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Papa Leone XIV celebrerà una messa per il Creato

“Il mistero della creazione è l’inizio della storia della salvezza, che culmina in Cristo e dal mistero di Cristo riceve la luce decisiva; infatti, manifestando la propria bontà, ‘in principio, Dio creò il cielo e la terra’ poiché fin dalle origini pensava alla gloria della nuova creazione in Cristo. La Sacra Scrittura esorta gli uomini a contemplare il mistero della creazione e a rendere grazie senza fine alla Santissima Trinità per questo segno della Sua benevolenza, che, come un tesoro prezioso, va amato, custodito e contemporaneamente fatto progredire, nonché tramandato di generazione in generazione. In questo tempo appare evidente che l’opera della creazione è seriamente minacciata a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha affidato alla nostra cura”:
mercoledì 9 luglio papa Leone XIV presiederà una Messa privata a Castel Gandolfo, nel Borgo ‘Laudato sì’, e utilizzerà per la prima volta il nuovo formulario di orazioni per la Messa ‘per la custodia della Creazione’ dal card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, e da mons. Vittorio Francesco Viola, segretario del Dicastero per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti.
Nella presentazione il card. Czerny ha spiegato le novità del nuovo Messale: “Il Messale Romano contiene 49 Messe e Orazioni per diverse necessità ed occasioni: 20 riguardano la Chiesa, 17 le necessità civili, e 12 sono per varie circostanze. Tra i formulari ‘per le necessità civili’, oggi siamo lieti di introdurre una ‘Messa per la custodia della creazione’ (Missa pro custodia creationis), per rispondere alle istanze suggerite dalla ‘Laudato sì’ giunte da tutto il mondo”.
Ed ha chiarito che nella celebrazione eucaristica è sempre presente la benedizione per il creato: “Secondo le norme liturgiche, questo formulario potrà essere usato per chiedere a Dio la capacità di custodire la creazione… Quello del creato non è un tema che si va ad aggiungere, ma è sempre presente nella liturgia cattolica…
Durante ogni Messa, benediciamo Dio per il pane e il vino che abbiamo ricevuto e che offriamo: ‘frutto della terra… frutto della vite… e del lavoro dell’uomo’. In ogni domenica e solennità, iniziamo a proclamare la nostra fede: ‘Credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra’. Il dono divino della vita è, fin dall’inizio, completato o compiuto dalla vita, dalla passione, dalla morte e risurrezione di Cristo.
La ‘Missa pro custodia creationis’inizia così: ‘I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento’. Il Vangelo, poi, parla dei gigli del campo e degli uccelli del cielo o racconta di Gesù che placa il mare in tempesta”.
Quindi è un motivo in più per il rendimento di grazie: “Con questa Messa, la Chiesa offre un sostegno liturgico, spirituale e comunitario per la cura che tutti dobbiamo prestare nei confronti della natura, la nostra casa comune. Tale servizio è davvero un grande atto di fede, speranza e carità”.
Infine è un motivo di gioia; “Rinnova la nostra gratitudine, rafforza la nostra fede e ci invita a rispondere con cura e amore, in un sentimento sempre crescente di meraviglia, rispetto e responsabilità. Ci chiama ad essere fedeli amministratori di ciò che Dio ci ha affidato nelle nostre scelte quotidiane e nelle politiche pubbliche, così come nella preghiera, nel culto e nel modo con cui viviamo nel mondo”.
Anche mons. Viola ha ricordato che ‘la liturgia celebra in ogni momento dell’Anno liturgico il mistero della creazione’: ad esempio, nella Veglia pasquale, la prima lettura è il racconto della creazione; nella celebrazione dei singoli sacramenti, come il battesimo, si recita la preghiera di benedizione dell’acqua; nella Liturgia delle Ore ‘il tema della creazione è ben presente’. E nell’esperienza cristiana, la domenica è prima di tutto una festa pasquale, totalmente illuminata dalla gloria del Cristo risorto. E’la celebrazione della ‘nuova creazione’”.
Una particolare rilevanza alla creazione, ha aggiunto il segretario del segretario, è data dalle Rogazioni e dai Quattro Tempora, ovvero dalle quattro serie di tre giorni di digiuno e di astinenza, istituite dalla Chiesa e celebrate al principio delle quattro stagioni dell’anno. D’ora in poi, esse saranno ‘regolate dalle Conferenze episcopali, sia quanto al tempo che al modo di celebrarle’, affinché si adattino ‘alle diverse situazioni locali e alle necessità dei fedeli’.
Nel Decreto del Dicastero per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti si sottolinea che “i racconti della creazione nel libro della Genesi contengono, nel loro linguaggio simbolico e narrativo, profondi insegnamenti sull’esistenza umana e la sua realtà storica. Questi racconti suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Secondo la Bibbia, queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato.
L’armonia tra il Creatore, l’umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio, rifiutando di riconoscerci come creature limitate. Questo fatto ha distorto anche la natura del mandato di soggiogare la terra e di coltivarla e custodirla. Come risultato, la relazione originariamente armonica tra essere umano e natura si è trasformato in un conflitto. Per questo è significativo che l’armonia che san Francesco d’Assisi viveva con tutte le creature sia stata interpretata come una guarigione di tale rottura”.
(Foto: Vatican Media)
Habemus papam: papa Leone XIV

“La pace sia con tutti voi! Fratelli e sorelle carissimi, questo è il primo saluto del Cristo Risorto, il buon pastore che ha dato la vita per il gregge di Dio. Anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra. La pace sia con voi! Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente. Ancora conserviamo nei nostri orecchi quella voce debole ma sempre coraggiosa di Papa Francesco che benediva Roma!”
Queste sono le prime parole di papa Leone XIV, card. Robert Francis Prevost, agostiniano e già prefetto del Dicastero per i Vescovi, nato a Chicago il 14 settembre 1955. Entrato tra gli Agostiniani, ha studiato teologia negli Stati Uniti specializzandosi in Missione interculturale. Il 19 giugno 1982 è stato ordinato presbitero. Nel 1988 si è trasferito in Perù e ha servito come superiore di comunità e direttore della formazione degli agostiniani. Tornato in patria nel 1999, è stato superiore degli Agostiniani di Chicago. Dal 2001 al 2013 è stato superiore generale del suo ordine.
Papa Francesco lo ha nominato amministratore apostolico della diocesi di Chiclayo (Perù) il 3 novembre 2014, elevandolo alla dignità episcopale come vescovo titolare di Sufar. È stato ordinato il 12 dicembre successivo. Nel 2015 è stato nominato vescovo di Chiclayo e nel 2020 è diventato anche amministratore apostolico della diocesi di Callao. Il 30 gennaio 2023 papa Francesco lo ha nominato prefetto del Dicastero per i Vescovi, mentre il 30 settembre dello stesso anno Papa Francesco lo ha creato cardinale di Santa Romana Chiesa, della diaconia di Santa Monica.
