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Prima domenica di Avvento: siate pronti e vigilate

 Inizia il nuovo anno liturgico: il termine Avvento dal latino significa: arrivo, venuta, presenza; indica infatti la realizzazione della promessa divina. Dio non dimentica l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza; dopo il peccato originale Dio promette un ‘salvatore’ e nella pienezza dei tempi ‘Il Verbo si fece carne’, nasce Gesù ‘germoglio di giustizia e di pace’. L’avvento è la preparazione alla solennità del Natale; nel frattempo oggi ci si prepara alla seconda venuta di Cristo Gesù.

Due venute di Gesù: la prima in modo silenzioso e Gesù nasce in una grotta perché non ci fu posto per lui nella città. La seconda venuta sarà alla fine di questo mondo; verrà allora come giudice della storia e giudicherà i buoni e i cattivi con un giudizio inappellabile. Oggi ci prepariamo a celebrare la sua prima venuta sulla quale si fonda tutta la speranza cristiana. Dio mantiene la sua promessa: è arrivato il tempo; Dio mantiene la sua promessa: verrà il germoglio di giustizia, che rende giusti, che riapre le porte del Regno dei cieli, riappacificherà la terra con il cielo e Dio sarà per tutti ‘il Padre nostro che sei nei cieli’: da qui la gioia cristiana, la gioia del Natale.

Gesù, il Verbo incarnato arriva nel silenzio e nell’umiltà; Egli è il liberatore, colui che, come uomo, ha voluto patire e morire per liberarci da questa prigione di morte. Il messaggio che ci proviene da questa prima domenica ci proietta subito verso il ritorno glorioso di Cristo Gesù quando, alla fine ritornerà come giudice della storia.

Durante questo primo periodo Gesù è rimasto con noi nell’Eucaristia per non lasciarci soli e così dare forza, vigore e consistenza alla nostra debolezza e fragilità. Con il peccato originale l’uomo era caduto sotto il dominio della morte, Dio però ha avuto pietà di noi, ‘Kyrie, eleison’; Dio aveva fatto una promessa ed è venuto incontro all’uomo ascoltando la supplica: ‘Vieni, Signore Gesù, si aprano i cieli e piova il Giusto’.

Ecco perché l’Avvento è tempo di gioia, di preghiera, è tempo di speranza perché Dio non delude. la speranza è essenziale nella vita cristiana assieme alla Fede e alla Carità costituisce la triade indispensabile della vita cristiana. La Speranza spesso è rappresentata da un’ancora o da una vela: l’ancora tiene ferma la barca nel mare; la vela serve a spingere la barca avanti o verso la terra ferma.

Ai figli bisogna dare la speranza prima del pane come agli studenti è necessario dare la speranza prima della dottrina e del sapere. L’Avvento, mentre fa memoria della prima venuta del Signore nella carne, ci invita a risvegliare in noi l’attesa del ritorno glorioso di Cristo Gesù come Signore e Re della storia. Dio infatti è buono e misericordioso; è il Pastore che stringe a sé la pecorella smarrita, ma Egli è anche giusto e santo e perciò giudice che premia e castiga.

Da qui l’appello che in questa domenica Gesù ci ripropone: ‘vegliate in ogni momento’, invito rivolto ai discepoli e a tutti i discepoli da Lui particolarmente amati, perché nell’ora che non conosciamo saremo chiamati a rendere conto. Guardiamo, amici carissimi, anche oggi al futuro della nostra storia. Dio rispetta la nostra libertà, ma libertà non è libertinaggio ma presa di coscienza e di responsabilità.

Resta la certezza che questo mondo finirà e su questo mondo Gesù, il ‘Figlio dell’uomo”’tornerà giudice onnipotente, come d’altronde ripetiamo nel Credo o professione della fede: ‘verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti’ (vivi e i morti = buoni e cattivi)., vero giudice della storia umana. Un filosofo della storia, Carlo Marx, aveva definito la religione ‘l’oppio dei popoli’; povero illuso: la religione è vera presa di coscienza nell’umiltà del nostro essere, nella consapevolezza che proveniamo da Dio e ritorniamo a Dio.

