Papa Francesco: l’Eucarestia guarisce

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Nel pomeriggio papa Francesco ha celebrato la messa del Corpus Domini con una domanda ai fedeli in Vaticano: “Quali sono i ‘luoghi’ della nostra vita in cui Dio ci chiede di essere ospitato?”,  riprendendo tre domande al Vangelo riguardante la preparazione della Cena pasquale:

“La prima è quella dell’uomo che porta una brocca d’acqua. E’ un dettaglio che sembrerebbe superfluo. Ma quell’uomo del tutto anonimo diventa la guida per i discepoli che cercano il luogo che poi sarà chiamato il Cenacolo.

E la brocca d’acqua è il segno di riconoscimento: un segno che fa pensare all’umanità assetata, sempre alla ricerca di una sorgente d’acqua che la disseti e la rigeneri.

Tutti noi camminiamo nella vita con una brocca in mano: tutti noi, ognuno di noi ha sete di amore, di gioia, di una vita riuscita in un mondo più umano. E per questa sete, l’acqua delle cose mondane non serve, perché si tratta di una sete più profonda, che solo Dio può soddisfare”.

Il papa ha sottolineato che è la sete che guida l’uomo: “Come già notavamo, è quell’uomo con la brocca che conduce i discepoli alla stanza dove Gesù istituirà l’Eucaristia. E’ la sete di Dio che ci porta all’altare. Se manca la sete, le nostre celebrazioni diventano aride.

Anche come Chiesa, allora, non può bastare il gruppetto dei soliti che si radunano per celebrare l’Eucaristia; dobbiamo andare in città, incontrare la gente, imparare a riconoscere e a risvegliare la sete di Dio e il desiderio del Vangelo”.

Riprendendo una  frase di don Primo Mazzolari il papa ha evocato la seconda immagine che è quella della grande sala al piano superiore: “Dio si fa piccolo come un pezzo di pane e proprio per questo occorre un cuore grande per poterlo riconoscere, adorare, accogliere. La presenza di Dio è così umile, nascosta, talvolta invisibile, che ha bisogno di un cuore preparato, sveglio e accogliente per essere riconosciuta”.

Con  questa immagine il papa ha invitato ad ‘allargare il cuore’: “Occorre uscire dalla piccola stanza del nostro io ed entrare nel grande spazio dello stupore e dell’adorazione. E questo ci manca tanto!

Questo ci manca in tanti movimenti che noi facciamo per incontrarci, riunirci, pensare insieme la pastorale… Ma se manca questo, se manca lo stupore e l’adorazione, non c’è strada che ci porti al Signore. Neppure ci sarà il sinodo, niente. Questo è l’atteggiamento davanti all’Eucaristia, di questo abbiamo bisogno: adorazione”.

Ed ha ribadito che la Chiesa non deve essere un ‘ripostiglio’: “Non un circolo piccolo e chiuso, ma una Comunità con le braccia spalancate, accogliente verso tutti… L’Eucaristia vuole nutrire chi è stanco e affamato lungo il cammino, non dimentichiamolo!

La Chiesa dei perfetti e dei puri è una stanza in cui non c’è posto per nessuno; la Chiesa dalle porte aperte, che festeggia attorno a Cristo, è invece una sala grande dove tutti (tutti, giusti e peccatori) possono entrare”.

Ed infine Gesù che spezza il pane: “E’ il gesto eucaristico per eccellenza, il gesto identitario della nostra fede, il luogo del nostro incontro con il Signore che si offre per farci rinascere a una vita nuova.

Anche questo gesto è sconvolgente: fino ad allora si immolavano agnelli e si offrivano in sacrificio a Dio, ora è Gesù che si fa agnello e si immola per donarci la vita.

Nell’Eucaristia contempliamo e adoriamo il Dio dell’amore. E’ il Signore che non spezza nessuno ma spezza Sé stesso. E’ il Signore che non esige sacrifici ma sacrifica Sé stesso. E’ il Signore che non chiede nulla ma dona tutto”.

Non potendo fare la processione con il Santissimo Sacramento il papa ha invitato ad uscire nelle ‘città’: “Diventiamo una Chiesa con la brocca in mano, che risveglia la sete e porta l’acqua. Spalanchiamo il cuore nell’amore, per essere noi la sala spaziosa e ospitale dove tutti possano entrare a incontrare il Signore.

Spezziamo la nostra vita nella compassione e nella solidarietà, perché il mondo veda attraverso di noi la grandezza dell’amore di Dio. E allora il Signore verrà, ci sorprenderà ancora, si farà ancora cibo per la vita del mondo. E ci sazierà per sempre, fino al giorno in cui, nel banchetto del Cielo, contempleremo il suo volto e gioiremo senza fine”.

Mentre nell’Angelus papa Francesco aveva sottolineato la forza dell’Eucarestia: “E c’è un’altra forza che risalta nella fragilità dell’Eucaristia: la forza di amare chi sbaglia. E’ nella notte in cui viene tradito che Gesù ci dà il Pane della vita.

Ci regala il dono più grande mentre prova nel cuore l’abisso più profondo: il discepolo che mangia con Lui, che intinge il boccone nello stesso piatto, lo sta tradendo… Non punisce il peccatore, ma dà la vita per lui, paga per lui.

Quando riceviamo l’Eucaristia, Gesù fa lo stesso con noi: ci conosce, sa che siamo peccatori, sa che sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra. Sa che ne abbiamo bisogno, perché l’Eucaristia non è il premio dei santi, no, è il Pane dei peccatori”.

L’Eucarestia è il farmaco che guarisce: “L’Eucaristia è farmaco efficace contro queste chiusure. Il Pane di vita, infatti, risana le rigidità e le trasforma in docilità. L’Eucaristia guarisce perché unisce a Gesù: ci fa assimilare il suo modo di vivere, la sua capacità di spezzarsi e donarsi ai fratelli, di rispondere al male con il bene.

Ci dona il coraggio di uscire da noi stessi e di chinarci con amore verso le fragilità altrui. Come fa Dio con noi. Questa è la logica dell’Eucaristia: riceviamo Gesù che ci ama e sana le nostre fragilità per amare gli altri e aiutarli nelle loro fragilità. E questo, durante tutta la vita”.

(Foto: Vatican Media)

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