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Papa Francesco al Pontificio Istituto Teologico ‘Giovanni Paolo II’: sostenete la famiglia
La giornata di ieri di papa Francesco si è conclusa dall’incontro con la Comunità Accademica del Pontificio Istituto Teologico ‘Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia’, in cui è stato affermato il ‘luogo privilegiato’ della famiglia, come sottolineato dal documento conclusivo dell’Assemblea sinodale: “Sappiamo quanto il matrimonio e la famiglia siano decisivi per la vita dei popoli: da sempre la Chiesa se ne prende cura, li sostiene e li evangelizza.
Purtroppo, ci sono Paesi in cui le autorità pubbliche non rispettano la dignità e la libertà cui ogni essere umano ha inalienabile diritto quale figlio di Dio. Spesso vincoli e imposizioni pesano soprattutto sulle donne, costringendole in posizioni di subalternità. E questo è molto brutto”.
Inoltre il papa ha affermato che tra uomo e donna non ci sono discriminazioni in Gesù, come sottolineato dall’apostolo Paolo: “Questo non vuol dire che la differenza tra i due sia annullata, bensì che nel piano della salvezza non c’è discriminazione tra l’uomo e la donna: entrambi appartengono a Cristo, sono ‘discendenza di Abramo ed eredi secondo la promessa’…
Mediante Gesù siamo tutti ‘liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento’ ed il Vangelo della famiglia è gioia che ‘riempie il cuore e la vita intera’. E’ questo Vangelo che aiuta tutti, in ogni cultura, a cercare sempre ciò che è conforme all’umano e al desiderio di salvezza radicato in ogni uomo e in ogni donna”.
Ed ha ricordato in cosa consiste il sacramento del matrimonio, che costituisce una ‘chiesa domestica’: “In particolare, il sacramento del Matrimonio è come il vino buono che viene servito alle nozze di Cana. A questo proposito, ricordiamo che le prime comunità cristiane si sono sviluppate in forma domestica, ampliando nuclei familiari con l’accoglienza di nuovi credenti, e si riunivano nelle case.
Come dimora aperta e accogliente, fin dall’inizio la Chiesa si è prodigata affinché nessun vincolo economico o sociale impedisse di vivere la sequela di Gesù. Entrare nella Chiesa significa sempre inaugurare una fraternità nuova, fondata sul Battesimo, che abbraccia lo straniero e perfino il nemico”.
Quindi riprendendo l’enciclica ‘Amoris Laetitia’ ha raccomandato di non chiudere le porte: “Impegnata nella stessa missione, anche oggi la Chiesa non chiude la porta a coloro che faticano nel cammino di fede, anzi, spalanca la porta, perché tutti ‘hanno bisogno di un’attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante’. Tutti. Non dimenticare questa parola: tutti, tutti, tutti. L’ha detto Gesù in una parabola: quando non vengono gli invitati a nozze, il padrone dice ai servi: ‘Andate per le strade e portate tutti, tutti, tutti’ – ‘Signore, tutti i buoni, vero?’ – ‘No, tutti, buoni e cattivi, tutti’. Non dimenticare quel ‘tutti’, che è un po’ la vocazione della Chiesa, madre di tutti”.
Queste sfide si possono ‘vincere’ attraverso la missione: “Nelle famiglie le ferite si guariscono con l’amore. Carissimi, le sfide, i problemi, le speranze che investono oggi il matrimonio e la famiglia si inscrivono nel rapporto tra Chiesa e cultura, che già san Paolo VI invitava a considerare, sottolineando che ‘la rottura tra Vangelo e cultura è il dramma della nostra epoca’. San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno approfondito il tema dell’inculturazione mettendo a fuoco le questioni dell’interculturalità e della globalizzazione.
Dalla capacità di affrontare tali sfide dipende la possibilità di svolgere pienamente la missione evangelizzatrice, che impegna ogni cristiano. In proposito, l’ultimo Sinodo ha arricchito la consapevolezza ecclesiale di tutti i partecipanti: l’unità stessa della Chiesa esige infatti l’impegno di superare estraneità o conflitti culturali, costruendo armonie e intese tra i popoli”.
Questo è il compito di questo Istituto: “All’Istituto Giovanni Paolo II spetta una speciale cooperazione su questo terreno, mediante studi e ricerche che sviluppino una conoscenza critica dell’atteggiamento di diverse società e culture nei confronti del matrimonio e della famiglia… E’ bene che le sedi dell’Istituto, presenti in diversi Paesi del mondo, svolgano le proprie attività in dialogo con studiosi e istituzioni culturali anche di impostazioni differenti, come già avviene con l’Università Roma Tre e l’Istituto Nazionale Tumori. Dobbiamo andare avanti in questi rapporti, è importante”.
Ed ha concluso l’incontro con l’auspicio di un sostegno alle famiglie: “Auspico che in ogni parte del mondo l’Istituto sostenga gli sposi e le famiglie nella loro missione, aiutandoli a essere pietre vive della Chiesa e testimoni di fedeltà, di servizio, di apertura alla vita, di accoglienza. Camminiamo insieme nella sequela di Cristo!