L’insegnamento di Cristo Gesù non è pura evasione ma vera spinta a un impegno serio e duraturo: fede vera e sincera, amore verso Dio e i fratelli in nome di Dio, perché figli di Dio e nostri fratelli e sorelle. L’apostolo Paolo ci ricorda oggi come si attua l’impegno cristiano: davanti all’insidia dell’individualismo sta il caloroso impegno a crescere nella fraternità, nell’amore verso Dio e i fratelli: vegliate e pregate per comparire davanti al Figlio dell’uomo.

‘Fugit irreparabile tempus’: la fuga del tempo è una fuga inarrestabile; chi ha tempo non aspetti altro tempo. Guardati attorno, rifletti, discerni e poi vaglia sopra ogni cosa per distinguere bene la pula, che il vento disperde e porta via, dai valori eterni intramontabili. E’ necessario alimentare ogni giorno la nostra Speranza che ha come fondamento la Parola irrevocabile di Dio.

La Speranza è la sorella della Fede: con la fede si vede e si conosce quello che é; con la speranza si intravede quello che sarà. La Speranza sostenne il popolo di Dio e vide realizzata l’attesa messianica; la Speranza ci fa guardare avanti con fiducia. Dio non delude, confida in Lui; inizia questo nuovo anno liturgico perché sia per tutti un anno di grazia e di amore. La Madonna, la Vergine Santissima, madre di Gesù e nostra, ci prenda per mano, ci rassicuri sotto il suo materno manto, ci porti a Cristo, frutto benedetto del suo seno.

Il card. Zuppi ai vescovi: guardare con la speranza di Abramo

Ieri il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha aperto i lavori del Consiglio Permanente della Cei che terminano mercoledì 25 settembre, affrontando molte tematiche, che hanno spaziato dal Giubileo al Sinodo dei Vescovi, dalla riforma della Cei all’emergenza educativa dei giovani, con un sentimento di vicinanza alle popolazioni della Romagna e delle Marche, colpite dall’alluvione di qualche giorno fa:

“Il nostro pensiero va a quanti sono stati colpiti dall’alluvione e dalle esondazioni in Emilia Romagna e nelle Marche. Ci stringiamo alle comunità locali che, a distanza di poco tempo, si trovano a vivere un altro dramma. Nelle parole dei nostri Fratelli Vescovi abbiamo ascoltato il grido di sofferenza delle persone ferite da questa nuova emergenza”.

Il presidente dei vescovi ha pregato ed ha ringraziato chi è impegnato in questa emergenza: “Preghiamo per quanti sono in angoscia, perché possano continuare a guardare con fiducia al domani, anche quando tutto sembra, ancora una volta, perduto. Insieme al ringraziamento alle Forze dell’Ordine, ai Vigili del Fuoco, alla Protezione Civile e ai volontari impegnati nei soccorsi alla popolazione, chiediamo alle Istituzioni di intervenire, con tempestività ed efficacia, a sostegno delle famiglie e del territorio che ha mostrato, di nuovo, tutta la sua fragilità: le accuse vicendevoli e i proclami lascino il posto a misure adeguate, scelte lungimiranti e azioni concrete”.

Il discorso introduttivo è stato uno sguardo al futuro: “E’ il valore di questi nostri appuntamenti, esercizio di responsabilità che personalmente sento come luogo decisivo di confronto fraterno, pensoso, collegiale. A molti, davanti al futuro, viene da abbassare lo sguardo, perché si presentano situazioni difficili, anzi inestricabili, tra cui tutte le guerre, come in Ucraina e in Terra Santa, delle quali portiamo nel cuore il dramma e il gemito della nuova creazione che solo la pace può permettere.

