai rafforza il suo sostegno al Giorno del Dono: alla riconfermata concessione del Patrocinio di Rai Per la Sostenibilità ESG si affianca l’autorizzazione della Media partnership Rai.

Inoltre, dal 22 settembre al 15 ottobre, non solo Rai ma anche Mediaset, La7 e, per la prima volta Discovery+ trasmetteranno gratuitamente lo spot “Donare rende felici” dedicato al Giorno del Dono.

Commenta Ivan Nissoli, neo presidente IID: “Il Giorno del Dono nasce per dare meritata visibilità alle iniziative sul territorio che restituiscono l’immagine di un’Italia viva, sensibile, intelligente: Scuole, Comuni, Associazioni, Imprese, Cittadini, Mezzi d’informazione e Servizi Minorili della Giustizia insieme per formare la mappa dell’Italia che dona, un Paese capace di reagire alle difficoltà facendo della gratuità la propria bandiera. Ad oggi circa 100 Scuole e più di 30 Servizi minorili hanno già aderito, ora lo stesso invito viene rivolto a tutti: grazie infatti alla piattaforma www.giornodeldono.org tutti possono candidare le proprie iniziative per festeggiare insieme il mese del dono, ottobre 2024”.   

Anche quest’anno il Giro prevede una partecipazione corale: tutti possono organizzare una o più iniziative dal 1° settembre al 31 ottobre, partecipando così ai contest #DonareMiDona disponibili sul sito www.giornodeldono.org. In settembre tutti potranno cercare l’iniziativa più vicina nella mappa del Giro dell’Italia che Dona e votarla sempre sulla piattaforma www.giornodeldono.org; i vincitori dei diversi contest verranno premiati nel corso delle celebrazioni del Giorno del Dono che si terranno ad Aosta il prossimo 4 ottobre nella più grande festa del dono d’Italia realizzata in collaborazione con il CSV VDA ODV – Coordinamento Solidarietà Valle d’Aosta.

Non si esauriscono qui le possibilità di prendere parte a #DonoDay2024: per tutte le categorie si può optare per l’adesione morale, dichiarando così di sottoscrivere i valori del Giorno del Dono e divenendo testimonial dell’iniziativa.

Il calendario degli appuntamenti si intensificherà in settembre/ottobre con gli eventi targati IID e non solo, ecco quelli già programmati: il 26 settembre a Milano l’evento in collaborazione con BPER Banca, il 29 settembre a Courmayeur presso Skyway Monte Bianco l’evento Montagna e Solidarietà, il 2 ottobre la Presentazione del 7° rapporto sul dono ‘Noi Doniamo’ con focus Piemonte e Valle d’Aosta al Forte di Bard, il 4 ottobre l’evento Giorno del Dono: Valle d’Aosta Capitale del Dono 2024 presso il Teatro Giacosa e in Piazza Chanoux ad Aosta e venerdì 18 ottobre a Cuneo l’evento ll dono, forza creativa e narrativa in collaborazione con la Fondazione CRC che sostiene il Giorno del Dono.

Tutte le informazioni su #DonoDay2024 e sui contest promossi da IID in occasione del Giorno del Dono sono disponibili su www.giornodeldono.org e www.istitutoitalianodonazione.it.

Il ruolo della scuola cattolica nel cammino sinodale della Chiesa cattolica in Italia

“Le Linee Guida per la fase sapienziale del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia invitano a ricercare le ‘condizioni di possibilità’ per una conversione pastorale e missionaria delle nostre Chiese, focalizzandosi non su che cosa il mondo deve cambiare per avvicinarsi alla Chiesa, ma su come la Chiesa debba cambiare per favorire l’incontro del Vangelo con il mondo… Il ‘camminare insieme’, infatti, sta sempre più caratterizzando la vita delle scuole cattoliche e dei loro organismi, come dimostra il lavoro stesso del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica, improntato a reciproca stima e collaborazione e promotore a sua volta di un ampio discernimento sul futuro della Scuola cattolica e della Formazione professionale di ispirazione cristiana in Italia”: così inizia il ‘contributo per il Cammino Sinodale della Chiesa in Italia’ del Consiglio nazionale della scuola cattolica (Cnsc), inviato al Comitato del Cammino sinodale della Chiesa italiana quale contributo alla seconda fase del percorso sinodale, che riguarda il cammino ‘sapienziale’.