Questo stile sinodale corrisponde alle grandi sfide di oggi, davanti alle quali le famiglie sono segno della fecondità e della fraternità fondate sul Vangelo. In questo stile di Chiesa è molto importante l’annuncio della Parola, ma più importante l’ascolto della Parola. Prima di annunciare, ascoltare: l’ascolto della Parola come viene predicata e l’ascolto della Parola che viene dalle voci degli altri, perché Dio parla mediante tutti”.
Inoltre il papa ha scritto la nota di accompagnamento del Documento finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in cui ha sottolineato che “il Documento finale contiene indicazioni che, alla luce dei suoi orientamenti di fondo, già ora possono essere recepite nelle Chiese locali e nei raggruppamenti di Chiese, tenendo conto dei diversi contesti, di quello che già si è fatto e di quello che resta da fare per apprendere e sviluppare sempre meglio lo stile proprio della Chiesa sinodale missionaria.
In molti casi si tratta di dare effettiva attuazione a ciò che è già previsto dal diritto vigente, latino e orientale. In altri casi si potrà procedere, attraverso un discernimento sinodale e nel quadro delle possibilità indicate dal Documento finale, all’attivazione creativa di forme nuove di ministerialità e di azione missionaria, sperimentando e sottoponendo a verifica le esperienze. Nella relazione prevista per la visita ad limina ciascun vescovo avrà cura di riferire quali scelte sono state fatte nella Chiesa locale a lui affidata in rapporto a ciò che è indicato nel Documento finale, quali difficoltà si sono incontrate, quali sono stati i frutti”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco: la pace si ottiene con la speranza e il dialogo
La settimana di papa Francesco oggi è iniziata con le ambasciate del Cile e dell’Argentina, le loro delegazioni diplomatiche ed altre autorità delle due Nazioni per la a commemorazione per i 40 anni del Trattato di Pace e Amicizia tra Argentina e Cile: “Sono lieto di accogliervi in occasione del 40° anniversario del Trattato di Pace e Amicizia tra Argentina e Cile, che pose fine alla lunga controversia territoriale tra i due Paesi. E’ questa una felice commemorazione di quegli intensi negoziati che, con la mediazione pontificia, evitarono il conflitto armato che stava per contrapporre due popoli fratelli e si conclusero con una soluzione degna, ragionevole ed equanime”.
Ha ricordato l’impegno di san Giovanni Paolo II per l’impegno di mediazione tra i due Stati: “L’impegno che coinvolse i due Paesi durante i lunghi negoziati, che furono difficili, così come il frutto della pace e dell’amicizia, costituiscono infatti un modello da imitare… San Giovanni Paolo II, fin dai primi giorni del suo Pontificato, ebbe la sua preoccupazione e il suo impegno non solo per evitare che la disputa tra Argentina e Cile ‘giungesse a degenerare in un disgraziato conflitto armato, ma anche per trovare il modo di risolvere definitivamente questa controversia’.
Avendo poi ricevuto la richiesta dei due Governi, accompagnata da impegni concreti ed esigenti, il Papa accettò di mediare avendo come scopo quello di suggerire e proporre ‘una soluzione giusta ed equa, e pertanto onorevole’. Infatti, nel corso della mediazione, il Pontefice manifestò in questi termini il suo intento: ‘Che si trovi, grazie alla buona volontà di ambedue le parti, una soluzione soddisfacente basata sulla giustizia e il diritto internazionale, che escluda il ricorso alla forza’. Oggi stiamo vivendo come è triste il ricorso alla forza”.
Il papa ha soffermato il proprio intervento su due parole del trattato, la prima del quale è pace: “In occasione della Ratifica del Trattato, il 2 maggio 1985, Giovanni Paolo II espresse la propria gioia, perché con l’intesa ‘si consolida la pace e in un modo tale che può giustamente dare la fondata fiducia della sua stabilità’. Questo dono della pace (sottolineava il papa) avrebbe richiesto, uno sforzo quotidiano per preservarlo dagli ostacoli che si sarebbero potuti opporre e per incoraggiare tutto ciò che potesse arricchirlo.
Infatti, il Trattato offre i mezzi adatti per il conseguimento di una duplice finalità, tanto per ciò che si riferisce al superamento delle eventuali divergenze, quanto per la promozione di ‘un’armoniosa amicizia attraverso una collaborazione in tutti i campi, finalizzata a una più stretta integrazione delle due Nazioni’. Perciò, questo modello di completa e definitiva soluzione di una controversia con mezzi pacifici merita di essere riproposto nell’attuale situazione mondiale, in cui tanti conflitti perdurano e si aggravano, senza l’effettiva volontà di risolverli con l’assoluta esclusione del ricorso alla forza o alla minaccia del suo uso. E questo lo stiamo vivendo in un modo piuttosto tragico”.
L’altra parola è amicizia: “In effetti, le resistenze, le fatiche e le cadute le possiamo leggere come un appello a riflettere, perché il cuore si apra all’incontro con Dio e ciascuno prenda coscienza di sé stesso, del prossimo e della realtà. Non dimentichiamo la nostra condizione di ‘mendicanti’, siamo veri e propri mendicanti. Siamo chiamati a farci “mendicanti dell’essenziale”, di ciò che dà senso alla nostra vita”.