I nostri contemporanei scrutano inquieti il futuro e, senza speranza, si rifugiano facilmente nell’individualismo, non credono possibile un futuro migliore. Così abbassano lo sguardo per evitare di vedere. E’ un fenomeno di concentrazione su di sé e di estraniazione dai legami sociali”.

Un futuro che non può far a meno del presente, come Abramo: “Siamo chiamati al futuro. Non lo cerchiamo perché abbiamo accumulato garanzie sufficienti per il cammino o per la sicurezza che sarà senza problemi e fatiche. E’ sempre valido il monito di non prendere due tuniche, sapendo che non ci mancherà quanto ci servirà! Abramo si mette in cammino perché accoglie il Signore solo con un’indicazione e una promessa”.

Il futuro che Dio propone non è facile: “Il cammino dell’Amico di Dio non è rettilineo. C’è sofferenza, racchiusa nella drammatica domanda che sgorga dal cuore di Abramo di fronte alla promessa di Dio (‘la tua ricompensa sarà molto grande’). Abramo guarda la sua realtà e non può non esclamare: ‘Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco’.

E’ la domanda di molti (penso anche ai nostri sacerdoti e a quanti hanno a cuore le nostre comunità) di fronte ai frutti del loro servizio e alle difficoltà quotidiane: ‘Un mio domestico sarà mio erede’. Cioè la fatica a generare figli, che vuol dire futuro. La risposta di Dio ad Abramo angosciato, pur partito fiducioso e dopo aver tanto camminato, è la proposta di una visione… E’ il dono di una visione del futuro di un popolo numeroso come le stelle del cielo”.

Questa visione è propria dei martiri: “I martiri sono anche nostri contemporanei. Non hanno seguito l’idolatria dell’individualismo, del proprio io, del salvare sé stessi, delle ideologie totalitarie, pagane. L’8 agosto sono stato a Lucca per ricordare gli ottant’anni dell’uccisione di 28 sacerdoti e monaci per mano dei nazifascisti: colpiti in mezzo al popolo e per il popolo…

Così i martiri missionari per popoli lontani, che non conoscevano. Sono davvero semi di vita, testimonianza di speranza nel futuro. Mostrano che la Chiesa è comunità, famiglia di Dio, per cui vivere e dare la vita. Queste sono le vere radici delle nostre Chiese e ci indicano un atteggiamento forte, generoso, mite, per affrontare con fiducia le avversità.

Nella prolusione non è mancato un riferimento all’imminente viaggio papale in Lussemburgo ed in Belgio; “I viaggi del Papa ci spingono a mantenere uno sguardo ecclesiale anche al di là dei confini nazionali. In questi giorni si è parlato d’innovazione e d’investimenti per una economia europea moderna e sostenibile, con riferimenti anche al lavoro e alla demografia, lasciando intravvedere un nuovo ‘piano Marshall’, più ambizioso di quello del secondo Dopoguerra, rappresentando l’UE come destinata altrimenti a una lenta agonia. Nel frattempo, si sono definiti squadra e programma della nuova Commissione europea che, fra l’altro, prevede alcune nuove deleghe alla difesa, al Mediterraneo e alla questione abitativa. L’auspicio è che l’Europa resti fedele alla sua vocazione al dialogo e alla pace”.

E’ stato un invito a dare vita alla ‘Camaldoli per l’Europa: “Mentre si affrontano i problemi contingenti, mi piacerebbe che si aprisse una discussione più ampia: una ‘Camaldoli per l’Europa’ per parlare di democrazia ed Europa. Potrebbe essere anche l’occasione per riflettere sul contributo che oggi può provenire dai cattolici in primis, come anche dai cristiani di tutte le Confessioni, dai credenti delle diverse Comunità religiose oggi presenti in Europa, dagli umanisti che hanno a cuore la cultura del nostro Continente, per uno sviluppo di una coscienza comune, che allarghi i confini dei cuori e delle menti e non ceda al nichilismo della persona, con tutte le conseguenze che questo comporta, e a sovranismi egoistici. Un’Europa nel segno della ‘Fratelli tutti’, coesa e solidale al suo interno e aperta al mondo”.

