Tag Archives: Condivisione

Un Dono di Accoglienza: il nuovo trend dei Buoni Soggiorno

L’Associazione Ospitalità Religiosa Italiana lancia una novità che unisce accoglienza e significato: i buoni regalo per soggiorni nelle case religiose e non-profit in tutta Italia. Un’idea regalo perfetta per chi desidera offrire un’esperienza autentica, all’insegna della serenità e del valore.

I buoni, disponibili per qualsiasi importo, possono essere utilizzati presso oltre 1.000 strutture ricettive che fanno parte della rete dell’Associazione. Si tratta di luoghi unici, dove accoglienza, spiritualità e cultura si incontrano. Dalle case religiose immerse nella natura alle strutture nei centri storici delle città d’arte, ogni soggiorno è un’occasione per vivere momenti di pace e scoprire la bellezza del territorio italiano.

“Con questa iniziativa vogliamo offrire un dono che non sia solo materiale, ma che racchiuda un’esperienza di valore e un messaggio di condivisione” spiega Fabio Rocchi, presidente dell’Associazione. I buoni regalo sono acquistabili online sul sito ufficiale ospitalitareligiosa.it nella sezione PROPOSTE e permettono massima flessibilità: chi li riceve potrà scegliere quando e dove utilizzarli, rendendo il regalo personalizzato e su misura.

Un’idea innovativa, che unisce tradizione e modernità, perfetta per chi cerca un dono speciale per le feste natalizie, compleanni o altre occasioni importanti.

Oltre l’assistenza: un’amicizia che trasforma la povertà

C’è un’Associazione che da 191 anni è accanto agli ultimi, ai vulnerabili, agli invisibili: la Società di San Vincenzo De Paoli, che in occasione della VIII Giornata mondiale dei Poveri ha deciso di offrire un segno tangibile.

“In tutto il Paese – dichiara Paola Da Ros, Presidente della Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli ODV – si moltiplicano le iniziative a favore dei bisognosi: raccolte di alimenti, pranzi ed altre attività da svolgere insieme come le visite ai musei o la partecipazione a spettacoli teatrali. Quest’anno, insieme agli altri membri della Famiglia Vincenziana Italia consegneremo 1.300 zaini contenenti prodotti per la cura e l’igiene personale ed altri generi di conforto alle persone che parteciperanno al pranzo con Papa Francesco in Vaticano domenica 17 novembre”.

Un dono che rappresenta un’opportunità per farsi prossimi all’umanità ferita. Un beneficio tangibile che viene rinnovato, giorno dopo giorno, attraverso la vicinanza di oltre 11.300 soci e volontari che, in tutta Italia, supportano 30.000 famiglie – più di 100.000 persone -. Questo aiuto va oltre l’assistenza materiale, perché i volontari della Società di San Vincenzo De Paoli incontrano i più fragili visitandoli nelle loro case, negli ospedali, nelle residenze per anziani, nelle strade e perfino nelle carceri. Portano loro un pacco viveri o un sostegno economico che non è il fine dell’incontro, ma solo un mezzo per instaurare una relazione duratura nel tempo.

Perché il vincenziano rappresenta, per chi gli si affida, un punto di riferimento, un confidente, un amico, una guida saggia e non soltanto una persona che eroga servizi. Così il volontario, coinvolgendo le famiglie in un percorso di crescita personale, diventa anche stimolo a migliorarsi e cercare di acquisire nuove competenze da spendere nel mondo del lavoro, ad adottare stili di vita più consapevoli e a ritrovare il proprio posto nella società. “È un modo di aiutare – prosegue la Presidente Da Ros – che non si limita a risolvere una criticità immediata, ma produce cambiamenti e risultati che si mantengono nel tempo”.

Comunione, condivisione, reciprocità, solidarietà sono le parole del corpo semantico Carità che ben racchiude il significato della Giornata mondiale dei poveri. Ogni gesto quotidiano teso verso gli ultimi è un segno di reciproca Carità che eleva non solo l’indigente ma anche chi accoglie la sofferenza dell’altro e tende la mano per condividerla.

Uno scambio che consente di vedere “nei volti e nelle storie dei poveri che incontriamo nelle nostre giornate” (Papa Francesco nel messaggio per l’VIII Giornata mondiale dei poveri) un momento unico e propizio per stare accanto a chi è nel bisogno ed aiutarlo ad elevarsi dalla condizione di povertà, proprio come raccomandava il fondatore della Società di San Vincenzo De Paoli, il beato Federico Ozanam: «L’assistenza umilia quando si preoccupa soltanto di garantire le necessità terrene dell’uomo, ma onora quando unisce al pane che nutre, la visita che consola, il consiglio che illumina, la stretta di mano che ravviva il coraggio abbattuto, quando tratta il povero con rispetto» (da “l’assistenza che umilia e quella che onora”, L’Ere Nouvelle, 1848).