Nel saluto ai fedeli papa Leone XIV ha ringraziato papa Francesco ricordando le sue ultime parole: “Il papa che benediva Roma dava la sua benedizione al mondo, al mondo intero, quella mattina del giorno di Pasqua. Consentitemi di dar seguito a quella stessa benedizione: Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà! Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore. Aiutateci anche voi, poi gli uni gli altri a costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace. Grazie a papa Francesco!”
In linea con il magistero della Chiesa ha ricordato che essa è missionaria: “Voglio ringraziare anche tutti i confratelli cardinali che hanno scelto me per essere Successore di Pietro e camminare insieme a voi, come Chiesa unita cercando sempre la pace, la giustizia, cercando sempre di lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per proclamare il Vangelo, per essere missionari”.
Una Chiesa missionaria come l’ha delineata sant’Agostino: “Sono un figlio di Sant’Agostino, agostiniano, che ha detto: ‘con voi sono cristiano e per voi vescovo’. In questo senso possiamo tutti camminare insieme verso quella patria che Dio ci ha preparato.
Alla Chiesa di Roma un saluto speciale! Dobbiamo cercare insieme come essere una Chiesa missionaria, una Chiesa che costruisce i ponti, il dialogo, sempre aperta a ricevere come questa piazza con le braccia aperte. Tutti, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo e l’amore”.
Ha salutato anche la sua diocesi peruviana: “E se mi permettete una parola, un saluto a tutti e in modo particolare alla mia cara diocesi di Chiclayo, in Perù, dove un popolo fedele ha accompagnato il suo vescovo, ha condiviso la sua fede e ha dato tanto, tanto per continuare ad essere Chiesa fedele di Gesù Cristo”.
E’ questo il cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa: “A tutti voi, fratelli e sorelle di Roma, di Italia, di tutto il mondo vogliamo essere una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina, una Chiesa che cerca sempre la pace, che cerca sempre la carità, che cerca sempre di essere vicino specialmente a coloro che soffrono”.
Ed infine la preghiera alla Madonna: “Oggi è il giorno della Supplica alla Madonna di Pompei. Nostra Madre Maria vuole sempre camminare con noi, stare vicino, aiutarci con la sua intercessione e il suo amore. Allora vorrei pregare insieme a voi. Preghiamo insieme per questa nuova missione, per tutta la Chiesa, per la pace nel mondo e chiediamo questa grazia speciale a Maria, nostra Madre”.
Abbiamo raccolto alcune ‘reazioni’ dopo la sua elezione, come quella del preside della Facoltà Teologica del Triveneto, don Maurizio Girolami: “Con gioia accogliamo Leone XIV, come nuovo vescovo di Roma, eletto come Sommo Pontefice. A lui è stato affidato il formidabile compito di essere pastore universale della Chiesa e punto di riferimento per tanti uomini e donne che vivono sulla faccia della terra.
Si è presentato al mondo con le parole di sant’Agostino: con voi sono cristiano per voi sono vescovo. Il nuovo Papa nasce da questa famiglia agostiniana che ha saputo sempre coltivare il dono della fede con l’uso della ragione. Possano le parole dell’apostolo Pietro, di cui è successore, fargli da guida, perché sia di esempio al gregge con la testimonianza di vita cristiana, viva un’amicizia intensa con Gesù crocifisso-risorto, sia vicino al popolo di Dio con profonda umanità verso soprattutto chi più soffre”.
Dall’arcidiocesi di Milano mons. Mario Delpini prega per questo nuovo ministero petrino: “Nello spavento dell’annunciazione si manifesta la grazia di Dio. La Chiesa Ambrosiana prega e ama il papa e in questo momento trepido dell’inizio io credo che si verifichi la grazia della annunciazione… Papa Leone XIV, che oggi avvia il suo ministero, sa che deve essere il servo di tutti perché tutti siano uno: non si aspetta applausi e trionfi… Ecco i sentimenti che io immagino nel Papa e le intenzioni per cui preghiamo: perché nel turbamento sperimenti la grazia, nella interpretazione del mondo riconosca l’avvicinarsi del regno, nel servizio dell’unità trasfiguri le prove in dichiarazioni d’amore per la Chiesa”.
Un augurio anche dall’arcidiocesi di Torino e dalla diocesi di Susa, attraverso le parole di mons. Alessandro Giraudo e don Daniele Giglioli: “Le Diocesi di Torino e di Susa si uniscono alla gioia della Chiesa e del mondo per l’elezione di papa Leone XIV, lo statunitense e peruviano Robert Francis Prevost.
Al nuovo Vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale, successore di Pietro e dell’amatissimo Papa Francesco, vanno fin da ora sentimenti di grande affetto e riconoscenza per l’alto ministero che ha accettato di assumere, assicurando il nostro impegno per l’annuncio e la testimonianza del Vangelo in questo mondo che ha sempre più bisogno di pace.
Le Chiese di Torino e Susa sono state rappresentate al Conclave dal nostro cardinale arcivescovo Roberto Repole, ma anche la partecipazione del cardinale Giorgio Marengo, di origine torinese, ci ha fatto respirare in modo molto forte il legame della nostra regione con la sede apostolica.
Ora è il momento della preghiera per il nuovo papa, per tutta la Chiesa e per il mondo, che in questa difficile stagione della storia, fra tante ombre e tanti motivi di preoccupazione, chiede a noi cristiani soprattutto un servizio: rendere testimonianza della infinita speranza che nasce dal Vangelo. Certi di poterlo fare nella comunione con papa Leone XIV, riprendiamo il cammino sotto la sua guida nella sequela di Cristo Risorto”.
Mentre il vescovo di Macerata, mons. Nazareno Marconi, ha ricordato la sua visita a Tolentino nel 2023: ““È stata una sorpresa, una bella sorpresa di quelle che fa il Signore. Papa Leone XIV, Robert Francis Prevost, è un Agostiniano, un buon amico delle Marche, particolarmente devoto di San Nicola da Tolentino, conosce bene i nostri territori e la nostra realtà.
Si tratta di un uomo che ha vissuto tante esperienze, come quella di Vescovo missionario in Perù, per questo sa unire la capacità di dialogo con i potenti a quella di stare con i poveri, che conosce bene. Nel suo saluto ha ricordato la pace del mondo, perché ce n’è un gran bisogno oggi, e il suo affidarci alla Madonna. Papa Leone XIV è un uomo dalla profonda fede mariana, come d’altra parte l’ordine degli Agostiniani. Il Signore non sbaglia quando fa le cose. Che il Signore benedica e sostenga papa Leone XIV e noi lo accompagniamo con la nostra preghiera. Papa Leone XIV è stato in visita a Tolentino nel settembre 2023 per la Festa del Perdono”.