Ed ha ricordato la firma di una nuova dichiarazione, avvenuta qualche settimana fa, tra vescovi argentini e cileni, ricordando che il Trattato firmato aveva evitato il conflitto: “I Vescovi di entrambi i Paesi ringraziano Dio perché, con quell’accordo, prevalsero il dialogo e la pace. Nello stesso tempo, hanno espresso la loro gratitudine a san Giovanni Paolo II, che offrì la sua mediazione tra i due Paesi, mediazione che fu portata avanti dai cardinali Antonio Samorè e Agostino Casaroli, due grandi.
Faccio miei i sentimenti dei Vescovi cileni e argentini, rendendo grazie a Dio per averci protetto e salvato dalla guerra! Ed insieme con i Porporati e i Presuli dei due Paesi, siamo grati per la pace e la cooperazione tra le due Nazioni, confidando che questo percorso possa essere ulteriormente approfondito per il bene dei due popoli. Auspico che lo spirito di incontro e di concordia tra le Nazioni, in America Latina e in tutto il mondo desideroso di pace, possa favorire il moltiplicarsi di iniziative e politiche coordinate, per risolvere le numerose crisi sociali e ambientali che interessano le popolazioni in tutti i continenti, danneggiando certamente i più poveri”.
Concludendo l’incontro ha ricordato i conflitti nel mondo, che sono fallimenti della Comunità internazionale: “Non posso a questo proposito non fare riferimento ai numerosi conflitti armati in corso, che ancora non si riesce ad estinguere, malgrado costituiscano lacerazioni dolorosissime per i Paesi in guerra e per l’intera famiglia umana. E qui voglio evidenziale l’ipocrisia di parlare di pace e giocare alla guerra. In alcuni Paesi dove si parla molto di pace, gli investimenti che rendono di più sono sulle fabbriche di armi.
Questa ipocrisia ci porta sempre a un fallimento. Il fallimento della fraternità, il fallimento della pace. Dio voglia che la Comunità internazionale faccia prevalere la forza del diritto attraverso il dialogo, perché il dialogo dev’essere l’anima della Comunità internazionale. Menziono semplicemente due fallimenti dell’umanità di oggi: Ucraina e Palestina, dove si soffre, dove la prepotenza dell’invasore prevale sul dialogo”.
Ed anche ai giovani della delegazione dell’Universal Peace Council ha ricordato il compito della pace: “La situazione attuale rende la promozione della pace ancora più importante e sono lieto di vedere che la vostra delegazione è composta da giovani appartenenti a contesti e religioni diverse. Questo è un chiaro segno che il desiderio della pace è radicato nel cuore umano e che è capace di portare unità nella diversità. Sappiamo tutti, però, che il vostro compito non è facile”.
Tre sono stati i punti essenziali sottolineati dal papa, di cui il primo sono i giovani: “Il primo è che abbiamo bisogno dei giovani per svolgere questo importante servizio, perché essi possiedono un tipo di idealismo, entusiasmo e speranza, che ricordano a tutti noi che un mondo migliore è possibile, che la pace è possibile. In particolare, i giovani possono aiutare gli altri a scoprire gli elementi cruciali che preparano la strada alla pace: il perdono e la disponibilità a lasciare andare i pregiudizi e le ferite del passato”.
Ed ha chiesto di non seguire le ideologie: “I giovani sono creativi, ma è brutto quando noi incontriamo giovani ideologizzati, nei quali l’ideologia prende il posto dei pensieri, e la volontà di fare il bene. Dobbiamo sempre ricordare e imparare dalla storia, un attaccamento malsano alle ferite e ai pregiudizi del passato non può mai portare a una pace vera e duratura. Di fatto, perpetua soltanto la spirale del conflitto e della divisione”.
Il secondo punto riguarda il dialogo: “Il secondo punto è impegnarsi sempre nel dialogo, poiché esso è lo strumento principale a nostra disposizione. Avvicinarsi, esprimersi, ascoltarsi, guardarsi, conoscersi, provare a comprendersi, cercare punti di contatto, tutto questo si riassume nel verbo ‘dialogare’. Il dialogo è l’unica strada per la pace, per incontrarci. I giovani possono essere grandi artigiani di pace attraverso il dialogo”.
Infine il papa ha invitato a non perdere la speranza: “La speranza non delude: non perdere la speranza. E’ così facile scoraggiarsi, quando vediamo gli effetti devastanti della guerra e dell’odio, per non parlare della povertà, della fame, della discriminazione e di varie altre realtà che minacciano la prospettiva della pace. Queste realtà sono frutto delle guerre. Ciò può indurci a pensare che il nostro impegno nel dialogo sia vano perché produce pochi risultati concreti”.
Anche se qualcuno rivolgerà le critiche ha chiesto di non rinunciare a sperare: “Mantenete viva la speranza, cari giovani, tenendo sempre presente che siamo tutti parte di un’unica famiglia umana. Siamo tutti fratelli e sorelle e gli sforzi per promuovere la riconciliazione, l’armonia e la pace varranno sempre la pena del nostro tempo e dei nostri sforzi. E, naturalmente, non perdere mai il senso dell’umorismo, quella gioia sana! Questo è molto importante. Non perdere quella capacità di gioia che aiuta a vedere le cose migliori”.