Ecco una particolare attenzione all’emergenza educativa: “Come Chiesa ci sentiamo pienamente coinvolti e non smetteremo di mantenere alta l’attenzione, perché sono in gioco le persone, la loro realizzazione, la possibilità di vivere l’esistenza in pienezza… Sono necessari luoghi, fisici e non virtuali, in cui tornare a fare esperienza di gratuità e libertà personale e comunitaria. Penso, in modo particolare, al prezioso servizio degli Oratori, del dopo-scuola e di tante altre attività formative, che conservano intatta la loro attualità e chiedono un rilancio di progettualità e creatività”.

E’ stato un invito alle Istituzioni per un lavoro comunitario: “Dobbiamo lavorare, tutti insieme, per sradicare i semi dell’individualismo che soffoca la dimensione umana e disconosce la presenza degli altri. Non ci sono ricette facili, né risposte preconfezionate a buon mercato, ma non per questo dobbiamo cedere al pessimismo o al disfattismo che paralizza ogni tentativo di azione. L’orizzonte è quello della speranza, che non è un palliativo, una pacca sulle spalle, ma è consapevolezza che Dio illumina il cammino da compiere, perché Egli ama di amore eterno ed è sempre presente nella storia di ogni vivente. Non è ingenuità, è concretezza”.

Ed uno sguardo educativo è anche quello che guarda i poveri: “Nei percorsi educativi delle nostre comunità ed istituzioni il tratto distintivo deve essere la familiarità e il servizio ai poveri. Senza fare catechesi a nessuno, sono loro infatti a introdurre alle profondità della fede e dell’incontro con Gesù. Le nostre opere, iniziative, istituzioni, le nostre imprese in favore degli emarginati sono importanti. Ma tutte dovrebbero verificarsi nel confronto evangelico con la realtà del povero, dando valore al contatto personale con la sua persona. I poveri sono i fratelli più piccoli di Gesù, ma anche i nostri fratelli, i fratelli dei cristiani, segno eloquente della presenza del Signore”.

Comunione e Liberazione ricorda don Luigi Giussani: il cristianesimo è avvenimento

Don Giussani

In occasione del 19° anniversario della salita al Cielo del Servo di Dio don Luigi Giussani (22 febbraio 2005) e del 42° del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione (11 febbraio 1982), oltre che per la ricorrenza dei 70 anni dalla nascita del movimento di CL, nei mesi di febbraio e marzo in Italia e nel mondo si sono celebrate le messe con la seguente intenzione:

“Grati per il dono del carisma donato dallo Spirito Santo a don Giussani, desideriamo servire con tutte le nostre energie la Chiesa e i suoi pastori, certi che solo nella sequela quotidiana a Cristo e al Suo Vicario è possibile vivere la vera unità tra noi e servire il bene degli uomini del nostro tempo. Maria Regina della pace guidi il cammino di tutto il movimento e interceda per la pace nel mondo”.

Ed il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, Davide Prosperi, ha ricordato il compito affidato da don Lugi Giussani al Movimento: “Consapevoli del compito che ci è affidato per contribuire alla costruzione della Chiesa e per l’annuncio al mondo della speranza che Cristo è per la vita di ogni uomo, desideriamo far memoria di don Giussani, e della storia generata dalla sua amicizia con coloro che l’hanno seguito, tenendo lo sguardo fisso sulle parole che papa Francesco mi ha rivolto nella lettera inviata al movimento in occasione di queste ricorrenze:

‘Ho particolarmente a cuore di raccomandare a Lei e a tutti gli aderenti di avere cura dell’unità tra voi: essa sola, infatti, nella sequela ai pastori della Chiesa potrà essere nel tempo custode della fecondità del carisma che lo Spirito Santo ha donato a don Giussani: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri’”.

