In Mongolia papa Francesco inaugura la Casa della Misericordia

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Al termine dell’incontro con gli operatori della Carità presso la Casa della Misericordia, il Santo Padre Francesco si è trasferito in auto all’Aeroporto Internazionale Chinggis Khaan di Ulaanbaatar per la cerimonia di congedo dalla Mongolia. Al Suo arrivo il Papa è stato accolto dal Ministro degli Affari Esteri della Mongolia, S.E. la Sig.ra Batmunkh Battsetseg.

Quindi, dopo il saluto delle rispettive Delegazioni e del seguito locale, papa Francesco è salito a bordo di un A330/ITA Airways per rientrare in Italia. L’aereo con a bordo il Santo Padre di ritorno dal Viaggio Apostolico in Mongolia è decollato dall’Aeroporto Internazionale di Ulaanbaatar alle ore 12.03 (6.03 ora di Roma). L’atterraggio all’Aeroporto Internazionale Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino è previsto per le ore 17.20 (ora di Roma).

Nell’ultimo incontro papa Francesco ha sottolineato che la Chiesa è stata sempre a fianco dei poveri: “Fin dalle sue origini la Chiesa ha preso sul serio questa verità, dimostrando nei fatti che la dimensione caritativa fonda la sua identità. Penso ai racconti degli Atti degli Apostoli, con le numerose iniziative prese dalla prima comunità cristiana per realizzare le parole di Gesù, dando vita a una Chiesa costruita su quattro colonne: comunione, liturgia, servizio e testimonianza.

E’ meraviglioso vedere che, dopo tanti secoli, lo stesso spirito permea la Chiesa in Mongolia: nella sua piccolezza, essa vive di comunione fraterna, di preghiera, di servizio disinteressato all’umanità sofferente e di testimonianza della propria fede. Proprio come le quattro colonne delle grandi ger, che sostengono il tondo centrale superiore, permettendo alla struttura di reggersi e di offrire spazio accogliente al suo interno”.

E’ un ringraziamento a questa ‘piccola’ Chiesa missionaria: “Da quando i primi missionari sono arrivati a Ulaanbaatar negli anni novanta, hanno sentito subito l’appello alla carità, che li ha portati a prendersi cura dell’infanzia derelitta, di fratelli e sorelle senza fissa dimora, dei malati, delle persone con disabilità, dei carcerati e di quanti nella loro condizione di sofferenza chiedevano di essere accolti.

Oggi vediamo come da quelle radici è cresciuto un tronco, sono spuntati dei rami e sono sbocciati tanti frutti: numerose e lodevoli iniziative benefiche, sviluppatesi in progetti a lungo termine, portati avanti per lo più dai diversi Istituti missionari qui presenti e apprezzati dalla popolazione e dalle autorità civili.

D’altronde, era stato lo stesso Governo mongolo a chiedere l’aiuto dei missionari cattolici per fronteggiare le numerose emergenze sociali di un Paese che al tempo versava in una delicata fase di transizione politica, segnata da diffusa povertà. Questi progetti vedono impegnati tutt’oggi missionari e missionarie di tanti Paesi, che mettono al servizio della società mongola le loro conoscenze, la loro esperienza, le loro risorse e soprattutto il loro amore”.

Ed ha ‘sfatato’ alcuni miti: “In primo luogo, quello per cui solo le persone benestanti possono impegnarsi nel volontariato. La realtà dice il contrario: non è necessario essere ricchi per fare del bene, anzi quasi sempre sono le persone comuni a dedicare tempo, conoscenze e cuore per occuparsi degli altri.

Un secondo mito da sfatare: quello per cui la Chiesa cattolica, che nel mondo si distingue per il grande impegno in opere di promozione sociale, fa tutto questo per proselitismo, come se occuparsi dell’altro fosse una forma di convincimento per attirare ‘dalla propria parte’. No, i cristiani riconoscono chi è nel bisogno e fanno il possibile per alleviarne le sofferenze perché lì vedono Gesù, il Figlio di Dio, e in Lui la dignità di ogni persona, chiamata a essere figlio o figlia di Dio…

Infine, un terzo mito da sfatare: quello secondo cui a contare sarebbero solo i mezzi economici, come se l’unico modo per prendersi cura dell’altro fosse l’impiego di personale stipendiato e l’investimento in grandi strutture.

Certo, la carità richiede professionalità, però le iniziative benefiche non devono diventare imprese, ma conservare la freschezza di opere di carità, dove chi è nel bisogno trova persone capaci di ascolto e di compassione, al di là di qualsiasi compenso”.

Ed infine ha ricordato Madre Teresa di Calcutta: “A questo proposito, mi piace concludere ricordando un episodio legato a Santa Teresa di Calcutta. Pare che un giornalista, guardandola ricurva sulla ferita maleodorante di un malato, una volta le abbia detto: ‘Quello che fate è bellissimo, ma personalmente non lo farei neanche per un milione di dollari’.

Madre Teresa sorrise e rispose: ‘Per un milione di dollari non lo faccio neanche io. Lo faccio per amore di Dio!’ Prego che questo stile di gratuità sia il valore aggiunto della Casa della Misericordia. Per tutto il bene che avete fatto e che farete, io vi ringrazio di cuore e vi benedico. E per favore, abbiate anche la carità di pregare per me”.

Nell’accoglierlo il direttore della Casa della Misericordia, p. Andrew Thang Le Puongh, ha raccontato la genesi di questa Casa: “L’idea iniziale di Sua Eminenza il Cardinale Giorgio Marengo era quella di creare un centro in cui tutte le istituzioni della Chiesa che operano nei settori della giustizia sociale e dell’assistenza ai bisognosi potessero riunirsi e diventare una realtà, per diventare così un contributo comune e concreto della Chiesa particolare in Mongolia.

Noi della Casa della Misericordia cerchiamo l’interconnessione con tutti coloro che condividono i valori della compassione amorevole e della responsabilità sociale condivisa, in uno spirito di sinodalità. Facendo eco a quanto Sua Santità ha affermato in diverse occasioni, vorremmo essere dalla parte di coloro che “non hanno il diritto di parlare o che non vengono ascoltati”.

La Casa della Misericordia è un luogo di incoraggiamento. Insieme speriamo di costruire un mondo diverso nello spirito dell’unione e della misericordia. Abbattiamo le barriere attraverso il volontariato interreligioso e comunitario. In questo spirito, attraversiamo i “confini della differenza”, avvicinando coloro che sono spesso dimenticati”.

(Foto: Santa Sede)

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