Parole come Natale, Maria o Giovanni non sono inclusive? La cultura europea è sotto attacco in nome dell’ipocrisia

Condividi su...

Un Natale spoglio: è questa la visione di un’Europa sempre più vacua. Lo stabilisce tra le righe il “documento interno” per una comunicazione più inclusiva, rilasciato dalla Commissione Ue. Ufficialmente si tratta di linee guida il cui intento è quello di non essere ingerenti, con tanto di giustificazione dei diretti interessati. Il segnale però è chiaro: l’Europa non ha bisogno delle sue radici cristiane, anzi sono una zavorra al pensiero unico, omologante e politically correct.  

Con i suggerimenti per una comunicazione più inclusiva non si attenta solo all’identità cristiana; si mortificano la cultura, la storia e le tradizioni del Vecchio continente, sempre più alle corde.  

Tralascio l’aspetto fideistico, il quale però rappresenta il simbolo dell’inclusività per eccellenza. 

Ricordo che se Dio si è fatto uomo è stato per un viscerale atto di amore verso tutta l’umanità. 

Ma volendo andare oltre, toccando le più razionali corde della laicità, il documento made UE “suggerisce” da qui in avanti come riscrivere la storia.

Con un colpo di spugna, in pochi istanti si consuma quanto fino a qualche decennio fa era ritenuto impossibile.   

Siamo oltre il concetto di società liquida. Ciò che le istituzioni europee intendono realizzare è un machiavellico concetto di comunità vuota, in cui ai contenuti si sostituiscono il nulla, l’assenza.   

Vuoti di pensiero, di dogmi, di certezze. Per scongiurare il rischio di offendere qualcuno, urtando la sua suscettibilità, si preferisce colpire molti.  

Uno schiaffo identitario, di quelli che lasciano il segno. Ma si va oltre. In nome dell’inclusività, il geniale documento della Commissione europea arriva a sconsigliare l’uso di tipici nomi cristiani come “Maria” o “Giovanni”, perché troppo di parte, troppo schierati.  

Mi chiedo: tali linee guida rispettano l’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo?

Mi riferisco alla libertà d’espressione, idee e opinioni, da comunicare senza nessuna ingerenza.  

Non è celando il divieto con le raccomandazioni che si costruirà una società più giusta, più equa e solidale. Non è disincentivando l’uso di espressioni di uso comune che si promuoverà il rispetto tra popoli, etnie o religioni. È l’opposto.  

La piena consapevolezza del rispetto maturerà con l’accettazione delle diversità, specie se argomentate dai sedimenti dalla storia.  

Da parte della politica sono arrivate le prime prese di posizione: Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia si sono esposti per dire no al documento.

Dal resto delle forze all’interno dell’arco costituzionale il nulla, proprio come la società che si vuole rigenerare.  

151.11.48.50