“La Giornata Mondiale dei Poveri è per tutta la Chiesa un’opportunità per prendere coscienza della presenza dei poveri nelle nostre città e comunità, e per comprendere le loro necessità”, afferma Padre Valerio Di Trapani CM, Visitatore della Provincia d’Italia dei Padri della Missione. Il 17 novembre 2024 ogni uomo è chiamato a vivere un momento di riflessione attorno al tema “La preghiera del povero sale fino a Dio” (cfr Sir 21,5) con cui il Papa ha voluto ribadire che i poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio, che è attento e vicino a ognuno di loro. 

Per la Società di San Vincenzo De Paoli questo rappresenta la quotidianità: “Accanto ai vincenziani che svolgono la visita a domicilio – conclude la Presidente Paola Da Ros – da nord a sud, le nostre strutture si fanno carico delle sfide sociali più complesse: accoglienza temporanea, condomini, negozi ed empori solidali, mense, dormitori, ambulatori, borse lavoro, laboratori di cucito e cucina, centri per il doposcuola e altre iniziative di sostegno allo studio e persino una stireria solidale”.

Da Trieste l’impegno dei cattolici per una riscoperta della ‘tensione costituente’

Pregando per la pace nelle zone martoriate dalla guerra ieri a Trieste papa Francesco ha concluso la 50^ Settimana Sociale dei cattolici italiani con l’invito a raccogliere la sfida della democrazia: “Trieste è una di quelle città che hanno la vocazione di far incontrare genti diverse: anzitutto perché è un porto, è un porto importante, e poi perché si trova all’incrocio tra l’Italia, l’Europa centrale e i Balcani. In queste situazioni, la sfida per la comunità ecclesiale e per quella civile è di saper coniugare l’apertura e la stabilità, l’accoglienza e l’identità.

Ed allora mi viene da dire: avete le ‘carte in regola’. Grazie! Avete le ‘carte in regola’ per affrontare questa sfida! Come cristiani abbiamo il Vangelo, che dà senso e speranza alla nostra vita; come cittadini avete la Costituzione, ‘bussola’ affidabile per il cammino della democrazia. Ed allora, avanti! Avanti. Senza paura, aperti e saldi nei valori umani e cristiani, accoglienti ma senza compromessi sulla dignità umana. Su questo non si gioca”.

Quindi un impegno molto importante raccolto subito dalle associazioni con le ‘carte in regola’, presenti nella città (Azione Cattolica Italiana, ACLI, Associazioni, Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani, Comunità di Sant’Egidio, Fraternità di Comunione e Liberazione, Movimento Cristiano Lavoratori, Movimento Politico per l’Unità Focolari, Rinnovamento nello Spirito e Segretaria della Consulta nazionale delle aggregazioni laicali), che hanno inviato una lettera agli italiani, sottolineando il loro impegno a difesa della democrazia, che sia sempre più partecipata dal basso e sostanziale, al servizio degli ultimi e dei deboli:

“Siamo una realtà plurale, accomunata dall’appartenenza ecclesiale, e riconosciamo tale condizione come una ricchezza che ci anima ancora di più nella ricerca quotidiana di ascolto attento, confronto leale, dialogo paziente e collaborazione costruttiva. Siamo altresì consapevoli che in questo tempo, attraversato dalla violenza della guerra e dalla crescita delle disuguaglianze, la democrazia è un bene sempre più fragile che esige una cura che non può escludere nessuno”.

Ed hanno raccolto ben volentieri, dopo la lettera di ‘intenti’ dello scorso maggio, le sfide del papa: “Mantenere viva la democrazia è, come ci ha ricordato papa Francesco, una sfida che la storia oggi ci pone, incoraggiando tutti a lavorare perché l’impegno a rigenerare le istituzioni democratiche possa sempre più essere a servizio della pace, del lavoro e della giustizia sociale”.

Per questo hanno chiesto di escogitare soluzioni di pace per fermare le guerre: “Non possiamo innanzitutto tacere la nostra viva e crescente preoccupazione per la guerra. La guerra continua a mietere vittime e a produrre distruzioni in Ucraina, in Terra Santa, nel Sudan, in Congo e in altre regioni del mondo. La guerra, che si insinua anche nella nostra società, si fa cultura, modo di pensare, di parlare, di vedere il mondo”.

Solo con la pace si costruisce la democrazia: “Vogliamo quindi affermare nuovamente il grande desiderio di pace che ci muove a chiedere di restituire all’Italia e all’Europa una missione di pace. La pace è il fondamento della democrazia. La guerra corrode e corrompe la democrazia. Oggi per noi andare al cuore della democrazia significa confermare e chiedere alla società, alla politica, alle istituzioni una scelta per la pace che si faccia azione concreta”.