(Foto: Santa Sede)
Meeting 2024, la pace anche in Terra Santa passa attraverso la famiglia ed il perdono
All’udienza generale di mercoledì 27 marzo papa Francesco aveva ricordato la storia di Bassam Aramin e Rami Elhanan, uno israeliano ed uno arabo, a cui, anni fa, sono state uccise le figlie di 10 anni (Abir nel 2007) e di 13 anni (Smadar nel 1997); però dopo questa tragedia si sono uniti e portano avanti un percorso di riconciliazione nell’associazione ‘Parents Circle Families Forum’, organizzazione ‘di base’ di famiglie palestinesi e israeliane che hanno perso i propri familiari a causa del conflitto in Terra Santa e che sono animati dal desiderio di una pace duratura. La loro storia è raccontata interamente nel libro pluripremiato dello scrittore irlandese Colum McCann, dal titolo ‘Apeirogon’, che prende il nome da un poligono dal numero infinito di lati.
Nel video proiettato al Meeting dell’Amicizia tra i popoli, in corso a Rimini, papa Francesco aveva esortato i fedeli a riflettere sulla storia di questi due papà e a guardarla come faro in questi tempi feriti della storia, esprimendo al contempo la sua personale gratitudine: “Loro non guardano all’inimicizia della guerra, ma l’amicizia di due uomini che si vogliono bene e che sono passati per la stessa crocifissione”. Terminato il video i protagonisti dell’incontro ‘Una speranza per tutti’ l’applauso delle 10.000 persone è scattato spontaneo per Rami Elhanan, israeliano, padre di Smadar, per Bassam Aramin, palestinese, padre di Abir, e per Colum McCann, autore del romanzo ‘Apeirogon’, che narra la storia dei due padri.
Smadar Elhanan (1983-1997), figlia tredicenne di Rami, fu vittima di un attacco terroristico suicida palestinese in un locale di Ben Jeuda Street, nel centro di Gerusalemme, dove rimasero uccise altre 7 persone e venti rimasero ferite: “Mia figlia era piena di gioia ed energia, nuotava, ballava e suonava il piano e tutti la chiamavano principessa”.
La figlia di Bassam, Abir Aramin (1997-2007), fu colpita alla nuca all’uscita di scuola da un proiettile di gomma, sparato non incidentalmente da una pattuglia di soldati israeliani. Morì il 16 gennaio nello stesso ospedale dove era nata (e dove tredici anni prima era nata Smadar), assistita fino all’ultimo da una equipe di disperati medici. Bassan e la famiglia vivevano ad Anata: una città palestinese nella Cisgiordania sotto l’occupazione israeliana e rinchiuso nella prigione di Hebron per 7 anni. Una volta uscito dalla prigione era stato tra i fondatori del movimento ‘Combattenti per la pace’. Incontrò per la prima volta l’israeliano Rami telefonandogli perché aveva bisogno di unirsi ai genitori di ‘Parents Circle’, di cui Rami faceva parte.
Il ‘Parents Circle-Families Forum’ (PCFF) è un’organizzazione no-profit di famiglie palestinesi e israeliane che hanno perso i propri familiari a causa del conflitto, fondato nel 1995 dall’israeliano Yitzhak Frankenthal, dopo che, nel luglio 1994, suo figlio diciannovenne Arik, mentre era soldato, venne rapito e ammazzato da militanti di Hamas. Il PCFF, con due uffici (uno in Israele e uno a Beit Jala) opera secondo il principio che un processo di riconciliazione è un prerequisito per raggiungere una pace duratura.
Rami Elhanan ha raccontato la sua storia, affermando che era vittima dell’educazione israeliana, ma quando conobbe Aramin si accorse che anche i palestinesi erano esseri umani ed è possibile vivere civilmente attraverso il dialogo ed in ogni goccia di sangue versato pulsa il mondo: “Se odi il tuo nemico non fai altro che uccidere te stesso. Quando lo scopri il tuo nemico diventa come te ed è è il primo passo per cercare di capire chi è il tuo nemico e cerchi sempre un modo più efficace per conoscerlo. Quando capisci e credi che alla fine devi sederti e parlare insieme mi sono chiesto il motivo per cui devo aspettare ed ho detto che era ora di sedersi e di parlare adesso insieme prima di continuare ad ucciderci”.
Mentre Bassam Aramin ha sottolineato che non è facile essere palestinese ed ha auspicato la fine dell’occupazione della Cisgiordania: “Non è facile essere palestinese. Non è facile scoprirci e conoscerci. Siamo esseri umani, cioè qualche volta ci si nasconde agli altri, ma conoscendo l’altro si vede qualcosa di molto diverso. Ho conosciuto l’altra parte, quando ho visto un film sull’Olocausto. Ero in prigione e, guardando quel film, volevo divertirmi, perché per me era una sorta di vendetta, perché volevo vedere gli altri torturati od uccisi. Eppoi ho iniziato a piangere, perché erano uccisi milioni di persone innocenti. Per me era una cosa troppo grande, perché non mi aspettavo di vedere queste atrocità. Dopo 25 anni questo film mi ha spinto a conseguire una laurea con il tema sull’Olocausto”.
Invece l’autore Colum Mc Cann ha sottolineato ch la narrazione di storie salva il mondo, in quanto il cambiamento è possibile solo se ci crede: in questo modo la luce riesce a sconfiggere il buio: “Il tempo passato in Irlanda del Nord, tra Dublino e Derry, dove sono nato e cresciuto, è stato cruciale per me. Il processo di pace irlandese mi ha fornito una comprensione più profonda delle dinamiche in Medio Oriente. Questi incontri hanno il potenziale per riformulare le strategie di pace esistenti e creare opportunità per una risoluzione duratura”.
