Sinodo dei vescovi indica spazi di missione

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Sabato scorso è stata resa nota la relazione di sintesi del Sinodo dei vescovi, che aveva a tema ‘Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione’. e papa Francesco con un breve intervento ha ringraziato i membri della segreteria generale, gli assistenti spirituale, e tutti coloro che, con il loro lavoro nascosto, hanno permesso lo svolgimento dell’assise iniziata lo scorso 4 ottobre:

“Rendiamo grazie a Dio per i suoi doni, per l’ascolto e per la condivisione, per la comunione e l’obbedienza alla sua Parola. Il Signore porti a compimento l’opera che ha iniziato… Ciò che lo Spirito ha suscitato in questa assemblea porti frutti di comunione e di pace per tutto il tuo popolo e per l’umanità intera”.

La ‘Relazione di sintesi’ è formata da 42 pagine divise in 3 parti (‘Il volto della Chiesa sinodale’, ‘Tutti discepoli, tutti missionari’, ‘Tessere legami, costruire comunità’) ed ogni paragrafo è diviso in ‘convergenze, questioni da affrontare e proposte’. Comunque il testo sottolinea che questo Sinodo si svolge nella continuità della Tradizione della Chiesa:

“L’intero cammino, radicato nella Tradizione della Chiesa, si sta svolgendo nella luce del magistero conciliare. Il Concilio Vaticano II è stato, infatti, come un seme gettato nel campo del mondo e della Chiesa. La vita quotidiana dei credenti, l’esperienza delle Chiese in ogni popolo e cultura, le molteplici testimonianze di santità, la riflessione dei teologi sono stati il terreno in cui esso è germogliato e cresciuto.

Il Sinodo 2021-2024 continua ad attingere all’energia di quel seme e a svilupparne le potenzialità. Il cammino sinodale sta infatti mettendo in atto ciò che il Concilio ha insegnato sulla Chiesa come Mistero e Popolo di Dio, chiamato alla santità.

Esso valorizza l’apporto di tutti i battezzati, nella varietà delle loro vocazioni, a una migliore comprensione e pratica del Vangelo. In questo senso costituisce un vero atto di ulteriore recezione del Concilio, che ne prolunga l’ispirazione e ne rilancia per il mondo di oggi la forza profetica”.

Per i padri sinodali la centralità del cristianesimo è l’iniziazione cristiana: “L’iniziazione cristiana è l’itinerario attraverso cui il Signore, mediante il ministero della Chiesa, ci introduce nella fede pasquale e ci inserisce nella comunione trinitaria ed ecclesiale.

Tale itinerario conosce una significativa varietà di forme a seconda dell’età in cui viene intrapreso e delle diverse accentuazioni proprie delle tradizioni orientali e di quella occidentale. Tuttavia vi si intrecciano sempre l’ascolto della Parola e la conversione della vita, la celebrazione liturgica e l’inserimento nella comunità e nella sua missione. Proprio per questo il percorso catecumenale, con la gradualità delle sue tappe e dei suoi passaggi, è il paradigma di ogni camminare insieme ecclesiale”.

L’iniziazione cristiana mostra il ‘volto materno’ della Chiesa: “L’iniziazione pone a contatto con una grande varietà di vocazioni e di ministeri ecclesiali. In essi si esprime il volto materno di una Chiesa che insegna ai suoi figli a camminare camminando con loro.

Li ascolta e, mentre risponde ai loro dubbi e alle loro domande, si arricchisce della novità che ogni persona porta in sé, con la sua storia, la sua lingua e la sua cultura. Nella pratica di questa azione pastorale la comunità cristiana sperimenta, spesso senza averne piena consapevolezza, la prima forma di sinodalità”.

Un’altra ‘convergenza ‘ riguarda’ i poveri: “Alla Chiesa i poveri chiedono amore. Per amore si intende rispetto, accoglienza e riconoscimento, senza i quali fornire cibo, denaro o servizi sociali rappresenta una forma di assistenza certamente importante, ma che non si fa pienamente carico della dignità della persona.

