CCEE: mons. Grusas delinea le nuove ‘sfide’ per le Chiese europee

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Le sfide della Chiesa in Europa sono ampie, e vanno dalla necessità di implementare il cammino sinodale voluto da papa Francesco fino alle questioni della difesa della vita di fronte ad una società sempre più in balia della ‘cultura della morte’, come raccontano diversi fatti di cronaca degli ultimi tempi, passando per la risposta agli abusi, l’intelligenza artificiale, le questioni della giustizia e della pace.

Mons. Gintaras Grusas, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europa (CCEE), ha tratteggiato queste sfide in una ampia prolusione che ha dato il via ai lavori della plenaria del CCEE, che si chiude oggi a Malta ed ha riunito i 39 membri del Consiglio, di cui 33 sono presidenti Conferenze episcopali nazionali, a cui si sono aggiunti gli arcivescovi del Lussemburgo, del Principato di Monaco, l’arcivescovo maronita di Cipro e i Vescovi di Chişinău (Moldavia), dell’Eparchia di Mukachevo e dell’Amministrazione Apostolica dell’Estonia, che rappresentano la Chiesa cattolica nel continente europeo in 45 Paesi.

Guardando all’esempio di san Giosafat, di cui ricorre il 400^ anniversario della morte, mons. Grusas ha ricordato che l’Europa ha ‘storie di santità che ci uniscono e che sono in grado di alleviare le ferite della storia’: “San Giosafat è stato un martire dell’unità dei cristiani, tanto che Paolo VI volle che le sue spoglie fossero traslate nella Basilica di san Pietro, in una cerimonia solenne che avvenne nel periodo in cui il Concilio Vaticano II discuteva di ecumenismo…

Questo anniversario ha molto da dire all’Europa di oggi. San Giosafat è stato uno strenuo difensore dell’unità dei cristiani e uno zelante predicatore del Vangelo, testimone del legame tra i popoli europei, un legame che va al di là delle diatribe politiche. Viviamo un periodo particolarmente drammatico per l’Europa.

Per il secondo anno, ahimè, celebriamo una assemblea plenaria con una guerra nel cuore del nostro continente. Abbiamo storie di santità che ci uniscono e che sono in grado di alleviare le ferite della storia. L’esempio di san Giosafat e quello di tanti santi e martiri, testimoni del Vangelo, che siamo chiamati a conoscere e a seguire, ci aiuti a ricostruire i nostri legami, a riconoscere la nostra storia comune, a costruire una Europa unita, pacifica e prospera”.

Mentre per le sfide in Europa, la prima è quella della pace, ricordando l’attacco di Hamas contro i coloni israeliani e la guerra in Ucraina: “L’assise sinodale si è celebrata mentre gli attacchi terroristici di Hamas, che condanniamo fermamente, provocavano una escalation militare di Israele nella Striscia di Gaza, anch’essa da condannare perché la violenza non può essere un modo per difendere una causa. Rinnoviamo l’appello per un cessate il fuoco definitivo, perché si prosegua con la liberazione degli ostaggi e si tengano aperti i corridoi umanitari a Gaza.

La guerra in Ucraina, giunta ormai al suo secondo anno, non cessa di interrogarci. Il flusso di rifugiati nei Paesi europei ha richiesto un surplus di sforzo alle nostre Chiese particolari, che si sono impegnate a dare non solo assistenza umanitaria, ma anche pastorale, a quanti sono stati accolti. Auspichiamo che si raggiunga presto l’intesa di una pace giusta, nel rispetto del diritto internazionale, che è una delle grandi vittime di questa situazione”.

Non ha taciuto la condanna sul dramma degli abusi: “Le nostre Chiese particolari stanno affrontando anche il dramma degli abusi. Dopo Germania e Francia, anche Svizzera, Portogallo, Spagna e Italia hanno presentato rapporti nazionali sugli abusi che sono avvenuti nelle nostre realtà ecclesiali. Condanniamo fermamente ogni tipo di abuso e chiediamo perdono alle vittime.,,

Ci consola sapere che il vero volto della Chiesa non è quello degli abusi. Guardiamo con orgoglio ai nostri tanti sacerdoti e persone consacrate, impegnati ogni giorno ad accogliere, accompagnare e consolare tanti nostri fratelli e sorelle, ad aiutare gli ultimi della società, a diffondere il Vangelo anche a costo della vita. Li ringraziamo per il loro servizio generoso e la loro testimonianza evangelica”.