Al termine dell’incontro è stato ‘tributato’ un lungo applauso alle madri, ricordando il loro dolore nel vedere morire i propri figli, con l’invito ai presenti a non restare in silenzio attraverso un proverbio: “Se si parla si muore; se si rimane in silenzio si muore. Parla e muori”. Proprio per questo la Fondazione del Meeting per l’Amicizia tra i popoli ha deciso, su richiesta del card. Pizzaballa, una parte delle offerte per sostenere l’organizzazione degli eventi riminesi alle necessità della Terra Santa.
Ma c’è un’altra storia raccontata nei giorni precedenti da Mishy Harman, fondatore, direttore e voce di Israel Story, il podcast più famoso d’Israele, e da Federica Sasso, giornalista, operatrice Rossing Center for Education and Dialogue; lui ebreo e lei cattolica; entrambi marito e moglie, che hanno raccontato la loro vita familiare e lavorativa a Gerusalemme dopo gli eventi del 7 ottobre scorso: “Fondamentale è continuare a parlarsi ed ad ascoltarsi, cercando di sentire la sofferenza dell’altro”.
Però il Meeting dell’Amicizia tra i popoli non ha dimenticato la guerra in Ucraina con un collegamento da Kiev con il Nunzio apostolico a Kiev, mons. Visvaldas Kulbokas, durante l’incontro ‘Se vuoi la pace, prepara la pace’: “Sostenere la società civile in Ucraina, rafforzarla. E poi spiegare cosa è pace. Di fronte alle emergenze le istituzioni hanno capacità limitate, ma le persone sono più in grado di reagire in modo adeguato, rispetto alle istituzioni. Le persone non rimangono intrappolate nelle procedure, nelle regole”, a cui hanno partecipato Oleksandra Matvijcuk, avvocata ucraina e premio Nobel per la Pace 2022, Angelo Moretti, portavoce del Movimento europeo di azione nonviolenta-Mean (nella foto di apertura), Lali Liparteliani ed Anastasia Zolotova, direttrici della Ong ucraina ‘Emmaus’.
Lali Liparteliani ha condiviso la sua esperienza personale di fuga dalla guerra con i suoi figli, descrivendo il dolore e la perdita che accompagnano la condizione di profughi: “L’esperienza di essere profughi è un dolore costante, un allontanamento da tutto ciò che si conosce e si ama”.
(Tratto da Aci Stampa)
A Roma presentato il 45^ Meeting dell’Amicizia tra i popoli
Il Meeting di Rimini, giunto quest’anno alla sua 45^ edizione, si terrà dal 20 al 25 agosto nella Fiera di Rimini, con il titolo ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?’ La manifestazione sarà ricca di tavole rotonde, mostre, spettacoli, iniziative culturali, sportive e per ragazzi e verrà anche trasmessa in diretta su più canali digitali e in più lingue.
Durante la presentazione ufficiale del programma, all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, dopo i saluti introduttivi dell’ambasciatore Francesco Di Nitto e gli interventi del presidente del Meeting Bernhard Scholz e di Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio dei Ministri e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, sono intervenuti Fabio Pinelli, vicepresidente del Csm, Maria Bianca Farina, presidente Ania, e Barbara Marinali, presidente Acea.
“Essenziale è la ricerca della pace, specie in un momento come questo, con la guerra in Ucraina e in Medio Oriente, in cui sono i civili a pagare il prezzo altissimo di scelte scellerate, ha dichiarato il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani. Essenziale è mettere l’uomo al centro, difendere una visione etica sui grandi temi come l’intelligenza artificiale. Essenziale è l’impegno per la crescita, tutti temi al centro della Presidenza italiana del G7 a partire da quello dei Ministri del Commercio che si terrà a Reggio Calabria nei prossimi giorni”.
“Essenziale è ciò che genera una vita piena, libera e responsabile e una vita sociale feconda e solidale, ha spiegato il presidente della Fondazione Meeting Bernhard Scholz. Il tentato assassinio di Donald Trump e alcune delle successive interpretazioni ci hanno reso presente in modo drammatico la vulnerabilità della democrazia. Contro i veleni dell’odio e del disprezzo, dei complottismi e delle estreme polarizzazioni, gli antidoti essenziali sono l’incontro, il dialogo e il confronto.
A maggior ragione vogliamo realizzare di nuovo un Meeting che mette a tema le grandi sfide di questo momento storico in un clima di rispetto reciproco, attraverso uno scambio e una condivisione di esperienze e di conoscenze. L’essenziale non è una riduzione austera a un minimo necessario, ma ciò che fa vivere e fiorire tutto, che apre a un orizzonte di senso per il nostro lavoro quotidiano, per l’educazione dei nostri figli, per il nostro impegno per il bene di tutti. Al Meeting renderemo presenti germogli di riconciliazione che nascono in mezzo alle guerre, incontri che sono diventati cantieri di pace”.
Anche il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli è tornato sul tema del Meeting, ricordando che “l’essenziale della giustizia è rappresentato dai tanti magistrati italiani competenti e autorevoli che operano quotidianamente per il ‘bene’ del Paese, privilegiando la dimensione del servizio e la spinta ideale propria della funzione, alla dimensione del potere.
