8 marzo nel nome delle donne in guerra

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“Mai come in questo 8 marzo 2022 l’argomento messo a tema dal Centro Italiano Femminile Nazionale ‘Custodire l’umano’ suona profetico in quanto esso, seppure in maniera esemplificativa, enuncia la pedagogia della pace significata dalla vanità dei risultati attesi dalla vittoria in quanto il conflitto, ogni conflitto, lascia l’umanità più povera, segna un passo indietro nel progresso della civiltà e costituisce il grande scacco nel graduale miglioramento delle condizioni del reale benessere delle nazioni che, in fondo, è sogno inseguito dall’uomo in ogni tempo”.

Così si è espressa Renata Natili Micheli, presidente nazionale del Centro Italiano Femminile, in occasione della giornata della donna, che quest’anno è incentrata, purtroppo, sulla guerra in Ucraina:

“Nel linguaggio metaforico della guerra le parole ‘combattente’ e ‘resistente’ rimandano alle forme di azione richieste dalle operazioni belliche… Le madri ucraine con i loro figli, anche essi gravati da piccoli zaini in cui forse sono custoditi i ricordi di un’infanzia violata, combattono per la vita dei figli ed oppongono una resistenza strenua contro chi vorrebbe privare una terra ed un popolo della speranza di futuro” .

E dal Monastero di Santa Rita da Cascia la priora, suor Maria Rosa Bernardinis, ha inviato un messaggio con un pensiero diretto alle donne ucraine e a tutte quelle che custodiscono la vita: “Mentre ci prepariamo alla Pasqua, la guerra in Ucraina mette tristemente in luce quanto le donne, protagoniste della storia della Risurrezione, siano invece costrette oggi a fermarsi alla ‘Passione’.

Eppure, le loro scelte sono di speranza, perché affrontano l’oscurità, soffrono, rischiano e si privano di ogni cosa per difendere la vita. In questa giornata simbolica, celebriamo il coraggio delle donne che anticipano l’alba, paladine della pace che vanno tutelate e dalle quali possiamo imparare tanto.

Come le donne che nella prossima festa di Santa Rita premieremo perché sono strade da seguire per un futuro migliore, proprio come Colei che ispira i nostri passi e che preghiamo perché accompagni anche quelli di ogni donna, soprattutto in questi tempi”.

Mentre Ai.bi sostiene le mamme in Ucraina, che si trova in una difficile situazione: “Secondo l’ultimo rapporto di OCHA, in Ucraina 12.000.000 persone necessitano di assistenza umanitaria. Le vittime civili che si contano dall’inizio del conflitto sono 1.123, di cui 364 uccise. 500.000 i bambini che sono già fuggiti dall’Ucraina.

Nei giorni scorsi Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri del governo ucraino, al canale televisivo N1 ha denunciato casi di donne violentate nei territori occupati dall’esercito russo, durante l’avanzata delle truppe nel territorio ucraino:

“Quando i soldati stuprano le donne nei territori occupati, e abbiamo diversi casi quando i soldati russi abusano delle donne nelle città ucraina, è chiaramente difficile parlare dell’efficacia della legge internazionale”.

A seguito della chiusura delle scuole in tutto il Paese, l’accesso all’istruzione impatta su 5.700.000 bambini e adolescenti. 1.500.000 persone sono fuggite dall’Ucraina verso i vicini paesi negli ultimi 10 giorni, tra cui più di 885.000 persone nella sola Polonia. Per quanto riguarda l’Italia, invece, anche il Viminale ha aggiornato il numero degli sfollati entrati nel nostro Paese: 17.286. Di cui 8.608 donne, 1.682 uomini e 6.996 minori”.

Invece l’associazione ‘Pangea’ ha messo al centro dell’attenzione la situazione della donna in Afghanistan: “L’instabilità politica provocata dal ritorno del regime talebano si è sommata alla siccità che da 3 anni ha colpito l’Afghanistan riducendo del 40% la produzione agricola, i salari bloccati, l’innalzamento dei prezzi dei generi alimentari stanno provocando una crisi umanitaria senza precedenti”.

L’associazione stima che il 60% della popolazione afghana necessita di assistenza umanitaria e più di 3.000.000 di bambini sono a rischio malnutrizione: “Le donne, come sempre, pagano le spese più alte: diritti negati, cura dei figli malnutriti, impossibilità di lavorare e di muoversi liberamente. La popolazione è stremata. Non c’è cibo e il rigido inverno afghano è iniziato (la temperatura arriverà a raggiungere anche -20 gradi)”.

Pangea ha fatto la distribuzione di cibo e beni di prima necessità in 7 provincie dell’Afghanistan. Raggiungeremo 7.000 nuclei familiari, oltre 60.000 bambini: “Ogni famiglia riceverà mensilmente un pacco con il necessario per sopravvivere per un mese.

Abbiamo iniziato a Kabul, contattando le famiglie delle donne e delle ragazze che hanno seguito le nostre attività in passato (microcredito, corsi di igiene e salute riproduttiva, alfabetizzazione, diritti umani, corsi professionali). Inoltre, abbiamo coinvolto le famiglie dei bambini e delle bambine sorde. Non ci siamo fermati e abbiamo continuato a selezionare altre famiglie in altre sei provincie dell’Afghanistan”.

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