Hanno richiamato il valore che ancora oggi è vivo della Costituzione italiana, nata dalla condivisione di tutte le esperienze democratiche: “La nostra Costituzione è nata da uno spirito di condivisione, che ha consentito di superare le barriere ideologiche per costruire la casa comune e promuovere un ampio sviluppo del Paese, facendo tesoro della libertà conquistata dopo la dittatura fascista e l’esperienza distruttiva della Seconda guerra mondiale”.

E’ stato un servizio che i cattolici hanno offerto a tutti gli italiani: “I cattolici si sono messi al servizio di quest’opera civile di straordinario valore. Vi hanno contribuito con la loro fede, con il loro impegno, con le loro idee. Lo hanno fatto camminando insieme a donne e uomini di cultura diversa, cercando di dare alla comunità un destino migliore e un ordinamento più giusto, convinti che la solidarietà accresce la qualità della vita e che la prima prova di ogni democrazia sia l’attenzione a chi ha maggior bisogno”.

E’ un invito a riscoprire quello ‘spirito’ che ha permesso la democrazia in Italia anche oggi: “Di questo spirito costituente e costituzionale di condivisione abbiamo ancora bisogno oggi. Per questo sentiamo la necessità di interrogarci su come infondere ancora una volta questo spirito nel tessuto della nostra società, della nostra patria e della nostra Europa.

La crisi della rappresentanza e della partecipazione richiede uno sforzo condiviso per aggiornare le istituzioni repubblicane e ripensare la politica al fine di riavvicinare alla partecipazione democratica i cittadini, le nuove generazioni e le periferie, geografiche ed esistenziali, del Paese”.

E chiedono una collaborazione tra le forze politiche per sconfiggere l’astensionismo ed il ‘malessere’ democratico, che si attua attraverso percorsi condivisi: “Per questo motivo, in un contesto di astensionismo allarmante, e in un quadro europeo e internazionale caratterizzato da spinte che mettono in discussione il senso stesso della democrazia, sentiamo il dovere di favorire in ogni modo il dialogo sulle riforme costituzionali.

Desideriamo affermare che ogni riforma della Costituzione, nata da istanze sociali plurali e concorrenti, debba essere frutto di una comune responsabilità nell’incontro, che crediamo sempre possibile, tra le argomentazioni e le ragioni di ciascuna parte”.

Quindi le associazioni invitano a riscoprire una ‘tensione costituente’ per la dignità umana: “E’ necessaria oggi più che mai quella tensione costituente, che recuperi con magnanimità un desiderio di confronto reciproco nelle differenze, che superi il rischio di radicali polarizzazioni e che diventi impegno a realizzare, a ogni livello, quella ‘democrazia sostanziale’, la quale consiste nella piena concretizzazione dei diritti sociali per i poveri, per gli ‘invisibili’ e per ogni persona nella sua infinita dignità che rappresentano (come ha ricordato papa Francesco) il cuore ferito della democrazia perché la democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e dell’ecologia integrale”.

Ed infine un impegno per il bene degli italiani: “Ci sentiamo impegnati, a partire dall’ambito educativo, a dare vita ad una democrazia partecipata e dal basso, garantita dall’equilibrio di pesi e contrappesi dell’assetto istituzionale della Repubblica, e sostenuta dalla promozione delle autonomie locali in una prospettiva sussidiaria e solidale. Nella consapevolezza che, come ci ha ricordato il capo dello Stato: la democrazia non è mai conquistata per sempre”.

A Tolentino inaugurata una statua alla santa Madre Teresa di Calcutta

Nel dicembre dello scorso anno la Comunità albanese di Tolentino ha festeggiato il 111° anniversario dell’indipendenza dell’Albania alla presenza dell’ambasciatrice della Repubblica del Kosovo, Lendita Haxhitasim, e del sindaco della città, Mauro Sclavi, i quali hanno ‘scoperto’ la statua dedicata a santa Madre Teresa di Calcutta, posizionata nel quartiere di viale Benadduci, benedetta da don Gianni Compagnucci, parroco della concattedrale di san Catervo, che all’inizio della sua vocazione di sacerdote è vissuto per oltre un anno in Albania.

La statua, alta 165 cm, realizzata in bronzo, da un artista kosovaro, è stata donata dalla famiglia di Gzim Gashi per ringraziare la Comunità tolentinate per quanto fatto in favore del popolo albanese. Infatti Gashi, a partire dal 1999, grazie alla collaborazione del Sermit e del comune tolentinate, ha promosso una raccolta sistematica di genere alimentari e di prima necessità che erano donati dai tolentinati e che lui personalmente trasportava ogni mese in Albania, poi distribuiti per aiutare le famiglie in difficoltà. 

