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Don Nicola Rotundo: Tommaso d’Aquino aiuta alla comprensione dell’Intelligenza Artificiale

“Infatti, vediamo che alcune cose, prive di conoscenza, cioè i corpi naturali, operano per un fine. Ciò appare dal fatto che sempre o per lo più operano nello stesso modo, per conseguire l’ottimo. Da ciò si rende evidente che pervengono al fine non per caso, ma per una tendenza. Ora, le cose prive di conoscenza tendono verso il fine, solo perché vi sono dirette da qualcuno che ha conoscenza e intelligenza, come la freccia [è diretta] dall’arciere. Dunque, c’è qualche essere intelligente, dal quale sono ordinate al fine tutte le cose naturali e quest’essere lo chiamiamo Dio”.

Partiamo da quest’affermazione di san Tommaso d’Aquino nella ‘Summa Teologica’(questio 2 articulus 3) per una riflessione sull’intelligenza artificiale con don Nicola Rotundo, sacerdote  dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace e condirettore delle collane ‘Tra storia e religioni’ e ‘Harmonic Innovation’, autore di ‘Etica armonica’:

“E’ proprio qui che un nodo viene al pettine. Mentre, infatti, Dio essendo il Sommo Bene, muove ogni sua creatura verso il raggiungimento del suo fine ultimo, che è Dio stesso (secondo lo schema dell’exitus-reditus della Summa theologiae) e, quindi, lo conduce verso la sua piena e perfetta realizzazione, l’uomo, invece, non essendo il Sommo Bene, e non volendo, sovente, camminare secondo la parola di Dio, potrebbe anche indirizzare questa sua scoperta verso un falso fine, quale sarebbe ad esempio il guadagno, il potere, la distruzione di chi considera un nemico o un avversario”.

Perché l’intelligenza artificiale è uno strumento ‘complesso’?

“L’Intelligenza Aartificiale è uno strumento ‘complesso’ perché l’uomo, suo artefice, è un essere complesso, in quanto essendo dotato di ragione e volontà può aprirsi al bene aderendo alla volontà di Dio, oppure può contravvenire ad essa volgendo sé stesso e, di conseguenza, tutto ciò che ‘crea’ (compresa l’Intelligenza Aartificiale) al male. E’ necessario, quindi, l’esercizio delle virtù etiche perché venga realizzato il sommo bene”.

‘Oltre la complessità di legittime visioni che caratterizzano la famiglia umana, emerge un fattore che sembra accomunare queste diverse istanze. Si registra come uno smarrimento o quantomeno un’eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana’: ha affermato papa Francesco al G7. Quanto incide l’intelligenza artificiale nella definizione di dignità umana?

“Di per sé l’Intelligenza Artificiale non incide nella definizione di dignità umana, poiché la persona umana ha un’altissima dignità in quanto creata a immagine somiglianza di Dio (Genesi 1, 26); essa può aiutare l’essere umano a vivere secondo questa sua dignità, oppure può condurlo a misconoscerla, a seconda dell’uso che se ne intenda fare”.

In quale modo Tommaso d’Aquino può offrire riflessioni sul rapporto tra intelligenza artificiale e dignità umana?

“Egli è un Dottore ‘perenne’, può quindi aiutare in svariati modi. Ne evidenzierò soltanto uno a partire da queste sue parole: ‘… l’uomo, peccando, si allontana dall’ordine della ragione e, quindi, decade dalla dignità umana…’ (S.Th., II-II, q. 64, a. 2, ad tertium). Questo significa che se la persona umana utilizzerà questa scoperta per peccare, decadrà dalla sua dignità; se, invece, se ne servirà per raggiungere il suo più grande bene (Gesù Cristo, l’uomo nuovo), aiuterà ognuno/a a scoprire la sua altissima dignità e a vivere secondo questa sua altissima dignità”.

Quale è il fine dell’uomo ed il fine di Dio per san Tommaso d’Aquino?