Inoltre un’altra sfida a cui è chiamata la Chiesa è quella dell’intelligenza artificiale: “Guardiamo con particolare meraviglia a quello che queste nuove tecnologie consentono e con attenzione ai rischi che comportano.

Il nuovo linguaggio creato dall’AI pone nuove sfide alla comunicazione, il modo in cui queste nuove tecnologie vengono usate può cambiare profondamente la percezione dei fatti e modificare completamente il nostro modo di pensare. E’ urgente una riflessione su questi temi, sulle implicazioni etiche che ne scaturiscono, sulla giustizia sociale da garantire perché nessuno resti indietro”.

Inoltre ha sottolineato che chi professa la fede cristiana è perseguitato, anche in Europa: “Va ricordato anche che il Cristianesimo è la religione più perseguitata al mondo, come sottolineano ormai vari rapporti internazionali, da quello di Aiuto alla Chiesa che Soffre a quello di Open Doors.

Allo stesso modo, l’ultimo rapporto annuale dell’Osservatorio sulla Intolleranza e la Discriminazione dei Cristiani in Europa, pubblicato il 16 novembre scorso, ha documentato che nel 2022 ci sono stati 748 casi di discriminazione anticristiana in 30 diverse nazioni d’Europa, una crescita esponenziale rispetto ai 519 casi documentati nel 2021.

Nonostante queste difficoltà, siamo chiamati a compiere la nostra missione, proclamando il Vangelo e difendendo la dignità dell’essere umano dovunque sia messa a rischio”.

Avviandosi alla conclusione mons. Grusas ha ricordato la ‘vicenda’ di Indi Gregory: “Il caso di Indi Gregory, la bambina inglese cui sono stati staccati i supporti vitali contro il parere dei genitori, ha colpito l’attenzione di tutto il mondo, ed anche di papa Francesco, che ha fatto sapere di pregare per la famiglia.

Il caso fa seguito a tante altre storie analoghe, seppure con le loro differenze cliniche. Non si tratta di casi isolati. Per questo, siamo chiamati oggi più che mai a difendere la piena dignità di ogni vita umana e il diritto di tutti di essere curati e aiutati a vivere fin quando è possibile.

Non possiamo accettare che un giudice decida della vita e della morte di una persona. La vita è un dono di Dio, e come tale va difesa dal concepimento fino alla morte naturale”.

Per questo aborto ed eutanasia non sono diritti: “Allo stesso tempo, sono sempre più forti le pressioni per garantire un presunto diritto all’aborto. Guardiamo con preoccupazione alla proposta di inserire il diritto all’aborto nella Costituzione francese. Ci uniamo ai vescovi francesi, che, riuniti in plenaria a Lourdes, hanno detto un secco no alla proposta e hanno messo in luce come gli aborti in Francia lo scorso anno sono stati 234.000…

Sono gli ultimi casi, e come tali vengono menzionati. In realtà, la tendenza europea sembra ormai definita, in un piano inclinato che porta sempre più da una cultura della vita ad una cultura della morte.

Non possiamo non menzionare la legge sull’eutanasia approvata in Portogallo proprio nei mesi che hanno preceduto la Giornata Mondiale della Gioventù, mentre in Olanda, sempre quest’anno, l’eutanasia è stata ammessa anche per i bambini al di sotto dei 12 anni”.

Queste sono le sfide a cui le Chiese europee sono chiamate: “Ci troviamo di fronte a sfide importanti, da affrontare insieme, con uno spirito europeo e cristiano che da troppo tempo sembra essere diventato preda di interessi nazionali.

Il cammino ecumenico e il lavoro con le Chiese sorelle saranno cruciali in questo percorso. Siamo convinti, oggi più che mai, che la visione cristiana possa davvero contribuire ad una vera civiltà dell’amore. E’ questo il nostro compito, e la nostra sfida, nel mezzo di quello che papa Francesco ha definito più volte non un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento di epoca”.

(Foto: CCEE)

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