Un augurio a papa Leone XIV è arrivato anche dal presidente del Forum delle Associazioni Familiari , Adriano Bordignon: “Accogliamo con profonda gratitudine e speranza l’elezione del nuovo Santo Padre, Robert Francis Prevost, Leone XIV. ‘La pace sia con tutti voi’ è il saluto che ci ha donato affacciandosi in piazza san Pietro. Come famiglie confidiamo che questo saluto potente possa essere il viatico per una sua guida luminosa capace di riportare la pace al centro dell’attenzione dei cuori dei popoli e dei governanti, in un mondo straziato da oltre 60 guerre, quella che papa Francesco chiamava terza guerra mondiale a pezzi. In un tempo segnato da sfide globali, da profonde trasformazioni sociali e da un crescente bisogno di radici, la figura del Papa rappresenta un faro di luce per le famiglie di tutto il mondo”.
Quindi una continuazione della pastoralità di papa Francesco per una cultura della vita: “Le famiglie sono il cuore pulsante della società, e guardano al Papa come a un padre che sa indicare la via del dialogo, della pace e della dignità umana. Siamo grati per l’esempio di unità che ci ha donato la Chiesa in questa straordinaria occasione, un segno forte per un mondo sempre più ferito dalle divisioni. Senza unità non c’è speranza. Confidiamo nella sua guida pastorale per tutti i credenti affinché possa essere un riferimento per tutte le donne e gli uomini di buona volontà per la custodia dei più fragili, per la promozione della dignità umana e del creato. Il Forum delle Associazioni Familiari esprime al nuovo Pontefice la più sentita vicinanza e disponibilità a camminare insieme nella promozione di una cultura della vita, della solidarietà e dell’accoglienza”.
Anche il Movimento ‘Laudato Sì’ gioisce per l’elezione di papa Leone XIV: “Alleluia! Tutti noi del Movimento ‘Laudato Sì’ accogliamo papa Leone XIV come nuovo Vescovo di Roma e capo della Chiesa universale. L’appello di papa Leone XIV a onorare la pace che viene da Dio e a costruire ponti di amore e di incontro tocca i nostri cuori. La sua preghiera dell’Ave Maria dal balcone di piazza san Pietro è un segno della sua unità con tutta l’umanità e il creato”.
Per il Movimento la scelta del nome è molto significativa: “La scelta del nome è significativa. Papa Leone XIII è stato un uomo che ha rotto gli schemi e ha focalizzato la Chiesa sulle questioni sociali del momento. Con la pubblicazione della Rerum Novarum ci ha richiamato a una maggiore attenzione sull’insegnamento sociale cattolico. Con il suo nome, papa Leone XIV segnala la sua intenzione di continuare a seguire le orme di papa Leone XIII e di papa Francesco come leader attento alle questioni urgenti del nostro tempo”.
Il nuovo papa è anche molto attento alla sfida della crisi ambientale: “Quando era presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina e Prefetto del Dicastero per i Vescovi, papa Leone XIV ha detto che quando si tratta di crisi ecologica, è tempo di passare ‘dalle parole ai fatti’. In questo momento di rinnovamento, in cui le antiche tradizioni della nostra Chiesa infondono vita a una nuova generazione, preghiamo con grazia affinché papa Leone XIV risponda ai segni dei tempi con la chiarezza morale per cui è noto”.
Anche le suore di Cascia hanno ricordato il legame con il papa: “In questo tempo di grazia per l’intera Chiesa, le monache agostiniane del Monastero Santa Rita da Cascia e la Fondazione Santa Rita da Cascia desiderano ricordare con riconoscenza il legame speciale che le unisce al nuovo Pontefice. Nel 2012, infatti, quando ricopriva il ruolo di Priore Generale dell’Ordine di Sant’Agostino, accolse la richiesta delle monache, autorizzando la nascita della Fondazione Santa Rita da Cascia, nel rispetto delle norme della Regola agostiniana.
In tale occasione, nominò anche, come previsto dallo statuto, due membri del Consiglio di Amministrazione, offrendo così un contributo fondamentale alla visione e alla missione della Fondazione, impegnata nel trasmettere il messaggio di carità e speranza di Santa Rita. La Comunità affida con fiducia il nuovo Pontefice all’intercessione di Santa Rita da Cascia, la ‘santa dell’impossibile’, canonizzata da Papa Leone XIII nel 1900 e amata in tutto il mondo come modello di perdono, speranza, carità e dialogo”.
(Foto: Osservatore Romano)
Seconda Domenica Tempo Ordinario: la Famiglia è la vera chiesa domestica

Gesù dà il via alla vita pubblica santificando la famiglia, realtà dove l’uomo realizza pienamente se stesso, la famiglia intesa come legame intimo voluto da Dio tra un uomo e una donna; vincolo unitario ed indissolubile. Questo legame ci riporta all’alleanza sancita tra Dio e il suo popolo che si coniuga in ‘amore sponsale’: Dio ama la sua Chiesa come lo sposo è chiamato ad amare la sua sposa.
Gesù dà inizio alla sua vita pubblica partecipando ad una cena di matrimonio, dove compie il primo miracolo in favore della famiglia; conclude la vita pubblica con l’ultima cena dove istituisce il sacramento dell’Eucaristia: coincidenza assai significativa. La famiglia si costituisce con il sacramento dell’amore tra un uomo e una donna, ma al vertice di questo amore necessita la presenza di Cristo Gesù, il Figlio di Dio incarnato nel quale l’umanità è assunta dalla divinità.
E’ grande il sacramento del matrimonio: ma non c’è vera famiglia senza amore; ‘amare’, bada bene, non è solo piacere o solo eros; è necessario che nella famiglia l’amore diventi ‘donazione’ o ‘agape’: cioè ‘ti voglio bene’ (io voglio il tuo bene); questo amore, mirabile agli occhi di Dio, trova in Cristo Gesù il santificatore della famiglia.
E’ necessario invitare Cristo a nozze per costruire la famiglia (chiesa domestica) alla maniera della Chiesa di Cristo (che è la famiglia delle famiglie): solo allora si dà una base solida ed indiscussa alla famiglia. Anche Gesù nell’istituire la Chiesa cercò di darle una base solida, l’ha costruita su una pietra forte ed indiscussa: riunì attorno ad essa i Dodici, ne scelse uno: Simone, figlio di Giovanni, al quale disse: d’oggi innanzi ti chiamerai ‘pietra’, roccia, perché su questa pietra io edificherò la mia Chiesa: la Chiesa di Cristo Gesù, anche se è come una barca in un mare tempestoso, non affonderà mai perché al timone della barca c’è Pietro, elemento visibile di una realtà invisibile: lo Spirito Santo che guida la Chiesa e lo stesso Gesù sempre presente sulla barca e, pertanto, ‘le porte degli inferi non prevarranno’.