Da tale inizio abbiamo iniziato un colloquio con il prof. Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio Nazionale per l’educazione, la scuola e l’università della CEI e segretario della Giunta del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica, chiedendo di spiegare quale contributo offre la scuola cattolica al cammino sinodale: “Il cammino sinodale della Chiesa in Italia ha come primo obiettivo quello di rinvigorire la missione ecclesiale ‘secondo lo stile della prossimità’. Le scuole cattoliche si collocano proprio al fianco delle famiglie, per sostenere il loro compito educativo, e accanto ai ragazzi, con un’offerta formativa ispirata ai valori del Vangelo. In questo modo, mostrano il volto di una Chiesa vicina alle persone nella quotidianità, attenta alle loro fatiche e speranze.

Ci sono anche altri modi in cui la scuola cattolica può essere una risorsa importante per il cammino sinodale: penso alle sue competenze culturali, alle alleanze educative, a quell’esperienza di sinergia e collaborazione che sta crescendo fra le stesse scuole cattoliche: sono segnali importanti che vanno nella direzione della sostenibilità e della corresponsabilità”.

E’ possibile educare nel cambiamento?

“Non solo è possibile ma è necessario, come ripete spesso papa Francesco ricordando che ogni cambiamento ha bisogno di educazione. Educare, infatti, non significa solo evidenziare i legami con il passato, ma ancor più attrezzarsi davanti alle sfide del presente e immaginare un futuro da costruire insieme. Certo le difficoltà non mancano, ma non ci sono mai stati tempi facili per l’educazione. Il cambiamento d’epoca a cui richiama il papa provoca a una responsabilità e un investimento educativo diffuso e concorde. In questo, il pluralismo culturale non è necessariamente un ostacolo, a patto che si stringa un patto comune sui valori fondamentali e ci si impegni a testimoniarli, ognuno nel proprio campo”.

In quale modo la scuola cattolica può generare responsabilità nei giovani?

“In primo luogo, aiutandoli a vivere il percorso scolastico in modo attivo e non passivo. Da protagonisti. Nel progetto educativo della scuola cattolica si parla da sempre di personalizzazione dell’insegnamento e dell’apprendimento. Non è solo un modo diverso di impostare gli obiettivi e le lezioni da parte dei docenti, ma anche un modo nuovo di vivere la scuola da parte degli alunni, che in essa hanno l’occasione di conoscersi e mettersi alla prova, di imparare a superare gli ostacoli, di mettere a frutto (e a servizio di tutti) i propri talenti, scoprendo così anche la propria vocazione nella vita”.

Con quale linguaggio la scuola cattolica può comunicare la sua proposta formativa?

“Fin dai suoi primi discorsi, papa Francesco ha indicato agli educatori, non solo cattolici, la necessità di usare un triplice linguaggio: quello della testa, del cuore e delle mani. Il messaggio è chiaro: occorre rivolgersi a tutta la persona, non solo a una sua parte. Ecco perché, nella scuola, si deve curare la formazione intellettuale senza trascurare quella degli affetti e dei sentimenti, della volontà e del desiderio. Considerando, inoltre, che la dimensione trascendente è connaturata alla persona, che è sempre in ricerca di senso, ovvero di ragioni di vita e di speranza. In questo campo, decisivi sono gli insegnanti, maestri di sapere e di saper fare e, non di meno, di saper essere”.

In quale modo la scuola cattolica si inserisce nel ‘Patto educativo globale’?

“Per prima cosa direi: non chiudendosi in se stessa. Non considerandosi autosufficiente o esclusiva. La scuola cattolica deve sentire la vocazione a richiamare tutta la comunità in cui vive, sia quella ecclesiale che quella sociale, a impegnarsi per rendere quel territorio un luogo favorevole all’educazione, ossia alla crescita armoniosa ed equilibrata dei più piccoli. E stringere ‘alleanze’ all’interno e all’esterno della comunità cristiana: con le istituzioni e con le forze del mondo del lavoro, delle arti, della salute, del volontariato, dello sport, dei media”.

(Tratto da Aci Stampa)

ISMU: in Italia aumentano gli immigrati cristiani

Nei giorni scorsi è stato presentato il report della Fondazione ISMU, che in base alle ricerche sul campo e ai dati relativi agli iscritti in anagrafe, stima che al 1° gennaio 2024 tra gli stranieri residenti in Italia le persone di religione cristiana, compresi i minori, siano circa 2.800.000, un centinaio di migliaia in più rispetto alla stessa data dello scorso anno.

