Testimone di fede: Principessa Mafalda di Savoia

Condividi su...

Mafalda Maria Elisabetta Anna Romana di Savoia, principessa d’Assia, secondogenita di re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena del Montenegro, nacque a Roma il 19 novembre 1902. Il nome era stato scelto da Vittorio Emanuele, ricordando Mafalda promessa ad Alfonso II d’Aragona.

La principessa preferì il monastero alle nozze, morendo poi in odore di santità ed è tuttora venerata a Cascia (Perugia). Mafalda di Savoia crebbe in un ambiente più familiare che nobiliare. Nel 1900, dopo l’assassinio di Umberto I, Vittorio ed Elena salirono al trono, cambiando drasticamente la vita di corte. Il carattere di Mafalda era allegro e brillante. La ragazza era estroversa e socievole e visse una giovinezza felice, grazie all’affetto dei genitori, alla sintonia con il fratello Umberto e le sorelle, in particolare con la principessa Giovanna.

Docile ed ubbidiente, apprese dalla madre i valori cristiani e l’importanza della famiglia. Con lei condivideva anche la passione per l’arte e la musica specialmente quella classica, con la predilezione di Giacomo Puccini. Quest’ultimo le disse che le avrebbe dedicato la Turandot.

Durante la prima guerra mondiale, insieme con le sorelle Jolanda e Giovanna, aiutò la madre impegnata nelle visite degli ospedali ai soldati feriti, ai sofferenti e ai poveri. La Regina Elena, donna animata da una profonda fede, per la quale ha già avuto inizio il processo di canonizzazione, era incline a questi gesti di carità.

Mafalda conobbe in seguito il principe tedesco Filippo d’Assia (1896-1980), giunto in Italia per i suoi studi di architettura e se ne innamorò. Le nozze si celebrarono a Racconigi il 23 settembre 1925. In tale occasione Vittorio Emanuele III donò alla figlia un piccolo casale romano situato fra i Parioli e Villa Savoia. Alla casa venne dato il nome di Villa Polissena, in memoria della principessa Polissena Cristina d’Assia-Rotenburg, seconda moglie di Carlo Emanuele III di Savoia.

Dalla felice unione dei coniugi d’Assia, nacquero quattro figli: Maurizio d’Assia (1926), Enrico d’Assia (1927-1999), Ottone (1937-1998) ed Elisabetta (1940). La principessa di Savoia fu una donna coraggiosa che non badava al rischio quando era in gioco la vita degli altri, così come avvenne durante la seconda guerra mondiale. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943, Hitler decise di vendicarsi della famiglia reale italiana, indicando la moglie del principe d’Assia come vittima da sacrificare.

Mafalda partì per Sofia per stare accanto alla sorella Giovanna, il cui marito, Boris III re di Bulgaria, era morto per avvelenamento il 28 agosto 1943. La principessa di Savoia non fu messa al corrente dell’armistizio e venne informata soltanto a cose fatte durante il viaggio di ritorno in treno, in piena notte, grazie alla Regina di Romania.

Tuttavia, noncurante di sé, decise di fare ritorno a Roma per congiungersi con i suoi figli e con la sua famiglia d’origine. Il marito, infatti, era prigioniero di Hitler in Germania, a sua insaputa. Non temeva conseguenze perché era convinta che i tedeschi l’avrebbero rispettata in quanto moglie di un ufficiale tedesco.

Il 22 settembre raggiunse Roma e scoprì che il re, la regina ed il fratello Umberto avevano lasciato la capitale. Riuscì a rivedere, per l’ultima volta, i figli Enrico, Ottone ed Elisabetta, che erano custoditi da monsignor Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, nel proprio appartamento. Maurizio invece si era arruolato in Germania.

La Gestapo, che aveva aperto un dossier su di lei, fece scattare l’ ‘Operazione Abeba’ che prevedeva la cattura e la deportazione di Mafalda di Savoia. Il 22 settembre 1943, fu arrestata a Roma e venne imbarcata su un aereo con destinazione Monaco di Baviera. Fu poi trasferita a Berlino ed infine deportata nel Lager di Buchenwald e rinchiusa nella baracca n. 15, sotto il falso nome di Frau von Weber.

Le venne vietato di rivelare la propria identità e, per scherno, i nazisti la chiamavano Frau Abeba. Occupò una baracca insieme all’ex deputato socialdemocratico Rudolf Breitscheid e a sua moglie. Le venne assegnata come assistente la signora Maria Ruhnau, alla quale Mafalda, in segno di riconoscenza, regalò l’orologio che portava al polso. La dura vita del campo, il poco cibo, che divideva con coloro che reputava avessero più bisogno di lei ed il glaciale freddo invernale, fecero peggiorare ulteriormente il già gracile e provato fisico di Mafalda.

