Palermo ha ricordato Paolo Borsellino e la sua scorta

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“Fare memoria di Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina è mettersi in ascolto del dolore dei loro familiari, del dolore delle vittime di mafia e di questa nostra amata città così martoriata e ancora bisognosa di riscatto”: lo ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nell’omelia della messa di commemorazione per le vittime della strage di 29 anni fa in via D’Amelio.

Alla celebrazione eucaristica hanno concelebrato anche il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti,il vicario Generale dell’Arcidiocesi mons. Giuseppe Oliveri, il parroco della Cattedrale, mons. Filippo Sarullo, il cappellano della Polizia di Stato, don Massimiliano Purpura, alla presenza del sindaco della città, Leoluca Orlando, del vice presidente della Regione siciliana, Gaetano Armao, e dei vertici degli uffici investigativi e giudiziari.

Nell’omelia mons. Lorefice ha sottolineato il valore della memoria: “Fare memoria significa familiarizzare con i nomi della memoria ferita e prendere ferialmente e fattivamente parte alla domanda di affrancamento dal male, dall’abitudine alla rassegnazione, alla sudditanza sociale e psicologica. Significa ripensare il nostro modi di vivere la città, di stare nella città.  Oggi”.

E dalla città scaturisce la communitas, nel bene o nel male: “E’ proprio la città che permette la communitas, la socialità, la solidarietà; è la città che fa uscire dalla logica della tribù e del clan e consente di vivere nell’orizzonte dell’altro, della ricchezza del ‘noi’ plurale e diverso.

Eppure, proprio nella città il male si fa più evidente; la tragedia dei rapporti e delle relazioni segnate dalla violenza viene vissuta dal vivo, in diretta. La città umana, la realtà più decisiva per il progresso e il cammino culturale dell’umanità, è anche un luogo che contraddice la qualità della vita e delle relazioni, quando non è addirittura segnata dalla barbarie e dalla disumanità”.

Ricordare Borsellino significa credere in  una città accogliente e generativa: “Fare memoria di Paolo Borsellino è soprattutto fare memoria della ‘tranquillità’ di chi crede fino a disporre della propria vita perché si percorrano insieme vie di umanizzazione e la città degli uomini conosca la qualità di una convivenza segnata dalla giustizia, dalla legalità, dalla libertà, dalla pace, dalla solidarietà.

Una città dove si respirano i valori più belli e alti della nostra Carta costituzionale. Una città capace di far festa, esperta di cammini di riscatto e di liberazione. Una città generativa e accogliente, capace di proporre un futuro di vita e di speranza alle nuove generazioni”.

Per mons. Lorefice la ‘communitas sconfigge il clan’ e rende la memoria una ‘pro-vocazione’ per ‘amore del popolo’, come scrisse don Diana: “Nel profeta-testimone (martire) prevale l’amore per il proprio popolo, per la propria gente, per la propria città, a maggior ragione perché sostenuto dalla fede… La fede che postula la consapevolezza della comune appartenenza e responsabilità della città che ti ha visto nascere, accolto e incluso nel libro della vita…

Ci è stato lasciato il segno dei martiri. Di questo segno facciamo memoria. In loro continua il segno del Figlio dell’uomo che rimase tre giorni nel cuore della terra, preludio della sua resurrezione, che è la speranza consegnata alle genti da Gesù il servo del Signore che annuncia la giustizia di Dio, l’amore sconfinato che trasfigura ogni cosa, vince il male con il bene, vince la morte dando gratuitamente la vita, l’odio con il perdono”.

Alla cerimonia civile il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato un messaggio, invitando a non abbassare la ‘guardia’ nella lotta contro le mafie:

“La memoria di quella strage, che ha segnato così profondamente la storia repubblicana, suscita tuttora una immutata commozione, e insieme rinnova la consapevolezza della necessità dell’impegno comune per sradicare le mafie, per contrastare l’illegalità, per spezzare connivenze e complicità che favoriscono la presenza criminale”.

Nel messaggio c’è l’invito a non rassegnarsi: “Paolo Borsellino, e come lui Giovanni Falcone, sapevano bene che la lotta alla mafia richiede una forte collaborazione tra Istituzioni e società. Per questo si sono spesi con ogni energia. Da magistrati hanno espresso altissime qualità professionali.

Hanno intrapreso strade nuove, più efficaci, nelle indagini e nei processi. Hanno testimoniato, da uomini dello Stato, come le mafie possono essere sconfitte, hanno dimostrato che la loro organizzazione, i loro piani possono essere svelati e che i loro capi e i loro sicari possono essere assicurati alla giustizia.

Per questo sono stati uccisi. Non si sono mai rassegnati e si sono battuti per la dignità della nostra vita civile. Sono stati e saranno sempre un esempio per i cittadini e per i giovani. Tanti importanti risultati nella lotta alle mafie si sono ottenuti negli anni grazie al lavoro di Borsellino e Falcone”.

(Foto: Arcidiocesi di Palermo)

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