Al termine dell’inaugurazione abbiamo chiesto a Gashi Gzim di spiegare il motivo per cui ha donato una statua dedicata a santa Madre Teresa: “Lei è un simbolo del nostro Paese, perché è nata a Skopje ed è di origine albanese. Ha donato tutta se stessa alle persone bisognose di tutto il mondo; ha vissuto in posti, da cui tutti fuggivano; invece lei è stata lì. Sono orgoglioso che è parte della nostra comunità albanese.

La prima cosa a cui ho pensato è stata quella di donare la statua alla città di Tolentino, perché nel 1999 quando il popolo kosovaro è fuggito dall’Albania, perché era un Paese povero e non poteva ospitare le persone evacuate dal Kosovo  per trovare la salvezza, è stato ospitato dalle città italiane. In quel tempo eravamo un unico Paese. Io sono a Tolentino da più di 30 anni e sono stato ben accolto.

Arrivato in città da Bari il presidente del Ser.Mi.T (Servizio Missionario Tolentino) di quel tempo, Sandro Luciani, mi ha accolto ed aiutato a sistemarmi; anche tutti i cittadini ci ha aiutato con cibo e vestiario. Quindi con questa statua voglio ringraziare la città per l’accoglienza. Poi mi hanno aiutato a trovare un lavoro ed una degna sistemazione: la statua è un pensiero per condividere il bene ricevuto”.

Per quale motivo ha regalato alcuni volumi su Madre Teresa al Sermit?

“Don Gjergje, sacerdote nella Pristina, ha seguito molto la storia della santa albanese ed ha scritto molti libri, tra cui ‘La spiritualità di Madre Teresa, in quanto ha trascorsi alcuni anni in missione con lei e voleva essere presente in città all’inaugurazione. Purtroppo non è potuto essere presente, ma mi ha consegnato alcuni libri da regalare al Sermit”.

Cosa è stato per lei il Sermit?

“Per me è stato un punto di riferimento, perché quello che il Sermit ha fatto per me è stato straordinario. I libri sono solo una testimonianza per tutte le persone che svolgono questo servizio di volontariato”.

Per chi voglia sostenere l’opera del SerMiT:

Intesa San Paolo IBAN: IT 94 D 03069 69200 100000 006377;

Poste Italiane: IBAN: IT 66 N 07601 13400 000014 616627.

Domani la Giornata Nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica

Domenica 5 maggio torna la Giornata Nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica. Nelle circa 25.500 parrocchie del Paese, infatti, ai fedeli sarà ricordato che il sostegno economico della Chiesa è affidato a loro e che la firma per la destinazione dell’8xmille del gettito Irpef è uno degli strumenti essenziali.

Anche quest’anno la Conferenza Episcopale Italiana ripropone lo slogan lanciato lo scorso anno: ‘Una firma che fa bene’. Un’affermazione declinata su una serie di piccoli o grandi gesti di altruismo, che non fanno sentire bene solo chi li riceve, ma anche chi li compie: “Una comunità cresce ed è viva quando può contare sul contributo di ciascuno – osserva Mons. Ivan Maffeis, Presidente del Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica: la corresponsabilità passa anche dalla firma sulla dichiarazione dei redditi, che esprime appartenenza, fraternità effettiva e condivisione.

Grazie ai fondi 8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica i territori delle diocesi e delle parrocchie che sono in Italia possono far tesoro di risorse che vanno a beneficio di tutti, indistintamente. Gli interventi spaziano dalle iniziative di accoglienza e solidarietà delle Caritas alle strutture educative, sportive e formative dei nostri Oratori; dagli interventi di restauro e valorizzazione delle nostre chiese al sostegno della missione dei sacerdoti”.

Solamente nell’anno 2023 sono stati assegnati oltre 243 milioni di euro per interventi caritativi (di cui 150 destinati alle diocesi per la carità, 13 ad esigenze di rilievo nazionale di cui circa la metà destinati a Caritas Italiana e 80 ad interventi a favore dei Paesi più poveri). Accanto a queste voci figurano 403 milioni di euro per il sostentamento degli oltre 32.000 sacerdoti che si spendono a favore delle comunità e che sono spesso i primi motori delle opere a sostegno dei più fragili. Ed oltre 352.000.000 di euro per esigenze di culto e pastorale, voce che comprende anche la tutela dei beni culturali ed ecclesiastici anche con interventi di restauro per continuare a tramandare arte e fede alle generazioni future oltreché sostenere l’indotto economico e turistico locale.

La firma non costa nulla al contribuente ed è un diritto di tutti coloro che percepiscono un reddito: chi presenta il 730, chi presenta il modello Redditi, ma anche chi possiede unicamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e non è obbligato a presentare alcuna dichiarazione. Anche questi ultimi, infatti, possono esprimere la propria preferenza per la destinazione dell’8xmille utilizzando il modulo messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate e disponibile qui https://www.8xmille.it/wp-content/uploads/2024/04/Scheda_Modello_persone_fisiche_300424.pdf.