Nell’agosto del 1944, gli anglo-americani bombardarono il lager e la sua baracca venne distrutta. La principessa riportò gravissime ustioni e contusioni su tutto il corpo. Fu ricoverata nell’infermeria della casa di tolleranza dei tedeschi del lager, ma qui non venne curata. Dopo quattro giorni di agonia, sopraggiunse la cancrena al braccio sinistro, che fu amputato con un interminabile intervento chirurgico che aveva lo scopo di farla morire dissanguata. Ancora addormentata, Mafalda venne riportata nel postribolo e abbandonata, senza assistenza. Il 28 agosto 1944, morì a 42 anni.

Il dottor Fausto Pecorari, radiologo internato a Buchenwald, dichiarò che Mafalda era stata intenzionalmente operata in ritardo. L’intervento era stato eseguito da Gerhard Schiedlausky, il quale fu poi condannato a morte dal tribunale militare di Amburgo e impiccato nel 1948.

Il corpo di Mafalda di Savoia, grazie al padre boemo Joseph Tyl, monaco cattolico dell’ordine degli Agostiniani, non venne cremato, ma fu messo in una cassa di legno, sepolta sotto la dicitura: 262 eine unbekannte Frau (donna sconosciuta). Dopo alcuni mesi, sette marinai italiani, reduci dai lager nazisti, trovarono la bara della principessa martire e misero una lapide identificativa.

Mafalda era una donna briosa e mite, intelligente e colta, sempre interessata agli altri; una sposa ed una madre esemplare, di grandissima fede cattolica, pronta alla carità per i più bisognosi e disagiati. Il martirio di Buchenwald, infatti, non minò la sua fede.In oltre, per vivere accanto all’amato marito, sopportò il rigido clima tedesco imposto dai nazisti che non riscuotevano il suo favore e nemmeno quello della madre.

Era una persona semplice, indulgente, benevola e amabile, ma piuttosto cagionevole di salute. Nonotante questo problema, affrontò comunque quattro gravidanze, di cui l’ultima a 38 anni. Per sentire telefonicamente il coniuge ostaggio dei nazzisti in Germania, cadde nella trappola dell’ufficiale tedesco Herbert Kappler, comandante del Servizio Segreto delle SS e della Gestapo a Roma.

Per amore di suo padre e di sua madre, non considerando che la Gestapo l’avrebbe pedinata, accettò di occuparsi del ‘caso Montenegro’, ovvero la restaurazione del trono Petrovich. Nella sua breve vita, mise al primo posto sempre i principi evangelici e l’amore per il prossimo, vicino o lontano.

Anche nel campo di concentramento di Buchenwald, in cima ai suoi pensieri c’erano i figli, il marito, i genitori, ma anche gli internati del campo e in particolare gli italiani del lager, ai quali fece sentire tutta la sua vicinanza. Le sue ultime parole furono proprio per loro: ‘Italiani, io muoio, ricordatemi non come una principessa, ma come una vostra sorella italiana’.

Fuori della neoclassica Villa Polissena, che si trova nella via a lei intitolata, vi è un altarino con un rilievo della Vergine con il bambino, molto cara a Mafalda. Lì accanto è situato un suo busto con l’incisione: «Alla memoria di Mafalda di Savoia,

principessa d’Assia, nata a Roma il 19 novembre 1902, morta da martire a Buchenwald il 28 agosto 1944». La martire Mafalda di Savoia, oggi, riposa nel piccolo cimitero degli Assia nel castello di Kronberg in Taunus a Francoforte-Höchst, frazione di Francoforte sul Meno. Più di centocinquanta vie, piazze e giardini pubblici sono intitolati a lei e diversi monumenti sono stati eretti in suo onore.

Un comune in provincia di Campobasso porta il suo nome. Nel nord e nel sud d’Italia vi sono numerose scuole e club dedicati alla sua memoria. Mafalda rappresenta una vittima di una guerra non tra opposti schieramenti che si battono per la conquista di un territorio, ma tra diverse posizioni ideologiche.

Per approfondire: Cristina Siccardi- Mafalda di Savoia. Dalla reggia al lager di Buchenwald Ed. Paoline. Su Mediaset Infinity è possibile vedere la miniserie ‘Mafalda di Savoia- il coraggio di una principessa’. Si tratta di una rappresentazione piuttosto fedele della vita della testimone.

PREGHIERA

Pietosissimo Iddio, che nei Tuoi imperscrutabili disegni, permettesti che la Tua serva Mafalda, nata e vissuta nella regalità della corte, si dipartisse da questa terra in seguito alle sofferenze ed all’abbandono vissuto negli ultimi mesi della sua esistenza terrena, lontano dalle cure e dall’affetto dei suoi, umiliata e vilipesa in suolo nemico, accetta il suo sacrificio!

Fà che ella, spiritualmente ricollegata alle grandi donne della sua casa che la precedettero, in una dinastia di Santi e di Eroi, ascenda presto alla Beatitudine del Regno dei Cieli, onde intercedere presso di Te per la grandezza del Regno d’Italia. Così sia.

Con approvazione ecclesiastica

+ Giuseppe Gagnor, Vescovo

Napoli, 18 novembre 1945

(Foto: youtube)

Free Webcam Girls
151.11.48.50