Al Giffoni Film Festival in scena le ‘generazioni connesse’
Consenso online, sexting, deep fake attraverso cui si esprime il bodyshaming, revenge porn: temi complessi, che attraversano la realtà virtuale in cui gli adolescenti sono immersi, in maniera spesso inconsapevole, con un impatto spesso deleterio.
Si interroga la IMPACT! di #Giffoni50Plus attraverso l’incontro dal titolo ‘L’insostenibile pesantezza del corpo quando siamo online’, con il Progetto Safer Internet Centre – Generazioni Connesse (SIC), la cui finalità è promuovere strategie finalizzate a rendere internet un luogo più sicuro per gli utenti più giovani, favorendone un uso positivo e consapevole.
Una sinergia di istituzioni pubbliche e private, con il coordinamento della Direzione Generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento scolastico, in collaborazione con Polizia Postale, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Università degli Studi di Firenze, Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’, Save the Children Italia Onlus, S.O.S. Telefono Azzurro, Cooperativa E.D.I., Skuola.net, Agenzia di stampa DIRE e l’Ente Autonomo Giffoni Experience.
Un progetto speciale in cui #Giffoni50Plus crede fermamente, come ha sottolineato anche il fondatore e direttore Claudio Gubitosi: “Siamo in sintonia con le missioni e la visione del Sic. Nel 1982, Truffaut non solo ci lasciò il suo testimone per il futuro, ma, in un colloquio privato, sottolineando la nostra sensibilità per i giovani, mi guardò e mi disse che tutto quello che facciamo per i ragazzi è sempre poco. Non ci dobbiamo arrendere, dobbiamo fare sempre di più”.
Dai dati statistici riportati, emerge che il 40% degli adolescenti abitualmente modifica le foto, per insicurezza, ricorrendo all’uso del filtro. Altro aspetto della condivisione online è il giudizio; infatti 9 persone su 10 sono vittime di body shaming, ricevendo insulti per il proprio corpo, come ha sottolineato Mariangela D’Ambrosio, educatrice e formatrice della cooperativa E.D.I:
“Noi viviamo nella società dell’immagine. Siamo on-life, senza nessuna differenza tra reale e virtuale, spesso in streaming sul web. Il body shaming è un’offesa intenzionale e ripetuta nel tempo. Con il lockdown la nostra presenza sul web è aumentata. Altro aspetto fondamentale è come noi percepiamo noi stessi e chi vogliamo essere online? I filtri sono messi a disposizione dalle stesse piattaforme”.
Da questo presupposto, il consiglio quindi ai ragazzi a vivere il proprio corpo serenamente: “Autostima è la percezione di noi stessi in termini di giudizio, ma è anche il giudizio che gli altri ci rimandano dai social, il successo, l’apprezzamento passa attraverso una foto. Il segreto è essere consapevoli di noi stessi, di essere unici ed irripetibili, senza la rincorsa a modelli di riferimento”.
Tra i diversi strumenti a disposizione dei ragazzi, anche in risposta a forme di bullismo e cyber bullismo, il portale online Commissariato PS, e l’app You Pol, con la possibilità di interagire e porre domande:
“Nel caso del revenge porn, il consenso è una tematica importante che incrocia i diritti fondamentali della libertà, con la previsione dell’art. 603 ter del codice penale per chi divulga materiale sessuale esplicito, prevedendo l’aggravante se reperito tra rapporti interpersonali tra soggetti, carpendo la fiducia. Uno strumento preventivo fortissimo, che ha prodotto un aumento esponenziale delle segnalazioni”.
Helpline e linee di ascolto previste da Telefono Azzurro rispetto al sexting: “Gli adolescenti credono di avere consapevolezza, controllo del mondo, onnipotenza, che tutto è realizzabile, e questo offusca le reali conseguenze del sexting. Su questa mancanza di consapevolezza devono inserirsi i genitori, la scuola, noi con la linea gratuita per supporto ai ragazzi, che magari hanno paura di denunciare o parlare con i genitori. Il sexting è praticato anche dagli adolescenti minorenni e quando accade quando fa male”.
Inoltre IMPACT ha interrogato sulla situazione delle emergenze nel mondo Gino Strada, fondatore e anima di Emergency: “Reputo impensabile un futuro che compendi i conflitti bellici. Fino alla seconda guerra mondiale, tutte quelle che l’hanno preceduta non ci ponevano di fronte all’idea di futuro, indipendentemente da chi vincesse o perdesse. Con l’avvento della bomba atomica le cose sono cambiate.
