Ad Assisi con il SAE per diventare abitazione di Dio

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Ad Assisi fino a domani è in svolgimento la 59^ sessione estiva di formazione ecumenica, dal titolo ‘Chiese inclusive per donne nuove ed uomini nuovi: Edificati insieme per diventare abitazione di Dio’, che  affronta “argomenti importanti per le Chiese, per le nostre comunità grandi e piccole, ma anche per noi, considerati individualmente, perché toccherà temi che ci coinvolgono profondamente anche come uomini e donne che abitano la Terra con tutte le sue contraddizioni, le sue culture, le sue narrazioni”.

Alla presidente del ‘SAE – Segretariato Attività Ecumeniche aps’ dott.ssa Erica Sfredda, abbiamo chiesto di spiegarci il motivo per cui occorrono chiese inclusive: “Chiese inclusive per donne nuove e uomini nuovi è il titolo della 59° sessione di formazione ecumenica del S.A.E. – Segretariato Attività Ecumeniche aps. La scelta del titolo è nata dalla constatazione che ancora in molte chiese cristiane non viene data la stessa considerazione alle donne rispetto agli uomini, quanto ai ruoli pastorali ed a quelli decisionali; diverse sono ad esempio le posizioni delle chiese quanto alla possibilità di accesso delle donne ad alcuni ministeri.

Oggi occorrono chiese inclusive, non solo perché il mondo è cambiato, ma anche per fedeltà all’annuncio originario di Cristo, che ha rivolto il suo messaggio a tutti e tutte, come testimoniato nei Vangeli dove Gesù risorto appare in primo luogo ad una donna.

Chiese inclusive vuol dire comunità che accolgono tutti e tutte, ognuno con le sue imperfezioni, con il suo modo di essere diverso e unico, valorizzando i doni e i carismi e lasciando spazi per la crescita e la collaborazione a ognuno e ognuna, senza precomprensioni e pregiudizi. Diventare inclusive è una grande sfida ecumenica per le chiese e nella Sessione SAE la affronteremo assieme, nel dialogo”.

In quale modo diventare ‘abitazione di Dio’?

“Nel versetto della Lettera agli Efesini 2, 22 è Dio che prende l’iniziativa, ci chiama e ci ‘edifica insieme’, nel tessuto delle nostre relazioni, nel nostro vivere comune, facendoci uscire dall’isolamento e dalla solitudine. Accogliendo docilmente questa chiamata e riconoscendo il nostro bisogno gli uni degli altri siamo edificati insieme e diventiamo quindi abitazione di Dio, perché non poniamo ostacoli all’azione del Suo Spirito che tiene insieme, costruisce, vivifica”.

Quale linguaggio per raccontare Dio?

“Il linguaggio è una costruzione umana, e quindi necessariamente parziale. Nella storia delle religioni è sempre stato un problema parlare di Dio, perché parlarne significa sostanzialmente limitarlo, ridurlo alla nostra dimensione, inscatolarlo nei nostri schemi.

Il linguaggio umano, infatti, rispecchia la nostra realtà e i nostri limiti, culturali, sociali, religiosi, di genere e cambia naturalmente con l’evolvere della nostra cultura: ecco perché non dovremmo ami avere l’audacia di ritenere di poter parlare di Dio in modo esaustivo e definitivo.

In questi anni le chiese hanno imparato, ad esempio, a superare un linguaggio unilateralmente maschile, riscoprendo tutta la ricchezza dell’immaginario biblico su Dio”.

Come pensare un futuro diverso?

“Il futuro è segnato dalla Parola del Signore, che attraverso il Suo Spirito ci indica la strada: un tempo il cristianesimo ha appoggiato molte pagine della storia che oggi troviamo inaccettabili, come lo schiavismo. La storia dell’umanità è in continua evoluzione e se il Signore è unico ed uguale a se stesso per l’eternità, non così l’umanità, che deve crescere e camminare, cercando di ritrovare la strada ogni volta che la perde. Anche sulle delicate questioni legate alla nostra identità ci aspetta un lungo cammino. L’importante è restare in ascolto ed in preghiera”.

Quanto è stata importante la figura di Maria Viggiani nello sviluppo del Segretariato delle Attività Ecumeniche?

“Maria Vingiani è stata una protagonista e un’innovatrice nell’ambito della storia delle chiese cristiane nell’ultimo secolo, ed è stata la fondatrice del SAE, all’epoca del Concilio Vaticano II, scegliendo di lasciare Venezia ed una brillante carriera culturale e politica, per seguire a Roma il suo patriarca diventato papa con il nome di Giovanni XXIII.

Maria Vingiani ha dato al SAE un metodo bibliocentrico e cristocentrico, a partire dal dialogo ebraico-cristiano, che l’associazione ha portato avanti anche dopo le sue dimissioni da presidente nel 1996. Secondo le sue stesse parole in ‘Memoria storica’ (2005), ‘la scelta di fondo è e rimane laicale, fraterna, ecclesiale; è scelta di fedeltà biblica, di impegno al rinnovamento ecumenico, di servizio alla realtà locale, religiosa, culturale, sociale; con attenzione prioritaria alla diakonia del dialogo e della riconciliazione’”.

Brevemente: cosa è il Sae?

“Il SAE è un’associazione interconfessionale di laici e laiche che si impegnano per l’ecumenismo, a partire dal dialogo ebraico-cristiano, nel più ampio orizzonte del dialogo interreligioso; ‘a servizio – ciascuno nella propria chiesa – della causa dell’unità della Chiesa’, secondo le parole della fondatrice Maria Vingiani, che già prima del Concilio aveva avviato un percorso di confronto e conoscenza reciproca tra credenti di diverse confessioni cristiane.

Da allora l’associazione organizza ogni anno una settimana di formazione con la presenza attiva di cattolici, protestanti, ortodossi, ma anche di ebrei, musulmani e talvolta esponenti di altre fedi. Ad essa si affianca un più breve convegno in primavera e soprattutto l’attività dei gruppi locali, che promuovono il dialogo nelle città in cui sono presenti. Nel SAE è attivo anche un gruppo di lavoro formato da teologi delle diverse confessioni, che attualmente stanno completando un documento sul ruolo delle donne nelle Chiese”.

(Foto: Sae)

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