Papa Francesco chiede ai sindaci la bellezza
Sabato scorso papa Francesco ha ricevuto in udienza i sindaci italiani con un invito a quella solidarietà, tante volte sottolineata da san Giovanni Paolo II, salutato dal presidente dell’ANCI, Antonio Decaro, sindaco di Bari, che ha sottolineato l’aumento del disagio sociale in questi anni di pandemia:
“I due anni che abbiamo alle spalle sono stati anni di lutti e di dolore non solo per l’Italia ma per tutto il mondo. Di questa ferita, il rischio più profondo è la perdita del senso di comunità, di vicinanza e di condivisione.
Quanto disagio personale, sociale e psicologico hanno recato i pur necessari comportamenti imposti ai cittadini ed in particolare a quelli più fragili che già prima della pandemia e, a prescindere da essa, vivevano ai margini delle nostre comunità?”
Ed ha raccontato la paura vissuta in questi anni: “Per far questo abbiamo guardato negli occhi la paura, abbiamo affrontato la morte di chi ci stava intorno, abbiamo aiutato chi restava solo in casa e facendogli avere un sacchetto di spesa o anche solo chiamandolo al telefono per una breve chiacchierata. Anche noi abbiamo avuto paura, Santità. Non ci vergogniamo a dirlo.
Ci siamo trovati, come tutti, a dover affrontare una minaccia sconosciuta e invisibile. Come tutti, non avevamo nei primi tempi gli strumenti e le conoscenze per affrontarla e temevamo che questa bufera avrebbe spazzato via tanti anni di lavoro e di sacrificio, dei nostri concittadini e di noi amministratori. Eppure noi, anche per la responsabilità che abbiamo, questa paura sapevamo di doverla vincere e l’abbiamo vinta”.
Mentre il card. Edoardo Menichelli ha sottolineato la centralità del sindaco, parlando di paternità: “Ho sempre considerato la figura del sindaco come un presidio stabile di democrazia anche quando le varie istituzioni possono patire sfilacciamenti di identità.
l sindaco è sempre l’anello più visibile e più forte capace di costruire una relazione utile e consapevole con la porzione di popolo che il voto democratico gli ha assegnato.
La vostra è una figura di relazione particolare, che mi piace descrivere come ‘paternità dilatata’, capace sempre, nei piccoli come nei grandi comuni, di essere una sorta di riferimento ‘salvifico’: al padre si ricorre sempre con fiducia”.
Nel discorso papa Francesco ha detto che essere sindaco è complesso: “A momenti di consolazione si affiancano tante difficoltà. Da una parte, infatti, la vostra vicinanza alla gente è una grande opportunità per servire i cittadini, che vi vogliono bene per la vostra presenza in mezzo a loro.
La vicinanza. Dall’altra parte, immagino che a volte sentiate la solitudine della responsabilità. Spesso la gente pensa che la democrazia si riduca a delegare col voto, dimenticando il principio della partecipazione, essenziale perché una città possa essere bene amministrata. Si pretende che i sindaci abbiano la soluzione a tutti i problemi!”
Ma i problemi si possono risolvere attraverso reti solidali: “Ma questi non si risolvono solo ricorrendo alle risorse finanziarie. Quanto è importante poter contare sulla presenza di reti solidali, che mettano a disposizione competenze per affrontarle!
La pandemia ha fatto emergere tante fragilità, ma anche la generosità di volontari, vicini di casa, personale sanitario e amministratori che si sono spesi per alleviare le sofferenze e le solitudini di poveri e anziani. Questa rete di relazioni solidali è una ricchezza che va custodita e rafforzata”.
Tale rete si rafforza con tre parole,di cui la prima è paternità/maternità: “Il servizio al bene comune è una forma alta di carità, paragonabile a quello dei genitori in una famiglia.
Anche in una città, a situazioni differenti si deve rispondere con attenzioni diversificate; perciò la paternità (o maternità) si attua anzitutto attraverso l’ascolto. Il sindaco o la sindaca sa ascoltare. Non temete di ‘perdere tempo’ ascoltando le persone e i loro problemi! Un buon ascolto aiuta a fare discernimento, per capire le priorità su cui intervenire”.
Il papa ha chiesto di investire in bellezza: “A volte ci si illude che per risolvere i problemi bastino finanziamenti adeguati. Non è vero, in realtà, occorre anche un progetto di convivenza civile e di cittadinanza:
occorre investire in bellezza laddove c’è più degrado, in educazione laddove regna il disagio sociale, in luoghi di aggregazione sociale laddove si vedono reazioni violente, in formazione alla legalità laddove domina la corruzione.
Saper sognare una città migliore e condividere il sogno con gli altri amministratori del territorio, con gli eletti nel consiglio comunale e con tutti i cittadini di buona volontà è un indice di cura sociale”.
Ed ha richiamato alla solidarietà, che è un cardine della Dottrina Sociale della Chiesa, invitandoli a non trascurare le periferie: “Partire dalle periferie non vuol dire escludere qualcuno, è una scelta di metodo; non una scelta ideologica, ma di partire dai poveri per servire il bene di tutti. Voi lo sapete molto bene: non c’è città senza poveri.
Aggiungerei che i poveri sono la ricchezza di una città. Questo a qualcuno sembrerebbe cinico; no, non è così; ci ricordano (loro, i poveri) le nostre fragilità e che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Ci chiamano alla solidarietà, che è un valore-cardine della dottrina sociale della Chiesa, particolarmente sviluppato da San Giovanni Paolo II”.
Ed infine il sindaco deve garantire la pace: “Il conflitto è pericoloso se rimane chiuso in sé stesso. Non dobbiamo confondere la crisi con il conflitto. Per esempio, la pandemia ci ha messo in crisi, questo è buono. La crisi è buona, perché la crisi ti fa risolvere e fare passi avanti.
Ma la cosa cattiva è quando la crisi si trasforma in conflitto e il conflitto è chiuso, il conflitto è guerra, il conflitto è difficile che trovi una soluzione che vada più avanti. Crisi sì, conflitto no. Fuggire dai conflitti ma vivere in crisi”.
Per questo sono necessarie le relazioni attuando la sussidiarietà: “La pace sociale è frutto della capacità di mettere in comune vocazioni, competenze, risorse. E’ fondamentale favorire l’intraprendenza e la creatività delle persone, in modo che possano tessere relazioni significative all’interno dei quartieri.
Tante piccole responsabilità sono la premessa di una pacificazione concreta e che si costruisce quotidianamente. E’ bene ricordare qui il principio di sussidiarietà, che dà valore agli enti intermedi e non mortifica la libera iniziativa personale”.
Ha concluso l’incontro invitandoli a non isolarsi, che è una tentazione: “San Giovanni Crisostomo, vescovo e padre della Chiesa, pensando proprio a questa tentazione, esortava a spendersi per gli altri, piuttosto che restare sulle montagne a guardarli con indifferenza. Spendersi. E’ un insegnamento da custodire, soprattutto quando rischiamo di farci prendere dallo scoraggiamento e dalla delusione”.
(Foto: Santa Sede)