Papa Francesco: la comunicazione deve prevedere un ‘ritorno’
Sabato scorso papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri della comunicazione vaticana e cattolica riuniti per l’assemblea plenaria del dicastero per la comunicazione sul tema ‘Sinodo e comunicazione: un percorso da sviluppare’, perché esso ha come scopo ‘ascoltare, capire e mettere in pratica la volontà di Dio’:
“Quando si parla di comunicazione stiamo parlando di ‘un’andata e ritorno’, non c’è comunicazione in una sola direzione: va e torna, va e torna. E in questo anche si cresce. Sono soltanto i pappagalli a comunicare in andata senza ritorno, perché dicono sempre lo stesso, e non importa quello che è l’eco, quello che si dice dall’altra parte”.
Nel discorso ‘a braccio’, perché secondo il papa è più spontaneo, è stato tracciato l’identikit del comunicatore: “Un comunicatore vero deve essere attento al ritorno, a quello che viene, alla reazione che provoca quello che io dico. Perché la comunicazione è un collegamento umano.
Importante non è quello che dico, no, ma quello che dico a ciò che l’altro mi dice, a quello che ascolto. Per questo la filosofia ‘dell’altoparlante’ non serve; piuttosto è una filosofia, diciamo, ‘al telefono’: si ascolta, si risponde”.
Per una buona comunicazione è fondamentale il dialogo: “Non può esserci comunicazione senza un dialogo e senza movimento, senza muoversi; e questo sempre rischia. Perché noi abbiamo questa legge dell’inerzia, dell’inerzia che ti spinge, sempre seduti sulla stessa cosa, dire le cose, dare le notizie e poi zitti. No.
Tu devi ascoltare come è ricevuta quella cosa, e quale reazione provoca… Il comunicatore non riesce ad avere tutto in ordine, sempre c’è qualche disordine, perché siamo così noi umani. E tra voi io vedo cose del genere”.
Inoltre occorre comunicare valori, indicando alcune persone presenti: “Noi non possiamo scendere ad una comunicazione priva di valori. Noi dobbiamo comunicare con i nostri valori. Questo non vuol dire che dobbiamo pregare la novena a un santo tutti i giorni.
I valori cristiani, i valori che sono dietro, i valori che insegnano ad andare avanti. La persona che si gioca per i valori umani… Un uomo che ha dei valori, un comunicatore che sa anche come insegnarti la via di comunicazione con Dio”.
Essere comunicatore significa anche ‘rischiare’ e non essere asettici: “Andare, camminare, rischiare, con i valori, convinto che sto dando la mia vita con i miei valori, i valori cristiani e i valori umani. Sono diffidente dei comunicatori asettici, questi che sono pura tecnica, pura.
Sì, ma la tecnica da sola non serve, la tecnica ti aiuta se dietro c’è un cuore, c’è una mente, se c’è un uomo, una donna che dà del suo. State attenti a non scivolare soltanto sulla tecnica, perché questo ti porta a una comunicazione asettica, priva di valori, e che poi può cadere in mano ai commercialisti o alle ideologie del momento”.
Infine ringraziando i presenti ha preso spunto dall’azione comunicativa di suor Veronica Donatello per un’ultima riflessione sul valore di una comunicazione ‘umana’: “Una comunicazione umana, con il calore umano e non puramente tecnica. La tecnica è necessaria per lo sviluppo, ma se c’è l’umano.
Quando tu vai dai sordomuti e fai così (la lingua dei segni), tu conosci tutta la tecnica ma c’è il cuore tuo umano di donna, di madre, di sorella, che sta dietro quella comunicazione. Questo è molto importante, comunicare con il cuore e con l’umano, con i valori, e andare avanti”.
Mentre nel discorso consegnato ai partecipanti il papa aveva messo in correlazione il cammino sinodale con la comunicazione: “Il contributo della comunicazione è proprio quello di rendere possibile questa dimensione comunionale, questa capacità relazionale, questa vocazione ai legami.
E pertanto comprendiamo come sia compito della comunicazione favorire la vicinanza, dare voce a chi è escluso, attirare l’attenzione su ciò che normalmente scartiamo e ignoriamo. La comunicazione è, per così dire, l’artigianato dei legami, dentro i quali la voce di Dio risuona e si fa sentire”.
Nella parte finale il papa aveva invitato ad educarsi alla ‘fatica’ del comunicare: “Pertanto dobbiamo accettare nella comunicazione anche questa dimensione di ‘fatica’.
Molto spesso coloro che guardano la Chiesa da fuori rimangono perplessi dalle diverse tensioni che vi sono in essa. Ma chi conosce il modo di agire dello Spirito Santo sa bene che Egli ama fare comunione tra le diversità, e creare l’armonia dalla confusione. La comunione non è mai uniformità, ma capacità di tenere insieme realtà molto diverse”.
La comunicazione deve evitare ‘atteggiamenti di rottura’: “Penso che dovremmo essere capaci di comunicare anche questa fatica senza avere la pretesa di risolverla o occultarla. Il dissenso non è necessariamente un atteggiamento di rottura, ma può essere uno degli ingredienti della comunione
La comunicazione deve rendere possibile anche la diversità di vedute, cercando però sempre di preservare l’unità e la verità, e combattendo calunnie, violenze verbali, personalismi e fondamentalismi che, con la scusa di essere fedeli alla verità, spargono solo divisione e discordia. Se cede a queste degenerazioni, la comunicazione, invece di fare tanto bene, finisce per fare molto male”.
(Foto: Santa Sede)