Torino ospita i giovani di Taizè in due tappe

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Anche quest’anno, come lo scorso anno, l’incontro della Comunità di Taizè a Torino sarà online, a causa della crescita dei contagi da Covid-19 dal 28 dicembre al 1° gennaio insieme ai frères di Taizé ed i giovani delle diocesi di Torino e del Piemonte e con piccoli gruppi provenienti da altre Chiese italiane: un incontro che però sarà condiviso, in rete, con il mondo intero.

Però dal 7 al 10 luglio del prossimo anno è in programma il ‘Pellegrinaggio di fiducia sulla terra’, secondo lo stile di Taizé e Torino accoglierà le preghiere della comunità ecumenica e aprirà i ‘laboratori’, momenti di confronto, conoscenza e scambio tra i giovani d’Europa e le comunità e famiglie del territorio. Fra i laboratori ci sarà anche l’esperienza della contemplazione della Sacra Sindone.

La decisione di sdoppiare in due tappe il pellegrinaggio risponde alle esigenze di sicurezza, necessarie nel momento in cui tutti i Paesi d’Europa sono nuovamente attaccati dal Covid. Ma la Comunità ecumenica di Taizé non intende rinunciare all’incontro, anche perché in questi mesi di preparazione le realtà torinesi hanno risposto con convinzione ed entusiasmo all’idea del raduno dei giovani: dalle autorità civili, alla Commissione ecumenica delle Chiese cristiane torinesi.

L’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha espresso il proprio rammarico ed ha ringraziato i frères per questa scelta: “Grazie a quei giovani d’Europa che avevano già accolto il nostro invito, e che non erano pochi: 4600 iscrizioni a oggi indicano l’attesa e la speranza che si erano indirizzate su questo incontro. Altri se ne sarebbero aggiunti in dicembre.

Il grande incontro in presenza è infatti solo rimandato al prossimo luglio e nei giorni di fine d’anno i giovani di Torino, del Piemonte e di altri piccoli gruppi dì Diocesi potranno «stare insieme» con tutti i giovani del mondo attraverso la rete. Da anziano, vorrei dire ai giovani di non patire troppo questo cambiamento: il tempo è dalla vostra parte!”

Un grazie esteso anche alla città ospitante: “Grazie a Frère Alois, priore della Comunità di Taizé, a tutti i Frères di Taizé, specialmente a quelli presenti da mesi qui a Torino. Grazie alle istituzioni torinesi e piemontesi (Comune, Regione: ma anche forze dell’ordine, volontari, associazioni, imprese) che hanno contribuito finora alla preparazione del progetto, e che continueranno a essere con noi con la stessa generosa disponibilità. Grazie ai preti, alle parrocchie, agli Oratori e alle famiglie, pronti a gettarsi in una ‘avventura dell’accoglienza’ che è impegnativa e non solo sul piano organizzativo”.

L’arcivescovo ha inquadrato il raduno di Taizé nel grande scenario dell’accoglienza: “Accogliere qualcuno nella propria casa significa accoglierlo nella propria vita. E questo dell’accoglienza è, in realtà, un esercizio che la nostra Chiesa già compie, e con risultati grandiosi, quando accogliamo gli stranieri, le donne in difficoltà, i malati, i profughi”.

La storia biblica è basata su una promessa, che si basa sull’accoglienza: “La storia della nostra salvezza è intrisa nell’accoglienza… Abramo accoglie gli sconosciuti nella sua tenda, fedele a una promessa che non ha nulla di ragionevole (e tanto meno di scientifico). Il Signore Gesù rivela che nelle opere di misericordia trova salvezza persino chi non sapeva di cercarla”.

La terza parola, rivolgendosi ai giovani, è la prova: “In questo cambiamento dell’incontro la cosa più importante da capire è che noi, in prima persona, siamo messi alla prova. Noi che abbiamo lavorato tanto per preparare questi giorni; noi che ci aspettiamo, dal raduno di tanti giovani intorno alla ricerca di Cristo un segnale forte di speranza e di gioia; noi che ci ritroviamo obbligati a vivere situazioni che non vogliamo, che nessuno vorrebbe.

Dove invece dell’incontro e dell’abbraccio siamo costretti nel sospetto e in un clima sempre più difficile di esclusione. Noi, infine, che sappiamo che i giovani sono il nostro futuro, e che non possiamo non scommettere su di loro”.

La prova è un ‘segno’ di Dio, invitando i giovani ad affidarsi alla preghiera: “Le ragioni della prova, nella prospettiva della fede, appartengono a Dio, e non a noi. Ma tocca a noi l’intelligenza per comprendere il segnale che ci viene lanciato e la pazienza per rivedere il nostro atteggiamento. Tocca a noi infine la preghiera, universale via maestra della fede. Ed è quello che continueremo a fare, negli incontri dei giorni di fine anno e del prossimo luglio”.

Ad inizio anno tutte le confessioni religiose della diocesi avevano inviato una lettera ai giovani: “La nostra città vive in questo tempo profonde lacerazioni a causa delle nuove povertà, come la mancanza di lavoro, la mancanza di dignità per i nuovi migranti e le sempre maggiori disuguaglianze.

Le nostre Chiese sono impegnate su questi temi, con modalità, risorse e carismi diversi. Ma i giovani ci interpellano. Essi sono animati, come bene sperimentate sulla collina di Taizé, dal desiderio di incontrarsi e di vivere insieme momenti di fraternità e di preghiera”.

(Foto: Comunità di Taizè)

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