“Più che di fine di Dio, si dovrebbe parlare di volontà di Dio. E’ volontà di Dio che l’essere umano abbia la vita eterna e in un certo senso questo è anche il fine per il quale Dio tutto opera. Infatti è proprio per questo ch’Egli ha mandato il suo Figlio nel mondo (Gv 3, 16). Il raggiungimento della vita eterna, così da poter godere di Dio per sempre, è anche il fine ultimo di ogni persona umana.

Questo suo fine, però, ci ricorda l’Angelico, ognuno/a potrà raggiungerlo soltanto riponendo la propria fede in Gesù Cristo: ‘Per questo dice: Chi crede nel Figlio ha la vita eterna. E ciò risulta chiaro dalle cose dette sopra. Se il Padre ha dato al Figlio ogni cosa, ossia quanto possiede, ed egli possiede in sé la vita eterna, allora ha dato al Figlio di essere la vita eterna… Chi crede in lui possiede ciò a cui tende, ossia il Figlio in cui crede. Ma questi è la vita eterna: dunque chi crede in lui ha la vita eterna’ (Commento al Vangelo secondo Giovanni (capitoli 1-9), cap. 3, lez. 6, § 547)”.

In quale modo oggi san Tommaso d’Aquino può essere ‘maestro’ di dialogo?

“San Tommaso oggi può essere ‘maestro’ di dialogo, anche con i padroni dei cloud e con i fruitori dell’Intelligenza Artificiale, insegnandoci il ‘fine’ del dialogo e il ‘metodo’ di esso. Il fine del dialogo è la conoscenza della verità, che è l’oggetto proprio dell’intelletto umano (cf. S. Th., I-II, q. 2, a. 8, resp.). Il metodo consiste nell’assumere il linguaggio del tempo (egli, ad esempio, assunse soprattutto le categorie aristoteliche e le scienze all’epoca consolidate) per veicolare la verità, che è Gesù Cristo: ‘Dato poi che nessuno può conoscere la verità se non aderendo alla verità, è necessario che chiunque desidera conoscere la verità aderisca a questo Verbo’ (Commento al Vangelo secondo Giovanni (capitoli 10-21), cap. 14, lez. 2, § 1869, ESD-ESB, Bologna 2019). Se il dialogo non conduce alla Verità, non raggiunge il proprio fine”.

Cosa può dire la teologia morale di fronte all’intelligenza artificiale?

“La teologia morale, in dialogo con l’etica e la bioetica, ha per oggetto gli atti umani che sono quelli volontari (cf. S. Th., I-II, q. 6, a. 1, resp.), che procedono, cioè, da una deliberazione della volontà illuminata dalla ragione. Se un tale atto ‘… non è ordinato al fine dovuto, per questo stesso fatto esso è in contrasto con la ragione ed è per natura cattivo. Invece, se è ordinato al fine dovuto, è conforme all’ordine della ragione; perciò è per natura buono’ (S. Th., I-II, q. 18, a. 9, resp.).

Il fine dovuto verso il quale la persona tende (come espresso precedentemente) è Cristo Gesù e la vita eterna che si ha solo in Lui. Dunque un atto (anche quella della creazione e della gestione della ‘macchina pensante’) è per natura buono se porta fruitori e operatori all’accoglienza di Cristo; è per natura cattivo, invece, se porta al Suo rifiuto”.

(Tratto da Aci Stampa)

XIV Domenica Tempo Ordinario: Gesù, rifiutato dai suoi, continua ad amare l’uomo

Il brano del Vangelo ci inserisce oggi sul tema della ‘Fede’. Si può rimanere stupiti, affascinati dalla parole e dai miracoli di Gesù, mai restare increduli; la Fede è sempre un dono di Dio e va chiesta con umiltà e in modo incessante. E’ Dio infatti con la sua grazia che ‘si rivela’ (toglie il velo) e ci fa apparire la verità di Dio, che è verità assoluta ed infallibile; superiore alle nostre capacità intellettive ma non contraria. Lo stesso uomo conosce bene se stesso  solo alla luce di Dio; egli infatti è ‘imago Dei’ (creato a sua immagine e somiglianza).

