Educare alla fede significa togliere libertà?
C’è una bella differenza tra ‘imporre la fede’ e ‘testimoniare il nostro incontro con Gesù’. Sandra Sabattini, futura beata, diceva che non si può obbligare nessuno a credere, si può solo comunicare agli altri la nostra gioia. Quanta verità in queste parole! Ma riusciamo a metterle in pratica?
Tempo fa, un uomo mi disse che “non dovevo parlare sempre di Dio ai miei figli”, perché così non li avrei lasciati liberi di scegliere la loro strada.
Mi disse che portarli sempre in chiesa, parlare sempre di Gesù, offrire il cristianesimo come unica strada era un po’ come mettere un mitra in mano ad un bambino e dire di sparare in nome di Dio: i bambini ci seguono, prendono per vero ciò che gli adulti indicano come giusto per loro ma in tema di fede – sosteneva – la scelta dovrebbe essere assolutamente libera e personale: “Io ai miei figli non impongo una religione… – concludeva – sceglieranno loro da grandi!”
Quella critica mi fece pensare. Mi domandai, sinceramente, se stessi seguendo il suggerimento di Sandra: se fossi capace di testimoniare senza imporre, di accompagnare i miei figli da Gesù, ma senza pretendere che fossero come me.
È possibile educare alla fede cristiana e al contempo lasciare liberi di seguire o rinnegare le nostre orme? Con queste domande, un giorno, mi sono seduta davanti al tabernacolo: cercavo da Gesù stesso una risposta.
Mentre mi trovavo in quella chiesa, in silenzio, ho sentito la necessità di prendere carta e penna e mi è sembrato che Gesù, nel cuore, mi suggerisse queste parole…
Non darò fastidio ai tuoi figli. Io sono qua, silenzioso. Parlerò con loro, se vorranno ascoltarmi. Li amerò, se si lasceranno amare, ma non farò mai pressioni al loro cuore.
L’amore si dona, non si impone. Lo vedi? Guarda dove sto. Sono chiuso qui dentro, nel piccolo tabernacolo di una chiesa. Sono l’Altissimo, sono Dio, ma sto qui, senza disturbare nessuno. Disponibile, ma in disparte. Nel mondo, con voi, ma senza fare rumore.
Aspetto i cuori aperti, gli occhi limpidi: nessuno sia portato da me in catene. Io non grido, non perseguito. Vi desidero tutti con me, ma vi rispetto. Vi amo uno ad uno, ma non siete costretti a ricambiare. Sono qua, ogni giorno: ma solo per chi mi vuole con sé.
Resto lontano da chi non mi cerca, da chi non mi desidera: è anche questa una forma d’amore. Non avere paura di portare da me i tuoi bambini. Hai conosciuto chi è il tuo Dio. E’ un Dio che non violenta le anime.
La libertà dei tuoi figli è sacra per me più di quanto non lo sia per te. Mi lascerei anche offendere da loro, calpestare, pur di non obbligarli a seguirmi. E poi resterei qui. Sempre pronto ad abbracciarli di nuovo.
Soffrirei se mi rifiutassero, ma mai li forzerei. Chiederò sempre il loro permesso, come ho atteso il Sì di Maria, per entrare nel mondo. Non faccio nulla per voi senza il vostro consenso. E non sono un mitra. Sono pane.
Se mi scegli, divento per te pane di vita. Altrimenti sarò un semplice pezzo di pane, che non ti avrà fatto alcun male. Vi battezzo con acqua, perché, se non volete più seguirmi, non vi lasci alcun segno visibile.
Mentre per chi mi accoglie, quell’acqua sia la prima porta per il cielo. Vi ungo con olio, perché basti un fazzoletto per lavarmi via, mentre se quella consacrazione arriva nel cuore, diventi fiamma che incendia il mondo d’amore. Del mio Amore. Non temere di portarmi ai tuoi figli.
Non stai togliendo nulla loro. Mentre a me offri la possibilità di conquistarli. Grazie a te, posso far loro conoscere l’amore che hai conosciuto tu. Ed è un amore di cui non devi avere paure, perché è tanto umile da farsi crocifiggere.
Fidati di me, non di chi non mi conosce. Fidati e sappi che se loro vorranno andare lontano, io non li tratterrò. Li guarderei partire. Poi resterei qui. Resterei paziente ad aspettare. E il mio cuore esulterebbe di gioia, se dall’uscio di quella porta li vedessi, poi, ritornare.