Nel complesso i cristiani immigrati rappresentano il 53% su un totale di 5.300.000 di residenti stranieri e si confermano il gruppo religioso maggioritario, con un leggero aumento d’incidenza percentuale, oltre che assoluto, rispetto a dodici mesi prima. Tra i cristiani, il gruppo più numeroso è costituito prevalentemente da ortodossi (1.500.000) e cattolici (circa 900.000), seguiti da evangelici (145.000), copti (circa 85.000) e persone di altre appartenenze minori (nel complesso, quasi un altro paio di centinaia di migliaia).

Mentre gli stranieri residenti in Italia di fede musulmana sono circa 1.600.000 (più stabili in numerosità in valore assoluto rispetto al 1° gennaio 2023). In misura minore, sempre tra gli stranieri, sono presenti buddisti (circa 180.000), induisti (circa 110.000), sikh (90.000) ed altri (nel complesso, sono circa un altro paio di decine di migliaia). Molto importante è ancora la quota di atei e agnostici, circa il 10% in totale e oltre mezzo milione in termini assoluti.

Secondo l’indagine della Fondazione Ismu si stima che più di un quarto dei musulmani residenti in Italia al 1° gennaio 2024 sia di cittadinanza marocchina, per un totale di quasi 420.000 persone. Seguono i cittadini musulmani di Albania (circa 160.000), Bangladesh (150.000) e Pakistan (circa 140.000). Tra i cristiani ortodossi primeggiano invece i rumeni (circa 880.000), che da soli rappresentano nettamente la maggioranza assoluta di tale componente religiosa tra gli stranieri, seguiti da ucraini (circa 230.000) e moldovi (circa 100.000). Per quanto riguarda i cattolici, invece, tra le nazionalità più numerose si segnalano i filippini (circa 140.000) e gli albanesi (circa 90.000).

Inoltre UNICEF e Fondazione ISMU hanno pubblicato anche il rapporto ‘L’implementazione della piattaforma digitale Akelius: risultati, impatto e sostenibilità per documentare i risultati raggiunti con l’app Akelius in Italia’. Akelius è la piattaforma innovativa che rende l’apprendimento delle lingue un’esperienza divertente e interattiva. Adottata in 13 Paesi grazie alla collaborazione tra UNICEF e Fondazione Akelius, l’app offre lezioni, giochi ed esercizi di ascolto, lettura, scrittura e comprensione orale, adattandosi ai diversi livelli di competenza degli studenti, trasformando l’apprendimento in un’avventura coinvolgente e personalizzata.

In Italia, introdotta dall’UNICEF nel 2021, ha l’obiettivo di supportare gli alunni con background migratorio nell’apprendimento dell’italiano come seconda lingua (ITA L2), in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e del merito. Akelius promuove così un approccio di apprendimento misto, coniugando l’utilizzo dell’app e di strumenti digitali in classe con i metodi tradizionali di insegnamento.

Dopo una fase pilota in partenariato con AIPI, l’UNICEF ha esteso il programma, grazie alla collaborazione con Fondazione ISMU, a 55 Istituti Comprensivi e 5 strutture ucraine in contesti extra scolastici, coinvolgendo, solo nell’anno 2022-23, oltre 1.000 studenti e 450 docenti. Dal 2021 il progetto Akelius ha raggiunto circa 700 docenti e oltre 2.500 studenti nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, favorendo l’acquisizione della lingua italiana e l’inclusione di alunni neoarrivati, tra i quali bambine e bambini rifugiati ucraini in Italia.

Attraverso un test di valutazione sviluppato per le abilità di lettura e ascolto, è emerso come oltre il 90% degli studenti abbia raggiunto gli obiettivi di apprendimento di italiano L2 che si erano prefissati, con il 57% degli studenti che ha aumentato le proprie capacità di oltre un livello del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue. Valutazioni positive emergono anche da parte degli insegnanti: l’81% ritiene che l’utilizzo di Akelius nelle lezioni di italiano L2 possa migliorare e accelerare l’apprendimento.