A breve, così come ogni anno, verrà pubblicato sui siti www.8xmille.it e https://rendiconto8xmille.chiesacattolica.it/ il rendiconto dettagliato di tutto il denaro utilizzato nell’anno precedente.

Firmare è dunque una scelta di responsabilità per ogni credente, ma spesso lo è anche da parte di chi non crede, perché sa che quelle risorse vengono utilizzate per il bene di tutta la comunità, cattolica e non, e poi rendicontate. Solamente nel 2022 (secondo gli ultimi dati disponibili) sono stati oltre 11 milioni e mezzo i cittadini che lo hanno fatto. Potranno essere ancora molti di più, nella misura in cui le comunità cristiane faranno la propria parte attivamente affinché ciascuno eserciti responsabilmente questo diritto di scelta.

(Foto: CEI)

Papa Francesco: l’amore rende migliori

Mattina con i nonni e le nonne per papa Francesco, grazie all’incontro ‘La carezza e il sorriso’, promosso dalla Fondazione ‘Età Grande’, in cui ha sottolineato l’importanza degli anziani per gli insegnamenti con un saluto particolare al ‘nonno’ d’Italia, Lino Banfi:

“E’ bello accogliervi qui, nonni e nipoti, giovani e meno giovani. Oggi vediamo, come dice il Salmo, quanto è bello stare insieme. Basta guardarvi per capirlo, perchè tra voi c’è amore. E proprio su questo vorrei che riflettessimo un momento: sul fatto che l’amore ci rende migliori, ci rende più ricchi e ci rende più saggi ad ogni età”.

Durante l’incontro il papa ha sottolineato che l’amore rende migliori: “Lo mostrate anche voi, che vi migliorate a vicenda volendovi bene. E ve lo dico da ‘nonno’, col desiderio di condividere la fede sempre giovane che unisce tutte le generazioni. Anch’io l’ho ricevuta da mia nonna, dalla quale per prima ho imparato a conoscere Gesù, che ci ama, che non ci lascia mai soli, e che ci sprona a farci anche noi vicini gli uni agli altri e a non escludere mai nessuno. Io ricordo ancora oggi le prime preghiere che mi ha insegnato la nonna”.

Ed ha raccontato alcune sue storie di famiglia: “E’ da lei che ho sentito la storia di quella famiglia dove c’era il nonno che, siccome a tavola non mangiava più bene e si sporcava, era stato allontanato, messo a mangiare da solo. E non era una cosa bella (la nonna mi ha raccontato questa storia), non era una cosa bella anzi, era molto brutta!

Allora il nipotino (continua la storia che mi aveva raccontato la nonna) il nipotino si è messo a trafficare per qualche giorno con martello e chiodi e, quando il papà gli ha chiesto cosa stesse facendo, ha risposto: ‘Costruisco un tavolo per te, per farti mangiare da solo quando diventi vecchio!’

Questo mi ha insegnato la mia nonna, e io non ho dimenticato mai questa storia. Non dimenticatela neanche voi, perché è solo stando insieme con amore, non escludendo nessuno, che si diventa migliori, si diventa più umani!”

Per il papa è necessaria la condivisione: “La nostra società è piena di persone specializzate in tante cose, ricca di conoscenze e di mezzi utili per tutti. Se però non c’è condivisione e ognuno pensa solo a sé, tutta la ricchezza va perduta, anzi si trasforma in un impoverimento di umanità.

E questo è un grande rischio per il nostro tempo: la povertà della frammentazione e dell’egoismo. La persona egoista pensa di essere più importante se si mette al centro e se ha più cose, più cose… Ma la persona egoista è la più povera, perché l’egoismo impoverisce”.

Facendo riferimento ad alcune espressioni comuni il papa ha sottolineato la necessità di armonizzare le differenze: “Ma il mondo è uno solo! Ed è composto di tante realtà che sono diverse proprio per potersi aiutare e completare a vicenda: le generazioni, i popoli, e tutte le differenze, se armonizzate, possono rivelare, come le facce di un grande diamante, lo splendore meraviglioso dell’uomo e del creato. Anche questo ci insegna il vostro stare insieme: a non lasciare che le diversità creino spaccature tra noi! A non polverizzare il diamante dell’amore, il tesoro più bello che Dio ci ha donato”.

Quindi gli anziani non sono ‘scarto’: “Gli anziani non devono essere lasciati soli, devono vivere in famiglia, in comunità, con l’affetto di tutti. E se non possono vivere in famiglia, noi dobbiamo andare a cercarli e stare loro vicino. Pensiamoci un momento: non è molto meglio un mondo in cui nessuno deve aver paura di finire i suoi giorni da solo?