Uno di questi giovani magistrati era Rosario Livatino, che verrà ricordato anche nel corso della prossima edizione del Meeting, certamente per il sacrificio della sua giovane vita, ma anche per il modello di magistrato che ha proposto: un modello di ‘magistrato costituzionale’ che parla a tutta la magistratura d’oggi, anticipando temi divenuti cruciali e offrendo una testimonianza ricca di spunti per la riflessione attuale”.
Ogni giornata del Meeting 2024 sarà arricchita dal contributo di personalità di primo piano dal mondo istituzionale, culturale, accademico e imprenditoriale, nonché esponenti della Chiesa e di fedi e culture diverse. La relazione sul tema del Meeting sarà tenuta mercoledì 21 agosto alle 15.00 da p. Adrien Candiard, domenicano francese membro dell’Institut dominicain d’études orientales.
Tra le presenze istituzionali anche il presidente della Corte Costituzionale Augusto Barbera, i vicepresidenti del Consiglio Antonio Tajani e Matteo Salvini, il commissario europeo per l’Economia Paolo Gentiloni, il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, il presidente del Cnel Renato Brunetta, il presidente della Banca d’Italia Fabio Panetta e l’Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà.
In Fiera a Rimini sarà allestita una superficie di circa 120.000 metri quadrati, che ospiterà 140 convegni con circa 450 relatori italiani e internazionali; 14 saranno le mostre e 17 gli spettacoli, molti dei quali si terranno nel cittadino Teatro Galli (i biglietti sono disponibili sulla piattaforma Vivaticket). Il Villaggio Ragazzi Yoga, che si estenderà su una superficie di 3.700 mq, ha un programma fittissimo che comprende mostre, incontri, spettacoli e laboratori con oltre un centinaio di eventi.
Più che raddoppiato lo spazio riservato alla Cittadella dello Sport, che supera i 15mila mq, con le collaborazioni consolidate del Centro Sportivo italiano e di Derthona Basket. Si conferma infine il determinante apporto dei volontari giunti dall’Italia e dal mondo, ben 3.000, il 60% dei quali di età inferiore ai trent’anni.
In crescita le aziende partner del Meeting 2024, che quest’anno ammontano a 180. Anche da parte delle istituzioni c’è grande attenzione: il Ministero per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale gestirà un’area dedicata al tema ‘C’è un’Italia che coopera’, mentre l’approfondimento che da anni il Meeting svolge sui temi delle infrastrutture, dei trasporti, della riqualificazione urbana e dell’ambiente si concretizzerà in spazi fisici a cui parteciperanno anche il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica e il Ministero delle Infrastrutture.
(Foto: Meeting di Rimini)
Chiesa e musica: un cammino possibile sulle orme del Sangue di Cristo!
L’Unione Sanguis Christi Music (USC Music) è il nome del dipartimento artistico della Famiglia del Preziosissimo Sangue. Essa esiste in forza di una missione, che è veicolare il Vangelo di Cristo a più persone possibili; di un carisma, che è quello dei figli di San Gaspare del Bufalo, fondatore della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue e del prossimo Beato Giovanni Merlini, III Moderatore Generale dell’Istituto, e di una spiritualità, che è quella del Sangue di Cristo, il cui grido attesta la dignità e la preziosità di ogni vita.
“Il progetto – racconta don Francesco Cardarelli, Missionario del Preziosissimo Sangue e responsabile dell’USC Music, – fiorisce nell’ultimo decennio parallelamente all’espansione del movimento laicale USC, e dalla fortunata sinergia di più Missionari del Preziosissimo Sangue insieme ad artisti laici. In occasione del grande raduno della Famiglia del Preziosissimo Sangue insieme a Papa Francesco, vissuto il 1° luglio 2018 nell’aula Paolo VI in Vaticano, nasce ‘L’arma di ogni tempo’, inno al Sangue di Cristo e brano che diventa il manifesto della USC.
Nel 2018 nasce il primo album ‘Acqua, vento e fuoco’, contenente 14 tracce realizzate con il contributo di vari autori ed interpreti che, nel corso degli anni, si sono alternati e susseguiti. Iniziava a prendere forma una realtà che sognavo da tanto tempo: un insieme di persone, sacerdoti e laici, accomunate dalla stessa esigenza di esprimere in musica la loro fede, il loro essere Chiesa, la loro appartenenza alla spiritualità del Divin Sangue, in totale spirito di servizio e gratuità.
Al primo disco ne segue un secondo, ‘Berit’, ciclo tematico di brani che mettono in musica la relazione di Alleanza fra Dio e l’uomo nella sua evoluzione dall’Antico al Nuovo Testamento. La qualità dei brani continua a crescere e l’esperienza aumenta a seguito di eventi organizzati per offrire catechesi bibliche musicali. Infine, nel 2022, esce il terzo album ‘Davanti a tutti i popoli’, un percorso intriso di Parola e di spiritualità, di dolore in elaborazione e di tanta speranza”.
