Don Yoannis Lahzi Gaid spiega la guerra ‘Frutto del nostro silenzio di fronte alle ingiustizie’

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E’ l’uomo del dialogo interreligioso, delegato da Papa Francesco a occuparsi di creare reti tra persone del mondo appartenenti a fedi religiose diverse. A Latina ha tenuto una conferenza sulla situazione tragica di Gaza e dello scontro tra Hamas e Israele, don Yoannis Lahzi Gaid, egiziano copto, pontino d’adozione, per sei anni segretario personale di papa Francesco, che ha l’incarico di membro dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana, l’organismo che promuove i valori proposti nel ‘Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune’, firmato il 4 febbraio del 2019 ad Abu Dhabi dal Pontefice e dal grande Imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb.

Molti nel capoluogo lo conoscono per il suo impegno parrocchiale al fianco di don Gianni Toni nella parrocchia di Santa Domitilla dove è stato viceparroco e dove ancora oggi è presente il sabato e la domenica. Ed è stato proprio durante lo scorso fine settimana, domenica pomeriggio, nel salone parrocchiale della Mostra dei Presepi, che Don Yoannis ha deciso di spiegare ai fedeli pontini le origini del conflitto per ragionare se una pace sia possibile:  “C’è stata grande partecipazione, segno di un interesse vivo nella comunità a capire quello che sta succedendo e che sconvolge tutti”, ha raccontato il sacerdote.

La sua esperienza e il suo impegno nel mettere in connessione le diverse fedi nello spirito della pace non è solo teorica, perché don Lahzi Gaid ha seguito da vicino la costruzione della Casa della famiglia di Abramo, un edificio che comprende una chiesa dedicata a San Francesco d’Assisi, una sinagoga e una moschea, un edificio di culto sorto ad Abu Dhabi come primo effetto del Documento sulla Fratellanza Umana, ed inaugurato nel febbraio scorso:

“La casa di Abramo è un progetto nato per dire che possiamo credere in Dio senza utilizzare questa nostra fede per creare avversità. Ognuno prega secondo la propria fede, nello stesso posto, con un’unica entrata, nel rispetto degli altri. Un progetto che ha ancora troppa poca eco soprattutto nei paesi islamici”.

Secondo il diplomatico della Santa Sede al centro della guerra che sta insanguinando Israele e Palestina c’è solo odio religioso. “Basta leggere lo statuto di Hamas. Il testo è molto chiaro nel diffondere un forte odio verso gli ebrei, verso Israele, verso gli “infedeli” come dice il testo stesso. Siamo di fronte a un gruppo terroristico che sta trasformando la sua fede in violenza ingiustificata verso altre popolazioni.

Si dice che sia una Resistenza per ottenere uno Stato palestinese, invece è un movimento integralista che usa la causa palestinese per diffondere un odio religioso. Bisogna capire che questa non è una guerra tra due eserciti, ma tra un gruppo terroristico e un esercito.

Siamo di fronte ad una guerra molto crudele che non sappiamo come andrà a finire, ma anche in questo momento così buio, il dialogo è l’unica cosa che può accendere una luce. La via del dialogo e della fratellanza  è l’unica via per la convivenza pacifica tra tutte le persone che si dichiarano credenti e tra le diverse religioni”.

Poi allargando lo sguardo, l’appello è alla necessità di un impegno collettivo. “Credo sia arrivato il momento  di affrontare in maniera forte e chiara alcune questioni. La comunità internazionale non può accettare le ingiustizie che avvengono in alcuni paesi, non possiamo fare finta di non vedere. Mi riferisco ai diritti umani e in primo luogo al rispetto per le donne, non dobbiamo guardare in silenzio un Paese che uccide una bambina che non mette il velo, perché tacere di fronte alle ingiustizie è complicità.

L’altra cosa è l’ingiustizia nei confronti dei cristiani che vivono in Medio Oriente e delle altre minoranze, tacere fa aumentare l’integralismo religioso che brucia tutto. Un’altra questione è la libertà religiosa: il mondo deve pretendere, chiedere e obbligare  chi non rispetta questa libertà, che è la madre di tutte le altre libertà, a rispettarla.

Perché se le persone non scelgono la loro fede, non sono libere di credere e anche di non credere, allora tutto il resto è giustificato. L’unica cosa da fare in questo momento è di non tacere di fronte alle ingiustizie che vengono perpetrate a gruppi, a persone, a donne e  bambini, perché quello che stiamo vivendo oggi è il frutto di questo nostro silenzio”.

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