A Milano mons. Mario Delpini ha ricordato la sua fedeltà alla Chiesa: “Nella storia abita la promessa perché Dio è fedele e la gratitudine e ammirazione per don Giussani ci ha radunati per riconoscere i segni della fedeltà di Dio nella fecondità meravigliosa del carisma che Dio ha affidato a don Giussani.

Nella storia abita la promessa e le vicende di tanti uomini e donne di Dio incoraggia la nostra fiducia: Dio è fedele! Noi crediamo in Dio! E camminiamo nella fede chiedendo il dono della pazienza di coloro che ancora non vedono e chiedendo la santità di una appartenenza senza pentimenti, di una gratitudine senza pretese, di un discernimento semplice per riconoscere l’opera che oggi Dio compie per noi”.

Nel 1992 don Luigi Giussani ha parlato del cristianesimo come avvenimento, partendo da una frase del poeta Rilke: “Il cristianesimo è un avvenimento, nel senso che innanzitutto non è una predicazione morale. Essendo un avvenimento che implica Dio, una mossa del Mistero nella vita dell’uomo, nella storia dell’uomo, credo che la premessa più importante sia il tipo di attenzione o la tensione di tenerezza che l’uomo ha verso se stesso.

Se un uomo non ha attenzione e tenerezza verso se stesso, una tenerezza come la madre l’ha col suo bambino, è in una posizione, dico, necessariamente ostile all’avvenimento cristiano. C’è una frase di Rainer Maria Rilke da cui parto spesso per una meditazione su di me stesso: ‘E tutto cospira a tacere di noi, un po’ come si tace un’onta, forse, un po’ come si tace una speranza ineffabile’ (‘Seconda Elegia’ in Elegie duinesi).

Io non ho mai trovato una sintesi di quello che l’uomo esistenzialmente sente di se stesso, se si pensa con attenzione, per un minimo di attenzione che porta a se stesso, paragonabile a questa frase di Rilke”.

L’avvenimento consiste che Dio si è fatto uomo: “La mossa di Dio è consistita nel fatto che il mistero di Dio si è configurato come un uomo reale, ha preso la realtà d’un uomo vero, un uomo cioè che viene concepito nell’utero di una donna e da questo piccolo e quasi invisibile grumo si sviluppa come infante, come bambino, come fanciullo, come adolescente, come giovane, fino ad essere, a diventare centro di attenzione nella vita sociale del popolo ebraico, fino a trascinare dietro a sé le folle, e fino ad avere le folle, per l’atteggiamento di chi ha il potere in mano, contro di sé, fino ad essere crocifisso, ucciso, e fino a risorgere, risorgere dalla morte. Un fatto, perciò, è la mossa di Dio, un fatto integralmente umano…

Ecco, il fatto cristiano è come un bambino che nasca in una famiglia; infatti è nato anche come un bambino: l’avvenimento cristiano è Dio che entra nella vita dell’uomo e nella storia dell’uomo come entra nella storia dell’uomo e nella vita della sua famiglia e nella storia dell’umanità un bambino che nasce da una donna”.

Per questo il cristianesimo è la storia degli uomini, perché è concretezza: “Ecco, il cristianesimo è la storia degli uomini che, in qualche modo venendo a contatto con questo avvenimento, con l’avvenimento di Cristo, con questo fatto storico, gli sono andati dietro, ognuno così come poteva, ognuno così come può…

Se io penso che il Signore è più concreto di mia mamma, è più mio di mia madre o di mio papà, se si pensa a questo, allora il desiderio di moltiplicare la memoria non solo è lecito, ma è inevitabile, e farlo diventa non solo possibile, ma reale. Così che uno può commettere un errore coscientemente, e poi subito ricordarsi di quella Presenza. E questo moltiplicarsi del ricordo abbrevia sempre di più il tempo della smemoratezza e il tempo del tradimento”.