“Ad oggi – sottolinea don Francesco – condivido il progetto con tre artisti meravigliosi: Sara Giovannoni, Pietro Dei Giudici e Gian Anciro. Non sono l’unico Missionario del Preziosissimo Sangue a scrivere canzoni, con me c’è il confratello ed amico fraterno don Alberto Celani. Con ciascuno di loro vivo la mia appartenenza alla USC anche nell’arte, e amo trasmetterla a tutti coloro che possiamo arrivare a raggiungere, condividendo il sogno di Gaspare di ‘intenerire ogni cuore al Sangue Preziosissimo di Cristo’”.
Il 24 giugno 2024, uscirà un nuovo album dal titolo ‘Ecco l’eco’. I brani di cui si compone partono dalla vita concreta in tutte le sue falle, da come la Parola la schiude all’eternità e di come il Sangue di Cristo la renda degna di insigne valore. Tutti gli album sono ascoltabili sulla piattaforma di Spotify. L’USC Music animerà la VII Koinè del Preziosissimo Sangue, raduno nazionale che si svolgerà dal 5 al 7 luglio 2024, presso la Fraterna Domus a Sacrofano (RM).
A Roma festa patronale in onore di san Gaspare del Bufalo
Fino al 9 giugno 2024 presso la parrocchia San Gaspare del Bufalo a Roma, situata nel quartiere Tuscolano, si terrà la consueta festa patronale in onore di San Gaspare del Bufalo, fondatore della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Il parroco, don Domenico D’Alia, evidenzia che “il desiderio da sette anni di voler celebrare la festa patronale, in onore di san Gaspare del Bufalo, diversa da quella onomastica che ricorre il 21 ottobre, ha come obiettivo quello di fare una festa di tutta la comunità che manifesti il patrocinio di san Gaspare sul popolo e che vada a concludere l’anno pastorale. Nessuna data poteva essere più consona come quella vicina al 12 giugno, giorno in cui ricorre l’anniversario di canonizzazione di san Gaspare del Bufalo, di cui quest’anno celebriamo i 70 anni (1954 – 2024).
Si terrà un triduo di preparazione fino all’8 giugno, alle ore 18:30, predicato da don Giacomo Manzo, Missionario del Preziosissimo Sangue e direttore di Primavera Missionaria, che metterà in correlazione le figure di san Gaspare del Bufalo e del prossimo Beato, il Venerabile don Giovanni Merlini. Inoltre, due grandi eventi accompagneranno questi giorni di festa: il primo, venerdì 7 giugno alle ore 20:45, con la VI rassegna Roma CoRossal, legato per la terza volta all’iniziativa della “Lunga Notte delle Chiese”, che vedrà coinvolte tre diverse realtà corali.
Sabato 8 giugno, invece, si svolgerà la Festa dei Popoli in oratorio alle ore 20:00: “Tredici popoli ci faranno degustare i loro piatti tipici all’insegna della solidarietà e dell’integrazione sociale. Infine, domenica 9 giugno, alle ore 19:00, avremo la Solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta dall’arcivescovo mons. Emilio Nappa, presidente delle Pontificie Opere Missionarie. Al termine della celebrazione, si terrà la processione con la statua di San Gaspare per le vie del quartiere di Arco di Travertino”.
Claudio Silvestri, direttore del Coro DecimaQuinta, condivide che “la rassegna corale, ormai giunta alla VI edizione, è nata e cresciuta insieme con il nostro Coro proprio nella Parrocchia San Gaspare del Bufalo, diventando così un punto di incontro tra le diverse realtà corali. Il concerto, in programma per venerdì 07 giugno alle ore 20:45, si inserisce all’interno della ‘Lunga Notte delle Chiese’ che si svolge ormai da diversi anni. Il tema di quest’anno è ‘Trovami’ e dà una risposta in qualche modo alla domanda dello scorso anno, la cui tematica era Dove sei?”.
“Il concerto – evidenzia il M° Silvestri – è realizzato in collaborazione con il gruppo missionario ‘Opere di San Gaspare’ a sostegno dei progetti in Africa di Fondazione Primavera Missionaria, che verranno illustrati nella serata anche ascoltando testimonianze dirette. Alla rassegna corale parteciperanno gli amici del Coro Giovanni Pierluigi da Palestrina, diretti dal Maestro Vinicio Lulli e, da quest’anno, anche il JC Choir, diretto dal Maestro Stefano Natale, Coro proveniente dal quartiere Centocelle di Roma della John Coltrane Music School”.
Papa Francesco: la diversità è una ricchezza per la pace
Pur se ancora afono, papa Francesco ha ricevuto in udienza i partecipanti all’incontro promosso dalle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali sul tema ‘Indigenous Peoples Knowledge and the Sciences. Combining knowledge and science on vulnerabilities and solutions for resilience’ con particolare attenzione alle popolazioni indigene dell’America Latina, lanciando la proposta del dialogo con le conoscenze dei popoli indigeni come una via per una risoluzione non violenta dei conflitti, ma anche come contrasto alle nuove forme di schiavitù e alla povertà:
“Ricordo che anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (la FAO), tre anni fa, ha organizzato giornate di studio sui sistemi alimentari indigeni. Ne è nata una Piattaforma che riunisce scienziati indigeni e non indigeni, studiosi ed esperti, per stabilire un dialogo volto a garantire la salvaguardia dei sistemi alimentari delle popolazioni originarie.