E oggi Hiroshima è poco più di un petardo rispetto a quello che l’uomo è riuscito a creare. L’ipotesi di un conflitto termonucleare significherebbe radere al suolo l’umanità, così come siamo abituati a concepirla”.
Tantissime le domande dei ragazzi, che hanno chiesto a Strada anche una sua opinione in merito all’emergenza sanitaria: “Noi di Emergency abbiamo fatto tesoro del lavoro sul campo con Ebola, nel 2005. Quando ci siamo trovati per la prima volta di fronte a questi ammalati, il diktat che avevamo ricevuto era dont’ touch, non toccateli.
Praticamente venivano lasciati morire, confinati. La nostra risposta è stata: noi le persone le curiamo. Ecco perché quando ci hanno chiesto una consulenza per la gestione del Covid, non abbiamo avuto esitazioni, sapevamo già quello che andava fatto”.
Incalzato dai giffoner, il fondatore di Emergency ha poi sferrato un duro attacco alle politiche che tendono a criminalizzare le Ong: “Non è solo retorica. E’ una pratica quotidiana che in Italia è iniziata qualche anno fa con la pretesa di far firmare accordi sui salvataggi in mare e poi si è esteso a tutti gli interventi umanitari finiti sotto accusa.
Come contrastare questo meccanismo? Continuando ad aiutare, non vedo altra soluzione. E’ un atto dovuto. Fin quando non ci rendiamo conto che il barcone che affonda in mare non è la normalità, non cambierà nulla. E’ un crimine a tutti gli effetti, che segna un confine tra l’essere umano e l’essere che umano non è”.
Inoltre il prof. Andrea Crisanti, docente di microbiologia presso l’Università degli Studi di Padova, ha detto ai ragazzi che l’epidemia poteva essere fermata prima: ”Se ripenso ai tanti passaggi che si sono succeduti dall’inizio, da febbraio del 2020 ad oggi, emerge chiaramente che avevamo la possibilità di fermare e di bloccare l’epidemia sul nascere e non l’abbiamo fatto. Si potevano prendere misure più efficaci e più tempestive, questo è sicuro”.
Ed ha parlato di occasioni perse: “Abbiamo assistito a decisioni prese per piccoli interessi di parte, senza avere minimamente a riferimento il bene comune. Il 3 febbraio 2020, venti giorni prima dei primi casi, l’Università di Padova aveva messo a disposizione degli studenti che venivano dalla Cina la possibilità del test ed abbiamo iniziato a testare alcune persone.
La notizia è stata recepita dalla comunità cinese che aveva chiesto di essere interamente monitorata. Questa cosa è trapelata sui giornali e la Regione Veneto ce l’ha impedito. Alla luce di quello che è accaduto dopo, con la scoperta degli asintomatici, con la presenza di persone infette individuate sugli aerei, questa cosa avrebbe potuto cambiare il corso dell’epidemia. Questa è stata la prima occasione persa.
La seconda occasione persa c’è stata quando abbiamo scoperto che nel piccolo comune di Vo’ Eugeneo c’era il 3% di infetti. Nessuno ha capito la gravità di questa circostanza. Ci siamo sgolati in ogni modo ma siamo rimasti inascoltati perché quelli erano i giorni in cui la classe politica tendeva a minimizzare.
Erano i giorni in cui Milano e Bergamo dovevano ripartire. Quelli per me sono stati i giorni della follia dell’Italia. Devo dire che il sindaco Gori è stato l’unico ad avere avuto l’onestà di dire che la sua valutazione è stata sbagliata. A Bergamo sono morte 7000 persone. Ogni volta che penso alla sfilata dei camion dell’esercito non possono fare a meno di commuovermi”.
Ed un invito ai ragazzi a vaccinarsi: ““Mi auguro che i giovani decidano di vaccinarsi non per uscire con gli amici ma per senso civico. Dai 12 anni in su la competenza resta dei genitori e mi auguro che capiscano quanto è importante perché se l’immunità di gregge è un miraggio, non ci avviciniamo nemmeno se non si vaccinano i ragazzi”.
(Foto: Giffoni_FilmFestival)