Mons. Argiuli mette in guardia sulla proposta referendaria eutanasica

Referendum sull'Etanasia
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Attenzione all’idea di libertà al centro della proposta referendaria: non è come sembra. Questo è il senso della lettera che il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli ha inviato ai fedeli della sua diocesi per invitarli a riflettere su ‘L’eutanasia e i paradossi del libero arbitrio’, titolo che il vescovo ha dato al messaggio:

“Il principio fondamentale è che la vita mantiene la sua dignità dal suo inizio fino alla sua naturale conclusione. Pertanto, come ha bisogno di essere accudita e custodita nel suo inizio così deve essere amorevolmente assistita nel momento finale, soprattutto in presenza di gravi e invincibili malattie, attraverso le cure palliative e la terapia del dolore.

Un bambino non perde la sua dignità anche se è in tutto dipendente dalla cura dei genitori. Allo stesso modo, una persona gravemente malata conserva il suo inalienabile valore anche se impossibilitato ad agire”.

 Proprio la Lettera della Congregazione per la dottrina della fede ‘Samaritanus bonus’ dello scorso anno sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita illustra la dottrina della Chiesa sui temi dell’eutanasia e del suicidio assistito, definendo la società ‘civile’ “se sviluppa gli anticorpi contro la cultura dello scarto; se riconosce il valore intangibile della vita umana; se la solidarietà è fattivamente praticata e salvaguardata come fondamento della convivenza”.

Invece i promotori dell’iniziativa referendaria propongono un’altra visione antropologica della società con lo slogan ‘Liberi fino alla fine’: “L’idea fondamentale è la seguente: niente e nessuno deve poter limitare la libertà personale, soprattutto quando si tratta di questioni che toccano la propria persona e il proprio destino. L’io individuale non deve avere altra norma e altra regola se non la propria insindacabile decisione anche di fronte alla morte”.

E’ un dogma ‘laico’ di un diritto illimitato dell’individuo, che si autodetermina, che richiama la filosofia di Nietzsche: “Nel ‘moderno giardino dell’Eden’, vige la legge di andare ‘al di là del bene e del male’, ossia l’imperativo a superare ogni morale oggettiva in vista della trasmutazione di tutti i valori ad opera di una libertà dell’individuo che deve essere senza limiti e senza divieti non solo divini, ma anche umani”.

Angiuli identifica ‘quattro paradossi’ insiti nella campagna referendaria: “Il primo paradosso si riferisce al fatto che la vita è intrinsecamente limitata nel suo inizio e nella sua fine. Essa scorre tra due estremi: la nascita e la morte.

Vivere significa riconoscere il limite intrinseco al nascere e al morire. Accettare di vivere anche per un solo istante, significa implicitamente accettare la limitatezza della vita. Se il limite è parte integrante della vita, lo è necessariamente anche della libertà.

Non esiste una libertà in astratto, ma solo in quanto legata alla nascita. Ora, se non si è liberi di nascere come si può essere liberi di morire?”

Il secondo paradosso riguarda il suicidio assistito considerato ‘libertà’: “Il secondo paradosso consiste nel fatto che l’eutanasia e il suicidio assistito sono presentati surrettiziamente come espressione di libertà. In realtà, sono solo una ‘fuga dalla vita e dalla libertà’.

Con l’eutanasia e il suicidio assistito si spezza il filo che lega la libertà al suo cominciamento. In tal modo, questa estrema decisione diventa espressione di una forma radicale di protesta e di rivolta contro la vita che non è stata scelta e voluta, ma imposta da un atto precedente alla propria volontà.

La vita stessa è, dunque, intesa come una sciagura da cui fuggire, non solo perché carica di dolore invincibile, ma soprattutto perché frutto di un’azione avvenuta senza il personale acconsentimento”.

In questo senso “con l’eutanasia e il suicidio assistito si spezza il filo che lega la libertà al suo cominciamento. In tal modo, questa estrema decisione diventa espressione di una forma radicale di protesta e di rivolta contro la vita che non è stata scelta e voluta, ma imposta da un atto precedente alla propria volontà”.

Il terzo paradosso riguarda il ‘suicidio assistito’ che “deve essere consentito quando la malattia irreversibile riguarda il corpo, non si vede il motivo per il quale non dovrebbe essere praticato anche quando tocca la psiche.

A rigor di logica, anche a chi ha perso il gusto della vita e ‘vive senza vivere’ dovrebbe essere consentito quanto è permesso a chi è affetto da una malattia incurabile. Non si soffre di meno nell’anima, rispetto a quanto si soffre nel corpo”.

Infine il quarto paradosso riguarda la libertà: “Se si accetta l’idea che la libertà deve esprimersi in modo assoluto sul piano dei diritti individuali, non si vede il motivo per il quale la stessa cosa non debba valere anche per le norme, i limiti e i divieti imposti dalla società.

A tutti dovrebbe essere consentito di vivere liberi da ogni imposizione esterna alla propria libertà di autodeterminazione. Il buon senso, però, intuisce che se la libertà si dovesse esprimere in modo assoluto anche in ambito sociale si aprirebbe la porta all’anarchia e alla dissoluzione di qualsiasi forma di società e si andrebbe incontro a un ‘suicidio sociale’ non meno deleterio del suicidio assistito”.

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