L’invito di papa Francesco ai gesuiti portoghesi a ‘muovere l’acqua’

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Nello scorso 5 agosto, durante il suo viaggio apostolico in Portogallo in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, papa Francesco ha incontrato i gesuiti, come ha riportato ‘La Civiltà Cattolica’, presso il ‘Colégio de São João de Brito’, una scuola gestita dalla Compagnia di Gesù, salutato dal provinciale, p. Miguel Almeida:

“Santo Padre, caro papa Francesco, innanzitutto la ringraziamo di cuore per avere trovato il tempo, in un’agenda così piena e intensa, di stare con noi. La ringraziamo di cuore per trascorrerlo con i suoi fratelli, ci sentiamo realmente tutti fratelli”.

Quindi ha presentato in breve la Provincia: “Storicamente siamo una Provincia antica, siamo stati espulsi dal Portogallo per tre volte e altrettante siamo rientrati. Dicono che l’erba cattiva è difficile da estirpare, ma non è accaduto… Forse a causa di queste espulsioni, per cui siamo sempre stati una Provincia a corto di denaro, ma anche per il nostro storico carattere missionario forte.

E mi pare che due cose in particolare facciano parte dell’identità della Provincia: innanzitutto la creatività, forse perché abbiamo dovuto adattarci tante volte. E in secondo luogo le nostre opere sono informali, piccole, ma sempre vicine alle persone. Credo che questa sia una caratteristica della nostra pastorale, e la consideriamo una grande grazia”.

Nel colloquio il papa ha risposto alle domande,aperte dal giovane studente Vasco, che ha chiesto il modo di curare la formazione: “Viviamo in una società ‘mondanizzata’, che mi preoccupa molto. Mi preoccupa quando la mondanità si fa spazio nella vita consacrata.

Proprio oggi è stata resa pubblica una lettera che ho scritto ai preti di Roma sul clericalismo, che è una forma di mondanità. Guardate che la mondanità spirituale è un tranello molto ricorrente”.

Ed ha invitato a leggere De Lubac: “Mi ha molto impressionato leggere la conclusione di un libro di padre de Lubac: dedica le quattro pagine finali di Meditazione sulla Chiesa (sono solo quattro pagine, leggetele) alla mondanità spirituale.

Voi, che fate discernimento, vi siete mai interrogati ciascuno sulla propria personale mondanità spirituale? Io sono mondano, spiritualmente? E’ una domanda che vi lascio. E sapete che cosa dice de Lubac? Dice che questo è il peggior male che possa penetrare nella Chiesa, peggio ancora che l’epoca dei papi ‘libertini’.

Però attenzione: bisogna dialogare con il mondo, perché non potete vivere sottaceto. Non dovete essere religiosi introvertiti, che sorridono verso dentro, parlano verso dentro, proteggono il proprio ambiente senza convocare nessuno. Dunque, bisogna uscire in questo mondo, con i valori e i disvalori che ha. E tu hai evidenziato un po’ il problema della vita facile, della vita borghese, anche ‘eroticizzata’, come dici tu, ed è vero”.

Invece Lorenzo ha chiesto sullo stile di vita: “E’ una cosa interessante. I poveri hanno una sapienza speciale, la sapienza del lavoro, e anche la sapienza di assumere il lavoro e la sua condizione con dignità. Quando il povero si ‘incattivisce’ perché non sopporta la sua situazione (ed è comprensibile), allora possono farsi strada il rancore e l’odio.

Anche quello è il nostro lavoro: nell’accompagnarlo, bisogna evitare che il povero se ne faccia travolgere, nella prospettiva di aiutarlo a camminare, a progredire e a riconoscere la sua dignità. Nei quartieri poveri ci sono problemi seri, che non sono più seri di quelli che a volte ci sono nelle zone residenziali, salvo il fatto che questi restano nascosti”.

Mentre Francisco  ha chiesto il motivo per cui i Gesuiti non sono più ‘critici’ verso il papa: “Hai verificato che negli Stati Uniti la situazione non è facile: c’è un’attitudine reazionaria molto forte, organizzata, che struttura un’appartenenza anche affettiva.

