Suor Giacomina Stuani racconta il centenario della rivista ‘Dalle api alle rose’

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“Eccomi a voi, che tanto mi avete desiderato ed aspettato. Lo sapete, vengo dalla classica terra dell’Umbria, e propriamente dalla graziosa Cittadina, che tutta candida, si adagia a ridosso di un monte che si chiama Cascia. Là dorme da quattro secoli e mezzo la cara Salma di santa Rita l’Agostiniana, la Santa degli Impossibili, l’Avvocata dei casi disperati. Prima di venire a voi sono stato deposto sopra la Sua bell’Urna, e sono ancora olezzante di quel soave odore, che emana dal quel sacro Corpo. Vengo a diffonderlo nelle vostre case, fra le vostre famiglie,insieme alla benedizione della buona Santa”.

Con queste parole nel 1923 inizia il primo numero del bollettino del monastero di santa Rita da Cascia, ‘Dalle api alle rose’, che in questo anno che si sta concludendo, ha compiuto 100 anni di vita, quando l’allora badessa del monastero, per mano di Nino Angelini, un bimbo da lei maternamente sostenuto nella vocazione religiosa (diverrà p. Atanasio), fece imbucare le prime copie del bollettino, con l’obiettivo di far conoscere Cascia, che allora era un paesino sconosciuto, in tutto il mondo e diffondere il messaggio ritiano.

La rivista, distribuita nel mondo ora in sei lingue, si chiama così perché Madre Fasce voleva racchiuderci tutta la vita di Santa Rita: dal primo miracolo, quello delle api che le entravano e uscivano dalla bocca, quando era solo una neonata, all’ultimo prima di morire, quello della rosa fiorita sotto la neve, nella sua casa di Roccaporena, che una sua parente le portò insieme ai due fichi.

Partendo dall’editoriale del primo numero alla direttrice editoriale della rivista, suor Giacomina Stuani, chiediamo di raccontare il motivo per cui madre Fasce diede vita alla rivista: “La sua storia comincia ufficialmente il 22 maggio 1923, data di pubblicazione del primo numero. Madre Maria Teresa Fasce, badessa del Monastero, pensa ad un bollettino capace di parlare in modo semplice e diretto al cuore dei lettori. Il nome scelto è un preciso riferimento alla vita di Santa Rita.

Dalle Api alle Rose delinea il percorso della vita della Santa, che contribuisce notevolmente a far conoscere e amare.  Il primo numero è stampato in 200 copie. Prima di spedirle, il 14 maggio 1923, le monache le portano in processione all’Urna di Santa Rita per affidarle alla benedizione della Santa. La rivistaviene accolta subito con entusiasmo e i primi lettori la definiscono ‘un raggio di sole, una rosa tra le spine, una gioia, un sorriso di Paradiso’”.

Ed oggi in quale modo comunicare la fede attraverso i mezzi di comunicazione?

“San Paolo VI nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Nuntiandi’ scriveva: ‘Il Vangelo, e quindi l’evangelizzazione, non si identificano certo con la cultura, e sono indipendenti rispetto a tutte le culture. Tuttavia il Regno, che il Vangelo annunzia, è vissuto da uomini profondamente legati a una cultura, e la costruzione del Regno non può non avvalersi degli elementi della cultura e delle culture umane’.  

E’ interessante anche la riflessione proposta da mons. Lucio Adrián Ruiz, segretario generale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede: ‘La storia dell’Annuncio del Vangelo, con la cultura e con gli strumenti propri della cultura per trasmettere il Messaggio, risale proprio al Signore stesso… Anche la storia dell’arte manifesta fino a quale punto pittura, musica, letteratura, architettura siano stati molto più di semplici ‘veicoli’ o ‘strumenti’ di comunicazione…

Essi sono diventati espressione della fede vissuta, che è stata trasmessa, come esperienza e contenuto, nel corso delle generazioni. In questo contesto la Chiesa ha incorporato nella sua maniera di vivere e trasmettere la fede anche gli strumenti propri della tecnologia. Radio, cinema, tv, computer, Internet… sono entrati in maniera naturale nell’agire pastorale della Chiesa, con la stessa naturalezza dell’arte in tutte le sue molteplici manifestazioni’. Quindi per comunicare la fede attraverso i social media, occorre studiare la loro conoscenza per usarli al meglio nell’annuncio della Buona Notizia”.

Come raccontare ‘tracce di Gesù’ ai giovani attraverso i social?

“I giovani portano nel loro cuore un desiderio sconfinato di felicità… lo percepiamo quando li incontriamo nei nostri parlatori, lo vediamo quando vanno in massa ai grandi incontri programmati dalla Madre Chiesa, come le Giornate Mondiali della Gioventù. Il nostro Padre spirituale, sant’Agostino, nelle ‘Confessioni’ scrive: ‘Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te’.

Questa quiete la troviamo riposando nel cuore di Gesù. I social ci aiutano a connetterci sulla lunghezza d’onda dei giovani, ad affiancarci al loro linguaggio portando il linguaggio di Gesù, ma soprattutto, facendoglielo vedere con la testimonianza della nostra vita. I primi apostoli hanno seguito Gesù perché hanno ‘visto’ in Lui qualcosa che li ha attratti. I social sono il mezzo ‘concreto’ per raggiungere un mondo giovanile che vive in una società ‘liquida’. Ma non dimentichiamoci mai che il modo più vero di incontrarsi è la relazione ‘in personam’, non quella virtuale. La seconda aiuta ma la prima è insostituibile”.

Per quale motivo avete editato la collana ‘Rita quotidiana’?

“Lo dice il sottotitolo del primo libretto uscito: ‘I consigli di Santa Rita per te’. Desideriamo condividere i valori di Santa Rita, non solo ‘ad intra’ cioè con coloro che vengono a Cascia, ma anche ‘ad extra’, raggiungendo con un agile volumetto tutte le persone che non possono venire a trovarla di persona. Il papa ci invita spesso a raggiungere le periferie del mondo; essendo noi di clausura, facciamo viaggiare questa nostra amica e Santa Sorella, la sua testimonianza di fede e Vangelo, Rita è stata Vangelo con l’intera sua vita di donna e consacrata”.

Quali temi sono affrontati nella collana?

“I temi della ‘collana’ editoriale saranno quelli che ogni uomo e donna si trova a vivere nella quotidianità. Siamo partite con la maternità, il secondo libretto è stato sul lutto e poi vedremo strada facendo”.

(Foto: Fondazione Santa Rita da Cascia)

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