Chiaramente sì. E allora costruiamolo questo mondo, insieme, non solo elaborando programmi di assistenza, quanto coltivando progetti diversi di esistenza, in cui gli anni che passano non siano considerati una perdita che sminuisce qualcuno, ma un bene che cresce e arricchisce tutti: e come tali siano apprezzati e non temuti”.

Infine l’amore rende più saggi: “Non dobbiamo perdere la memoria. Ascoltate i nonni, specialmente quando vi insegnano col loro amore e con la loro testimonianza a coltivare gli affetti più importanti, che non si ottengono con la forza, non appaiono con il successo, ma riempiono la vita”.

E’ il caso dei ‘nonni di Gesù: “Non è un caso che siano stati due anziani, mi piace pensare due nonni, Simeone e Anna, a riconoscere Gesù quando è stato portato al Tempio da Maria e Giuseppe. Sono stati questi due nonni a riconoscere Gesù, prima di tutti.

L’hanno accolto, preso tra le braccia e hanno compreso (solo loro l’hanno compreso) quello che stava succedendo: che cioè Dio era lì, presente, e che li guardava con gli occhi di un Bambino. Capite? Questi due anziani, solo loro si sono accorti, vedendo il piccolo Gesù, che era arrivato il Messia, il Salvatore che tutti aspettavano. Sono stati i vecchi a capire il Mistero”.

E’ stato il nonno a raccontare al papa la guerra: “Vedono lontano perché hanno vissuto tanti anni, e hanno tante cose da insegnare: ad esempio quanto è brutta la guerra. Io, tanto tempo fa, l’ho imparato proprio da mio nonno, che aveva vissuto il ’14, al Piave, la prima guerra mondiale, e che con i suoi racconti mi ha fatto capire che la guerra è una cosa orribile, da non fare mai”.

Ed infine un invito ai nipoti: “I nonni sono generosi, sanno coprire le cose brutte. Per favore, cercate i vostri nonni, non emarginateli, è per il vostro bene. L’emarginazione degli anziani corrompe tutte le stagioni della vita, non solo quella dell’anzianità. Mi piace ripetere questo. Voi invece imparate la saggezza dal loro amore forte, e anche dalla loro fragilità, che è un ‘magistero’ capace di insegnare senza bisogno di parole, un vero antidoto contro l’indurimento del cuore: vi aiuterà a non appiattirvi sul presente e a gustare la vita come relazione.

Ma non solo: quando voi, nonni e nipoti, anziani e giovani, state insieme, quando vi vedete e vi sentite spesso, quando vi prendete cura gli uni degli altri, il vostro amore è un soffio di aria pulita che rinfresca il mondo e la società e ci rende tutti più forti, al di là dei legami di parentela”.

Mentre ai seminaristi di Burgos il papa ha evidenziato la necessità di camminare nella carità: “Senza carità verso Dio e verso i fratelli, senza camminare ‘a due a due’ (come continua a dire l’evangelista) non possiamo portare Dio.

Manifestare poi una disponibilità assoluta al Signore, ‘pregandolo’ di ‘inviarci’, anche se sembriamo piccoli di fronte ad un lavoro così grande: la mietitura. E questo è molto importante. E poi l’atteggiamento di abbandono e di fiducia, affinché il vuoto si faccia solo nei nostri cuori per accogliere Dio e il nostro fratello…

Avere Dio in noi ci riempie di pace, una pace che possiamo comunicare, che possiamo portare in tutte le città, che possiamo desiderare per ogni casa. Riempiranno così della loro luce i campi che ora sembrano sterili, fecondandoli di speranza”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: condividere la gioia della Pasqua

“Oggi, Lunedì dell’Ottava di Pasqua, il Vangelo ci mostra la gioia delle donne per la risurrezione di Gesù: esse, dice il testo, abbandonarono il sepolcro con ‘gioia grande’ e ‘corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli’. Questa gioia, che nasce proprio dall’incontro vivo con il Risorto, è un’emozione prorompente, che le spinge a diffondere e raccontare ciò che hanno visto”: iniziando la recita del ‘Regina Caeli’, che accompagnerà la Chiesa nel periodo pasquale papa Francesco ha invitato ad alimentare la gioia della Pasqua.

La condivisione della gioia è sempre meravigliosa: “Condividere la gioia è un’esperienza meravigliosa, che impariamo fin da piccoli: pensiamo a un ragazzo che prende un bel voto a scuola e non vede l’ora di mostrarlo ai genitori, o a un giovane che raggiunge i primi successi sportivi, o a una famiglia in cui nasce un bambino. Proviamo a ricordare, ciascuno di noi, un momento tanto felice che era persino difficile esprimerlo a parole, ma che abbiamo desiderato raccontare subito a tutti!”