Rispetto e riconoscimento sono strumenti potenti di attivazione delle capacità personali, in modo che ciascuno sia soggetto del proprio percorso di crescita e non oggetto dell’azione assistenziale di altri”.

L’opzione per i poveri è fondamentale per la Chiesa: “L’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica: Gesù, povero e umile, ha fatto amicizia con i poveri, ha camminato con i poveri, ha condiviso la tavola con i poveri e ha denunciato le cause della povertà. Per la Chiesa l’opzione per i poveri e gli scartati è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Per San Giovanni Paolo II, Dio concede a loro per primi la sua misericordia”.

Ed il battesimo  è il fondamento del rapporto ecumenico: “Proprio il Battesimo, che è al principio della sinodalità, costituisce anche il fondamento dell’ecumenismo. Attraverso di esso tutti i cristiani partecipano al sensus fidei e per questo vanno ascoltati con attenzione, indipendentemente dalla loro tradizione, come l’Assemblea sinodale ha fatto nel suo processo di discernimento. Non ci può essere sinodalità senza la dimensione ecumenica”.

Proprio l’ecumenismo genera rinnovamento spirituale: “L’ecumenismo è anzitutto una questione di rinnovamento spirituale ed esige anche processi di pentimento e di guarigione della memoria. Nell’Assemblea sono risuonate testimonianze illuminanti di cristiani di diverse tradizioni ecclesiali che condividono l’amicizia, la preghiera e soprattutto l’impegno per il servizio dei poveri.

La dedizione per gli ultimi cementa i legami e aiuta a concentrarsi su ciò che già unisce tutti i credenti in Cristo. E’ importante perciò che l’ecumenismo si sviluppi anzitutto nella vita quotidiana. Nel dialogo teologico e istituzionale prosegue la paziente tessitura dalla comprensione reciproca in un clima di crescente fiducia e apertura”.

E tale rinnovamento spirituale dà vita alla missione: “Se la missione è grazia che impegna tutta la Chiesa, i fedeli laici contribuiscono in modo vitale a realizzarla in tutti gli ambienti e nelle situazioni più ordinarie di ogni giorno. Sono loro soprattutto a rendere presente la Chiesa e ad annunciare il Vangelo nella cultura dell’ambiente digitale, che ha un impatto così forte in tutto il mondo, nelle culture giovanili, nel mondo del lavoro, dell’economia e della politica, delle arti e della cultura, della ricerca scientifica, dell’educazione e della formazione, nella cura della casa comune e, in modo particolare, nella partecipazione alla vita pubblica.

Là dove sono presenti, essi sono chiamati a testimoniare Gesù Cristo nella vita quotidiana e a condividere esplicitamente la fede con altri. In particolare i giovani, con i loro doni e le loro fragilità, mentre crescono nell’amicizia con Gesù, si fanno apostoli del Vangelo tra i loro coetanei”.

In questo processo anche le donne hanno la loro parte: “Le donne costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese e sono spesso le prime missionarie della fede in famiglia. Le consacrate, nella vita contemplativa e in quella apostolica, costituiscono un dono, un segno e una testimonianza di fondamentale importanza in mezzo a noi. La lunga storia di donne missionarie, sante, teologhe e mistiche è una potente sorgente di ispirazione e nutrimento per le donne e gli uomini del nostro tempo”.

Ed icona di tale processo è la Madonna: “Maria di Nazareth, donna di fede e madre di Dio, resta per tutti una straordinaria fonte di significato dal punto di vista teologico, ecclesiale e spirituale. Maria ci ricorda la chiamata universale ad ascoltare con attenzione Dio e a rimanere aperti allo Spirito Santo.