Ciò che conta è la presenza reale di Gesù nella famiglia. Il miracolo delle nozze di Cana è significativo: alla cena di nozze era presente Gesù con i Dodici e con Maria, sua madre. L’occhio vigile di Maria si accorge che il vino sta per finire ed invita Gesù ad intervenire con la sua forza divina. Maria invita poi i servi a recarsi da Gesù e questi ordina loro di riempire le anfore di acqua, poi benedice e questa diventa ottimo vino: un vino così squisito che spinse il maggiordomo a richiamare lo sposo: tutti recano a tavola il vino buono all’inizio, tu lo hai riservato solo per la fine; non sapeva, poverino, che era il vino del miracolo.
La crisi che oggi incombe sula società è crisi della famiglia, oggi si amano più i cani e i gatti che i bambini, oggi si preferisce la convivenza (amore provvisorio) al matrimonio (unione stabile per tutta la vita, oggi domina soprattutto l’eros, il piacere piuttosto che l’amore, che è sacrificio e donazione. E’ necessario ormai solo ricostruire la vera famiglia; questo è un tempo prezioso che richiede responsabilità ed amore. E’ necessario aprirsi al vero orizzonte dell’amore, alla luce della parola di Dio.
Il matrimonio è un dono: la donazione di sé all’altro, la gioia del dare e del fare felice. Il termine ‘coniuge’, cum iugo, due persone poste sotto lo stesso giogo, che si aiutano a vicenda e nell’aiuto realizzano se stesse, anche in chiave carismatica. per il bene della famiglia e della stessa società. Chi dà la forza e l’aiuto è sempre lo Spirito Santo: è il vino di cui si parla nel Vangelo, elemento essenziale ed insostituibile nella vita della famiglia.
Se il vino diminuisce o minaccia di finire: il vino della gioia, dell’amore, della donazione reciproca, alzate gli occhi al cielo, invocate Maria, madre del Cristo e madre della Chiesa: Maria collaborerà perché l’acqua diventi ottimo vino, Maria non abbandona i figli che si rivolgono a lei. Da soli si rimane vittima dell’egoismo, dell’orgoglio, della perfidia e della solitudine; con Cristo Gesù risplende la vera luce , si diradano le tenebre, torna a risplendere la gioia dell’amore vero e della vita. L’Eucaristia aiuta sempre gli sposi a rinnovare la loro alleanza di amore.
Francesco Lorenzi: fare ‘ponte’ tra mondo cristiano ed evangelico

‘Il segreto del successo di questa serie è Dio. E un altro ruolo importate lo svolge lo Spirito Santo’: lo ha affermato nei giorni scorsi a Tv2000 l’attore Jonathan Roumie che interpreta Gesù nella serie ‘The Chosen’ in onda sull’emittente della Cei da venerdì 6 dicembre, che prosegue: “Raccontiamo delle storie, che il pubblico ha un bisogno enorme di riscoprire: una forma di narrazione ampia e articolata su Gesù, la sua vita, il suo ministero, la sua missione con una grande profondità umana”.
‘The Chosen’, serie diretta dal regista Dallas Jenkins, le cui prime edizioni sono andate in onda doppiate in italiano in chiaro su Tv2000, è un progetto partito dal basso negli Stati Uniti (finanziato tramite un crowdfunding da record mondiale, ben $ 10.000.000 raccolti solo per la prima serie) e lanciato nel 2019 gratuitamente sul web, che ha raggiunto finora numeri da record: oltre 200.000.000 di spettatori, più di 770.000.000 di visualizzazioni di singoli episodi, e conta più di 12.000.000 di follower sui social media. Ha una fan base mondiale oltre i 110.000.000 di persone, parte delle quali sono proprio in Italia, nazione in Europa con il più alto numero di app scaricare ed oltre 3.000.000 di episodi visti.
Per supportare l’uscita di questa serie per la nuova stagione di ‘The Chosen’ a fine maggio è uscito il singolo ‘Senza te non si può fare’, in cui per la prima volta in Italia una band cattolica (The Sun) ed un cantante evangelico (Angelo Maugeri), i più seguiti nei loro relativi contesti, collaborano insieme per un progetto straordinario.
Infatti in un articolo apparso all’interno del suo blog ‘Per Anime Libere’, Francesco Lorenzi, cofondatore della band vicentina, ha riflettuto sul rapporto di Dio con Mosè, e viceversa: “Vedevo di fronte a me in modo nitido come questa relazione parlasse al cuore di ogni uomo pronto a guardarsi dentro per lasciarsi guidare oltre l’Egitto interiore, superando il deserto e giungendo alla propria Terra Promessa. Così, parole e musica si sono mostrate in modo unitario, quasi come una dichiarazione di fiducia, vicinanza e supporto dal Padre verso ognuno di noi”.
Incontrati nella città di Giacomo Leopardi su invito dalle Missioni Estere dei Cappuccini, abbiamo chiesto il motivo per cui ‘senza Te non si può fare’: “Ognuno di noi è un tassello di un grande progetto ed ogni progetto ha bisogno di ogni singola parte. Partendo dalla relazione che Dio ha con Mosè e che Mosè ha con Dio, quell’esempio si ‘sposa’ con la vita che tutti noi. Tutti noi dobbiamo fare la nostra parte ed essere quell’elemento senza il quale non si può compiere in pieno il progetto di Dio”.
Band cattolica e cantante evangelica: quale è il progetto?
“Il progetto è nato per supportare la produzione cinematografica della quarta serie ‘The Chosen’ in italiano. Tale produzione nasce nel mondo evangelico e sta avendo buon successo anche nel mondo cattolico. Da qui il desiderio di fare un ponte tra mondo evangelico e quello cattolico”.
Per quale motivo ha definito questa canzone una ‘benedizione’ per chi la ascolta?
“Nella vita di ognuno ci sono attese talvolta incomprensibili: momenti in cui dobbiamo decidere di fare un passo indietro o in cui qualcosa a cui teniamo ci pare venga tolta vita o visibilità o importanza. Ma se cerchiamo la volontà del Padre affinché diriga i nostri passi, se cerchiamo la Sua volontà nelle scelte che compiamo, avviene poi che si manifestano meraviglie, che avevano solo bisogno di un certo tempo per mostrarsi e della nostra personale adesione a quel tempo, proprio come Mosè”.
Quindi ‘ostinato e controcorrente’?
“Il progetto è ‘ostinato e controcorrente’, come quello che tutto facciamo, cioè qualcosa di originale, che nel mondo musicale si vede sempre meno, perché c’è un grande appiattimento nelle produzioni ed anche nelle intenzioni. Lentamente abbiamo acquisito questo gusto di fare cose un po’ particolari, tal volte un po’ strane, ma molto belle e molto libere”.
Ed allora come si custodisce l’amore?
“L’amore è un sentimento molto importante che cambia la vita di tante persone. Quindi trovare il vero amore è difficile, ma importante è coltivarlo, in quanto vedo tante persone disperate alla ricerca dell’amore, ma non lo cercano fino in fondo. Io sono stato fortunato, ma parte di quella fortuna me la sono cercata attraverso la fatica”.
