Save the Children: in aumento i minori nei conflitti bellici

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Un deficit di quasi 650.000.000 di dollari di finanziamenti per la protezione dell’infanzia sta lasciando quasi 18.000.000 di bambini vulnerabili e gli operatori che vivono nelle peggiori crisi umanitarie del mondo a rischio di violenza, sfruttamento ed abusi: lo ha affermato nei giorni scorsi ‘Save the Children’, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro.

Nel 2022 circa 22.400.000 bambini bisognosi e i loro adulti di riferimento sono stati destinatari di servizi di protezione dell’infanzia che richiedono un finanziamento di quasi 795.000.000 dollari. Tuttavia, i governi hanno trovato solo il 19%  dei fondi necessari, creando un vuoto finanziario di oltre 646 milioni di dollari e lasciando quasi 18.000.000 bambini, bambine e adulti di riferimento senza aiuto e sostegno.

I servizi di protezione dell’infanzia sono fondamentali per proteggere i bambini dai pericoli, in particolare coloro che vivono in zone di guerra o nei Paesi colpiti da conflitti. Servono a salvaguardare i minori dalle gravi violazioni che si verificano durante i conflitti, compreso il reclutamento e l’utilizzo da parte di gruppi armati, i matrimoni precoci, la violenza sessuale, l’uccisione e la mutilazione.

C’è stato anche un aumento del numero di ragazzi e ragazze in prima linea nei Paesi più pericolosi del mondo. L’anno scorso 250.000.000 bambini vivevano entro 50 km da una zona di conflitto in aree in cui più di 1.000 persone sono morte in battaglia in un anno, dato che segna un aumento del 12% rispetto agli oltre 220.000.000 bambini di due anni fa.

L’incapacità di proteggere i bambini più vulnerabili nelle peggiori zone di guerra è alla base del fallimento dei Paesi nel soddisfare uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite per il 2030: la promozione della pace. Gli SDGs sono stati adottati nel 2015, ma da allora il numero di bambini che vivono in zone di conflitto è aumentato di quasi il 28%, salendo a 468.000.000 lo scorso anno, come ha dichiarato Inger Ashing, CEO di Save the Children International:

“Stiamo assistendo a una crisi della protezione dei minori che avrà implicazioni per le generazioni a venire. Ci auguriamo che la Conferenza di Oslo sia un punto di svolta per la protezione dei bambini nei conflitti armati. I Paesi devono rimettersi in carreggiata, devono intensificare i loro sforzi per prevenire gravi violazioni contro i bambini, aiutare i ragazzi e le ragazze che sono sopravvissuti alla guerra e impegnarsi per una pace duratura e sostenibile.

Con finanziamenti adeguati, l’impatto della violenza sulla vita di un bambino può essere ridotto. Un minore che vive in una zona di conflitto non può imparare in modo efficace, rischia di essere separato dalla famiglia durante le ostilità, è anche bersaglio dei trafficanti e di coloro che li costringono a lavorare.

Solo sviluppando solidi programmi di protezione dell’infanzia si potranno aiutare i ragazzi e le ragazze che vivono l’incubo della guerra a imparare, svilupparsi e prosperare, in definitiva, avrà un impatto diretto sulla pace e sulla sicurezza condivise”.

La ricerca di Save the Children mostra anche che in Europa il numero di bambini esposti al conflitto è quadruplicato in un solo anno, passando da 2.000.000 a 9.000.000 di bambini, alimentato dalla guerra in Ucraina. L’Africa è rimasta la regione con il numero più alto di minori che vivono in zone di conflitto: circa 183.000.000. L’Africa occidentale e centrale è anche la regione con il maggior numero di bambini reclutati dai gruppi armati.

La protezione dell’infanzia rimane tristemente sottofinanziata nell’ambito delle risposte umanitarie complessive, ma il costo non è insormontabile. I fondi necessari per la protezione dei minori rappresentano solo il 2% del totale dei fondi umanitari nei Paesi in cui i bambini sono più bisognosi.

Save the Children chiede ai leader mondiali, ai donatori, ai membri delle Nazioni Unite e alle ONG di trasformare questa presa di coscienza in un’azione collettiva e di lavorare insieme per dare priorità ai finanziamenti per la protezione dell’infanzia nelle risposte umanitarie e per sostenere i bambini colpiti dal conflitto, compresi quelli che sono reclutati come soldati.

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