A queste persone voglio ricordare che l’indietrismo è inutile, e bisogna capire che c’è una giusta evoluzione nella comprensione delle questioni di fede e di morale purché si seguano i tre criteri che indicava già Vincenzo di Lérins nel V secolo…

In altre parole, anche la dottrina progredisce, si consolida con il tempo, si dilata e si consolida e diviene più ferma, ma sempre progredendo. Il cambiamento si sviluppa dalla radice verso l’alto, crescendo con questi tre criteri…

Ma alcuni si chiamano fuori, vanno all’indietro, sono quelli che io chiamo ‘indietristi’. Quando te ne vai all’indietro, formi qualcosa di chiuso, sconnesso dalle radici della Chiesa e perdi la linfa della rivelazione. Se non cambi verso l’alto, te ne vai indietro, e allora assumi criteri di cambiamento diversi da quelli che la stessa fede ti dà per crescere e cambiare. E gli effetti sulla morale sono devastanti. I problemi che i moralisti devono esaminare oggi sono molto gravi, e per affrontarli devono correre il rischio di cambiare, ma nella direzione che dicevo”.

Mentre a João ha risposto sulla ‘chiamata’: “Io credo che sulla chiamata rivolta a ‘tutti’ non ci sia discussione. Gesù su questo è molto chiaro: tutti. Gli invitati non erano voluti venire alla festa.

Ed allora lui disse di andare ai crocevia e chiamare tutti, tutti, tutti. E affinché resti chiaro, Gesù dice ‘sani e malati’, ‘giusti e peccatori’, tutti, tutti, tutti. In altre parole, la porta è aperta a tutti, tutti hanno un loro spazio nella Chiesa”.

Ed al papa non è mancata la franchezza circa il ‘peccato’: “A Roma conosco un sacerdote che lavora con ragazzi omosessuali. E’ evidente che oggi il tema dell’omosessualità è molto forte, e la sensibilità a questo proposito cambia a seconda delle circostanze storiche.

Ma quello che a me non piace affatto, in generale, è che si guardi al cosiddetto ‘peccato della carne’ con la lente d’ingrandimento, così come si è fatto per tanto tempo a proposito del sesto comandamento. Se sfruttavi gli operai, se mentivi o imbrogliavi, non contava, e invece erano rilevanti i peccati sotto la cintola”.

Il punto sottolineato dal papa è il fatto che nella Chiesa non ci sono esclusioni: “Dunque, sono tutti invitati. Questo è il punto. E occorre applicare l’atteggiamento pastorale più opportuno per ciascuno. Non bisogna essere superficiali e ingenui, obbligando le persone a cose e comportamenti per i quali non sono ancora mature, o non sono capaci. Per accompagnare spiritualmente e pastoralmente le persone ci vuole molta sensibilità e creatività. Ma tutti, tutti, tutti, sono chiamati a vivere nella Chiesa: non dimenticatelo mai”.

La conversazione si è conclusa con una riflessione sulla GMG: “La Giornata Mondiale della Gioventù sta coinvolgendo molti giovani portoghesi. Voi dovete accogliere l’inquietudine dei giovani e aiutarli a svilupparla, affinché quell’inquietudine non si trasformi in un ricordo del passato. In altre parole, l’inquietudine deve potersi sviluppare a poco a poco.

La Giornata Mondiale della Gioventù è una semina nel cuore di ogni ragazzo e di ogni ragazza. E quindi non può finire per diventare la memoria di una sensazione del passato. Deve approdare a un frutto, e non è cosa facile. Vi chiedo di proseguire, con i giovani che ci sono, ma anche con quelli che non hanno partecipato.

Qui l’acqua è stata smossa per bene, e lo Spirito Santo ne approfitta per toccare i cuori. Ognuno di questi ragazzi ne esce diverso, questa ‘diversità’ deve mantenersi. E ora tocca a voi: accompagnateli affinché si mantenga e cresca. E’ il momento di gettare le reti, nel senso evangelico della parola”.

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