Tutti siamo cristiani; tutti conosciamo Gesù Cristo, figlio di Maria, che è morto in croce per salvare tutti gli uomini. Ma una cosa è conoscere, un’altra cosa è riconoscere: Si conosce tutto ciò che si vede e poi si rivede; il conoscere è quasi sempre qualcosa di superficiale, di esteriore.  Riconoscere è il conoscere intimamente una realtà. Vado in campagna, vedo alberi e li conosco per averli sempre veduti; ma si riconosce veramente un albero solo dai frutti che produce e se ne evidenzia subito la differenza di uno dall’altro.

Nel brano del Vangelo ascoltato gli abitanti di Nazareth conoscevano Gesù come il figlio di Maria; figlio anche di Giuseppe, il fabbro ed anch’Egli fabbro: una conoscenza superficiale che si ferma a ciò che si vede e si percepisce con i sensi. Dai frutti si riconosce profondamente un albero nella sua vera essenza; Anche lo stesso Gesù pose questa domanda un giorno ai suoi discepoli: cosa dice la gente di me?… poi dirà: cosa dite voi di me? Pietro dà la sua risposta: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio benedetto’. Gesù risponderà a Pietro: beato, sei tu; perché è il Padre che te lo ha rivelato! Ciò che hai detto non è frutto della tua intelligenza ma dello Spirito Santo che te lo ha rivelato.

L’esperienza di Nazareth fu per Gesù assai dolorosa, come d’altronde dolorosa era stata l‘esperienza di tutti i profeti che avevano parlato ed operato tra la propria gente, per cui Gesù ebbe a dire. “nessuno è profeta accetto nella propria patria”. La fede in Cristo Gesù, vero uomo e vero Dio, è solo opera divina. Come uomo è il figlio di Maria e di Giuseppe, ritenuto suo padre, il fabbro del paese: come figlio di Dio possedeva una potenza divina, che non annullava la sua vera umanità.

Gesù, vero uomo e vero Dio, ha amato ed ama l’uomo creato ad immagine di Dio. La Chiesa, costituita da Cristo, è chiamata ad essere una mirabile realtà e le porte degli inferi non prevarranno mai. La Chiesa, il regno di Dio è  una barca in mezzo ad un mare tempestoso ma al timone sta sempre lo Spirito Santo. Nel brano del vangelo gli abitanti di Nazareth si pongono due domande: da dove viene a Gesù tanta sapienza?; da dove gli viene a potenza di operare  prodigi? Rifiutano dunque questo Gesù che invita l’uomo a cambiare rotta: ‘convertitevi!’, cioè cambiate rotta, stile, mentalità. 

Così l’iniziale stupore si trasforma in scandalo, ma Gesù dice loro: ‘Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra  suoi parenti e in casa sua’. Gesù invita a scoprire l’uomo creato ad immagine di Dio, con un’anima spirituale ed immorale, creato non per la terra ma per il cielo; homo viator, sempre impegnato a costruire la nuova civiltà dell’amore dove tutti sono chiamati ad essere fratelli e figli di Dio. Una civiltà dove alla base c’è rispetto, comprensione, condivisione; consapevoli sempre che la vita terrena è un cammino verso la vita eterna.

Per conoscere ed accogliere Gesù è sempre necessaria la fede: quella fede che ci porta a vincere la nostra pigrizia, l’attaccamento testardo alle nostre abitudini, alle sicurezze materiali, fondate sul passato, che impediscono a guardare l’azione dello Spirito santo che guida la sua Chiesa. Abramo, uomo di fede, lasciò tutto e partì; noi cristiani, nati a vita nuova con il Battesimo, siamo chiamati perciò a ‘convertirci’, ad essere uomini nuovi, ad instaurare il Regno dell’amore. 

Chiesa di Cristo siamo tutti: Clero e Laicato, sacerdoti e popolo di Dio con eguale dignità, come le due mani dell’uomo: l’una lava l’altra, insieme realizzano la perfetta unità voluta da Cristo Gesù. La Madonna, la Vergine santa ci aiuti a realizzare la vera unità della Chiesa santa di Dio.

