Card. Sandri: non disperdere l’eredità di san Gregorio di Narek
Lunedì 28 febbraio il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha partecipato alla preghiera ecumenica in occasione della memoria liturgica di san Gregorio di Narek presso la chiesa della Pontificia Università di san Tommaso d’Acquino ‘Angelicum’, presieduta dal card. Kurt Koch, alla presenza di Sua Eminenza Khajag Barsamian, rappresentante della Chiesa Armena Apostolica a Roma e dell’Arcivescovo di Aleppo degli Armeni Cattolici Monsignor Boutros Marayati.
Il monaco Gregorio di Narek fu un insigne teologo, poeta e scrittore religioso armeno. Tra le sue opere si annoverano un commentario al Cantico dei Cantici, numerosi panegerici (tra i quali uno in onore alla Madonna) ed una raccolta di 95 preghiere in forma poetica dette ‘Narek’ dal nome del monastero ove visse.
Nell’omelia il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali ha incentrato l’omelia sul valore dell’unità della Chiesa, partendo da una sua affermazione (‘Vinci ancora una volta questa mia testardaggine grazie alla tua dolcezza che viene in mio soccorso, per tua benignità’): “Preghiamo con la sua stessa voce, prestiamo le nostre labbra alla sua supplica ed invocazione, chiediamo al Signore il dono della stessa fede e della medesima profondità della contemplazione.
Figlio di un popolo e di una Chiesa assolutamente singolari per la storia, l’alfabeto, la lingua, la produzione artistica, la liturgia: eppure cari fratelli e sorelle armene, pur essendone i gelosi custodi, avete lasciato che in qualche modo vi fosse strappato con la proclamazione a dottore della Chiesa Universale”.
Il cardinale ha invitato ha non ‘disperdere’ l’eredità del Santo: “La sua lampada, alimentata dal fuoco dello Spirito che ispira e che guida, è stata posta insieme ad altre ad illuminare il cammino dei discepoli di Cristo, per indicare all’uomo di ogni tempo la strada per conoscerlo e per seguirlo.
In questa preghiera allora anzitutto ancora una volta rendiamo grazie per tale dono, e la conferma della memoria liturgica nel calendario romano impegna tutti noi a non disperdere la preziosa eredità del santo che oggi celebriamo”.
Nell’omelia il cardinale ha chiesto di usare la ‘luce’ di san Gregorio di Narek per disperdere le ‘tenebre’: “Le dense tenebre che si levano dalle Nazioni, l’una che aggredisce l’altra, sono quelle delle esplosioni e delle macerie: esse rivelano il buio che abita i cuori e acceca le menti di chi trama e medita distruzione, ma anche di una rincorsa alle armi sempre più forsennata, sempre più devastante”.
Un chiaro riferimento alla guerra che si combatte in Ucraina: “Il giardino, le pianure che producono grano che macinato diventa pane sulla tavola di molti, viene deturpato e mutato in terra arida, solcata dal ferro non dell’aratro che feconda, ma da quello che appiattisce e soffoca la vita.
Si ripete ancora una volta quanto descritto dalla Genesi: il fratello conduce alla morte il fratello, ma a differenza di Caino ed Abele oggi essi sono entrambi segnati dall’unico Battesimo, sono di Cristo!
San Gregorio di Narek ci prende per mano chiedendo di guardare a questa nostra realtà con gli occhi di un fanciullo: quanti di loro dovranno ancora sentire le sirene suonare, correre nei rifugi, varcare i confini in cerca di speranza?”
E’ un invito a non essere ‘spettatori’ davanti agli avvenimenti che stanno avvenendo: “Lo stesso santo però ci chiede come credenti in Cristo, non di essere spettatori che denunciano o puntano il dito, pur avendo l’obbligo di chiamare le cose col loro nome, come una aggressione, da qualunque parte provenga. Fuori della celebrazione, sulle strade, nelle case, per le piazze noi chiediamo la pace, ci adoperiamo per alleviare le sofferenze, ci rendiamo disponibili ad accogliere ed aiutare concretamente.
Qui in Chiesa, come credenti in Cristo noi dinanzi alla Croce del Signore Gesù noi vogliamo essere autentici discepoli di san Gregorio di Narek: scendiamo insieme a lui negli abissi di desolazione del cuore dell’uomo, anche di chi fa e medita violenza, del peccatore, del lontano da Dio, di chi lo bestemmia con le labbra o lo disonora disprezzando il fratello che vede”.
(Foto: Congregazione delle Chiese orientali)