Il rapporto ha evidenziato anche alcune sfide per garantire un’implementazione efficace e la sostenibilità del programma nel sistema scolastico. Tra queste, emergono difficoltà organizzative nella gestione degli strumenti tecnologici, nell’integrazione di contenuti digitali nelle lezioni in modalità mista, ma anche la necessità di investire maggiormente sulla formazione degli insegnanti, sia per le competenze digitali sia per quelle specifiche dell’insegnamento dell’italiano L2.

Save the Children: in Italia 336.000 ragazzi tra i 7 e i 15 anni lavorano per aiutare la famiglia

In Italia si stima che 336.000 minori tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro e che 58.000 adolescenti tra i 14-15 anni siano stati coinvolti in attività lavorative dannose per i percorsi scolastici e per il benessere psicofisico: sono i dati di una ricerca di Save the children dedicata al tema della povertà minorile e delle aspirazioni degli adolescenti, intitolata ‘Domani (Im)possibili’, attraverso interviste ad un campione rappresentativo di giovani tra i 15 e i 16 anni, in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile che ricorre oggi, 12 giugno.

Dal rapporto emerge che il 43,7% degli adolescenti tra i 15 e i 16 anni aiuta in vario modo la famiglia ad affrontare le spese e, tra questi, il 18,6% ha svolto e svolge qualche attività lavorativa per non gravare sulla famiglia in difficoltà (uno su due ha meno di 16 anni). Le testimonianze sono state raccolte da un gruppo di 25 adolescenti tra i 15 e i 21 anni individuati nell’ambito dei progetti promossi da Save the children e da altre organizzazioni e realizzate con la metodologia della ‘ricerca tra pari’ a Palermo, Scalea, Roma e Torino, tramite interviste singole o di gruppo e video reportage che hanno consentito di raccogliere 40 storie che restituiscono la grande eterogeneità delle situazioni legate al fenomeno.

Tra i motivi e le cause che spingono ragazzi e ragazze ad intraprendere percorsi di lavoro ci sono l’avere soldi per sé, che riguarda il 56,3%, la necessità o volontà di offrire un aiuto materiale ai genitori, per il 32,6%. Non trascurabile è il 38,5% di chi afferma di lavorare per il piacere di farlo. Il livello di istruzione dei genitori, in particolare della madre, è significativamente associato al lavoro minorile.

La percentuale di genitori senza alcun titolo di studio o con la licenza elementare o media è significativamente più alta tra gli adolescenti che hanno avuto esperienze di lavoro, un dato che deve far riflettere sulla trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione.

La maggioranza dei minori, 53,8%, ha dichiarato di aver lavorato durante l’ultimo anno o in passato, ha iniziato dopo i 13 anni, mentre il 6,6% prima degli 11 anni. Circa due terzi dei minorenni che hanno sperimentato forme di lavoro sono di genere maschile (65,4%) e il 5,7% ha un background migratorio. Molti i racconti che parlano di minorenni che combinano la frequenza scolastica con l’attività lavorativa, una scelta motivata in alcuni casi da una necessità economica, in altri dalla concezione del ‘lavoro come valore’ che integra il percorso educativo. La conciliazione di studio e lavoro si rivela però difficile da sostenere per la maggior parte dei ragazzi intervistati.

Dall’indagine ‘Non è un gioco’ è emerso che tra i 14-15enni intervistati che lavorano, quasi 1 su 3 (29,9%) lo fa durante i giorni di scuola, tra questi il 4,9% salta le lezioni per lavorare. Dai dati si evince che la percentuale di minori bocciata durante la scuola secondaria di I o di II grado è quasi doppia tra chi ha lavorato prima dei 16 anni rispetto a chi non ha mai lavorato.

Il lavoro minorile può anche influenzare la condizione futura di giovani ‘NEET’ (Not in Education, Employment, or Training), alimentando la trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione sociale. I ragazzi e le ragazze di età compresa tra 15 e 29 anni in questa situazione in Italia sono più di 1.500.000 nel 2022, il 19 % della popolazione di riferimento, con un valore in Europa secondo solo a quello osservato in Romania.

I settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile in Italia sono quelli più tradizionali come la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%)[6], ma non mancano le nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Sebbene il 70,1% dei 14-15enni che lavorano o hanno lavorato, lo abbiano fatto in periodi di vacanza o in giorni festivi, il lavoro è faticoso da un punto di vista della frequenza e dell’intensità: quando lavorano, più della metà dei 14-15enni lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana, circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.

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