La prof.ssa Geraldina Boni spiega l’importanza del Diritto canonico

Ad aprile, nella Sala delle Conferenze del Dipartimento di Economia e Diritto dell’Università di Macerata si è svolta la IV edizione del Premio ‘Vox Canonica’, assegnato alla prof.ssa Geraldina Boni, docente ordinaria di Diritto Canonico ed Ecclesiastico dell’Alma Mater Studiorum di Bologna. Nell’introduzione, il prof. Giuseppe Rivetti, docente di Diritto tributario all’Università di Macerata, si è soffermato sul crescente interesse per l’indagine del fattore religioso, in grado di offrire un campo di conoscenze trasversale e plurale e di sviluppare quelle competenze che sono essenziali per il giurista contemporaneo.

Gli interventi del fondatore del periodico, Rosario Vitale, e di un membro del comitato di redazione, Andrea Miccichè, hanno presentato la storia e le iniziative di Vox Canonica; dopo questi momenti introduttivi, la cerimonia è entrata nel vivo con la lettura della laudatio, in cui sono state sintetizzate le motivazioni che hanno portato alla scelta di premiare la prof.ssa Boni, che ha ricordato i 40 anni dalla conclusione dell’Accordo di Villa Madama di modificazione del Concordato lateranense con la Chiesa cattolica e dalla stipulazione della prima intesa con la Tavola Valdese.

La professoressa ha ripercorso l’attuazione del principio di bilateralità, segnalando le criticità emergenti e i problemi aperti, e proponendo alcune opzioni per superare l’impasse legata all’inerzia del legislatore, alle incomprensioni confessionali, alle incursioni creative giurisprudenziali, dal tono non sempre rispettoso degli accordi con la Santa Sede, così da garantire l’eguale libertà religiosa sancita dall’art. 8 della Costituzione Italiana.

Perché è fondamentale lo studio del diritto canonico?

“Anzitutto nel grembo dell’ordinamento canonico si sono originati e sviluppati istituti propri del diritto pubblico e del diritto privato dei sistemi giuridici secolari sia di ‘civil law’ sia di ‘common law’, nel periodo anteriore alla loro distinzione: e la conoscenza della genesi e dell’evoluzione di tali istituti è essenziale per comprenderli, interpretarli ed applicarli adeguatamente, come è vocato a fare ogni buon giurista.

Dal punto di vista squisitamente didattico, il diritto canonico si presta inoltre proficuamente all’analisi comparativa: presenta infatti non lievi somiglianze e analogie con i diritti degli Stati (anche per la storia comune che hanno condiviso), ma, al contempo, è caratterizzato anche da marcate specificità che lo rendono assolutamente unico: a partire dalla sua strumentalità alla legge suprema della Chiesa, la salvezza delle anime. Proprio alla salvezza di ogni anima, nella sua irriducibile singolarità, le soluzioni giuridiche possono e devono essere piegate, plasmando l’estrema elasticità del diritto canonico: il quale rifiuta la rigidità del ‘dura lex sed lex’, ma aspira a norme realmente giuste per la situazione di ciascun fedele, una sfida non semplice e tuttavia assai appassionante.

Il giurista poi, in Italia, non può ignorare completamente il diritto canonico poiché ad esso il diritto nazionale rinvia sia in alcune norme unilaterali, sia, e soprattutto, nelle norme di matrice concordataria: insomma, all’interesse culturale per lo studio del diritto canonico si somma una necessità professionale per l’operatore giuridico. Queste sono alcune delle ragioni per le quali il diritto canonico è insegnato nelle Università italiane: a Bologna il corso è semi-obbligatorio, in alternativa con Diritto ecclesiastico, anche se gli studenti solitamente frequentano entrambi i corsi”.

Quale contributo ha offerto il diritto canonico al dibattito sulla democrazia?

“La Chiesa non è una democrazia né può esserlo, in aderenza al mandato fondazionale divino: il potere in essa non sgorga dal popolo, ma discende da Dio. Tuttavia, specialmente in alcune fasi storiche, ad esempio durante il travagliato periodo del cosiddetto scisma d’Occidente in cui prima due e poi addirittura tre papi si contesero la tiara, la riflessione della scienza teologica e canonistica ha arrecato notevoli apporti alle teorizzazioni che poi sarebbero state elaborate sul principio della rappresentanza, base della democrazia.