Mons. Mario Delpini: ci vuole coraggio

“Riconosciamo che la fiducia è la virtù doverosa di coloro che interpretano la vita come una vocazione. E’ un dovere per noi tutti e in modo speciale per coloro che hanno responsabilità per il bene comune. La fiducia è un dono che chiede di essere reciprocamente offerto. Significa: volgere lo sguardo con benevolenza verso l’altro. Fidarsi, avvicinandosi all’altro, mettere nelle mani dell’altro la propria speranza. Esprimere gratitudine, credere alla promessa che l’altro è per te”. Così l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha concluso il ‘Discorso alla Città’, pronunciato nella Basilica di Sant’Ambrogio alla vigilia della festa del Santo patrono.

Solennità del Corpus Domini: Santissimo Corpo e Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo

Con la Pentecoste si conclude il tempo forte dell’anno liturgico durante il quale si è chiamati a meditare sul grande mistero delle nostra redenzione. Le due domeniche successive sono riservate rispettivamente a celebrare il mistero dell’unità e trinità di Dio e la festa del Corpus Domini: Dio ci ha amato da restare in modo visibile in mezzo a noi sotto le apparenze del pane e del vino come cibo e nutrimento delle nostre anime.

VI Domenica di Pasqua: ‘Vado, ma non vi lascerò orfani!’

Nel cuore di ogni cristiano alberga una certezza: Gesù non ci lascia orfani!, non ci abbandona, non ci lascia soli; anzi gli stesso ci assicura: ‘Sarò con voi sino alla fine del mondo’. E’ necessario però che si verifichi una condizione: amare ed osservare i suoi comandamenti. A queste condizioni Gesù invia alla sua Chiesa il ‘Consolatore’: lo Spirito santo, che è il dono mirabile di Dio alla sua chiesa. ‘Io vado al Padre, dice Gesù, e non mi vedrete più, ma il Padre vi darà un atro Consolatore: lo Spirito di verità’.

San Benedetto da Norcia: accogliere la vita e l’ospite nel cammino insieme

Nella festa liturgica di san Benedetto, che a 17 anni, insieme con la sua nutrice Cirilla, si ritirò nella valle dell’Aniene presso Eufide (l’attuale Affile), dove avrebbe compiuto il primo miracolo, riparando un vaglio rotto dalla stessa nutrice. La lasciò e si avviò verso la valle di Subiaco, presso gli antichi resti di una villa neroniana, nella quale le acque del fiume Aniene alimentavano tre laghi.

Papa Francesco: con il servizio annunciare la gioia di Dio

L’incontro con i gesuiti e con i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate della Repubblica democratica del Congo nella festa della presentazione di Gesù al tempio ha chiuso la seconda giornata della visita pastorale di papa Francesco nella cattedrale ‘Notre Dame du Congo’, invitando tutti ad essere vigili come Simeone nell’attesa che si compia la promessa di Dio:

4^ domenica di Avvento: il presepe icona della ‘famiglia’

Vicini ormai al Natale, protagonisti nel vangelo appaiono Maria e Giuseppe: la nuova famiglia istituita con la benedizione del cielo. Maria, l’Immacolata, la promessa sposa a Giuseppe, è ormai alla vigilia del matrimonio; Giuseppe, definito ‘uomo giusto’, della stirpe di David, assai religioso, ha contratto la promessa di matrimonio. L’una e l’altro conducono la propria vita e si preparano al nuovo ruolo della famiglia.

Papa Francesco ai cattolici: la memoria apre al Vangelo

Nell’ultimo giorno del viaggio apostolico in Kazakhstan papa Francesco ha incontrato prima in forma privata i gesuiti che lavorano nella regione russa eppoi ha raggiunto la Cattedrale della ‘Madre del Perpetuo Soccorso’, sede dell’arcidiocesi di Maria Santissima, salutato dal presidente della Conferenza episcopale dell’Asia centrale, istituita appena un anno fa, mons. Josè Luis Mumbiela Sierra:

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