Paolo Trianni: le religioni per una teologia della pace

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“Appena iniziato il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella gioia e nella speranza di tutti gli uomini di buona volontà, ora si minacciano le nuvole che l’orizzonte internazionale sta oscurando e seminando la paura in milioni di famiglie. La Chiesa non ha nulla a che fare con essa quanto la pace e la fratellanza tra gli uomini, e sta lavorando, senza stancarsi, per stabilirle. A questo proposito, abbiamo ricordato i gravi doveri di coloro che hanno la responsabilità del potere”.

Così si esprimeva papa san Giovanni XXIII nel ‘radiomessaggio per l’intesa e la concordia tra i popoli’, maturando anche la decisione di intervenire con uno strumento più ampio e autorevole quale l’enciclica ‘Pacem in terris’. Questa nozione di pace ha un fondamento teologico, in quanto è coerente con ‘l’ordine stabilito da Dio’, cioè con l’intenzionalità profonda che il Creatore ha impresso alla creazione, e a cui la ragione umana è chiamata ad aderire: si radica qui la dignità inalienabile di ogni persona.

Ed a distanza di 60 anni dalla pubblicazione dell’enciclica giovannea sulla pace la Pontificia Università Gregoriana, insieme alla FOCSIV (Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana), ha organizzato un workshop, intitolato ‘Teologia della pace: il contributo delle religioni per una convivenza pacifica’, in cui sono stati illustrati i fondamenti di una teologia della pace in una prospettiva interreligiosa, la teoria e la prassi che accompagnano la non-violenza, la ricostruzione della storia della nonviolenza e i suoi principali interpreti, sia cristiani che di che altre religioni, coordinato dal prof. Ambrogio Bongiovanni, direttore del Centro Studi Interreligiosi della Pontificia Università Gregoriana, e dal dott. Paolo Trianni, docente incaricato all’Istituto di Studi Interdisciplinari su Religioni e culture/Centro Studi Interreligiosi della Pontificia Università Gregoriana, al quale chiediamo se esiste una teologia della pace:

“Sarei tentato di rispondere sì! Esiste una teologia della pace perché è stato pubblicato un enchiridion con i documenti della chiesa che trattano il tema della pace, esiste un dizionario della pace, ed esistono dei manuali con questo titolo. Forse, come genitivo teologico, va sistematizzata meglio, ma il vero (e per certi aspetti unico problema) è che non viene insegnata nelle università, nemmeno quelle pontificie, neanche nei corsi di laurea in Scienze per la pace”.

Quale può essere il contributo delle religioni per una convivenza pacifica?

“Il loro contributo può essere straordinario. Se le religioni faranno un’alleanza per la pace, sicuramente si potranno ottenere grandi risultati. E’ questo il lavoro che sta facendo papa Francesco. L’impegno per la convivenza pacifica si può denominare ‘dialogo di azione’. E’ esattamente questa l’azione che dobbiamo attenderci dalle religioni”.

A 60 anni dall’enciclica ‘Pacem in Terris’ le religioni sono a servizio della pace?

“Non si può rispondere in modo affermativo, non in maniera generalizzata. Da vari punti di vista si potrebbe anche affermare che, per vari motivi, alcune tradizioni religiose o confessioni sono conniventi con il potere. In altri casi, alimentano un fondamentalismo che sfocia in terrorismo. Le religioni hanno potuto ben poco contro il proliferare delle armi, anche quelle atomiche. In sintesi, c’è ancora un lavoro da fare. Occorre sviluppare il dialogo interreligioso, e mettere al centro di esso proprio la pace, ma direi anche la salvaguardia del pianeta, perché in futuro le guerre potranno nascere anche per cause ecologiche”.

Con la tensione in Terra Santa il documento di Abu Dabhi quale valore ha?

“E’ una domanda complessa. Il documento firmato da papa Francesco il 4 febbraio 2019 per la fratellanza umana e la pace con il rettore dell’università di Al-Azhar, è solo un primo passo. Le intenzioni pacifiche degli uomini di religione si scontrano spesso con la politica. La situazione in Terra Santa è particolarmente complessa; l’impressione è che le motivazioni politiche del conflitto prevalgano su quelle religiose, sebbene un clima religioso più dialogico tra le tre fedi implicate avrebbe aiutato ad evitare il conflitto ed i conflitti che da anni si ripetono”.

Quale è il compito delle Università nella realizzazione di una teologia della pace?

“Il compito non può che essere quello di formare, sia su un piano spirituale che operativo a diventare espressione di questo valore. La pace è sottovalutata, è considerata una questione spirituale o etica, non si comprende che la guerra è il male assoluto, e che la pace richiede competenze trasversali. Oggi esiste anche una difesa popolare nonviolenta con tecniche e strategie che vanno insegnate”.

Quale contributo alla pace può apportare l’intelligenza artificiale?

“La pace è anche una questione ‘razionale’, l’intelligenza artificiale, al netto delle possibili ambiguità che l’accompagnano, può dimostrare che la pace porta sempre più vantaggi della guerra. Può far capire che la guerra è sempre una sconfitta… che ha solo perdenti e nessun vincitore, da tutti i punti di vista”.

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