In quale modo comunicare la fede ai giovani?
“San Francesco di Assisi diceva di comunicare la fede attraverso i gesti e, se era proprio necessario, di usare anche le parole. Da buon francescano cerco di mettere in pratica ciò, anche se confesso di non riuscirci in pieno. Tante persone mi dicono, quando mi vedono, mi dicono che sono gli occhi che parlano: cerco di comunicare la fede attraverso gli occhi”.
Uno sguardo, infine, alla Terra Santa, in cui avete fatto molti pellegrinaggi ed avete anche un progetto riguardante Gerusalemme: “La Terra Santa è un capitolo aperto nella nostra vita e la sentiamo come una seconda casa. Ora c’è una grande sofferenza nel vedere quello che sta succedendo in una terra così importante per tutto il mondo cristiano “.
(Foto: The Sun)
Papa Francesco: per Natale tacciano le armi

Prima della recita dell’Angelus papa Francesco ha incontrato i bambini del dispensario pediatrico Santa Marta: “Questa mattina ho avuto la gioia di stare con i bambini, con le loro mamme, che frequentano il Dispensario Santa Marta in Vaticano, portato avanti dalle Suore Vincenziane. Brave suore queste! Fra di loro c’è una suora che è come la nonna di tutti, la brava suor Antonietta, che ricordano con tanto amore. Ed a me questi bambini, erano tanti, mi hanno riempito il cuore di gioia. Ripeto: ‘Nessun bambino è un errore”. I bambini hanno consegnato un regalo al papa e la festa è continuata con i giocolieri.
Eppoi ha benedetto i ‘Bambinelli’: “E ora benedico i ‘Bambinelli’, io ho portato il mio. Le statuine di Gesù Bambino che voi, cari bambini e ragazzi, avete portato qui e che poi, tornando a casa, metterete nel presepe. Vi ringrazio di questo gesto semplice ma importante. Benedico di cuore tutti voi, i vostri genitori, i nonni, le vostre famiglie! E per favore non dimenticatevi dei vostri nonni! Che nessuno rimanga solo in questi giorni”.
Eppoi ha invitato i fedeli a pregare per la pace nelle zone di guerra: “Seguo sempre con attenzione e preoccupazione le notizie che giungono dal Mozambico, e desidero rinnovare a quell’amato popolo il mio messaggio di speranza, di pace e di riconciliazione. Prego affinché il dialogo e la ricerca del bene comune, sostenuti dalla fede e dalla buona volontà, prevalgano sulla sfiducia e sulla discordia.
La martoriata Ucraina continua ad essere colpita da attacchi contro le città, che a volte danneggiano scuole, ospedali, chiese. Tacciano le armi e risuonino i canti natalizi! Preghiamo perché a Natale possa cessare il fuoco su tutti i fronti di guerra, in Ucraina, in Terra Santa, in tutto il Medio Oriente e nel mondo intero. E con dolore penso a Gaza, a tanta crudeltà; ai bambini mitragliati, ai bombardamenti di scuole e ospedali… Quanta crudeltà!”
Prima della recita dell’Angelus papa Francesco ha raccontato l’incontro tra due donne in cinta, Maria ed Elisabetta, felici per la vita: “Entrambe hanno tanto di cui gioire, e forse potremmo sentirle lontane, protagoniste di miracoli così grandi, che non si verificano normalmente nella nostra esperienza. Il messaggio che l’Evangelista vuol darci, però, a pochi giorni dal Natale, è diverso.
Infatti, contemplare i segni prodigiosi dell’azione salvifica di Dio non deve mai farci sentire lontani da Lui, ma piuttosto aiutarci a riconoscere la sua presenza e il suo amore vicino a noi, ad esempio nel dono di ogni vita, di ogni bambino, e della sua mamma. Il dono della vita”.
Ed ha chiesto di non essere indifferenti davanti alla vita: “Per favore, non restiamo indifferenti alla loro presenza, impariamo a stupirci della loro bellezza, come hanno fatto Elisabetta e Maria, quella bellezza delle donne in attesa. Benediciamo le mamme e diamo lode a Dio per il miracolo della vita!”
E’ stato un invito a gioire davanti ad ogni nascita: “Ricordiamoci, però, di esprimere sentimenti di gioia ogni volta che incontriamo una madre che porta in braccio o in grembo il suo bambino. E quando ci succede, preghiamo nel nostro cuore e diciamo anche noi, come Elisabetta: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!’; cantiamo come Maria: ‘L’anima mia magnifica il Signore’, perché sia benedetta ogni maternità, e in ogni mamma del mondo sia ringraziato ed esaltato il nome di Dio, che affida agli uomini e alle donne il potere di donare la vita ai bambini”.
E dalla Terra Santa è arrivato un messaggio natalizio dei capi delle Chiese di Terra Santa ai loro fedeli e a tutto il mondo, che prende le mosse dal versetto 16 del quarto capitolo del Vangelo di Matteo: “Nella Natività di Cristo, la luce della salvezza di Dio è venuta per la prima volta nel mondo, illuminando tutti coloro che Lo avrebbero accolto, sia allora sia oggi, offrendo loro ‘grazia su grazia’ per sconfiggere le forze oscure del male che cospirano incessantemente per portare alla distruzione della creazione di Dio”.
Di questa ‘Luce’ sono testimoni molti cristiani: “Esteriormente poco sembra essere cambiato. Eppure interiormente, la santa nascita del nostro Signore Gesù Cristo ha innescato una rivoluzione spirituale che continua a trasformare e indirizzare innumerevoli cuori e menti verso le vie della giustizia, della misericordia e della pace”.
Ed hanno pregato per il ‘cessate il fuoco’ raggiunto nel Libano, auspicando che esso sia raggiunto anche a Gaza: “In questo spirito natalizio colmo di speranza, rendiamo grazie all’Onnipotente per il recente cessate il fuoco tra due delle parti in guerra nella nostra regione e chiediamo che venga esteso a Gaza e a molti altri luoghi, ponendo fine alle guerre che affliggono questa parte del mondo.
Rinnoviamo inoltre il nostro appello per il rilascio di tutti i prigionieri e delle persone private della libertà, il ritorno dei senzatetto e degli sfollati, la cura dei malati e dei feriti, il soccorso di coloro che hanno fame e sete, il ripristino di proprietà ingiustamente sequestrate o minacciate; la ricostruzione di tutte le strutture civili, pubbliche e private, che sono state danneggiate o distrutte”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco rivolge gli auguri di Natale: la salvezza è costruita da artigiani

“Sono felice che possiamo scambiarci gli auguri di Natale. Esprimo prima di tutto la mia gratitudine a ciascuno di voi per il lavoro che fate, sia a beneficio della Città del Vaticano che della Chiesa universale. Come ogni anno, siete venuti con le vostre famiglie e per questo vorrei riflettere un momento, brevemente, con voi proprio su questi due valori: lavoro e famiglia”: giornata di auguri natalizi per papa Francesco con i dipendenti dello Stato della Città del Vaticano e con la Curia romana.