Ha conosciuto la gioia di dare alla luce e fare crescere e ha sopportato dolore e sofferenza. Ha partorito in condizioni di precarietà, ha fatto l’esperienza di essere rifugiata e ha vissuto lo strazio della brutale uccisione di suo Figlio. Ma ha anche conosciuto lo splendore della risurrezione e la gloria di Pentecoste”.

Ed una parte del documento è dedicato alla missionarie età nell’ambiente digitale: “La cultura digitale rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui concepiamo la realtà e ci relazioniamo con noi stessi, tra di noi, con l’ambiente che ci circonda e anche con Dio.

L’ambiente digitale modifica i nostri processi di apprendimento, la percezione del tempo, dello spazio, del corpo, delle relazioni interpersonali e il nostro intero modo di pensare. Il dualismo tra reale e virtuale non descrive adeguatamente la realtà e l’esperienza di tutti noi, soprattutto dei più giovani, i cosiddetti nativi digitali”.

La cultura digitale, quindi, è la nuova frontiera per testimoniare la Chiesa: “La cultura digitale, quindi, non è tanto un’area distinta della missione, quanto una dimensione cruciale della testimonianza della Chiesa nella cultura contemporanea. Per questo riveste un significato particolare in una Chiesa sinodale.

I missionari sono sempre partiti con Cristo verso nuove frontiere, preceduti e spinti dall’azione dello Spirito. Oggi tocca a noi raggiungere la cultura attuale in tutti gli spazi in cui le persone cercano senso e amore, compresi i loro telefoni cellulari e tablet”.

Però prima di evangelizzare occorre la conoscenza: “Non possiamo evangelizzare la cultura digitale senza averla prima compresa. I giovani, e tra di loro i seminaristi, i giovani preti e i giovani consacrati e consacrate, che spesso ne hanno una esperienza diretta profonda, sono i più adatti per portare avanti la missione della Chiesa nell’ambiente digitale, oltre che per accompagnare il resto della comunità, compresi i pastori, a una maggiore familiarità con le sue dinamiche”.

Infine la ‘Relazione di sintesi’ invita alla partecipazione: “In quanto membri del Popolo fedele di Dio, tutti i battezzati sono corresponsabili della missione, ciascuno secondo la sua vocazione, con la sua esperienza e competenza; pertanto, tutti contribuiscono a immaginare e decidere passi di riforma delle comunità cristiane e della Chiesa tutta, così che essa viva ‘la dolce e confortante gioia di evangelizzare’.

La sinodalità, nella composizione e nel funzionamento degli organismi in cui prende corpo, ha come finalità la missione. La corresponsabilità è per la missione: questo attesta che si è davvero riuniti nel nome di Gesù, questo affranca gli organismi di partecipazione da involuzioni burocratiche e da logiche mondane di potere, questo rende fruttuoso il riunirsi”.

E’ questa la corresponsabilità dei laici nella Chiesa: “Alla luce del magistero recente (in particolare Lumen gentium e Evangelii gaudium), questa corresponsabilità di tutti nella missione deve essere il criterio alla base della strutturazione delle comunità cristiane e dell’intera Chiesa locale con tutti i suoi servizi, in tutte le sue istituzioni, in ogni suo organismo di comunione. Il giusto riconoscimento della responsabilità dei laici per la missione nel mondo non può diventare il pretesto per attribuire ai soli Vescovi e preti la cura della comunità cristiana”.

Quello che i padri sinodali hanno evidenziato è maggiore frequenza di luoghi pubblici: “La composizione dei vari Consigli per il discernere e il decidere di una comunità missionaria sinodale deve prevedere la presenza di uomini e donne che vantino un profilo apostolico; che si distinguano anzitutto non per una frequentazione assidua di spazi ecclesiali, ma per una genuina testimonianza evangelica nelle realtà più ordinarie della vita.

Il Popolo di Dio è tanto più missionario, quanto più capace di far risuonare in sé, anche negli organismi di partecipazione, le voci di quanti già vivono la missione abitando il mondo e le sue periferie”.

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