Quindi la gioia delle donne nel giorno di Pasqua è una notizia che ha cambiato la vita: “Ecco, le donne, il mattino di Pasqua, vivono quest’esperienza, ma in un modo molto più grande. Perché? Perché la risurrezione di Gesù non è solo una notizia stupenda o il lieto fine di una storia, ma qualcosa che cambia la nostra vita completamente e la cambia per sempre!”

E’ una nuova visione che dà speranza: “E’ la vittoria della vita sulla morte, questa è la resurrezione di Gesù. E’ la vittoria della speranza sullo sconforto. Gesù ha squarciato il buio del sepolcro e vive per sempre: la sua presenza può riempire di luce qualsiasi cosa. Con Lui ogni giorno diventa la tappa di un cammino eterno, ogni ‘oggi’ può sperare in un ‘domani’, ogni fine in un nuovo inizio, ogni istante è proiettato oltre i limiti del tempo, verso l’eternità”.

E’ un invito a condividere questa gioia della Resurrezione, che si sperimenta quotidianamente: “Fratelli, sorelle, la gioia della Risurrezione non è qualcosa di lontano. E’ vicinissima, è nostra, perché ci è stata donata nel giorno del Battesimo. Da allora anche noi, come le donne, possiamo incontrare il Risorto ed Egli, come a loro, ci dice: ‘Non temete!’.

Fratelli e sorelle, non rinunciamo alla gioia della Pasqua! Ma come alimentare questa gioia? Come hanno fatto le donne: incontrando il Risorto, perché è Lui la fonte di una gioia che non si esaurisce mai. Affrettiamoci a cercarlo nell’Eucaristia, nel suo perdono, nella preghiera e nella carità vissuta! La gioia, quando si condivide, aumenta. Condividiamo la gioia del Risorto”.

Mentre a conclusione della recita del ‘Regina Caeli’ il papa ha pregato per la pace: “Rinnovo a tutti gli auguri pasquali e ringrazio di cuore coloro che, in diversi modi, mi hanno inviato messaggi di vicinanza e di preghiera. A queste persone, famiglie e comunità giunga il dono della pace del Signore Risorto. E vorrei che questo dono della pace arrivasse là dove più ce n’è bisogno: alle popolazioni stremate dalla guerra, dalla fame, da ogni forma di oppressione”.

La resurrezione è un avvenimento che cambia la vita è stato il filo conduttore dell’omelia della veglia pasquale del vescovo di Macerata, mons. Nazzareno Marconi: “Cosa sia stata la resurrezione, lo raccontano i testimoni di cui ci parla il Vangelo. Ed è bene guardarli questi testimoni: Maddalena era una donna salvata da Gesù, che a lui doveva la sua vita nuova e una rinnovata dignità donata dal suo perdono.

Che lei dica in giro che Gesù le è apparso vivo dopo la sua morte in croce, potrebbe essere una allucinazione creata dall’amore e dal dolore, ambedue infiniti, che avevano scavato il cuore. Questo, infatti, è ciò che subito pensano i dodici Apostoli. Che creda nella resurrezione il giovane apostolo Giovanni, poco più che adolescente, grande sognatore come tutti giovani, non è ancora una prova solida del fatto”.

Quindi la resurrezione è la prova che Dio non abbandona il mondo al male: “Questo fatto, che ha dato prova certa dell’inizio del Regno di Dio, è stata la resurrezione di Gesù. C’è un mondo nuovo, una vita nuova, la vita della resurrezione, che ci attende.

Se lo crediamo, la vita da oggi cambia prospettiva: non si pesa più sulla bilancia della ricchezza, del successo, del potere. Queste sono tutte cose che finiranno. La vita si pesa e si giudica invece, su quello che resterà nella vita risorta, e che sarà per sempre: la giustizia, l’amore, la pace”.

Ugualmente dalla diocesi di Arezzo, mons. Andrea Migliavacca, si è soffermato sulle parole dell’Angelo rivolte a Maria Maddalena: “La domanda rivolta alla donna, alla Maddalena però le apre pian piano gli occhi per riconoscere in quel giardiniere il Signore, l’amico risorto, vivo. Allora è chiaro perché quella domanda. La Maddalena ha davanti il risorto, Gesù vivente e allora perché piange? Perché non lo riconoscere? Se c’è Lui, vivo, non si può piangere”.

Le parole dell’Angelo sono invito a non aver paura della vita: “E’ un annuncio che penetra nella nostra vita; noi abbiamo questa notte davanti, in mezzo a noi il Risorto, colui che ha vinto la morte con la sua morte. E allora: perché piangete?

E’ un annuncio di vita, come quello che ha accompagnato tutte le pagine bibliche proclamate, che ora celebriamo in questa veglia, nei segni della luce e del cero pasquale, nell’acqua che salva nel battesimo, nel pane spezzato presenza tra noi del Risorto. E questo annuncio viene a visitarci, si diffonde il tutto il mondo e allora ci chiede: Perché piangi?”

