Da Napoli un invito all’ascolto ai bordi delle strade

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“Sedersi per ascoltare: non al centro della scena o della stanza «non sui troni delle nostre basiliche, né tanto meno sulle cattedre, ma ai bordi degli spazi, ai bordi delle scene e delle piazze, e persino dei nostri luoghi liturgici”: è l’ascolto il tema della prima lettera pastorale dell’arcivescovo di Napoli, mons. Domenico Battaglia, aprendo il cammino sinodale, voluto da papa Francesco, che va ad innestarsi nel XXXI sinodo della Chiesa diocesana.

Mons. Battaglia è partito dal racconto dei discepoli di Emmaus, ma le strade di Gerusalemme diventano i vicoli di Napoli e i discepoli di Emmaus i volti di Ciro, Lina, Domenico e tanti cittadini che chiedono ascolto:

“Per questo, mentre i miei occhi erano rivolti ai due di Emmaus, ho iniziato a vedere sulla strada sassosa che proviene da Gerusalemme, tanti uomini e donne, vestiti diversamente dalle tuniche mediorientali, con nomi e abiti più vicini ai a quelli dei vicoli di Napoli che ai villaggi di Palestina, con atteggiamenti e accenti dialettali cadenzati più dal ritmo partenopeo che dai toni dell’aramaico”.

Storie che animano le strade della città: “Su questa strada, poco dietro Cleopa e il suo amico, ho così incontrato Ciro, un giovane ventenne deluso dalla vita, afferrato da un grande vuoto di significato che la continua interazione social è riuscita a colmare.

I suoi modi spavaldi erano traditi dallo sguardo triste, lo stesso sguardo di quando vedeva i genitori litigare rabbiosamente fino ad arrivare al divorzio. Da adolescente Ciro ha anche cercato di trovare risposte nel corso di cresima parrocchiale, ma per motivi che né lui né la sua parrocchia conosce, non le ha trovate, e ha così abbandonato la fede e la speranza di trovarle”.

Su queste strade cammina anche Lina: “Poco più indietro, sullo stesso sentiero, ho visto camminare lentamente Lina, una nonna dolce e simpatica, ma con le righe segnate dalla solitudine e dalla preoccupazione. Dopo una vita intera spesa per la sua famiglia e per la comunità, si sentiva abbandonata da coloro che aveva amato, dalla comunità a cui aveva donato tempo ed energie, perché non più efficiente e performante. Oramai parlava solo con Dio, ad alta voce come spesso fanno gli anziani, e la sua preghiera a volte era rabbia, altre fiducia ma sempre dialogo con una presenza che non l’aveva abbandonata”.

E cammina anche Domenico: “Lo stesso cammino, a qualche metro di distanza, era percorso dal piccolo Domenico, bimbo in attesa di trapianto, e dai suoi genitori, custodi premurosi del figlio. Mi era chiaro che negli occhi di Domenico, vere porte del cielo, vi era la sorgente della speranza ma era anche visibile la stanchezza e la preoccupazione dei suoi genitori, pieni di fede, ma anche di comprensibili dubbi e di grande inquietudine”.

Un cammino che il vescovo di Napoli ha intenzione di percorrere, interpellato da Gesù: “Ed ecco che come Vescovo, nel mio sogno, sentivo l’esigenza di tuffarmi tra quella gente, di prendere per mano quei bambini e quei giovani, di parlare a quegli adulti per dirgli che io, che noi, come Chiesa, una risposta ce l’abbiamo e una direzione possiamo indicarla, grazie al Vangelo di Gesù…:

Prima di dare le tue risposte intercetta le loro domande. Prima di donare le tue soluzioni, addentrati silenziosamente nei loro problemi. Prima di offrire vie di guarigione sosta sull’altare delle loro ferite. Prima di indicare direzioni certe, interroga le loro paure.

Mimmo ascolta, prendi per mano la tua Chiesa e ascolta la tua città come io ascolto Cleopa e il suo compagno, camminando con loro, ponendomi accanto con discrezione, muovendo i passi sullo stesso sentiero, scrutando il loro smarrimento per poi aiutarli a comprendere il sogno di Dio incarnato nel segno del pane”.

E’ un invito a camminare insieme nell’ascolto reciproco: “Il punto di partenza del nostro itinerario sinodale è imparare ad ascoltare nel silenzio, che non è mera assenza di suoni, ma è piuttosto mescolanza di attesa e attenzione, vuoto che si lascia riempire, accoglienza incondizionata dell’amore capace di dare la giusta direzione al nostro pellegrinare.

Se non ci esercitiamo nell’arte dell’ascolto, la preghiera rischia di diventare la proiezione delle proprie idee e non più accoglienza del sogno di Dio, e il dialogo con gli uomini e le donne del nostro tempo, finisce per trasformarsi in monologhi destinati allo scontro e non in vie di incontro, luoghi di annuncio, spazi e tempi di salvezza condivisa”.

Ed Emmaus è la strada dell’ascolto: “In fondo il racconto di Emmaus è l’abbraccio di due ascolti: da un lato vi è la straordinaria tenerezza di un Dio che diventa silenzio, che si fa domanda, ponendosi come un mendicante in ascolto del cuore umano, dall’altro il miracolo dell’uomo che, raggiunto dalla presenza discreta di Dio, ritrova nel proprio cuore il calore della speranza e le ragioni del cammino!”

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