Anche in continuità con quell’esperienza, accolgo con apprezzamento la vostra iniziativa che porta avanti tale ricerca. Direi anzitutto che questa è un’opportunità per crescere nell’ascolto reciproco: ascoltare le popolazioni indigene, per imparare dalla loro sapienza e dal loro stile di vita, e nello stesso tempo ascoltare gli scienziati, per imparare dai loro studi”.
E’ un’occasione per riconoscere che le ‘diversità’ sono una ricchezza: “Inoltre, questo seminario di studio lancia un messaggio ai governi e alle organizzazioni internazionali, perché riconoscano e rispettino la ricchezza della diversità all’interno della grande famiglia umana. Nel tessuto dell’umanità ci sono culture, tradizioni, spiritualità, lingue differenti che hanno bisogno di essere protette, perché la loro perdita costituirebbe per tutti noi un impoverimento della conoscenza, dell’identità, della memoria.
Per questo è necessario che i progetti di ricerca scientifica, e dunque gli investimenti, siano orientati sempre più decisamente alla promozione della fratellanza umana, della giustizia e della pace, così che le risorse possano essere destinate in modo coordinato a rispondere alle sfide urgenti che interessano la casa comune e la famiglia dei popoli”.
Però occorre una visione ‘alternativa’: “Ci rendiamo conto che, per realizzare tale obiettivo, si richiede una conversione, una visione alternativa a quella che oggi spinge il mondo sulla via di una crescente conflittualità. Incontri come il vostro vanno in questa direzione: infatti, il dialogo aperto tra i saperi originari e le scienze, tra le comunità di saggezza nativa e quelle scientifiche può contribuire ad affrontare in modo nuovo, più integrale e anche più efficace questioni cruciali come, ad esempio, quelle dell’acqua, del cambiamento climatico, della fame, della biodiversità. Questioni che, come ben sappiamo, sono tutte tra loro connesse”.
Questa visione di fraternità, proposta dal papa, è un antidoto alla guerra: “Grazie a Dio non mancano segnali positivi in tal senso, come l’inclusione da parte delle Nazioni Unite dei saperi indigeni quale componente centrale del Decennio Internazionale delle Scienze per lo Sviluppo Sostenibile. Un segno da promuovere e da sostenere, unendo insieme le forze.
Per questo, nel dialogo tra saperi indigeni e scienza, dobbiamo avere ben chiaro e tenere sempre presente che tutto questo patrimonio di conoscenze va utilizzato per imparare a superare i conflitti in modo non violento e a contrastare la povertà e le nuove forme di schiavitù. Dio, Creatore e Padre di tutti gli esseri umani e di tutto ciò che esiste, ci chiama oggi a vivere e a testimoniare la nostra vocazione alla fraternità universale, alla libertà, alla giustizia, al dialogo, all’incontro reciproco, all’amore e alla pace, evitando di alimentare l’odio, i rancori, le divisioni, la violenza e la guerra”.
In questo senso papa Francesco ha ribadito che l’umanità è custode e non padrona del creato, attraverso una conversione ecologica: “Dio ci ha fatto custodi e non padroni del pianeta: siamo chiamati tutti a una conversione ecologica, impegnati a salvare la nostra casa comune e a vivere una solidarietà intergenerazionale per salvaguardare la vita delle generazioni future, invece che dissipare le risorse e aumentare le disuguaglianze, lo sfruttamento e la distruzione… La Chiesa è con voi, alleata dei popoli indigeni e del loro sapere, e alleata della scienza per far crescere nel mondo la fraternità e l’amicizia sociale”.
Mentre ieri i vescovi italiani hanno ringraziato papa Francesco per gli 11 anni di pontificato: “Riforma è la conversione missionaria cui siamo tutti chiamati. Chiesa è la comunità dei discepoli missionari che vivono il Vangelo. Beatissimo Padre, ogni anniversario è occasione preziosa per testimoniare l’affetto verso le persone care, ma anche il momento in cui esprimere la propria gratitudine per i doni ricevuti nel tempo. Nel fare memoria di quel 13 marzo 2013 rinnoviamo dunque l’impegno ad annunciare il Vangelo in questa nostra storia. Siamo convinti che questo sia il regalo più bello che possiamo donarLe: ‘Evangelii gaudium’, la gioia del Vangelo”.
(Foto: Santa Sede)
Da Lubiana i giovani camminano per la pace
Alla fine di ogni anno migliaia di giovani provenienti da vari Paesi si riuniscono per cinque giorni in una città europea, per pregare e condividere la vita della popolazione e delle comunità ecclesiali locali; e così, dopo Madrid, Breslavia, Torino e Rostock, il 46° Meeting europeo della Comunità di Taizé si incontra da oggi fino a lunedì 1° gennaio 2024 a Lubiana, che ha come filo conduttore la lettera per il 2024 scritta dal nuovo priore di Taizé, fratel Matthew, intitolata ‘Camminare insieme’, secondo la testimonianza di un giovane, appena arrivato nella capitale slovena:
Da Firenze una marcia per la pace in Medio Oriente
“Ancora una volta il mio pensiero va a quanto sta accadendo in Israele e in Palestina. Sono molto preoccupato, addolorato, prego e sono vicino a tutti coloro che soffrono, agli ostaggi, ai feriti, alle vittime e ai loro familiari. Penso alla grave situazione umanitaria a Gaza e mi addolora che anche l’ospedale anglicano e la parrocchia greco-ortodossa siano stati colpiti nei giorni scorsi.