Ai dipendenti vaticani papa Francesco incentra il messaggio augurale sulla famiglia e sul lavoro: “Quello che fate è certamente tanto. Passando per le strade e nei cortili della Città del Vaticano, nei corridoi e negli uffici dei vari Dicasteri e nei diversi luoghi di servizio, la sensazione è di trovarsi come in un grande alveare. E anche adesso c’è chi sta lavorando per rendere possibile questo incontro e non è potuto venire: diciamo loro grazie!”
E’ un lavoro ‘nascosto’ come lo è stato quello di Gesù: “Gesù stesso ce l’ha mostrata: Lui, il Figlio di Dio, che per amore nostro si è fatto umilmente apprendista falegname alla scuola di Giuseppe. A Nazaret pochi lo sapevano, quasi nessuno, ma nella bottega del carpentiere, assieme e attraverso tante altre cose, si costruiva, da artigiani, la salvezza del mondo! Avete pensato a questo: che la salvezza è stata costruita ‘da artigiani’? E lo stesso, in senso analogo, vale per voi, che col vostro lavoro quotidiano, nelle Nazaret nascoste delle vostre particolari mansioni, contribuite a portare a Cristo l’intera umanità e a diffondere in tutto il mondo il suo Regno”.
L’altro punto sottolineato è quello della famiglia, che invita ad amare, riprendendo la ‘lezione’ di san Giovanni Paolo II: “Amate la famiglia, per favore! Ed è vero: la famiglia, infatti, fondata e radicata nel matrimonio, è il luogo in cui si genera la vita (e quanto è importante, oggi, accogliere la vita!) Poi è la prima comunità in cui, fin dall’infanzia, si incontrano la fede, la Parola di Dio e i Sacramenti, in cui si impara a prendersi cura gli uni degli altri e a crescere nell’amore, a tutte le età…
Nella famiglia è stata trasmessa la fede. Vi incoraggio perciò (genitori, figli, nonni e nipoti, i nonni hanno una grande importanza vi incoraggio a restare sempre uniti, stretti tra voi e attorno al Signore: nel rispetto, nell’ascolto, nella premura reciproca”.
Eppoi un invito alla preghiera insieme: “Sempre uniti, mi raccomando, anche nella preghiera fatta insieme, perché senza preghiera non si va avanti, neanche in famiglia. Insegnate a pregare ai bambini! Ed in proposito, in questi giorni, vi suggerisco di trovare qualche momento in cui raccogliervi, assieme, attorno al Presepe, per rendere grazie a Dio dei suoi doni, per chiedergli aiuto per il futuro e per rinnovarvi a vicenda il vostro affetto davanti al Bambino Gesù”.
Mentre nell’augurio alla curia romana l’invito del papa è quello della benedizione: “Questo atteggiamento, il parlare bene e non parlare male, è un’espressione dell’umiltà, e l’umiltà è il tratto essenziale dell’Incarnazione, in particolare del mistero del Natale del Signore, che ci apprestiamo a celebrare. Una comunità ecclesiale vive in gioiosa e fraterna armonia nella misura in cui i suoi membri camminano nella via dell’umiltà, rinunciando a pensare male e parlare male degli altri”.
E lo ha fatto con un insegnamento di Doroteo di Gaza: “Sì, proprio di Gaza, quel luogo che adesso è sinonimo di morte e distruzione, ma che è una città antichissima, dove nei primi secoli del cristianesimo fiorirono monasteri e figure luminose di santi e di maestri. Doroteo è uno di questi. Nella scia di grandi Padri come Basilio ed Evagrio, egli ha edificato la Chiesa con istruzioni e lettere piene di linfa evangelica. Oggi anche noi, mettendoci alla sua scuola, possiamo imparare l’umiltà di accusare sé stessi per non dire male del prossimo”.
Infatti l’invito di Doroteo di Gaza consiste nella trasformazione del male in bene: “Accusare sé stessi è un mezzo, ma è indispensabile: è l’atteggiamento di fondo in cui può mettere radici la scelta di dire ‘no’ all’individualismo e ‘sì’ allo spirito comunitario, ecclesiale. Infatti, chi si esercita nella virtù di accusare sé stesso e la pratica in modo costante, diventa libero dai sospetti e dalla diffidenza e lascia spazio all’azione di Dio, il solo che crea l’unione dei cuori.
E così, se ciascuno progredisce su questa strada, può nascere e crescere una comunità in cui tutti sono custodi l’uno dell’altro e camminano insieme nell’umiltà e nella carità. Quando uno vede un difetto in una persona, può parlarne soltanto con tre persone: con Dio, con la persona stessa e, se non può con questa, con chi nella comunità può prendersene cura. E niente di più”.
E’ stato un invito ad essere ‘artigiani’ della benedizione: “Possiamo immaginare la Chiesa come un grande fiume che si dirama in mille e mille ruscelli, torrenti, rivoli (un po’ come il bacino amazzonico), per irrigare tutto il mondo con la benedizione di Dio, che scaturisce dal Mistero pasquale di Cristo”.
E’ la realizzazione del ‘disegno’ di Dio promesso ad Abramo: “Questo disegno presiede a tutta l’economia dell’alleanza di Dio con il suo popolo, che è ‘eletto’ non in senso escludente, ma al contrario nel senso che cattolicamente diremmo ‘sacramentale’: cioè facendo arrivare il dono a tutti attraverso una singolarità esemplare, meglio, testimoniale, martiriale”.
Infine ha rivolto un augurio ai ‘minutanti’, prendendo spunto da una frase di uno di loro apposto sulla porta (‘Il mio lavoro è umile, umiliato, umiliante’): “Direi che esprime lo stile tipico dell’artigianato della Curia, da intendere però in senso positivo: l’umiltà come via del bene-dire. La strada di Dio che in Gesù si abbassa e viene ad abitare la nostra condizione umana, e così ci benedice. E questo posso testimoniarlo: nell’ultima Enciclica, sul Sacro Cuore, che ha menzionato il cardinale Re, quanti hanno lavorato! Quanti! Le bozze andavano, tornavano… Tanti, tanti, con piccole cose”.
La mattinata di papa Francesco si è conclusa con l’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione del re del Belgio Baldovino: “Volendo dare seguito a quanto disposto, il Dicastero ha iniziato il previsto iter costituendo in data 17 dicembre 2024 la regolare Commissione storica, composta da illustri esperti nella ricerca archivistica e nella storia del Belgio, per raccogliere e valutare la documentazione riguardante il Re Baldovino”.