A tale domanda la risposta è un invito alla gioia: “Anche noi, come la Maddalena, apriamo gli occhi e possiamo vedere Lui, il Risorto, i segni della sua presenza e del suo amore, allora ci si può asciugare le lacrime e contemplare il trionfo della vita, il Vivente tra noi, la promessa di vita eterna per tutti. Accadrà a noi come ai discepoli che lo vedranno, lo incontreranno vivo e, dice il vangelo, ‘gioirono al vedere il Signore’. Non più lacrime, ma la gioia”.

‘Non possiamo lasciarlo solo’: papà rimasto orfano dei figli accolto dal suo capo di lavoro

Chi è l’Uomo? Potremmo rispondere che è un fratricida indefesso, violento e vendicativo, incapace di amare i suoi simili, perché troppo preso a soddisfare i suoi desideri egoistici. Oppure potremmo pensare a coloro che, nel dolore più dilaniante, tendono una mano, si fanno prossimi, hanno parole di conforto e compiono gesti che ricordano la tenerezza di Dio.

L’incendio di Bologna, nel quale hanno perso la vita una donna romena di trentadue anni e i suoi tre figli, ha mietuto un’altra vittima, seppur rimasta in vita: il papà George Panaite Birta, che non abitava con loro (era infatti separato dalla mamma dei suoi figli) e ora piange per quei pezzi di cuore che se ne sono andati troppo presto.

Si avvicina la Pasqua e da cristiani siamo autorizzati a non disperare nemmeno di fronte a queste tragedie immani: siamo autorizzati a pensare che la morte sia già stata distrutta e che, un giorno, quel padre rivedrà i suoi cuccioli. Gesù è stato sempre molto chiaro su questo: prima ancora di morire e risorgere lui stesso, nella sua predicazione e attraverso tutta la sua missione terrena ha annunciato senza sosta che siamo stati creati per la Vita eterna.

Prima che questo papà possa ricongiungersi ai suoi cari, però, a noi è chiesto di accompagnare questo papà chiamato ad un fardello così grande, è chiesto di supportarlo. A noi spetta condividere il suo calvario. Il dolore che prova quest’uomo non si può esprimere a parole e infatti non ne ha usate molte George. Solo una candela e una foto per ricordare la sua famiglia, poi il silenzio. 

Chi lo conosce dice che i bambini (Giorgia Alejandra, Mattia Stefano e Giulia Maria) erano la sua vita. Il Corriere scrive, tuttavia, che colleghi e amici gli si sono stretti attorno, e questo abbraccio ha visto il suo culmine nella richiesta del suo capoufficio, il responsabile della sede bolognese di 

Mitsafetrans, di stare in casa da lui, perché non si abbandonasse alla solitudine. ‘Non possiamo lasciarlo solo’, ha detto.

L’intera comunità, con piccoli gesti, messaggi, disponibilità ha condiviso il dolore di questa famiglia, che sabato mattina si è riunita davanti alla camera mortuaria in attesa dei funerali di mamma e figli. Tra loro anche il sindaco Matteo Lepore e il capo di gabinetto Matilde Madrid. E poi padre Trandafir, referente spirituale della famiglia che era ben nota nella comunità romena.

Il fratello di Stefania Nistor, Razvy, ha intanto lanciato una raccolta fondi, per il trasporto delle salme dei familiari in Romania, e i membri della comunità si sono già detti pronti a stare vicini alla famiglia con tutto quello che serve. Una comunità segnata da un grande dolore ma che sta rispondendo con un grande amore. Perché l’uomo è anche questo. E anche questo merita di far notizia.

Papa Francesco: non abbandonare la preghiera

Oggi papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri del Consiglio Nazionale del Rinnovamento nello Spirito, ricordando la ‘spinta’per creare ‘Charis’, che è un servizio internazionale di comunione: “Come sapete, in questi anni ho promosso CHARIS come organismo di servizio internazionale per il Rinnovamento Carismatico Cattolico. Ed anche recentemente, nel novembre scorso, ho avuto modo di parlare ai partecipanti all’incontro organizzato da CHARIS. Vi incoraggio a continuare a camminare su questa strada di comunione e a fare tesoro delle indicazioni che vi ho lasciato”.

Ad Arezzo il Meeting dei giovani dell’Unitalsi della Toscana

Circa 150 giovani sono attesi ad Arezzo sabato 4 e domenica 5 novembre per l’annuale Meeting dei Giovani toscani dell’Unitalsi, l’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali. L’iniziativa, che si svolge ogni dodici mesi all’inizio dell’anno pastorale in una località differente, è un momento di incontro, riflessione e festa con i giovani di età compresa tra i 13 e i 35 anni.

151.11.48.50