Le Ong a Mattarella: strappare l’accordo con la Libia

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Negli ultimi cinque anni sono state oltre 82.000 le persone intercettate in mare e riportate in Libia: uomini, donne e bambini andati incontro alla detenzione arbitraria, alla tortura, a trattamenti crudeli, inumani e degradanti, agli stupri e alle violenze sessuali, ai lavori forzati e alle uccisioni illegali.

Sono intrappolati in un paese devastato dal conflitto, dove l’illegalità e l’impunità consentono alle bande criminali di prosperare. Molti, temendo per la propria vita e non avendo una via d’uscita sicura e legale dal paese, tentano di raggiungere l’Europa su fragili barche. Sempre più persone vengono fermate e riportate in Libia, a seguito delle misure messe in atto dai governi europei per chiudere la rotta marittima e contenere le persone in un paese non sicuro.

La maggior parte dei rifugiati e dei migranti in Libia proviene dall’Africa subsahariana e settentrionale, mentre un numero minore proviene dall’Asia e dal Medio Oriente. I motivi per cui hanno lasciato i loro paesi d’origine sono vari. Alcuni sono fuggiti a causa di guerre, carestie o persecuzioni.

Altri sono partiti in cerca di una migliore istruzione o opportunità di lavoro. Molti di loro intendono rimanere in Libia, mentre altri sognano di raggiungere l’Europa, o sono spinti a farlo dal peggioramento delle condizioni in Libia.

Però, purtroppo, dalla fine del 2016, i paesi dell’Unione europea hanno attuato una serie di misure per bloccare le rotte migratorie dalla Libia attraverso il Mar Mediterraneo. La cooperazione è poi aumentata considerevolmente con l’adozione di un ‘Memorandum d’intesa bilaterale’, firmato da Italia e Libia il 2 febbraio 2017, e con l’adozione della Dichiarazione di Malta, sottoscritta dai leader dell’Unione europea a La Valletta il giorno dopo.

Questi accordi costituiscono la base di una costante cooperazione che affida il pattugliamento del Mediterraneo centrale ai guardacoste libici, attraverso la fornitura di motovedette, di un centro di coordinamento marittimo e di attività di formazione. Gli accordi sono stati seguiti dall’istituzione della zona SAR libica, un’ampia area marittima in cui i guardacoste libici sono responsabili del coordinamento delle operazioni di ricerca e soccorso.

Per questo alcune Ong hanno scritto al Presidente della Repubblica italiana ed al Presidente del Consiglio dei Ministri per chiedere l’abolizione di tale ‘memorandum di intesa’: “Sono passati 5 anni dalla firma del memorandum di intesa tra Italia e Libia il 2 febbraio del 2017.

Per tutto questo tempo abbiamo continuato a documentare violazioni dei diritti umani e abusi ai danni di migranti e rifugiati, tra cui uccisioni illegali, torture e altri maltrattamenti, stupro e altre violenze sessuali, detenzione arbitraria a tempo indefinito in condizioni crudeli e inumane e lavoro forzato”.

Contro la fornitura di supporto materiale ai guardacoste libici di intercettare uomini, donne e bambini “che cercano di scappare alla ricerca di salvezza attraversando il mar Mediterraneo e ne consentono il ritorno forzato in Libia, dove vengono sottoposti a detenzione illegittima e abusi di ogni tipo” le Ong chiedono al governo italiano di non continuare a rimanere complice di tali abusi, e di cancellare tale intesa tra Italia e Libia: “il memorandum di intesa tra Italia e Libia venga cancellato immediatamente e comunque prima che si rinnovi automaticamente per altri tre anni, il 2 novembre 2022.

Si interrompano forme di assistenza alle forze libiche che determinano il contenimento di persone in situazioni di abuso, e si condizioni la cooperazione con la Libia in materia di migrazione all’approvazione da parte libica di misure concrete volte a proteggere i diritti umani dei rifugiati e dei migranti.

Si agisca, di concerto con il governo libico e con stati e istituzioni europee, affinché migranti e rifugiati trattenuti arbitrariamente nei centri di detenzione in Libia vengano rilasciati e trasferiti in un luogo sicuro; venga creata una Commissione parlamentare d’inchiesta sulle conseguenze della cooperazione con la Libia in materia di controllo delle frontiere”.

A corredo del testo Claudia Lodesani, presidente di Medici senza frontiere, si è appellata al presidente della Repubblica Italiana, affinchè l’Italia cancelli tale accordo:

“Ci appelliamo al presidente Mattarella affinché l’Italia torni a rispettare gli obblighi di protezione e assistenza delle persone. Presidente, dedichi un passaggio del suo discorso di insediamento a questa urgenza e chieda al Parlamento di cancellare gli accordi Italia-Libia.

Intesa mai ratificata dallo stesso Parlamento, ma la cui attuazione ha creato un sistema di sfruttamento, estorsioni e abusi a cui sono sottoposti migranti e rifugiati in Libia”.

Per le Ong le persone intercettate in mare non possono essere riportate in Libia dove violenza e brutalità sono la quotidianità per migliaia di migranti e rifugiati. Nel novembre 2021, la missione conoscitiva indipendente sulla Libia delle Nazioni Unite ha definito queste violazioni crimini contro l’umanità, come ha sostenuto Amnesty International:

“Detenzione arbitraria, tortura, trattamenti inumani, stupri, violenze sessuali, lavori forzati e uccisioni illegali. Questo è l’atroce destino cui, negli ultimi cinque anni, sono andati incontro oltre 82.000 uomini, donne e bambini intercettati in mare e riportati in Libia (32.425 solo nel 2021) grazie alla collaborazione dell’Unione Europea con lo Stato nordafricano, collaborazione in cui l’Italia è in prima linea”.

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