(Foto: Santa Sede)
Domenica 22 dicembre papa Francesco benedice i ‘Bambinelli’

A ridosso del Natale e della solenne apertura del Giubileo torna domenica 22 dicembre la tradizionale Benedizione dei Bambinelli, quest’anno slittata all’ultima domenica di Avvento in Piazza San Pietro. L’appuntamento per oratori, gruppi giovanili, parrocchie e famiglie di Roma rappresenta una ormai antica tradizione a partire dal 1969 quando per la prima volta Paolo VI il 21 dicembre impartì la solenne benedizione alle statuine portate dai bambini. Tema dell’evento di quest’anno sarà ‘Un Cuore di Luce’: Gesù Bambino, che sta per nascere nelle case, nelle comunità e nei cuori dei credenti, rappresenta la luce che risplende e che porta via le paure e le sofferenze, offrendo al cuore di ogni uomo un abbraccio sicuro.
Ad ogni oratorio partecipante, impegnati in queste settimane nelle attività di animazione tipiche dell’Avvento che coinvolgono bambini, animatori, adolescenti e famiglie, il Centro Oratori Romani ha proposto un contest per rappresentare artisticamente su tela il tema prescelto per l’edizione 2024. Le tele realizzate negli oratori verranno esposte a Piazza San Pietro nella mattinata e i vincitori verranno premiati in occasione della Festa della Riconoscenza del prossimo 28 dicembre al Don Bosco, altro appuntamento natalizio per gli oratori di Roma per una celebrazione di ringraziamento a conclusione dell’anno.
Sin dalle prime ore del mattino di domenica 22 dicembre, Piazza San Pietro accoglierà i gruppi di bambini, ragazzi, adolescenti e catechisti delle parrocchie romane per un momento di incontro e di animazione, guidato dal Centro Oratori Romani. Tutti insieme gli oratori parteciperanno alla solenne celebrazione eucaristica all’Altare della Confessione presieduta da S. Em.za il Card. Mauro Gambetti, Arciprete della Basilica Vaticana, e successivamente tutti i gruppi si sposteranno in piazza per partecipare alla recita dell’Angelus insieme a Papa Francesco e ricevere la benedizione delle statuine del Bambinello in un clima di festa e di vera gioia.
La Benedizione dei Bambinelli è promossa e organizzata dal Centro Oratori Romani, associazione di fedeli fondata dal Venerabile Arnaldo Canepa per la diffusione e la promozione della pastorale oratoriana a Roma. Questa tradizione si è diffusa moltissimo negli ultimi anni in Italia e all’estero (Stati Uniti, Filippine, Inghilterra, Irlanda, Sud America e molti altri) coinvolgendo centinaia di comunità e di Diocesi dove Vescovi e sacerdoti hanno scelto di dedicare una domenica di Avvento all’appuntamento con le statuine di Gesù Bambino e all’accoglienza di famiglie, animatori e religiosi della Chiesa locale:
“Quest’anno l’attesa si è moltiplicata, l’invito è ad essere ancora più vigilanti e pronti per accogliere un Natale ‘particolare’”, sottolinea il Presidente del COR, Stefano Pichierri. “Giungeremo, infatti, a Piazza San Pietro a pochissime ore dall’apertura della prima Porta Santa e al solenne inizio del Giubileo nell’ultima domenica di Avvento. L’affetto e l’entusiasmo puro dei bambini possa condurre tutti allo stupore dell’Incarnazione ed alla speranza nell’annuncio giubilare che ci accompagnerà per tutto il nuovo anno.
I bambini ed i catechisti degli oratori di Roma si ritrovano, nel corso del cammino avviato in questi anni nei territori, per celebrare e festeggiare insieme i frutti di un rinnovato entusiasmo pastorale. Siamo certi che, come ogni anno, Papa Francesco gioirà della vicinanza e delle preghiere sincere dei nostri bambini e giovani animatori”.
XXVII Domenica Tempo Ordinario: il matrimonio è progetto mirabile di Dio!

Il libro della Genesi evidenzia a chiare tinte il grande mistero di amore della creazione; vero mistero di amore perchè Dio creando ama, amando crea. Tutta la creazione è un mistero di amore; questo poi trova la sua espressione più alta nel matrimonio: l’istituto dal quale si evince l’immensa misericordia di Dio nell’avere pensato alla famiglia come vera icone dello stesso amore trinitario.
La famiglia chiude il ciclo creativo perchè in essa l’uomo sperimenta la grandezza del proprio essere, creato ad immagine di Dio, ed è chiamato ad essere collaboratore responsabile nella stessa opera creativa. Nella Genesi si legge: ‘Dio disse. non è bene che l’uomo sia solo!’ e da un osso di Adamo crea la donna; Adamo gioisce e Dio benedice la coppia: crescete, moltiplicatevi, riempite la terra; discorso allegorico ed assai significativo per indicare l’uguale dignità dell’uomo e della donna; l’unità inscindibile della famiglia costituita da uomo e donna; la missione della famiglia basata sull’amore vero: ‘l’uomo e la donna lasceranno la loro casa, diventeranno una cosa sola’.
La famiglia nasce da un osso di Adamo (una costola) ad indicare l’unità inscindibile della famiglia e l’uguale dignità dell’uomo e della donna. (La costola: un osso vicino al cuore): l’amore infatti fa dei due una cosa sola con eguale dignità: la famiglia è inscindibile perchè basata sull’amore e non sul semplice e fugace piacere: amore = ti voglio bene: (io voglio il tuo bene); amore = dare e non solo ricevere; fare felice l’altro e in questo reciproco amore si rinsalda la famiglia, elevata da Gesù a sacramento.
L’indissolubilità del matrimonio non è solo un obiettivo cristiano o l’apologia di un valore difeso ad oltranza da filosofi, pensatori, antropologi e giuristi cristiani, è richiesta dalla natura stessa della famiglia che postula la realtà fondamentale di questo valore: la donazione reciproca nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia; proprio questo costituisce il fondamento del vero amore e non la gretta ed utilitaristica mentalità edonistica che pone il piacere al di sopra dell’amore coniugale.
La famiglia nasce e si costituisce non dalla convivenza provvisoria ma dal sacramento del Matrimonio in cui gli sposi si accolgono reciprocamente promettendosi fedeltà ed amore, rispetto reciproco per tutta la vita nella buona e nella cattiva sorte. L’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia; questa perciò è un valore insostituibile, conforme al disegno di Dio, creatore e padre.
Per i credenti la famiglia è la cellula di comunione a fondamento della società; vera Chiesa Domestica chiamata a rivelare al mondo l’amore misericordioso di Dio. Gesù dirà: “sposi amatevi come io ho amato la Chiesa”. La società tradizionale aiutava di più a formare e custodire la famiglia; oggi purtroppo domina una mentalità diversa, che non è proprio quella voluta da Dio ed evidenziata da Cristo Gesù; la crisi della famiglia si ripercuote determinando la crisi della società stessa, che è la comunione di tutte le famiglie. Bisogna amare la famiglia non per tradizione ma come scelta matura, consapevole e responsabile.
