Papa Francesco: non disgiungere preghiera e carità

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In occasione del 150^ anniversario di fondazione della Farmacia vaticana, realizzata da papa Pio IX, nella mattinata papa Francesco ha incontrato i dipendenti della stessa, ripercorrendo la storia, in quanto è sorta nel 1874 come riserva di medicinali per il papa ed i cardinali:

“Andando alle radici della vostra storia, mi piace ricordare che l’istituzione realizzò un sogno di Papa Gregorio XVI, monaco camaldolese che aveva ben presente l’importanza della farmacia annessa al monastero. Fu poi il Beato Pio IX a realizzare questo sogno, affidando al Superiore Generale dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio il compito di dare vita a una farmacia in Vaticano.

L’Ordine, infatti, vantava una lunga tradizione in tale ambito, con la farmacia della casa religiosa che in molti luoghi svolgeva anche un servizio per le persone esterne. Venne così scelto come primo farmacista fra Eusebio Frommer, religioso dei Fatebenefratelli, ed ebbe inizio la vostra storia, unica nel suo genere. 150 anni fa!”

Ed ha sottolineato il servizio caritativo, che essa svolge oggi: “E veniamo ai nostri giorni, adesso, con la vostra Farmacia che non si differenzia dalle altre solo perché si dedica al servizio diretto del Successore di Pietro e della Curia Romana, ma anche perché è chiamata a un ‘supplemento di carità’, svolgendo un servizio che, oltre alla vendita dei farmaci, è tenuto a distinguersi per l’attenzione alle persone più fragili e per la cura di chi si trova nella malattia.

E’ un impegno rivolto non soltanto ai dipendenti vaticani e ai residenti nella Città del Vaticano, ma anche a chi ha bisogno di medicinali particolari, spesso difficilmente reperibili altrove”.

E’ un ringraziamento, riconoscendo la difficoltà odierna a svolgere tale servizio: “Non è facile per voi, e non lo è più in generale per i farmacisti, a cui penso in questo momento e ai quali vorrei dedicare un pensiero. Presso di loro giungono tante persone, specialmente anziane, che spesso, nei ritmi frenetici di oggi, hanno bisogno, oltre che di una medicina, di un’attenzione, di un sorriso; hanno bisogno di un orecchio, di una parola di conforto”.

Quindi il compito del farmacista è anche quello dell’ascolto: “Non dimenticate questo: l’apostolato delle orecchie. Ascoltare, ascoltare… Sembra noioso, alcune volte, ma per la persona che parla è una carezza di Dio tramite voi.

Ed i farmacisti sono questa mano vicina, tesa, che non passa solo i medicinali, ma trasmette coraggio e vicinanza. Grazie a voi e a tutti i farmacisti per questo! Il vostro non è un mestiere, è una missione”.

Mentre ai partecipanti agli incontri promossi dai ‘Rogazionisti del Cuore di Gesù e dalle Suore Figlie del Divino Zelo’ il papa ha sollecitato a continuare a pregare con ‘le mani giunte’:

“La preghiera è il filo rosso che attraversa la vita di sant’Annibale. La sua stessa vocazione (‘improvvisa, irresistibile, sicurissima’, come egli testimonia) gli appare manifesta mentre si trova in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. Lì ha l’illuminazione dell’ ‘intelligenza del Rogate’.

Infatti, quando ci si dispone, docili e umili, davanti a Dio, spesso si riceve una comprensione specifica sul senso della propria vita: è nella preghiera fedele e perseverante, in particolare nell’Adorazione, che tutto prende armonia, che si colgono più chiaramente gli obiettivi, trovando nel Signore la forza e la luce per attuarli secondo i suoi disegni”.

Ha ricordato che sant’Annibale era stato ispirato dal passo evangelico della messe: “Questo passo ha riempito il suo cuore di zelo. Nella Messina del suo tempo, cominciando dalla miseria del quartiere di ‘Case Avignone’, e poi spingendosi oltre, con uno sguardo più ampio e un’azione sempre più vasta, ha provato anche lui, come Gesù, una struggente compassione per l’umanità povera nel corpo e nello spirito.

Ed ha compreso che la prima cosa da fare era pregare, non certo per convincere Dio a mandare pastori, come se non si curasse del suo popolo, ma per lasciarsi sempre più travolgere dalla visceralità del suo amore paterno e materno: per imparare, pregando, a essere sensibili alle necessità dei suoi figli!”

Infine ha rivolto l’invito che fece san Paolo VI di tenere unite preghiera e carità: “Vorrei rinnovarvi l’invito: siate gli specialisti di Dio, non tanto come studiosi di tecniche, di statistiche e di teorie, per quanto anche queste possano servire, quanto di quella sapienza che si matura facendo prima di tutto i ‘calli alle ginocchia’ e poi ‘alle mani’.

Siate specialisti, cioè, nelle arti della preghiera e della carità: mani giunte dinanzi a Dio e mani tese verso i fratelli. Mani giunte e mani tese: così si diventa specialisti di Dio! Questa è la vostra missione.

Ancora oggi, infatti, il Signore chiama, e tanti giovani hanno bisogno di testimoni e di guide credibili che, mostrando loro la bellezza di una vita spesa per amore, li aiutino a dire sì”.

(Foto: Santa Sede)

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