Ma il contributo del diritto canonico è stato del pari rilevante nella formazione delle regole elettorali (si pensi alla disciplina dell’elezione del papa o dei superiori degli ordini religiosi), ovvero di quelle prescrizioni che assicurano un bilanciamento tra il titolare monocratico del potere e gli organismi collegiali di ausilio, oppure ancora nella predisposizione di forme di sindacato e controllo sugli atti potestativi.

Insomma le contemporanee democrazie hanno un debito nei confronti del patrimonio di pensiero maturato in seno alla Chiesa, che pure non si configura come democrazia: semmai si può in essa parlare di sinodalità, una categoria decisamente valorizzata da papa Francesco e che esprime la corresponsabilità e la partecipazione dell’intero popolo di Dio, laici e chierici, nella missione della Chiesa”.

Come garantire ad ogni confessione la libertà religiosa?

“Si usa sottolineare come il diritto di libertà religiosa sia stato, tra i diritti, il primo ad essere rivendicato nei confronti del potere politico. E comunque ancora oggi esso ricopre un’indiscussa centralità: resa purtroppo evidente anche dagli attacchi cui è tuttora esposta nel mondo. La Costituzione italiana riconosce ampiamente la libertà religiosa individuale e collettiva, nonché quella istituzionale, con norme che si contrassegnano per il loro dettato equilibrato e largamente garantista.

La loro attuazione concreta va tuttavia realizzata con efficacia e impegno nelle diverse contingenze in cui possono emergere discriminazioni e abusi: sia per quanto concerne i profili individuali della libertà di coscienza e di culto, sia anche per quanto attiene a quell’eguale libertà dinanzi alla legge di cui devono godere tutte le confessioni religiose. La laicità dello Stato italiano, d’altra parte, se impone equidistanza e imparzialità, non si traduce in indifferenza dinanzi al fattore religioso: il quale va salvaguardato e promosso in regime di pluralismo confessionale e culturale”.

A tal proposito in cosa consiste il segreto ministeriale e quando c’è l’obbligo di denuncia?

“Il segreto ministeriale è la facoltà, concessa ai ministri di culto, di non fornire informazioni a magistrati o altre autorità pubbliche per notizie apprese nell’esercizio della loro funzione ministeriale. Lo scopo è che il ministero religioso possa essere esercitato serenamente e senza interferenze, nonché soprattutto sia assicurata la riservatezza di chi si rivolge a tali soggetti confidando che il suo affidamento non verrà tradito (come per l’avvocato o per il medico).

Recentemente è stato talora affermato che, avvalendosi indebitamente di questa normativa presente in Italia e in altri Paesi, i chierici cattolici avrebbero occultato gravissimi delitti commessi su minori o adulti vulnerabili: sulla spinta di tale convinzione si è patrocinata non solo l’eliminazione del segreto ministeriale, ma anche l’imposizione ai medesimi di un obbligo di denuncia, solitamente non gravante sugli altri cittadini. Il tema è estremamente delicato e complesso, non sintetizzabile in poche battute. Tuttavia va evidenziato come sia importante non perdere mai di vista tutti i diritti delle persone implicate: per non accedere a visioni ‘giustizialiste’ che rischiano di sacrificare irreparabilmente anzitutto proprio il bene delle ‘vittime’ che si vorrebbe presidiare”.

Infine abbiamo chiesto un giudizio sul processo al card. Becciu: perché c’è stato tanto ‘rumore’?

“Si è trattato e si tratta di un processo del tutto straordinario nella minuscola e atipica realtà statuale vaticana: sia per la sua ampiezza, con gravi fattispecie di reato addebitate a ben dieci imputati; sia perché tra questi ultimi spiccava un cardinale, per la prima volta giudicato da magistrati laici. La condanna, poi, del medesimo porporato a cinque anni e sei mesi di reclusione, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed una multa, ha ancor di più colpito e sconcertato l’opinione pubblica.

