Mons. Bello è venerabile
La diocesi di Molfetta Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi ha festeggiato, sabato scorso, la venerabilità di mons. Tonino Bello venerabile con la celebrazione eucaristica presieduta dal card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e per 35 anni e vice rettore del seminario regionale, durante la quale è stata data lettura del decreto di venerabilità.
Nell’omelia il card. si è soffermato sul rapporto tra mons. Bello e la Madonna dei Martiri con la preghiera a Maria ‘che dobbiamo rivolgere anche noi in questa Chiesa che ha avuto in don Tonino immagine, simbolo, amico’. Prima della celebrazione eucaristica il card. Semeraro ha visitato la stanza di mons. Bello e durante la celebrazione ha utilizzato il pastorale che fu del vescovo Bello.
Al termine della celebrazione eucaristica è stato letto il decreto di venerabilità, in cui si tratteggia l’azione di mons. Bello: “Sin dagli albori del suo nuovo ministero si manifestò il profilo episcopale del Servo di Dio, caratterizzato da affabilità e generosità, assoluto disinteresse per se stesso, stile sobrio e povero, totale dedizione e infaticabilità. Aveva un’attenzione speciale per i problemi dei lavoratori e per il dilagare della povertà nelle famiglie”.
Nel decreto è sottolineato il suo amore per Dio e per gli uomini: “Fu guidato dalla fede, dalla più tenera età fino all’ultimo respiro di vita. Prima di tutto ai malati, a quanti soffrivano ingiustizie e ai più deboli insegnava la speranza, che aveva innervata nel proprio animo.
La carità fu l’ideale supremo del Servo di Dio ed egli la rendeva concreta e tangibile tanto personalmente, quanto nel contesto ecclesiale, sociale e politico. Nutriva un amore pieno per Dio ed amava la Chiesa, serbando sempre perfetta fedeltà alla retta dottrina ed obbedienza totale al magistero del Sommo Pontefice.
Con pazienza e senza rancore alcuno sopportò le difficoltà e le accuse di quanti disapprovavano sue affermazioni od iniziative. Con grande indulgenza considerava le debolezze umane, curava ferite interiori, condivise gioie o sofferenze di tanti”.
Aveva un amore per la Madonna tantoché compose una preghiera, chiedendo la sua veglia: “Santa Maria, Vergine della notte, noi t’imploriamo di starci vicino quando incombe il dolore, irrompe la prova, sibila il vento della disperazione, o il freddo delle delusioni o l’ala severa della morte. Liberaci dai brividi delle tenebre.
Nell’ora del nostro calvario, Tu, che hai sperimentato l’eclissi del sole, stendi il tuo manto su di noi, sicché, fasciati dal tuo respiro, ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà. Alleggerisci con carezze di Madre la sofferenza dei malati. Riempi di presenze amiche e discrete il tempo amaro di chi è solo.
Preserva da ogni male i nostri cari che faticano in terre lontane e conforta, col baleno struggente degli occhi, chi ha perso la fiducia nella vita. Ripeti ancora oggi la canzone del Magnificat, ed annuncia straripamenti di giustizia a tutti gli oppressi della terra.
Se nei momenti dell’oscurità ti metterai vicino a noi le sorgenti del pianto si disseccheranno sul nostro volto. E sveglieremo insieme l’aurora. Così sia”.