Giornata del Rifugiato: aumentano i cristiani rifugiati

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Oggi si celebra la giornata del rifugiato; per tale occasione alcuni giorni fa l’organizzazione ‘Porte Aperte/Open Doors’, da 60 anni al servizio dei cristiani perseguitati, ha presentato il Rapporto ‘Chiesa Profuga – Report 2022 su sfollati interni e rifugiati’, che prende in esame il fenomeno poco conosciuto della Chiesa profuga, quella composta da cristiani costretti ad abbandonare le proprie case, città, paesi.

Il quadro globale della persecuzione religiosa, si legge nel documento, offre sempre e solo una visione parziale, se ci si limita a considerare la Chiesa statica: la persecuzione religiosa ‘non si ferma necessariamente alle frontiere’. Il Rapporto parla dello ‘sfollamento dei cristiani dalle loro case e comunità’ come di ‘una strategia deliberata di persecuzione religiosa, volta a cancellare la presenza della cristianità dalle regioni in cui la persecuzione è più intensa’.

Secondo il report, in 58 dei primi 76 paesi della World Watch List (WWL), i cristiani dichiarano di essere stati forzatamente sfollati dalle proprie case a causa della propria identità religiosa. Nel contesto dello sfollamento violenza psicologica e insicurezza fisica sono sfide affrontate da tutti gli sfollati interni e rifugiati, ma la forma e l’intensità possono essere determinate dalla loro fede e attività cristiana.

Nell’Africa subsahariana i principali Paesi che generano rifugiati/sfollati interni cristiani sono Camerun, Repubblica Democratica del Congo (Rdc), Eritrea e Nigeria. Gruppi religiosi violenti, prevalentemente estremisti islamici, come al-Shabaab, Boko Haram, Stato islamico nella provincia dell’Africa, creano ambienti altamente pericolosi per i cristiani.

Il ricorso non è solo ad attacchi fisici e sessuali, ma anche alla presa di mira di proprietà, bestiame e terreni dei cristiani. In Medio Oriente e Nord Africa sono Siria e Iran i Paesi che generano il maggior numero di rifugiati/sfollati interni cristiani. Quelli che lasciano il proprio paese per ragioni prevalentemente legate alla fede sono convertiti dall’Islam. Per loro, la minaccia principale può essere costituita dai familiari e dalle comunità di origine.

Passando all’Asia, “Afghanistan, Myanmar e Pakistan sono i Paesi con il maggior numero di rifugiati/sfollati interni cristiani. Anche qui le principali fonti di pressione che portano le persone ad abbandonare le proprie case sono famiglia e comunità locale, con una forte pressione su chi si converte al cristianesimo da un’altra religione. Tali pressioni sono particolarmente evidenti in Pakistan, dove le minoranze religiose vivono sotto l’ombra di leggi contro l’apostasia e la blasfemia”.

L’instabilità politica e l’ascesa di gruppi religiosi estremisti alimenta lo sfollamento nella regione, particolarmente in Myanmar. Migliaia di persone sono state costrette a fuggire nei Paesi confinanti, o a diventare sfollati interni. Tra essi anche altre minoranze, come i Rohingya.

Nello sfollamento su larga scala dei Rohingya (la maggioranza dei quali è musulmana) dal Myanmar al Bangladesh, vi è un esiguo numero di convertiti cristiani che si trova ad affrontare un ulteriore livello di vulnerabilità a causa della fede. In America Latina, i cristiani sono primariamente colpiti da insicurezza e criminalità.

Per fare fronte alle molestie, all’emarginazione e alle vulnerabilità che i rifugiati sperimentano a causa della fede, Porte Aperte/Open Doors chiede alla Comunità Internazionale di “accertarsi dell’integrazione, in tutti i programmi antidiscriminazione volti a proteggere e promuovere i diritti dei rifugiati, dei principi della libertà di credo e religione, di garantire una partecipazione significativa dei rifugiati fuggiti da persecuzioni religiose nella progettazione, valutazione e attuazione di programmi e aiuti mirati e di includere la religione quale fattore di vulnerabilità in ogni valutazione effettuata nella pianificazione e nella programmazione per i rifugiati”.

In 58 dei primi 76 Paesi della World Watch List i cristiani dichiarano di essere stati forzatamente sfollati dalle proprie case a causa della propria identità religiosa: quasi la metà degli sfollati interni proviene da 5 Paesi (46%), tutti presenti nella lista dei Paesi dove più si perseguitano i cristiani. Più di 2/3 dei rifugiati (68%) proviene da 5 Paesi in cui si sperimenta un livello alto di discriminazione e persecuzione.

Eva Brown, Senior Specific Religious Persecution Analyst di Open Doors, ha affermato: “In alcuni casi, i governi e persino le organizzazioni internazionali con buone intenzioni possono purtroppo essere complici nell’intensificare la discriminazione contro i cristiani sfollati. Ecco perché la consapevolezza di questa vulnerabilità a più livelli è vitale, in modo da poter affrontare al meglio i bisogni degli sfollati e dei rifugiati emarginati”.

Nei casi in cui la persecuzione religiosa era evidentemente uno dei fattori che spingeva i cristiani ad abbandonare le proprie case, questa ricerca ha rilevato che la natura e la fonte della persecuzione variavano. A livello globale, i principali agenti a determinare lo spostamento dei cristiani sono quattro (minaccia alla famiglia, minaccia governativa, politica nazionale e locale, violenza di gruppi religiosi).

Sebbene questi agenti primari giochino un ruolo chiave nel portare le persone alla fuga, si riconosce anche che gli agenti possano agire in sinergia, costituendo un intreccio di persecuzione che spinge i cristiani a scappare. In alcuni casi, i primi due o tre agenti che causano la persecuzione si influenzano l’un l’altro.

Ad esempio, una famiglia potrebbe costringere un membro che si converte al cristianesimo ad andare via di casa, per evitare interventi da parte di funzionari del governo o della comunità che abbiano poi un impatto negativo sulla famiglia stessa.

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