L’amore, oltre che sentimento, è costituito da responsabilità, costanza e sacrificio. Da qui la necessità delle virtù cristiane, della fiducia reciproca, dell’abbandono nella provvidenza e la preghiera incessante. L’amore è vita, per vivere devi amare; questa è la verità di Dio, quella verità che ci rende liberi e ci fa vivere veramente da uomini. Nella vita il solo pane non basta; si possono sopportare talvolta i morsi della fame ma non si può vivere dove manca la giustizia, che è rispetto reciproco; vero cibo preferito rimane sempre l’amore che è una fede sincera e profonda.
Chiedono allora a Gesù: E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie? Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio! Gesù ribadisce l’indissolubilità del matrimonio richiamandosi al progetto originario di Dio: ‘L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto’. L’indissolubilità non è dovuto ad una legge imposta ma è una esigenza dell’amore. Gesù prende le distanze anche da Mosè ed evidenzia che al principio non fu così.
Il volere di Dio è uno solo: santificare la famiglia; i due si cercano, si trovano, si amano e diventano una cosa sola. Dio è colui che unisce; il diavolo è colui che separa. L’immagine di questo Dio trinitario, comunione-indissolubile, si realizza mirabilmente nel matrimonio comunione-indissolubile. Il segno più caro e delicato dell’amore sono i bambini, che Gesù abbraccia, accarezza dicendo : ‘Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite; a chi è come loro appartiene il regno di Dio’.
Dichiarazione ‘Fiducia supplicans’: meditazioni giuridico-teologiche sullo stupore suscitato in tutto il mondo

Mi trovo in linea con questo mio docente del seminario Prof. A. Cozzi (https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/la-riflessione-e-la-risposta-a-una-richiesta-di-sostegno “É significativo l’esempio di benedizione proposto dal Comunicato stampa. La scena immaginata è più mediterranea o latinoamericana che mitteleuropea. Colpisce la tenerezza e l’empatia che vi traspare. Tutto parte da una richiesta da cui ci si lascia interpellare. Si tratta di rispondere alla domanda di un sostegno, che non chiede approvazione o assoluzione, né pretende qualche grazia spirituale speciale. Chiede la vita e i suoi beni essenziali, anche materiali e chiede di sentire che in questi desideri non mancherà il sostegno del Creatore e Padre buono, che ai figli che chiedono pane non dà pietre (Mt 7,9). La benedizione non ha la forma della consacrazione di una situazione da legittimare.
Quinta domenica di Pasqua: Io sono la vite, voi i tralci

Dopo essersi definito ‘Buon Pastore’, Gesù utilizza un’altra immagine presa dal mondo dell’agricoltura: ‘Io sono la vite, voi i tralci’. Gesù si qualifica come la vera ‘vite’ ed identifica la sua Chiesa come ‘suoi tralci’. E’ una immagine assai significativa: la vite è il simbolo di benedizione, di felicità, di fecondità; è simbolo soprattutto di comunione. Nella Bibbia la vigna sta ad indicare Israele e le cure assidue ed affettuose di Dio per il suo popolo. La vite è una delle piante più tipiche della Palestina.
Il profeta Isaia celebra la fecondità di questa vigna (Is. 27,2-6), il profeta Ezechiele evidenzia le minacce di Dio contro la sua improduttività; l’apostolo Giovanni fa della vite e i tralci il simbolo dell’unione di Cristo con la Chiesa: un rapporto intimo ad indicare come Cristo Gesù e i discepoli costituiscono una unica realtà. E Gesù evidenzia: senza di me non potete far nulla. Tutto il nostro essere è da Dio, che è creatore e padre; l’uomo che pretende di fare a meno di Dio è come il tralcio separato dalla vite, la linfa vitale non passa, il tralcio subito secca e serve solo ad essere bruciato. Il tralcio è il prolungamento della vite: Io sono la vera vite, dice Gesù, il Padre mio è il vignaiuolo.
Nell’allegoria Gesù pone al primo posto il Padre perché tutto proviene dal Padre, siamo stati creati dal Padre, ritorneremo al Padre: la nostra permanenza sulla terra è provvisoria; creati da Dio, ritorneremo a Dio; ‘Siate pronti, diceva Gesù, con la cintura ai fianchi e la lucerna accesa in mano’, perché non siamo cittadini della terra ma del cielo. Torneremo a Dio se abbiamo prodotto frutti di vita eterna: questi frutti saranno veri e validi se il tralcio rimane legato alla vite. Questo legame si mantiene e si alimenta solo amando perché Dio è amore; un amore non ideale ma concreto, che si estrinseca con atti concreti.
Amare Dio in senso concreto è osservare i suoi comandamenti che si riassumono e si sintetizzano nell’amore verso Dio ( i primi tre comandamenti) e nell’amore verso i fratelli (gli altri sette); un amore orizzontale e verticale: l’uno completa l’altro. Non rimane allora alcuna alternativa: se vogliamo produrre frutti di vero amore dobbiamo rimanere innestati a Cristo con la fede e con l’amore; vivere in vera comunione con i fratelli: allora e solo allora dimostriamo che Dio è veramente il nostro Padre. Da qui la necessità per il tralcio di rimanere legato alla Vite. Gesù insiste sul verbo ‘rimanere’, e lo ripete sette volte.
Questo ‘rimanere’ non è un ‘rimanere passivi’, un addormentarsi, ma un ‘rimanere attivi’ ed è reciproco: la vite ha bisogno del traccio per produrre e il tralcio ha bisogno della vite perché la linfa vitale possa scorrere e produrre frutti. Il frutto è portare amore. Con il sacramento del Battesimo noi, che eravamo come olivastri selvatici, ci siamo inseriti ed innestati a Cristo per produrre frutti di vita eterna; è necessario allora rimanere legati alla vite, a Cristo Gesù, perché la grazia, questa linfa vitale che viene da Gesù, arrivi a noi e produciamo frutti di vita eterna.
Rimanere legati alla vite significa attuare gli impegni assunti con il Battesimo, non andare via come il figliuolo prodigo, ma rimanere nell’amore di Dio. Quando è necessario il Padre pota questo tralcio per produrre di più e meglio; la nostra risposta deve essere una sola: ‘Padre, sia fatta la tua volontà’. Come cristiano non sei più una pianta selvatica ma un innesto; i frutti dell’innesto sono frutti di fede e di amore verso Dio e i fratelli.
Se vuoi pensare, agire solo secondo te, troverai solo te: creatura povera, debole, peccatrice, con te troverai solo debolezze, meschinità, follie ed infelicità; se vuoi che Dio sia veramente tuo padre, allora non rompere mai i legami con Cristo Gesù: Fede ed Amore. Affidiamoci allora alla intercessione di Maria, la santa madre di Dio e nostra, che è rimasta sempre legata al suo Gesù ed ha portato frutti di vita eterna.