Ma, senza entrare nel merito delle accuse, alcuni giuristi hanno espresso motivate perplessità su come si è svolto questo processo. Io, in particolare, ho steso un parere a favore della difesa del card. Becciu, sostenendo, con argomentazioni strettamente giuridiche, la lesione di fondamentali diritti che, radicandosi nel diritto divino ed ampiamente esplicitati dal diritto canonico, devono essere pienamente riconosciuti anche nello Stato della Città del Vaticano.

Tali violazioni non possono essere tollerate, dovendosi ad esse rimediare nell’armonizzazione tra i principi irrinunciabili su cui si regge il potere del sovrano dello Stato (tra cui quello che gli atti del Papa non possono essere impugnati) e le garanzie essenziali (specie quelle correlate al giusto processo), che, anche dinanzi alla comunità internazionale, la Santa Sede deve assicurare ad ogni persona umana”.

Papa Francesco: la pace ha necessità di educazione

Nel quinto anniversario del Documento sulla Fratellanza Umana, e Giornata Internazionale proclamata dall’Onu, papa Francesco, in un messaggio durante un evento nella Casa della Famiglia Abramitica di Abu Dhabi, ha sottolineato che nel mondo l’assenza di solidarietà fraterna provoca distruzione dell’ambiente e degrado sociale, congratulandosi per il tema scelto:

Galeotto il libro e chi non l’ha letto

Il detto ‘Timeo hominem unius libri’, ossia ‘Temo l’uomo di un solo libro’ normalmente è colto come espressione della prudenza da usarsi verso chi ha una conoscenza ristretta a una sola fonte, ma può anche essere inteso come il timore a confrontarsi con colui che, rifuggendo da una cultura tanto vasta quanto superficiale, su un determinato argomento è ben preparato.

Papa Francesco: il cuore è fonte di conoscenza

“Saluto la Presidente e tutti voi. Sono contento di incontrarvi, così numerosi, alla vigilia dell’Epifania. Questa Festa, come tutto il Tempo di Natale, ci chiama a celebrare il mistero dell’Incarnazione del Signore: nel Bambino Gesù vediamo come Dio si è fatto vicino a noi nella nostra povertà, indicandocela come via privilegiata per incontrarlo”.

Sinodo dei vescovi indica spazi di missione

Sabato scorso è stata resa nota la relazione di sintesi del Sinodo dei vescovi, che aveva a tema ‘Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione’. e papa Francesco con un breve intervento ha ringraziato i membri della segreteria generale, gli assistenti spirituale, e tutti coloro che, con il loro lavoro nascosto, hanno permesso lo svolgimento dell’assise iniziata lo scorso 4 ottobre:

Papa Francesco: santa Teresa è ‘dottore della sintesi’

“Oggi viene pubblicata un’Esortazione apostolica su Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, intitolata ‘C’est la confiance’: infatti, come testimoniò questa grande Santa e Dottore della Chiesa, è la fiducia nell’amore misericordioso di Dio la via che ci porta al cuore del Signore e del suo Vangelo”: al termine dell’Angelus domenicale papa Francesco ha spiegato il motivo della pubblicazione della sua esortazione apostolica dedicata a Teresa del Bambino Gesù, ‘C’est la confiance’.

Fini della Ricerca e Ricerca della fine: riflessioni interdisciplinari sulla libertà

E’ giunto alla XIV edizione il Workshop annuale della SISRI, Scuola Internazionale Superiore per la Ricerca Interdisciplinare, fondata nel 2005, che riunisce a Roma giovani laureati di diverse discipline, umanistiche e scientifiche, per discutere sulle grandi domande filosofiche che attraversano in modo trasversale gli studi universitari e la ricerca. Il tema scelto per questa edizione è: ‘Fini della Ricerca e Ricerca della fine – Riflessioni interdisciplinari sulla libertà’.

Roncalli e la Calabria, devozione e missione in un viaggio di cento anni fa

29 novembre 1922: 100 anni fa don Angelo Giuseppe Roncalli conclude il suo viaggio in Calabria con la visita al santuario di san Francesco di Paola, il cui viaggio nella regione era iniziato il 3 novembre da Nicastro.

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