Milano ricorda i suoi vescovi

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Nella memoria liturgica del beato Alfredo Ildefonso Schuster, alla guida della Chiesa ambrosiana dal 1929 alla morte, avvenuta il 30 agosto 1954, nell’ultimo giorno di agosto l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha presieduto nel Duomo la celebrazione propria di questo pastore di Milano e in suffragio degli arcivescovi Giovanni Colombo, morto il 20 maggio 1992, Carlo Maria Martini, deceduto il 31 agosto 2012 e Dionigi Tettamanzi, scomparso il 5 agosto 2017.

Prima della celebrazione eucaristica è stato letto un messaggio del card. Angelo Scola: “Sentiamo vicina la presenza dei nostri Vescovi, fratelli che hanno servito la nostra comunità, a cui dobbiamo essere grati. Portiamo questa gratitudine sull’altare”.

Nell’omelia mons. Delpini ha sottolineato una caratteristica comune ai tre vescovi, quella dell’amicizia: “E’ la via dell’amicizia che Gesù presenta con una intensità commovente nei discorsi ultimi di quella drammatica vigilia. Gesù esplicita il suo comandamento e ne spiega i tratti caratteristici con il singolare linguaggio dell’amicizia… Comanda, quindi, a noi suoi discepoli di vivere tra noi quell’amore che lui ha avuto per noi, che si può chiamare ‘amore di amicizia’.

Possiamo chiedere l’intercessione dei vescovi che ricordiamo come maestri e pastori della nostra Chiesa e che ora sono nella comunione dei santi di aiutarci a essere discepoli che praticano l’amore di amicizia, così come loro lo contemplano ora in cielo, così diversi tra loro, impegnati in tempi e problemi così diversi e complessi e distanti, eppure anche loro destinatari dell’unico comandamento di Gesù, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.

Ed ha delineato qualche tratto dell’amicizia, che innanzitutto  si fonda sulla reciprocità: “C’è l’amore che si dona con la gratuità che non si aspetta, non chiede, non ha bisogno di risposta, di gratificazione, di gratitudine. C’è l’amore di amicizia che rende capaci di amare, che chiede una risposta d’amore, che rivela alla persona amata questa verità sorprendente di se stessa:

sono anch’io capace di amare, da me può venire una risposta di dedizione a chi mi ha offerto la sua dedizione, con lo sguardo rispondo allo sguardo, con la parola rispondo alla parola, con la prossimità rispondo alla prossimità. Gesù raccomanda la reciprocità, specie tra i discepoli, chiamati a lavarsi i piedi gli uni gli altri, destinatari del comandamento: amatevi gli uni gli altri”.

Per l’arcivescovo ambrosiano l’amore si prende cura delle persone amate: “Non le rende più ricche, non le rende più potenti, non le rende partecipi di un potere, come sedersi alla destra o alla sinistra del Signore. L’amicizia rende le persone più liete, offre quel miracolo impagabile che è la gioia…

Coloro che amano secondo il comandamento di Gesù imparano l’arte di rendere lieti. Non si impongono come maestri, ma non si sottraggono al desiderio di rendere lieti rendendo partecipi della verità che libera e salva”.

L’amicizia conduce al mistero di Dio: “Il maestro che si pone come amico offre la verità non come una lezione da imparare, ma come una confidenza in cui dicendo la verità dice anche se stesso. E’ la verità necessaria non è la propria esperienza, ma la verità di Dio che diventa esperienza. In Gesù la verità di Dio è la sua stessa persona e storia, morte e risurrezione. Nei discepoli l’esperienza della verità di Dio è la testimonianza della vita trasfigurata, divinizzata”.

Ecco il significato del ricordo dei vescovi ambrosiani: “La loro dedizione è stata un amare che ci ha resi capaci di amare per potenza di Spirito Santo, il loro insegnamento è stata una confidenza che ci ha fatto conoscere qualche tratto del mistero di Dio vissuta in una vita di fratelli, per dono di Spirito Santo, la loro intenzione profonda è stata quella di contribuire a rendere piena la nostra gioia, frutto dello Spirito Santo”.

 (Foto: Diocesi di Milano)

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